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Contenuti del libro
Informazioni
“Vivere mille vite. Come i videogiochi ci hanno cambiato il futuro” di Lorenzo Fantoni è un viaggio affascinante attraverso la storia e l’evoluzione di un medium che è molto più di un semplice passatempo. Partendo dalle prime scintille nei laboratori scientifici, con esperimenti come Tennis for Two, il libro ci porta nelle sale giochi piene di cabinati iconici, nelle case con le prime console come l’Atari 2600 e il leggendario NES di Nintendo, che ha rilanciato il settore dopo la crisi del 1983 con personaggi indimenticabili come Mario. Esploriamo l’alba del PC gaming con titoli rivoluzionari come Doom, l’impatto di PlayStation, e l’ascesa dei giochi online come World of Warcraft, dove si creano vere comunità. Vedremo come i videogiochi riflettono e a volte sfidano la società, affrontando temi complessi in mondi aperti come Grand Theft Auto o in esperienze narrative intense. Il libro ci mostra anche la diversità del medium, dai giochi sportivi come Pro Evolution Soccer ai mondi creativi di Minecraft e alle piattaforme sociali come Fortnite. È un racconto di innovazione tecnologica, di battaglie culturali, e di come l’interazione digitale abbia plasmato non solo il nostro divertimento, ma anche il modo in cui costruiamo relazioni, esploriamo identità e, in fondo, viviamo altre mille vite.Riassunto Breve
Il videogioco nasce come forma di intrattenimento digitale legata ai primi dispositivi elettronici e ha origini in ambienti scientifici e militari. I primi esperimenti, come il Nimatron o Tennis for Two, usano la tecnologia per creare giochi, inizialmente per ricerca o divertimento nei laboratori. A differenza di altri media, il videogioco richiede l’interazione attiva del giocatore, tempo e strumenti specifici. La sua storia è strettamente legata all’evoluzione tecnologica. Dagli esperimenti si passa alla commercializzazione con i primi giochi arcade come Computer Space e le console casalinghe come Magnavox Odyssey e Atari 2600. Il settore cresce rapidamente ma subisce un crollo nel 1983 a causa di saturazione e bassa qualità. La ripresa arriva con Nintendo e il NES, che introduce controllo di qualità e personaggi iconici come Mario. Piattaforme successive come Amiga, PlayStation e PC spingono l’innovazione grafica e di gameplay, creando generi come gli sparatutto in prima persona con giochi come Doom. Le sale giochi rappresentano un importante spazio sociale iniziale, con giochi pensati per sessioni veloci. Esistono differenze culturali nel design e nella narrazione tra Giappone e Occidente. I videogiochi si evolvono anche in esperienze online di massa come World of Warcraft, creando comunità e offrendo un senso di progressione. Titoli come Grand Theft Auto esplorano temi sociali attraverso mondi aperti e satira, generando dibattiti. La competizione è un elemento centrale fin dagli inizi, evolvendo negli attuali esports, che creano legami ma presentano anche problemi come la tossicità. Accanto ai giochi d’azione e competizione, nascono generi come i walking simulator che si concentrano su esplorazione e narrazione, affrontando temi personali e sociali. L’evoluzione porta anche a “non-giochi” o “software toy” come Sim City o The Sims, che offrono libertà creativa. Mondi aperti come Minecraft permettono il gameplay emergente e creano culture esterne al gioco. Fortnite si configura come una piattaforma di intrattenimento che unisce gioco, eventi live e identità del giocatore. Questa diversificazione e l’apertura a nuovi temi e pubblici generano tensioni e dibattiti culturali, mostrando come i videogiochi siano diventati una piattaforma complessa che riflette e influenza la società.Riassunto Lungo
1. Dalle origini un mondo di giochi
Il videogioco è una forma di intrattenimento digitale che ha fatto la sua comparsa molto presto, fin dai primi dispositivi domestici come la celebre console Atari 2600. Questa esposizione precoce alla tecnologia digitale ha avuto un impatto significativo su alcune generazioni, creando un’esperienza diversa rispetto a chi è cresciuto in un’era dominata dagli smartphone. La presenza del videogioco è diventata rapidamente un elemento distintivo della cultura moderna, offrendo un nuovo modo di utilizzare il tempo libero e interagire con la tecnologia. Questo ha segnato un cambiamento importante nel rapporto delle persone con i media e i dispositivi digitali.Definire con precisione cosa sia un “videogioco” è un compito complesso, principalmente perché il medium è incredibilmente vasto e variegato al suo interno. Comprende una gamma enorme di esperienze diverse, che spaziano da intense battaglie spaziali a profonde simulazioni di strategia storica. Si possono trovare giochi incentrati sulla narrazione, così come titoli sportivi realistici, disponibili su una moltitudine di piattaforme differenti. Queste includono potenti computer, console dedicate e persino i comuni telefoni cellulari. Una vecchia definizione lo descriveva semplicemente come un apparecchio elettronico capace di simulare giochi su uno schermo, controllato tramite tasti o joystick, ma questa descrizione non riesce a cogliere l’evoluzione e la complessità che il videogioco ha raggiunto oggi.A differenza di altre forme di intrattenimento come i film o i libri, che vengono solitamente fruiti in modo passivo, il videogioco richiede un’interazione attiva e costante da parte del giocatore. Per potersi immergere in un’esperienza videoludica, sono necessari tempo, strumenti specifici come l’hardware adeguato o una connessione internet stabile, e la capacità di utilizzare questi strumenti in modo efficace. Questa necessità di partecipazione diretta e di controllo è una caratteristica fondamentale che distingue nettamente il videogioco da altri media. Le azioni compiute dal giocatore influenzano direttamente lo svolgimento e l’esito all’interno del mondo di gioco, creando un legame unico tra chi gioca e l’esperienza digitale.Le origini e la crescita
La storia del videogioco è caratterizzata da una crescita estremamente rapida, strettamente legata e influenzata dallo sviluppo incessante della tecnologia. Le sue radici affondano in ambienti che potrebbero sembrare inaspettati, come i laboratori di ricerca militare e le università. I primissimi esempi di giochi elettronici nacquero in parte come un modo per sfruttare la potenza di calcolo dei computer all’avanguardia, spesso finanziati dall’esercito. Servivano anche come forma di intrattenimento e terreno di sperimentazione all’interno di questi contesti accademici e di ricerca. Questa fase iniziale ha posto le basi per quella che sarebbe diventata un’industria enorme e un fenomeno culturale globale, spinto da una continua innovazione tecnologica.Se definire un videogioco è così complesso per la sua vastità, quali sono i criteri che non lo rendono un semplice software interattivo o un’altra forma di intrattenimento digitale?
Il capitolo sottolinea giustamente la difficoltà nel definire il videogioco a causa della sua enorme varietà, ma questa constatazione, se non accompagnata da un’analisi più profonda dei suoi elementi costitutivi (regole, obiettivi, interazione, simulazione), rischia di lasciare il lettore senza gli strumenti per distinguere il videogioco da altre esperienze digitali interattive. Per colmare questa lacuna e comprendere meglio la specificità del medium, è utile esplorare discipline come i Game Studies e la Ludologia. Autori come Jesper Juul o Gonzalo Frasca hanno dedicato ampio spazio alla teoria del gioco e ai tentativi di definirne i confini e le caratteristiche essenziali, offrendo prospettive cruciali che vanno oltre la semplice descrizione della sua varietà.2. Giochi dai Laboratori
I primi dispositivi elettronici per il gioco non nascevano nei negozi o nelle sale giochi, ma negli ambienti scientifici e militari. Erano visti principalmente come strumenti di ricerca, dimostrazione tecnologica o simulazione.Le prime idee prendono forma
Un esempio precoce è il Nimatron, creato dal fisico nucleare Edward Condon per la Fiera mondiale di New York. Questo dispositivo usava componenti tipici dei contatori Geiger per un gioco basato su precise regole matematiche. Presentava la partita agli spettatori e simulava una sorta di intelligenza rallentando le risposte per creare suspense. Nonostante il successo di pubblico riscosso alla fiera, fu smantellato al termine dell’evento e non ebbe alcun seguito commerciale. Già nel 1947 era stato brevettato un “dispositivo per il divertimento con un tubo catodico” che avrebbe dovuto simulare colpi di artiglieria su bersagli disegnati, ma questa idea non venne mai realizzata concretamente. Nel 1950, Josef Kates costruì Bertie the Brain, un grande computer che occupava un’intera stanza e usava valvole termoioniche per giocare a tris, mostrando le mosse attraverso luci. Serviva principalmente a dimostrare le potenzialità di nuove valvole e fu smantellato poco dopo con l’arrivo di tecnologie più avanzate come i transistor.Giochi sui computer esistenti
Con l’avanzare della tecnologia negli anni Cinquanta, in particolare con l’uso dei transistor e la diffusione degli schermi a tubo catodico, si iniziò a sviluppare programmi di gioco per i computer generici già esistenti. Nacquero così i primi software che permettevano di giocare a dama o scacchi contro la macchina. Anche in ambito militare si faceva uso di simulazioni belliche per l’addestramento. Questi giochi non erano pensati per essere venduti al pubblico, ma servivano ai ricercatori e agli scienziati per esplorare e dimostrare le capacità di calcolo e interazione delle nuove macchine. Ad esempio, nel 1954, un programma riusciva a simulare una partita di biliardo, mostrando le palle come semplici punti e la stecca come una linea su uno schermo, con il tavolo disegnato a mano accanto.Il primo gioco fatto solo per divertimento
Un passo davvero fondamentale nella storia dei giochi elettronici fu Tennis for Two, creato nel 1958 da William Higinbotham. Questo fisico, che in precedenza aveva lavorato al progetto della bomba atomica ma che in seguito si era dedicato ad attività pacifiste, progettò il gioco con l’unico scopo di intrattenere i visitatori durante un “open house” nel laboratorio dove lavorava. Usava un oscilloscopio per mostrare una partita di tennis vista di lato, con una semplice linea orizzontale a rappresentare il campo e la rete, e un punto luminoso che simulava la traiettoria della palla che rimbalzava. Il gioco includeva anche un semplice controller per permettere ai visitatori di interagire. Ottenne un successo inaspettato e un grande apprezzamento da parte del pubblico, tanto da essere ampiamente riconosciuto come il primo videogioco creato unicamente con l’obiettivo di divertire le persone.L’ambiente di sperimentazione nelle università
Negli anni successivi alla creazione di Tennis for Two, vari istituti di ricerca e università continuarono a creare giochi, spesso come parte di progetti accademici o come simulazioni per scopi didattici, ad esempio nelle scuole di business per simulazioni economiche. Parallelamente, in ambienti come il MIT (Massachusetts Institute of Technology), gruppi di studenti appassionati iniziarono a esplorare in modo approfondito le potenzialità dei computer disponibili. I membri più attivi e creativi con le macchine, che iniziarono a essere chiamati “hacker” in senso originale, svilupparono programmi innovativi e contribuirono a creare una cultura basata sul libero accesso alle informazioni e sulla condivisione della tecnologia. Usavano spesso i computer di notte per sperimentare liberamente, risolvere problemi complessi e, in questo spirito di curiosità e innovazione, gettarono le basi per molti futuri sviluppi nel campo dell’informatica e del gioco elettronico.Ma è davvero così semplice distinguere il “gioco fatto solo per divertimento” dagli strumenti di ricerca che intrattenevano il pubblico?
Il capitolo traccia una linea netta tra i primi dispositivi nati in laboratorio e “Tennis for Two”, definito il primo gioco creato unicamente per divertire. Tuttavia, questa distinzione appare forse troppo rigida. Molti dei primi esperimenti, pur avendo scopi scientifici o dimostrativi, possedevano intrinsecamente una componente ludica che affascinava e divertiva il pubblico, come ammesso dallo stesso capitolo per Nimatron. Per cogliere appieno le sfumature di questa fase pionieristica, sarebbe utile esplorare più a fondo la storia della tecnologia e la filosofia del gioco. Approfondire il pensiero di studiosi come Johan Huizinga o Roger Caillois sulla natura del gioco e la sua funzione nella società può fornire il contesto necessario per valutare se la distinzione basata unicamente sull’intento del creatore sia sufficiente a definire la nascita del videogioco come forma di intrattenimento.3. L’alba digitale e la parabola Amiga
I primi passi: dai laboratori alle sale giochi
I primi videogiochi prendono forma da progetti tecnici all’interno di ambienti di ricerca, spesso ispirati dalle visioni della fantascienza. Un esempio significativo è Spacewar!, sviluppato al MIT nel 1961, che dimostra le capacità del computer DEC PDP-1. Sebbene i suoi creatori non lo commercializzino, Nolan Bushnell intuisce il grande potenziale di questo nuovo medium. Bushnell realizza Computer Space, considerato il primo gioco arcade della storia, e fonda successivamente l’azienda Atari. Contemporaneamente, Ralph Baer esplora l’idea di portare i giochi direttamente nelle case, creando dispositivi collegabili ai televisori domestici. Questa ricerca porta alla nascita del Magnavox Odyssey, riconosciuta come la prima vera console casalinga. Atari ottiene un successo enorme con Pong, un gioco che si ispira a un titolo presente sull’Odyssey, generando anche questioni legali. L’introduzione dell’Atari 2600 segna un passo avanti cruciale nel settore, grazie all’uso delle cartucce intercambiabili che permettono di cambiare gioco facilmente.L’era di Atari e la crisi del settore
Il settore dei videogiochi si espande velocemente, ma la gestione interna di Atari, guidata da Ray Kassar, crea malcontento e porta alla nascita di studi di sviluppo esterni, come la pionieristica Activision. Queste tensioni interne e una saturazione del mercato contribuiscono alla grave crisi che colpisce il settore in Nord America nel 1983, causando un vero e proprio crollo. È in questo contesto che Jay Miner, un ingegnere di talento che aveva lavorato in Atari, inizia a sviluppare l’idea per un nuovo computer personale molto avanzato. Questo progetto, chiamato Amiga, si basa sul potente processore Motorola 68000. La società Amiga Corporation, fondata per sviluppare questa macchina, viene acquisita da Commodore International. Il primo modello, l’Amiga 1000, si presenta tecnicamente superiore a molti concorrenti dell’epoca. Tuttavia, il suo costo elevato e un posizionamento di mercato poco chiaro, che lo orienta più verso usi professionali che ludici, ne limitano inizialmente il successo.La nascita e il declino dell’Amiga
Il vero successo per la piattaforma Amiga arriva con il modello 500, una versione più accessibile che conquista rapidamente popolarità, specialmente in Europa. Questo successo stimola la crescita di una comunità di sviluppatori molto attiva e creativa, che sfrutta le notevoli capacità multimediali della macchina. Nonostante l’innovazione tecnica continui con modelli successivi come l’Amiga 1200 e l’Amiga 4000, la concorrenza dei PC basati su architettura IBM diventa sempre più forte e difficile da contrastare. Le difficoltà economiche e una gestione aziendale complessa all’interno di Commodore International aggravano la situazione. Questi fattori portano infine Commodore alla bancarotta nel 1994, segnando la fine dell’era Amiga. Nonostante la sua parabola, l’Amiga lascia un segno importante nella storia dell’informatica e dei videogiochi, ricordata per le sue avanzate capacità grafiche e sonore e per aver ispirato una grande creatività nel mondo dello sviluppo software.Ma siamo sicuri che i videogiochi si limitino a ‘riflettere’ la società, o non siano piuttosto una forza che la modella, nel bene e nel male?
Il capitolo suggerisce che i videogiochi siano uno specchio della società, un’idea affascinante ma che rischia di semplificare un rapporto ben più complesso. La questione centrale, spesso dibattuta e priva di consenso univoco, riguarda se i media digitali si limitino a riflettere dinamiche esistenti o se invece non esercitino un’influenza attiva, contribuendo a formare atteggiamenti e comportamenti. Per esplorare questa controversia, è fondamentale addentrarsi negli studi sui media e sulla comunicazione, considerando approcci dalla sociologia e dalla psicologia sociale. Autori come Stuart Hall hanno offerto prospettive cruciali su come i messaggi mediatici vengano non solo ‘riflessi’ ma anche ‘codificati’ e ‘decodificati’ in un processo dinamico che coinvolge attivamente il pubblico e il contesto sociale.7. Dal Gioco alla Piattaforma Culturale
I videogiochi non sono più solo storie con un inizio e una fine o sfide con obiettivi precisi. Alcuni titoli, come The Last of Us Part II, usano le loro vicende per esplorare temi profondi e complessi. Affrontano concetti come la vendetta e il ciclo di violenza, mostrando le cose da diversi punti di vista. I personaggi non sono sempre come ci si aspetta, e questo modo di raccontare può provocare reazioni intense nel pubblico. Queste reazioni riflettono spesso discussioni più ampie che esistono nella società, anche su come vengono rappresentate persone diverse.Giochi come Libertà e Creatività
Esiste anche un tipo di gioco diverso, a volte chiamato “non-gioco” o “software toy”. Questi offrono grande libertà e spazio alla creatività di chi gioca. Pensiamo a giochi storici come Sim City o Civilization: qui si costruiscono e si gestiscono città o intere civiltà senza avere un traguardo obbligatorio da raggiungere. Si può scegliere di giocare in modo pacifico o più aggressivo. Un altro esempio importante è The Sims, che simula la vita sociale delle persone. Questo gioco, anche senza volerlo, ha permesso a molti di esplorare identità e relazioni diverse in uno spazio virtuale.Mondi Aperti e Contenuti Creati dai Giocatori
Più di recente, Minecraft ha mostrato quanto successo possano avere i mondi aperti dove la creatività è al centro. Le esperienze di gioco nascono spontaneamente dalle interazioni tra i giocatori e gli strumenti che il gioco mette a disposizione. Il grande successo di Minecraft dipende anche dalla comunità che si è creata fuori dal gioco. Tantissimi contenuti, video e idee vengono condivisi online, alimentando continuamente l’interesse e le possibilità di gioco.Il Videogioco come Piattaforma Culturale
Fortnite rappresenta un passo ulteriore in questa evoluzione. Unisce meccaniche di gioco come la costruzione e il genere Battle Royale, ma si presenta sempre più come una vera e propria piattaforma di intrattenimento. Va ben oltre la semplice competizione: ospita eventi dal vivo, concerti virtuali e collaborazioni con grandi marchi. Il gioco punta molto sull’identità che il giocatore può esprimere attraverso elementi visivi come le “skin”, cioè i costumi dei personaggi. Questo modello cerca di coinvolgere un pubblico ampissimo e molto vario.Questa grande varietà nei tipi di videogiochi e l’arrivo di un pubblico sempre più eterogeneo hanno creato anche momenti di tensione e scontro culturale. Questo accade soprattutto quando le novità non corrispondono a quello che una parte dei giocatori “storici” si aspettava. Il settore, che una volta era rivolto a un gruppo più ristretto, si apre ora a nuove voci e temi. Questo genera dibattiti accesi e reazioni forti, ma porta anche alla nascita di modi nuovi e creativi di interagire e giocare insieme.Ma definire Fortnite una ‘piattaforma culturale’ non rischia di banalizzare il concetto stesso di cultura?
Il capitolo introduce l’idea del videogioco come “piattaforma culturale”, citando Fortnite come esempio principale. Tuttavia, questa definizione è ambiziosa e meriterebbe maggiore contestualizzazione. Cosa intendiamo esattamente per “piattaforma culturale” in questo contesto? Eventi virtuali e “skin” bastano a conferire questo status? Per approfondire, sarebbe utile esplorare la sociologia della cultura, studiando autori come Bourdieu, e confrontarsi con le teorie dei media, magari partendo da McLuhan. È cruciale definire i criteri che elevano un prodotto di intrattenimento a vera e propria piattaforma culturale, distinguendolo da un semplice veicolo di marketing e socializzazione.Abbiamo riassunto il possibile
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