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Contenuti del libro
Informazioni
“Zlatan Ibrahimović, una cosa irriperibile” di Daniele Manusia non è solo la storia di un calciatore, ma il racconto di un fenomeno unico nel suo genere. Il libro esplora la figura complessa di Zlatan Ibrahimović, un campione che ha sempre sfidato le convenzioni, percepito spesso come presuntuoso e individualista, ma capace di rispondere alle critiche con gol spettacolari e giocate che sembrano impossibili. Seguiamo la sua incredibile carriera attraverso i luoghi che ha segnato: dalla Serie A con Milan, Juventus e Inter, al dominio in Ligue 1 col Paris Saint-Germain, passando per l’impatto in Premier League con il Manchester United e l’esperienza in MLS, fino al sorprendente ritorno in Italia. Il libro analizza il suo stile di gioco inconfondibile, un mix di forza fisica, tecnica raffinata e acrobazie, e la sua personalità magnetica e controversa che lo ha reso un’icona globale. Viene affrontato anche il suo rapporto complicato con la Nazionale Svedese e l’assenza della Champions League nel suo palmarès, un dettaglio che non sminuisce la sua grandezza. È la storia di un atleta che ha sfidato il tempo e le aspettative, dimostrando una longevità eccezionale e la capacità di reinventarsi, lasciando un segno indelebile nella storia del calcio per la sua pura, irripetibile unicità.Riassunto Breve
Zlatan Ibrahimović affronta spesso critiche per la sua personalità e il suo modo di giocare, visto come presuntuoso e individualista, non sempre integrato nella squadra. Le sue origini e il suo accento lo distinguono, così come la combinazione inattesa di un fisico potente da attaccante e una tecnica molto raffinata. Nonostante i successi, alcuni mettono in dubbio il suo valore assoluto, specialmente in contesti di squadra o nelle competizioni europee. La sua risposta a queste critiche arriva sul campo, con azioni e gol che vanno oltre le aspettative, come i quattro gol contro l’Inghilterra nel 2012, inclusa la rovesciata da fuori area, che mostrano una tecnica e una visione uniche. Il suo percorso, come il ritorno al Milan nel 2010, segna il momento in cui smette di cercare l’accettazione e si concentra sull’essere sé stesso, trovando successo. Questo cammino include conflitti con allenatori che preferiscono tattica e collettivo, mentre lui segue istinto e libertà individuale. La sua importanza nel calcio non si misura solo in trofei o numeri, ma nella sua unicità, rendendolo irripetibile per la sua combinazione di forza e tecnica inaspettata. I suoi gol e le sue giocate rimangono impressi per la loro imprevedibilità e genialità, definendo un posto speciale nella storia del calcio, diverso da giocatori più legati a sistemi di gioco. Tra il 2011 e il 2012 cambia aspetto, diventando un’icona riconoscibile. Nella stagione 2011-2012 domina il campo, segnando molti gol e facendo sembrare piccoli gli avversari, come Gulliver a Lilliput. Il suo stile è unico, forse influenzato dal taekwondo, che gli dà equilibrio e capacità acrobatiche per gol spettacolari, a volte usati per mostrare superiorità o umiliare, riflettendo un egoismo che considera necessario. Gol iconici segnano momenti chiave della sua carriera e comunicano il suo valore. La sua personalità forte e provocatoria crea tensioni, ma il suo impatto è spesso legato alle sue azioni individuali. L’arrivo al Paris Saint-Germain nel 2012 segna un periodo di dominio in Francia, dove viene coniato il verbo “zlataner”. A Parigi dimostra subito la sua forza con gol decisivi e gesti tecnici unici, vincendo molti trofei nazionali e diventando il miglior marcatore del club per un periodo, pur non superando i quarti di finale in Champions League. Il suo gioco maturo include gesti non convenzionali, visti come un modo per costruire un monumento a sé stesso. La sua superiorità in campo diventa imperturbabile. Il rapporto con stampa e pubblico è complesso, segnato da arroganza e risposte taglienti, forse legate a esperienze giovanili. L’autobiografia contribuisce a definire la sua figura pubblica. Nonostante le polemiche, continua a segnare ed essere decisivo. La sua carriera nei grandi club europei manca della vittoria della Champions League, un’anomalia per un giocatore del suo livello, spesso a causa di infortuni o espulsioni in momenti chiave. Il rapporto con la Nazionale svedese è complesso, segnato dalla percezione di essere trattato diversamente per le sue origini, sviluppando un carattere individualista che si scontra con le aspettative svedesi. Nonostante ciò, diventa il miglior marcatore e torna in Nazionale a quasi quarant’anni, dimostrando longevità. L’arrivo in Premier League a trentacinque anni suscita scetticismo, ma ha un impatto immediato con gol e trofei, mostrando leadership. Un grave infortunio sembra finire la carriera, ma recupera e va in MLS, continuando a segnare gol spettacolari e mantenere un’immagine esagerata. Il ritorno al Milan a trentotto anni, dopo infortunio ed esperienza americana, è visto con dubbi, ma accetta la sfida per dimostrare di essere ancora decisivo, diventando una guida per i giovani. Nonostante età e limiti fisici, continua a segnare gol importanti con giocate uniche, adattandosi per mantenere un alto livello. La sua figura pubblica e privata si fondono. Continua a giocare per passione e desiderio di superare le aspettative. Dichiara di sentire dolore ogni mattina ma di non arrendersi, affermando che le sue prestazioni migliorano, una forza di volontà associata ai suoi successi. Nonostante l’irrealismo di certe affermazioni, si desidera credergli e osservare i suoi risultati. Ha segnato centinaia di gol e giocato quasi mille partite, affrontando infortuni ma preparandosi per altre stagioni. Ci si chiede se altri traguardi cambierebbero il senso della sua storia, ma si conclude che non sono essenziali; l’importante è vederlo giocare. La sua unicità si manifesta nell’improvvisazione, nella visione di gioco e nella tecnica non comuni, derivanti da una conoscenza che altri non hanno. Questo spiega la sua indifferenza verso chi non lo capisce. Il suo talento richiede un palcoscenico. Osservarlo per oltre vent’anni è stata un’esperienza unica, capace di stimolare l’immaginazione, un evento improbabile nel calcio, magnetico per il suo carisma e capace di azioni memorabili. Si osserva per vedere i suoi limiti, scoprendo che in ogni momento può fare qualcosa da raccontare. Quando afferma di essere eterno e poter giocare per sempre, si sceglie di credergli, perché la sua convinzione rende credibile l’affermazione.Riassunto Lungo
1. L’oro che non si piega
Zlatan Ibrahimović ha sempre affrontato molte critiche fin dall’inizio della sua carriera. Molti lo consideravano presuntuoso, troppo concentrato su sé stesso e non capace di integrarsi completamente in una squadra. La sua origine e il suo accento lo distinguevano, e il fatto che unisse una grande forza fisica da attaccante potente a una tecnica molto raffinata veniva visto da alcuni come una contraddizione difficile da capire. Nonostante i numerosi successi e i trofei vinti, c’era sempre chi metteva in dubbio il suo valore assoluto, specialmente nelle partite decisive o nelle competizioni europee dove il gioco di squadra sembrava prevalere.La risposta sul campo
La vera risposta di Ibrahimović a tutte queste critiche non è mai stata fatta a parole, ma sempre attraverso le sue azioni sul campo. Le sue giocate e i suoi gol sono stati il modo per dimostrare il suo talento e per superare ogni aspettativa. Un esempio perfetto di questa attitudine è la partita giocata contro l’Inghilterra nel novembre del 2012. In quell’incontro, Ibrahimović ha segnato ben quattro gol, ma uno in particolare è rimasto nella storia: una rovesciata spettacolare da molto lontano, che sembrava quasi impossibile da realizzare. Quel gol non era solo un gesto tecnico incredibile, ma simboleggiava una capacità e una visione di gioco uniche, che lo distinguevano nettamente da molti altri grandi calciatori del suo tempo.Il percorso personale
Nel corso della sua carriera, Ibrahimović ha vissuto un cambiamento importante nel suo approccio. Un momento chiave è stato il suo ritorno al Milan nel 2010, che ha segnato l’inizio di un periodo in cui ha smesso di cercare l’approvazione degli altri. Ha scelto di essere semplicemente sé stesso, di giocare seguendo il suo istinto e la sua personalità, e proprio in questo modo ha trovato un grande successo e una maggiore serenità. Questo atteggiamento lo ha portato spesso ad avere contrasti con gli allenatori che preferivano un calcio molto basato sulla tattica e sul gioco collettivo rigido. Ibrahimović, invece, ha sempre creduto nella forza della giocata individuale, nell’improvvisazione e nella libertà di espressione sul campo, valori che a volte si scontravano con le esigenze di schemi predefiniti.Un campione unico
L’importanza di Ibrahimović nel mondo del calcio non si può misurare solo guardando ai trofei che ha alzato o alle statistiche dei suoi gol. Il suo vero impatto sta nella sua assoluta e inimitabile unicità come giocatore. La sua capacità di combinare una potenza fisica eccezionale con una tecnica raffinatissima e inaspettata lo ha reso un attaccante diverso da tutti gli altri, un tipo di campione che difficilmente si vedrà di nuovo. I suoi gol e le sue invenzioni sul campo rimangono impressi nella memoria degli appassionati proprio per la loro imprevedibilità e per la scintilla di genio che li caratterizzava. Per tutte queste ragioni, Ibrahimović ha conquistato un posto speciale e inconfondibile nella storia del calcio, un posto diverso da quello di altri fuoriclasse che magari erano più costanti nel rendimento o si adattavano meglio ai vari sistemi di gioco.Il capitolo non rischia forse di idealizzare l’individualismo di Ibrahimović, trascurando come il calcio moderno, specie ai massimi livelli, richieda un’integrazione tattica che a volte può limitare la “libertà di espressione” del singolo?
Il capitolo descrive efficacemente la personalità e lo stile unico di Ibrahimović, ma la contrapposizione tra il suo approccio individuale e le esigenze tattiche del gioco di squadra meriterebbe un’analisi più approfondita. Per comprendere meglio questa dinamica, sarebbe utile esplorare la storia e l’evoluzione della tattica calcistica, confrontando diverse filosofie di gioco e il ruolo del singolo campione all’interno di sistemi collettivi sempre più complessi. Approfondire il pensiero di allenatori che hanno fatto della tattica la loro cifra distintiva, come Arrigo Sacchi o Pep Guardiola, potrebbe fornire un contesto prezioso per valutare l’impatto reale dell’individualismo di Ibrahimović sul successo di squadra in contesti altamente competitivi.2. La Trasformazione e l’Icona
Tra maggio e luglio del 2011, Zlatan Ibrahimović cambia aspetto in modo evidente. Passa da un’immagine più giovanile a una più matura e riconoscibile, con i capelli raccolti e i tratti del viso più marcati. Questa trasformazione fisica segna anche il momento in cui diventa una vera e propria icona nel mondo del calcio. La stagione 2011-2012 lo vede protagonista indiscusso in campo. Fin da subito, dimostra una forza e una presenza che lo rendono il fulcro della squadra.Dominio in Campo nella Stagione 2011-2012
Durante l’intera stagione, Ibrahimović agisce come punto di riferimento centrale in attacco. Svolge contemporaneamente più ruoli, dimostrando una versatilità eccezionale. Segna 28 gol in campionato, un risultato che gli vale il titolo di capocannoniere per la seconda volta nella sua carriera. La sua straordinaria forza fisica e la sua tecnica superiore rendono i difensori avversari quasi impotenti. Sembra un gigante tra nani, come Gulliver a Lilliput, e difensori esperti come Ranocchia, Samuel e Kjær faticano enormemente a contenerlo fisicamente.Un Gioco Fatto di Tecnica e Spettacolo
Il suo stile di gioco è unico e spettacolare, forse influenzato dalla pratica del taekwondo. Questa disciplina gli conferisce un equilibrio incredibile e una notevole capacità acrobatica in campo. Si manifesta in gol spesso incredibili, come quelli segnati di tacco o con dribbling che superano più avversari in rapida successione. Questi gesti tecnici non sono solo belli da vedere, ma dimostrano in modo lampante la sua superiorità sui difensori. A volte, questi numeri servono anche a mostrare la sua dominanza, riflettendo quell’egoismo che lui stesso considera fondamentale per distinguersi. Gol memorabili, come quello contro il Moss nel 2001, il celebre tacco contro l’Italia agli Europei del 2004, l’azione solitaria contro il NAC Breda nello stesso anno, o reti decisive con le maglie di Juventus e Inter, segnano i momenti più alti della sua carriera e comunicano in modo potente il suo valore.La Forza della Personalità e il Passaggio a Parigi
La sua personalità è forte, a volte provocatoria, e questo genera occasionalmente tensioni dentro e fuori dal campo. Episodi come lo schiaffo ad Aronica o gli scontri verbali con allenatori e giornalisti mostrano un carattere indomito. Nonostante la ricerca dichiarata di vittorie di squadra, in particolare la Champions League, il suo impatto è spesso definito dalle sue azioni individuali e dalla sua capacità di catalizzare l’attenzione. La stagione 2011-2012, pur ricca di successi personali, è anche caratterizzata da alti e bassi e da tensioni interne alla squadra. Queste dinamiche contribuiscono a un clima che porta alla decisione. Nell’estate del 2012, dopo una sola stagione al Milan, si trasferisce al Paris Saint-Germain, aprendo un nuovo capitolo della sua carriera.Il capitolo suggerisce che le tensioni interne abbiano portato al trasferimento al PSG. Non mancano forse dettagli cruciali su queste dinamiche e su chi ha preso veramente la decisione?
Il capitolo accenna a “tensioni interne” come fattore che ha contribuito alla partenza di Ibrahimović dal Milan dopo una sola stagione, ma non le specifica né chiarisce il processo decisionale che ha portato al trasferimento. Per colmare questa lacuna e comprendere appieno le ragioni dietro questo passaggio cruciale, sarebbe utile approfondire le cronache sportive dell’epoca e le analisi di biografi che hanno ricostruito quel periodo, per capire quali fossero esattamente queste tensioni e quale ruolo abbiano giocato la società, l’allenatore e il giocatore stesso nella decisione finale.3. L’arte di essere Zlatan a Parigi
L’arrivo di Zlatan Ibrahimović al Paris Saint-Germain, nella stagione 2012-2013, segna l’inizio di un periodo di grande dominio per il club nel campionato francese. La sua presenza è così incisiva che nasce persino il verbo “zlataner”, usato per descrivere l’atto di vincere con netta superiorità. Sebbene questo termine non venga incluso nei dizionari francesi, ottiene un riconoscimento nella sua Svezia. A Parigi, Ibrahimović dimostra immediatamente la sua forza e il suo impatto sul gioco, segnando gol cruciali fin dalle prime partite importanti, come la doppietta contro l’Olympique Marseille nel primo “classico” stagionale. Il suo modo di giocare si distingue per un controllo del corpo eccezionale e per gesti tecnici inaspettati, come colpi di esterno al volo o tiri potenti da posizioni difficili, che lasciano spesso sorpresi sia gli avversari che i portieri. Un suo gol su punizione contro il Marsiglia viene descritto in modo evocativo con la frase “Zlatan è solo sul suo pianeta”, a sottolineare la sua unicità.Dominio e Successi in Campo
Nelle sue quattro stagioni trascorse al PSG, Ibrahimović conquista quattro campionati consecutivi e un totale di otto trofei nazionali, consolidando il dominio del club in Francia. Sotto la nuova proprietà qatariota, il Paris Saint-Germain rafforza la sua posizione a livello internazionale, attirando altri giocatori di talento che vanno ad affiancare lo svedese. Ibrahimović diventa il miglior marcatore nella storia del club, un record superato in seguito da Cavani, e si posiziona tra i primi dieci marcatori nella storia della Champions League, pur non riuscendo a superare i quarti di finale con la squadra parigina. In questa fase della sua carriera, il suo gioco raggiunge una maturità evidente, caratterizzata non solo dall’efficacia ma anche da gesti tecnici fuori dagli schemi, come i quattro gol segnati di petto, che sembrano quasi una manifestazione voluta della sua diversità e grandezza. Questo periodo è visto da molti come un tentativo consapevole di costruire un’immagine leggendaria di sé attraverso azioni memorabili in campo. La sua superiorità diventa quasi una condizione imperturbabile, una sorta di contemplazione della propria eccezionalità.Personalità e Rapporti con i Media
Il rapporto di Ibrahimović con la stampa e il pubblico è spesso complesso e controverso. La sua figura pubblica è segnata da un’apparente arroganza e da risposte dirette e taglienti, atteggiamenti che sembrano affondare le radici nelle sue esperienze giovanili, caratterizzate da emarginazione e ostilità. La sua autobiografia, “Io, Ibra”, gioca un ruolo fondamentale nel definire questa immagine, abbracciando apertamente la reputazione di un giocatore egotista e sopra le righe. Momenti di forte tensione con giornalisti e avversari si alternano, tuttavia, a gesti di grande generosità e lealtà dimostrati nei confronti dei suoi amici più stretti e delle persone a lui vicine. Questa dualità contribuisce a rendere la sua figura ancora più affascinante e discussa.Nonostante le polemiche e le critiche, come quelle suscitate dall’insulto rivolto alla Francia dopo una partita contro il Bordeaux nel 2015, Ibrahimović continua a essere un giocatore decisivo e prolifico per il PSG. La sua ultima stagione a Parigi, quella 2015-2016, si rivela la più produttiva in termini di gol segnati, chiusa con ben 50 reti in tutte le competizioni. Grazie anche al suo contributo, il club riesce a vincere tutti i trofei nazionali con ampio margine, dimostrando una superiorità schiacciante. Lascia la capitale francese dopo aver segnato un ultimo gol spettacolare nella finale di Coppa di Francia, celebrando l’addio con un iconico calcio volante alla bandierina, un gesto che riassume perfettamente il suo stile unico e indimenticabile.È sufficiente una personalità forte o una ‘maschera’ per spiegare una longevità atletica così eccezionale, o mancano pezzi fondamentali del puzzle?
Il capitolo descrive l’impatto di Zlatan attraverso la sua personalità e la sua capacità di adattarsi, ma non approfondisce i meccanismi fisici e psicologici che gli hanno permesso di mantenere performance di alto livello nonostante l’età e gli infortuni. Per approfondire questi aspetti, potrebbe essere utile esplorare la psicologia della performance e la fisiologia dello sport. Autori come Carol S. Dweck o Angela Duckworth offrono prospettive sulla mentalità e sulla “grinta”, mentre testi sulla fisiologia dell’esercizio possono spiegare i limiti e le possibilità del corpo umano nel tempo.6. La sfida del tempo
Ibrahimović dichiara di sentire dolore fisico ogni mattina, ma afferma di non arrendersi e di voler raggiungere i suoi obiettivi. Sostiene che le sue prestazioni continuano a migliorare e che questo è solo l’inizio della sua carriera. Questa forza di volontà sembra legata ai suoi successi sportivi, sebbene esistano spiegazioni più concrete legate a preparazione fisica, tecnica e scelte professionali. Nonostante queste affermazioni sembrino lontane dalla realtà, si desidera credergli e continuare a seguire i suoi risultati. Ha segnato 502 gol con i club e giocato quasi mille partite. Anche con un ginocchio operato e l’altro da controllare, e avendo saltato metà delle partite per infortuni nell’ultima stagione, si prepara a giocare ancora in Serie A e Champions League. Compirà quarant’anni, ma si parla di un possibile altro Mondiale a quarantuno. Ci si chiede se altri traguardi, come più gol, la Champions League o un gol a un Mondiale, cambierebbero il senso della sua storia. La risposta è che, pur essendo risultati belli, non sono fondamentali. Ciò che conta è poterlo vedere giocare ancora.Un talento unico
La sua unicità si vede nella capacità di inventare giocate. Durante una partita contro il Benevento, anche sprecando occasioni, ha fatto un passaggio al volo con l’esterno del piede che ha superato i difensori con un pallonetto perfetto. Questa visione di gioco e questa tecnica sono rare. Nei momenti di ispirazione, la sua sicurezza viene da una conoscenza che gli altri non hanno. Questa caratteristica spiega perché non si preoccupa di chi non lo capisce e perché alcuni trovano difficile comprenderlo del tutto. Il suo talento non ha bisogno di un contesto normale, ma di un grande palcoscenico dove esprimersi. Osservare Ibrahimović per oltre vent’anni è stata un’esperienza unica, capace di accendere l’immaginazione. È un evento improbabile nella storia del calcio, magnetico per il suo carisma e capace di compiere azioni memorabili. Lo si è osservato per vedere i suoi limiti, scoprendo che in ogni momento poteva fare qualcosa degno di essere raccontato.Quando Ibrahimović afferma di essere eterno e di poter giocare per sempre, si sceglie di credergli. Questa scelta non è basata sulla logica o sulla biologia. È la sua stessa incrollabile convinzione a rendere l’affermazione credibile. Si decide di accettare la sua visione perché vederlo continuare a giocare è ciò che si desidera. La sua presenza in campo ha un valore che va oltre le statistiche o l’età.Quando la fede supera la biologia, non si rischia forse di scambiare il desiderio per realtà?
Il capitolo presenta una affascinante, ma forse ingenua, adesione a un racconto che sfida le leggi naturali. La narrazione, pur riconoscendo le evidenze fisiche (infortuni, età), sceglie di abbracciare l’idea di un’eternità sportiva basata sulla sola forza di volontà e sul desiderio di chi osserva. Questa prospettiva solleva interrogativi fondamentali sul rapporto tra percezione e realtà, tra psicologia e fisiologia. Per comprendere meglio come la mente possa influenzare (ma non annullare) i limiti del corpo, e come le narrazioni personali si scontrino con i dati oggettivi, sarebbe utile approfondire discipline come la psicologia dello sport, la fisiologia dell’invecchiamento e la filosofia della scienza, magari leggendo autori che trattano il bias di conferma o il pensiero magico.Abbiamo riassunto il possibile
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