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Contenuti del libro
Informazioni
“Vuoto, nulla, vacuità. Il buddhismo e il pensiero moderno” di Marcus Boon è un libro che ti fa pensare un sacco. Non è la solita roba sul buddhismo come relax o fuga, ma un confronto diretto tra il buddhismo, con le sue idee di vuoto e non-sé, e il pensiero occidentale, dalla filosofia alla teoria critica e al marxismo. Il libro esplora perché la filosofia occidentale ha spesso ignorato il buddhismo, forse per una specie di “buddhafobia”, una paura di quel nulla che il buddhismo abbraccia e che in realtà è già dentro il nostro modo di pensare. Si parla di come la pratica buddhista, quella vera, si scontra con l’ideologia e il capitalismo, e di come figure come Bataille o pensatori tibetani come Gendün Chöpel hanno provato a capirlo. Non è solo teoria, ma anche prassi, cioè quel casino irrisolvibile tra pensare e agire, che trovi nel buddhismo, nel marxismo e anche nella psicoanalisi. È un viaggio tra concetti come interdipendenza, economia del dono, e la sfida a un’identità fissa, mostrando come il buddhismo possa ancora dire qualcosa di forte sulla rivoluzione e sulla vita oggi, anche se fa paura perché mette in discussione tutto, persino l’idea di un soggetto solido. È un libro che ti sfida a guardare in faccia il vuoto, non come assenza, ma come qualcosa di presente e un po’ inquietante.Riassunto Breve
Il pensiero occidentale, inclusa la teoria critica, fatica a confrontarsi con il buddhismo, in particolare con l’idea di vuoto o vacuità, concentrandosi spesso sulle proprie radici cristiane. Esiste una sorta di paura irrazionale verso il buddhismo, chiamata buddhafobia, che nasce dal timore del nulla. Questo nulla non è una semplice assenza, ma una presenza difficile da afferrare con i concetti, qualcosa che si trova anche dentro il pensiero occidentale, per esempio nel divario tra come appaiono le cose e come sono veramente, o nell’idea di identità dove A è uguale ad A. La paura del nulla si manifesta come disagio verso l’ambiguità, la passività e una logica non lineare o ciclica, che si vedono nel buddhismo ma anche in fenomeni moderni come il consumismo o l’automazione. Il buddhismo, con la sua idea di non-sé e vacuità, sfida l’idea di un individuo fisso e coerente, abbracciando l’idea che esistere significa essere sempre un po’ diversi da sé stessi. Mentre il pensiero occidentale si concentra spesso sull’ideologia, intesa come strutture esterne che formano l’individuo, il buddhismo pone l’accento sulla trasformazione interiore attraverso la pratica. Nonostante questa differenza, ci sono stati tentativi di unire idee buddhiste e politiche, come nel socialismo buddhista o nell’anarchismo buddhista, che cercano di combinare il cambiamento personale con l’azione collettiva e una critica ai sistemi economici e politici attuali, proponendo modelli come l’economia del dono. La relazione tra teoria e azione, chiamata prassi, è un problema centrale e irrisolvibile sia nel buddhismo (illuminazione e pratica) che nel marxismo (teoria e rivoluzione) e nella psicoanalisi (teoria e cura). La prassi è un movimento continuo tra pensare, agire e cambiare, legato al momento storico. Affrontare il nulla o il vuoto, come suggerito da alcune architetture che creano spazi vuoti, permette di mantenere viva l’aspirazione a un cambiamento profondo senza ritirarsi dal mondo o limitarsi a piccole modifiche. La paura del buddhismo è in fondo una paura delle cose stesse, perché le cose si rivelano non essere solide e stabili come sembrano, ma piene di contraddizioni e loop interni. Questa paura si lega anche alla paura della soggettività, perché si intuisce che il nucleo dell’individuo è qualcosa di simile a un oggetto, un non-io. Studiosi come Marcus Boon, Eric Cazdyn e Timothy Morton esplorano questi temi da diverse prospettive, unendo letteratura, teoria critica, arte, politica e filosofia, e il loro lavoro è reso accessibile da case editrici che collegano valori spirituali e pensiero contemporaneo.Riassunto Lungo
1. Vuoto, pratica e la sfida all’ideologia
La filosofia occidentale e la teoria critica hanno spesso ignorato il buddhismo. Questo accade nonostante le sue somiglianze con il pensiero occidentale e la sua grande diffusione nel mondo. Ci si è concentrati di più sulle radici cristiane del pensiero occidentale. Per questo motivo, nel dibattito filosofico occidentale, si parla poco del concetto buddhista di vuoto o vacuità. C’è una mancanza di attenzione su questo tema importante.Il confronto tra marxismo e buddhismo
Il rapporto tra marxismo e buddhismo sembra spesso difficile. Il marxismo è visto come una lotta per cambiare la realtà materiale, mentre il buddhismo è percepito come qualcosa di puramente spirituale e lontano dai problemi concreti. Questa idea comune non considera che ci sono stati contatti storici tra queste due visioni. Personaggi come Brecht e Benjamin si sono interessati al buddhismo. Ci sono stati anche tentativi in Asia, dopo la fine del colonialismo, di unire idee buddhiste e socialiste, come ha fatto Ambedkar. Alcuni pensatori di oggi, come Žižek e Hallward, criticano il buddhismo praticato in Occidente. Dicono che ignora le difficoltà della vita materiale, ma le loro critiche si basano spesso su una comprensione non completa del buddhismo.La natura della pratica spirituale
La pratica spirituale si trova di fronte a una difficoltà. Si usano dei “mezzi” o metodi per arrivare a qualcosa che è al di là dei mezzi stessi. C’è il rischio che la pratica diventi solo un metodo da usare o che venga trasformata in qualcosa da vendere. Bisogna distinguere la “pratica” personale, che è un impegno individuale, dalla “prassi” che è un’azione collettiva e generale, spesso imposta dallo Stato. Georges Bataille ha mostrato un forte interesse per le pratiche buddhiste e yogiche. Le vedeva come un modo per raggiungere uno stato di non-conoscenza e libertà, che va oltre il linguaggio e l’idea di essere utile. Bataille ha studiato il “lamaismo” tibetano, vedendolo come un esempio storico di società che dava importanza a spese non utili, pur riconoscendone le contraddizioni feudali.Il buddhismo e l’ideologia
Un aspetto importante da considerare è se il buddhismo abbia una teoria chiara sull’ideologia. L’ideologia può essere vista come ciò che struttura il modo di pensare di una persona dall’esterno. Anche se alcuni insegnamenti buddhisti toccano argomenti simili, spesso l’attenzione è più sull’interiorità e sul cambiamento personale. La storia di alcune società buddhiste mostra che a volte sono state fragili. Questo potrebbe dipendere anche dalla mancanza di una critica aperta verso le strutture ideologiche.Concetti chiave del buddhismo
Concetti importanti nel buddhismo aiutano a capire meglio la sua visione. L’interdipendenza, chiamata pratītyasamutrapāda, insegna che ogni cosa è collegata alle altre. L’idea che saṃsāra (il ciclo di sofferenza) e nirvāṇa (la liberazione) siano equivalenti elimina la separazione netta tra ciò che è sacro e ciò che è normale. La dottrina del karma offre un modo diverso di vedere l’economia. Collega le azioni che si compiono al modo in cui si percepisce il mondo e la realtà.La figura del buddhista
La figura di chi pratica il buddhismo è interessante. Questa persona si espone volontariamente all’idea di vuoto e non-conoscenza. Si può vedere questa figura attraverso l’idea di sovranità, che presenta una contraddizione. Il buddhista cerca la liberazione per sé e per tutti, ma rischia anche di essere ridotto a una condizione di “nuda vita”, senza protezione sociale o politica. Questo porta a riflettere su temi come il non allineamento politico e l’uso della nonviolenza nell’ambito della politica.Ma davvero la ricerca spirituale riduce il buddhista a “nuda vita”?
Il capitolo introduce la figura del praticante buddhista e la collega al concetto di “nuda vita”, suggerendo una condizione di vulnerabilità nonostante la ricerca di liberazione. Questa associazione, tuttavia, sembra più un’affermazione che una conclusione argomentata a fondo. Per comprendere la validità di tale connessione e la sua applicabilità a una figura spirituale, è essenziale approfondire sia il concetto di “nuda vita” nel suo contesto filosofico originale, ad esempio leggendo autori come Giorgio Agamben, sia esplorare le complesse relazioni tra pratica spirituale, individuo e strutture sociali/politiche nelle diverse tradizioni buddhiste. Un confronto con studi di sociologia delle religioni e filosofia politica può fornire gli strumenti necessari per valutare questa tesi.2. Vuoto, Pratica e Rivoluzione: Il Buddhismo Oltre l’Ideologia
Il buddhismo si trova a confrontarsi con i sistemi di oggi, come il marxismo e il capitalismo. Alcuni pensatori hanno notato il rischio che la religione diventi una fuga dalla realtà. Altri, invece, hanno proposto modi per unire la pratica spirituale con l’azione nel mondo. Ad esempio, si è pensato a un’economia basata sul necessario e sullo sviluppo personale, o a un modo di vivere che unisce la meditazione con l’impegno per cambiare la società, rifiutando gli stati e promuovendo la pace e la non-violenza.Le sfide storiche
Nel corso della storia, i tentativi di creare sistemi politici basati sul buddhismo in Asia hanno incontrato grandi difficoltà. Ci sono stati momenti di repressione e i regimi basati su principi buddhisti non sono riusciti a durare, spesso a causa di eventi esterni o interni. L’idea di una politica non allineata, ispirata al buddhismo, a volte è rimasta solo un concetto teorico o un simbolo.La critica all’ideologia interna
Anche all’interno del buddhismo, si trova un dibattito sull’ideologia. Un importante pensatore tibetano ha criticato le idee rigide presenti nella società tradizionale e nelle strutture religiose. Ha esplorato un tipo di pratica che non ignora il mondo moderno e include aspetti legati al corpo e al piacere. Per lui, la pratica serve a entrare in contatto con una realtà che va oltre i concetti e le idee che ci facciamo.Verità e pratica
Il buddhismo tibetano discute da tempo il rapporto tra le “due verità”: quella che viviamo ogni giorno (relativa) e la realtà profonda (assoluta), che è vista come vuota di esistenza fissa. Si pensa che le credenze comuni possano diventare ideologie che nascondono questa realtà ultima. L’ideologia nascerebbe proprio dal tentativo di far combaciare troppo in fretta queste due dimensioni. La pratica spirituale, invece, aiuta a superare queste costruzioni mentali.Confronto con il marxismo e l’economia del dono
Alcuni hanno cercato punti in comune tra il marxismo e la vita monastica, notando ad esempio l’ideale di uguaglianza. Tuttavia, la via per raggiungerla è diversa. Si è visto nella semplice ciotola per l’elemosina del Buddha un simbolo importante: rappresenta l’idea che siamo tutti collegati e che l’economia può basarsi sul dono reciproco, un principio che si scontra con l’organizzazione economica mondiale dominante.Le forme di scambio e il futuro
Esistono diverse forme in cui le persone si scambiano beni e servizi. Una di queste è basata sul dono incondizionato, e si ritrova nei movimenti spirituali e in alcune idee politiche. Questa forma di scambio rappresenta un orizzonte verso cui tendere. L’idea di un buddhismo non allineato si inserisce proprio in questa visione di un’economia basata sul dono e sulla connessione tra le persone.Buddhismo oggi: tra convivenza e trasformazione
Nonostante le persecuzioni subite in passato da regimi che volevano eliminare la religione, il buddhismo è sopravvissuto. Oggi convive con il capitalismo, ma c’è il rischio che i suoi principi vengano indeboliti o usati per altri scopi. La domanda fondamentale è come la pratica buddhista possa davvero portare a un cambiamento non solo individuale, ma collettivo, e sostenere un’economia basata sul dono e sull’interdipendenza. La pratica condivisa, che agisce sulla mente e sul modo in cui vediamo il mondo, è vista come essenziale per agire in modo diverso e costruire un futuro migliore.Ma come si traduce l’ideale della ciotola dell’elemosina in un’economia globale concreta e funzionante?
Il capitolo dipinge un quadro affascinante di un’economia basata sul dono come orizzonte per un buddhismo non allineato. Tuttavia, il salto logico tra il simbolo della ciotola dell’elemosina, che rappresenta principi di interdipendenza e distacco, e l’organizzazione pratica di un sistema economico su scala planetaria basato esclusivamente sul dono incondizionato, presenta una lacuna argomentativa significativa. Le sfide storiche menzionate, relative ai tentativi di applicazione politica dei principi buddhisti, suggeriscono che la trasposizione di ideali spirituali in strutture socio-economiche complesse non è affatto scontata e richiede un’analisi molto più approfondita dei meccanismi di produzione, distribuzione e allocazione delle risorse in assenza dei principi che governano le economie attuali. Per colmare questa lacuna, sarebbe fondamentale esplorare gli studi di antropologia economica, in particolare le analisi sulle diverse forme di scambio e sulle economie non capitalistiche (si pensi, ad esempio, agli studi classici di Marcel Mauss sul dono), e confrontarsi con le teorie economiche che affrontano la fattibilità e le implicazioni sistemiche di modelli alternativi su larga scala.3. La Tensione Ineludibile tra Pensiero e Azione
Si parla di prassi come del rapporto, spesso difficile, tra il pensare e l’agire. Non è solo mettere in pratica una teoria, ma è proprio il problema che nasce quando si cerca di unire teoria e pratica. Questo legame è complicato e sembra quasi impossibile da risolvere, un desiderio di unione che non si realizza mai completamente. La prassi è un movimento continuo che lega il pensare, l’agire, il cercare di capire e il voler cambiare le cose, attività che dipendono molto dal momento storico in cui ci si trova.Tre ambiti dove la prassi è centrale
Questo rapporto difficile tra teoria e pratica è evidente in tre campi specifici: l’illuminazione nel buddhismo, la rivoluzione nel marxismo e la cura nella psicoanalisi. Questi ambiti sono complessi perché si basano su problemi che cambiano continuamente, non su idee fisse. In ognuno di essi, la prassi è stata fondamentale fin dall’inizio. Nel Buddhismo Zen, per Dōgen, il problema nasce dal dubbio: se si è già illuminati per natura, perché è necessaria la pratica? Per Marx, la prassi si vede nel fatto che lui, un intellettuale di origine borghese, critica il capitalismo, un sistema che funziona in modo razionale, non solo per corruzione. Per Freud, la prassi è chiara nella necessità che lui stesso si facesse analizzare per poter sviluppare la psicoanalisi, e nel riconoscere che spesso il paziente capisce i propri sintomi meglio del medico.Il ritorno della prassi nel mondo di oggi
La prassi è tornata importante in questi campi anche a causa dei grandi cambiamenti storici, come il diffondersi del capitalismo a livello mondiale oggi. La prassi implica un desiderio profondo di cambiamento che richiede quasi una “morte” della persona così com’è, per potersi aprire a un futuro nuovo e imprevedibile. Questo desiderio, che in un certo senso è un “desiderio senza oggetto”, è il cuore che permette una critica vera, che non si limita a giudicare moralmente.Prassi, teoria critica e libertà
La teoria critica, a differenza degli studi che restano chiusi nei loro confini, riesce a trovare legami sorprendenti tra questi diversi campi. Capire la verità da sola non basta a liberare le persone; è la prassi che crea lo spazio per vedere le contraddizioni e sentire il desiderio di libertà.Mantenere vivo il desiderio di cambiamento: l’esempio dell’architettura
L’architettura di Isozaki Arata, in particolare il suo concetto di ma (uno spazio-tempo vuoto, negativo), offre un modo per capire come mantenere viva l’aspirazione a un cambiamento radicale (come l’illuminazione, la rivoluzione, la cura) senza cadere in atteggiamenti estremi: ritirarsi dal mondo, impegnarsi in azioni politiche inutili o fare solo piccole riforme superficiali. Le opere di Isozaki, come l’Ark Nova, mostrano un tipo di architettura che guarda al futuro, che nasce dalle rovine, un “nulla concreto” che lascia aperto lo spazio per qualcosa di completamente diverso e nuovo.L’interpretazione della “buddhafobia” e l’attribuzione di narcisismo a figure storiche si basa su prove solide o su speculazioni?
Il capitolo introduce l’idea di una “buddhafobia” legata alla paura del vuoto e del non-sé, e suggerisce che la presenza di statue di Buddha in possesso di figure come Schopenhauer e Freud possa essere interpretata come un segno di narcisismo o “narcisismo ferito”. Tuttavia, il capitolo non fornisce sufficienti elementi per valutare la solidità di questa interpretazione. Per comprendere meglio la complessità di queste figure e il loro rapporto con il pensiero orientale, sarebbe utile approfondire la storia della filosofia occidentale e il suo incontro con le filosofie orientali, la psicoanalisi freudiana e le sue diverse interpretazioni, e le specifiche biografie e opere di autori come Schopenhauer e Freud, tenendo conto del contesto storico e culturale in cui vivevano. Approfondire il pensiero di Žižek sul narcisismo potrebbe anche fornire un utile punto di vista comparativo.6. Chi scrive di Vuoto, nulla, vacuità
Gli autori del libro
Marcus Boon è uno studioso che si occupa di letteratura e teoria culturale. Ha un passato legato alla musica underground e al giornalismo musicale, e ha vissuto a New York negli anni Ottanta, entrando in contatto con le vivaci scene artistiche della città. Il suo lavoro di scrittore e ricercatore ha toccato temi diversi, occupandosi per esempio della lotta all’AIDS. I suoi studi hanno esplorato la storia degli scrittori e il loro rapporto con le droghe, oltre al concetto di copia. Più di recente, la sua ricerca si è orientata verso il buddhismo e le tradizioni spirituali, indagando il loro ruolo nella filosofia contemporanea e nella vita di ogni giorno.Eric Cazdyn
Eric Cazdyn è professore di estetica e politica. La sua ricerca si concentra sulla teoria critica e culturale, analizzando in profondità il legame tra arte, politica, tempo e cambiamento. Si interessa con passione di cultura giapponese, cinema e architettura. I suoi studi esplorano anche temi complessi come l’utopia, la morte e il morire. Oltre all’attività accademica, è un regista sperimentale, impegnato in progetti che indagano la percezione e la sorveglianza.Timothy Morton
Timothy Morton occupa una cattedra di letteratura inglese e dedica i suoi studi al rapporto tra filosofia ed ecologia. La sua ricerca indaga in particolare le distinzioni tra ciò che è umano e ciò che è naturale, e tra non umano e non naturale, partendo dai principi dell’ontologia orientata agli oggetti. Collabora attivamente con artisti e musicisti. Ha scritto numerosi saggi e libri che esplorano i temi dell’ecologia, della filosofia, dell’arte e della cultura. Il suo lavoro contribuisce a ripensare il nostro posto nel mondo naturale.Il libro e l’editore
Il volume “Vuoto, nulla, vacuità” è stato scritto insieme da Marcus Boon, Eric Cazdyn e Timothy Morton. Questo libro è pubblicato da Ubiliber, la casa editrice legata all’Unione Buddhista Italiana. Ubiliber si dedica con impegno a rendere facilmente accessibile la letteratura buddhista. Pubblica anche opere che creano un ponte tra valori spirituali, importanti questioni sociali, arte e pensiero contemporaneo. La scelta di Ubiliber per questo volume sottolinea il suo legame con temi che uniscono spiritualità, filosofia e critica culturale.Dato il variegato background degli autori e l’editore orientato al Buddhismo, come viene argomentato nel capitolo il legame tra i concetti di “Vuoto, nulla, vacuità” e i temi di spiritualità, filosofia e critica culturale?
Il capitolo presenta gli autori e l’editore, ma non chiarisce in che modo le loro diverse esperienze e aree di studio (dalla musica underground all’ontologia orientata agli oggetti, dal cinema giapponese alla lotta all’AIDS) si traducano in un’argomentazione coerente sui concetti di vuoto, nulla e vacuità, né come questi concetti vengano effettivamente utilizzati per creare un ponte tra valori spirituali, questioni sociali e pensiero contemporaneo, come suggerito dalla descrizione dell’editore. Per comprendere meglio questo potenziale legame e colmare la lacuna argomentativa, sarebbe utile approfondire la filosofia buddista della vacuità (Shunyata), la filosofia occidentale del nulla (Nihilismo, Esistenzialismo) e la teoria critica contemporanea. Autori come Nagarjuna per il Buddhismo, Martin Heidegger o Jean-Paul Sartre per la filosofia occidentale, e pensatori nell’ambito dell’ontologia contemporanea o della teoria critica potrebbero fornire il contesto necessario.Abbiamo riassunto il possibile
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