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Contenuti del libro
Informazioni
“Una pace per porre fine a tutte le paci” di David Fromkin ti porta nel cuore di come è nato il Medio Oriente moderno. Non è una storia di popoli che si sono scelti, ma di decisioni prese a tavolino dalle potenze Alleate, soprattutto Gran Bretagna e Francia, durante e dopo la Prima Guerra Mondiale. Il libro scava negli intrighi, negli accordi segreti come Sykes-Picot, nelle promesse contraddittorie fatte a nazionalismo arabo e sionismo (come la Dichiarazione Balfour), e nel crollo dell’Impero Ottomano. Vedrai come personaggi come Lloyd George, Wilson, Kitchener, Lawrence e Enver Pasha hanno giocato le loro carte, spesso con poca conoscenza della regione, tracciando confini artificiali che hanno dato vita a stati come Iraq, Siria, Palestina, Giordania e Libano. Fromkin mostra come questa “pace” imposta dagli europei, basata su ambizioni imperiali e rivalità, non abbia risolto i problemi, ma abbia creato un terreno fertile per conflitti futuri, lasciando il Medio Oriente in una crisi di legittimità che dura ancora oggi. È un libro che ti fa capire perché la regione è così complessa e instabile, mostrando le radici storiche dei problemi attuali.Riassunto Breve
Il Medio Oriente di oggi nasce dalle decisioni prese dalle potenze alleate durante e dopo la Prima Guerra Mondiale. Queste scelte, influenzate da ambizioni, paure e incomprensioni, portano alla creazione di nuovi stati come Iraq, Israele, Giordania e Libano, con confini tracciati su mappe. Il periodo tra il 1914 e il 1922 è cruciale. La storia della regione è legata alla rivalità tra Gran Bretagna e Russia, il “Grande Gioco”, per proteggere la via verso l’India. Con l’ascesa della Germania, la Gran Bretagna si allea con Francia e Russia, ma i funzionari britannici sul campo continuano a vedere Francia e Russia come rivali. L’Impero Ottomano resiste, mentre la Russia, indebolita, subisce una rivoluzione. La Gran Bretagna, con Lloyd George, persegue una politica più imperialista in Medio Oriente, mentre la Francia ha ambizioni territoriali. Gli Stati Uniti, con Wilson, entrano in guerra con obiettivi diversi, opponendosi all’imperialismo e proponendo l’autonomia per le nazionalità sotto dominio turco nei Quattordici Punti, pur non dichiarando guerra all’Impero Ottomano per proteggere i propri interessi. Lloyd George, invece, vede la guerra come un’opportunità per espandere l’impero britannico, volendo acquisire la Palestina e favorire una patria ebraica, influenzato dal sionismo cristiano. La Dichiarazione Balfour nasce in questo contesto, promettendo una patria ebraica in Palestina, nonostante l’opposizione di alcuni ebrei britannici e le preoccupazioni dei funzionari sul campo che temono di alienare i musulmani. La conquista di Gerusalemme nel 1917 segna un punto di svolta. Le promesse fatte ad arabi, ebrei e armeni si scontrano con le ambizioni imperialistiche britanniche e francesi. L’idea iniziale di unire arabi, ebrei e armeni si rivela irrealizzabile a causa delle divisioni interne. Figure come Feisal emergono come punti di riferimento per le aspirazioni arabe, navigando tra promesse britanniche e ambizioni francesi. La conquista di Damasco diventa un gioco di potere tra Lawrence che supporta Feisal e Allenby che rispetta gli accordi con la Francia. La scoperta del petrolio aggiunge un’ulteriore dimensione strategica alla lotta per il controllo. La fine della guerra richiede un ridisegno dei confini, ma le ambizioni personali e le rivalità tra gli Alleati complicano il processo. Lloyd George cerca di limitare l’influenza francese e consolidare il controllo britannico su Palestina e Mesopotamia. La demobilizzazione delle truppe britanniche porta all’uso di truppe indiane. La morte di Sykes lascia irrisolte molte questioni. Il periodo post-bellico vede il Medio Oriente in grande instabilità, con rivolte in Egitto, Afghanistan, Transgiordania, Palestina e Iraq. Francia e Russia non collaborano con la Gran Bretagna, cercando di minarne la posizione. Le potenze alleate faticano a definire il futuro dell’Impero Ottomano. Wilson si reca in Europa, ma le sue idee si scontrano con la realtà politica. Lloyd George cerca di usare Wilson contro le ambizioni di Italia e Francia. Le rivendicazioni territoriali di Italia e Grecia complicano ulteriormente la situazione. L’invio di truppe greche a Smirne, sostenuto da Lloyd George, previene l’occupazione italiana. Lloyd George cerca di mettere Wilson contro le pretese francesi sulla Siria, sostenendo l’indipendenza araba, ma la Francia non rinuncia alle sue ambizioni. La Commissione King-Crane non ha impatto. Il rifiuto del Senato americano di assumere mandati porta Lloyd George a cercare accordi con Francia e Italia. Il trattato di Sèvres (1920) sancisce la divisione dell’Impero Ottomano, ma la sua applicazione è difficile. Le decisioni sono spesso basate su scarsa conoscenza della regione. Emerge Mustapha Kemal, che guida la resistenza turca. La Gran Bretagna non controlla più il Medio Oriente come prima. Le elezioni greche portano leader filo-tedeschi, spingendo Francia e Italia a ritirare il supporto alla Grecia e al Trattato di Sèvres. Churchill propone concessioni a Kemal, ma Lloyd George resiste. La conferenza di Londra non risolve la questione dell’Anatolia. In Siria, Feisal proclama l’indipendenza della Grande Siria, ma la Francia attacca Damasco e lo costringe all’esilio, dividendo la Siria in sottounità. La Francia si oppone a uno stato ebraico in Palestina. La Gran Bretagna gestisce disordini in Transgiordania e l’opposizione araba in Palestina, sostituendo l’amministrazione militare con una civile e nominando Herbert Samuel. In Mesopotamia, le rivolte tribali e le tensioni tra sciiti e sunniti rendono la situazione caotica. La Gran Bretagna attribuisce le rivolte a influenze esterne. In Persia, Curzon cerca di creare uno stato cuscinetto contro la Russia, ma il trattato anglo-persiano è osteggiato dai nazionalisti. L’attacco sovietico porta al ritiro britannico. La Russia riconquista i popoli non russi. Enver Pasha si unisce alla lotta in Asia centrale ma viene sconfitto. Churchill, Segretario alle Colonie, si concentra sulla riduzione delle spese in Medio Oriente, conciliando la Francia e appoggiando i figli di Re Hussein. Adotta una strategia basata sull’aviazione e i mezzi corazzati. Nel 1922, la Gran Bretagna cerca di stabilire un controllo efficace e ridurre i costi. La Conferenza del Cairo (1921) decide di offrire il trono dell’Iraq a Feisal e nominare Abdullah governatore temporaneo in Transgiordania. In Palestina, Churchill sostiene una casa nazionale ebraica limitata a ovest del Giordano, cercando di rassicurare gli arabi, ma l’opposizione araba cresce. Le alleanze europee si sgretolano. La Turchia di Kemal emerge come forza indipendente. La crisi di Chanak (1922) porta a un armistizio che riconosce l’indipendenza turca. Il 1922 vede la fine dell’Impero Ottomano e la creazione di nuovi stati. La Gran Bretagna raggiunge i suoi obiettivi ma affronta una regione complessa. Le aspettative britanniche di rimanere in Medio Oriente si basano sulla sottovalutazione della complessità locale. L’accordo del 1922, basato su piani precedenti, è obsoleto e manca di convinzione da parte del governo britannico che lo impone. La politica britannica manca di direzione. Il Medio Oriente di oggi è il risultato delle ambizioni europee e del fallimento nel garantire la stabilità degli stati creati. L’opposizione locale non scompare. Le dispute riguardano l’esistenza stessa dei nuovi paesi. La regione è caratterizzata da guerre per la sopravvivenza nazionale e dallo scontro tra il sistema politico europeo (stati laici, cittadinanza) e la legge religiosa. I leader europei sottovalutano la forza dell’Islam. La mancanza di legittimità del sistema del 1922 crea una situazione instabile. Il Medio Oriente del XX secolo affronta una crisi di identità politica e sociale. I politici britannici del 1920 non prevedono i problemi futuri. Churchill riflette sulla sua sfortuna legata alla Turchia e al suo coinvolgimento nella guerra ottomana, che inizia anche a causa delle sue azioni (requisizione navi turche) e degli intrighi di Enver Pasha e Souchon. L’Impero Ottomano negozia segretamente un’alleanza con la Germania. Enver offre una nave già sequestrata dagli inglesi per ottenere l’alleanza. La Germania invia navi a Costantinopoli. Enver, spinto da ambizioni e successi tedeschi, porta l’Impero in guerra attaccando la Russia senza consenso governativo. Le azioni di Churchill e Enver sono cruciali nel coinvolgimento ottomano. La Gran Bretagna vede nel conflitto l’opportunità di rimodellare il Medio Oriente. Kitchener, Ministro della Guerra, ha una visione per il dopoguerra, volendo controllare il Califfato. Crede che gli arabi non possano autogovernarsi. Le decisioni sono prese da funzionari di basso rango che rappresentano Kitchener, spesso ignorando il governo. L’ignoranza britannica sulla regione è notevole. I piani britannici si scontrano con quelli francesi, entrambi volendo annettere la Siria. Le incomprensioni e le ambizioni dei funzionari sul campo creano tensioni. La Gran Bretagna abbandona l’idea di preservare l’Impero Ottomano e pianifica la spartizione. La richiesta russa di Costantinopoli spinge a definire gli obiettivi. Kitchener delinea una strategia per il dopoguerra, considerando ostilità future con Russia e Francia, e propone il trasferimento del califfato in Arabia sotto influenza britannica. Un comitato guidato da Sykes definisce i confini, proponendo province autonome sotto influenza britannica. Sykes cambia idea, sostenendo la fine dell’Impero Ottomano. La campagna navale dei Dardanelli fallisce. De Robeck si ritira nonostante informazioni su carenza di munizioni turche. L’invasione di Gallipoli è un disastro. Churchill è accusato. Kitchener mantiene prestigio. Si forma un governo di coalizione. L’Arab Bureau è creato al Cairo. Al-Faruqi promette supporto arabo in cambio di indipendenza. Le promesse sono vaghe e si scontrano con gli interessi francesi. L’accordo Sykes-Picot divide il Medio Oriente in sfere di influenza, ignorando gli arabi. La campagna in Mesopotamia finisce con la sconfitta a Kut. La Gran Bretagna continua a cercare di minare l’Impero Ottomano.Riassunto Lungo
1. La Creazione del Medio Oriente Moderno
La configurazione attuale del Medio Oriente è il risultato di una serie di decisioni prese dalle potenze alleate durante e dopo la Prima Guerra Mondiale. Tra il 1914 e il 1922, si sono verificati eventi cruciali che hanno portato alla formazione di nuovi stati come Iraq, Israele, Giordania e Libano, con confini tracciati su mappe fino ad allora inesplorate. Queste decisioni, influenzate da un complesso intreccio di speranze, paure, amori, odi, errori e incomprensioni, hanno aperto la strada ad alleanze inaspettate, come quella tra il nazionalismo arabo e il sionismo.Il Grande Gioco e i Cambiamenti Geopolitici
La storia del Medio Oriente è stata a lungo segnata dalla rivalità tra Gran Bretagna e Russia, nota come il “Grande Gioco”. Questo conflitto di interessi mirava a proteggere la via per l’India, considerata di vitale importanza per l’Impero britannico. Inizialmente, la Gran Bretagna aveva sostenuto i regimi islamici per contrastare l’influenza europea nella regione. Tuttavia, l’ascesa della Germania come potenza dominante in Europa modificò radicalmente lo scenario geopolitico. La Germania divenne la principale minaccia per la Gran Bretagna, che si trovò costretta ad allearsi con Francia e Russia, ponendo fine al “Grande Gioco”. Nonostante questo cambiamento a livello globale, molti funzionari britannici in Medio Oriente continuarono a percepire Russia e Francia come i principali avversari.L’Impero Ottomano e le Potenze Alleate
In questo contesto di tensioni e cambiamenti, l’Impero Ottomano, pur non essendo il principale teatro di guerra, riuscì a mantenere la sua posizione, mentre i governi alleati cadevano uno dopo l’altro. La Russia, indebolita dal conflitto e dall’isolamento causato dalla chiusura dei Dardanelli, fu sconvolta da una rivoluzione che portò al potere Lenin, sostenuto dalla Germania. La Gran Bretagna, sotto la guida del primo ministro Lloyd George, iniziò a perseguire una politica più marcatamente imperialista in Medio Oriente. Al contrario, la Francia, guidata da Clemenceau, non nutriva ambizioni territoriali nella regione.Gli Stati Uniti e la Rivolta Araba
Gli Stati Uniti, guidati dal presidente Woodrow Wilson, entrarono in guerra con obiettivi divergenti rispetto a quelli dei loro alleati europei. Wilson si opponeva fermamente alle ambizioni imperialiste di Francia e Gran Bretagna. In questo contesto, la rivolta araba, guidata da Hussein, si rivelò meno efficace del previsto, e le promesse di indipendenza fatte agli arabi non furono mantenute. In questo scenario, emerse la figura di T.E. Lawrence, che propose una strategia di guerriglia guidata dai britannici.Conseguenze delle Decisioni del 1922
Le decisioni prese in questo periodo, in particolare nel 1922, hanno portato alla creazione di una configurazione statale artificiale in Medio Oriente, dove religione, nazionalismo e lealtà dinastiche si sono scontrati in un intricato groviglio. La mancanza di convinzione da parte della Gran Bretagna nell’imporre gli accordi del 1922 ha contribuito in modo determinante alla crisi che il Medio Oriente continua a vivere ancora oggi.Se la Gran Bretagna non era convinta di imporre gli accordi del 1922, perché allora ha contribuito a creare una configurazione statale artificiale in Medio Oriente, la cui crisi perdura ancora oggi?
Il capitolo afferma che la mancanza di convinzione da parte della Gran Bretagna nell’imporre gli accordi del 1922 ha contribuito alla crisi in Medio Oriente. Tuttavia, non spiega perché la Gran Bretagna abbia comunque proceduto con la creazione di una configurazione statale artificiale, nonostante questa presunta mancanza di convinzione. Per comprendere appieno le motivazioni e le azioni della Gran Bretagna, sarebbe utile approfondire la politica imperiale britannica dell’epoca, con particolare attenzione alle dinamiche di potere interne e alle pressioni esercitate dai vari attori coinvolti. Si potrebbe analizzare il ruolo di figure chiave come Lloyd George e il suo impatto sulle decisioni prese. Inoltre, per una visione più ampia del contesto, si potrebbe studiare la storia delle relazioni internazionali del periodo, con un focus sulle opere di Margaret MacMillan e E.H. Carr, per comprendere meglio le dinamiche tra le potenze alleate e le loro ambizioni in Medio Oriente.2. La Promessa di una Nuova Era in Medio Oriente
Il presidente Wilson entra in guerra contro la Germania, ma evita di dichiarare guerra ai suoi alleati. L’intervento americano mira alla pace mondiale e alla democrazia, senza interessi egoistici, a differenza delle ambizioni imperialistiche degli Alleati europei, che avevano stretto accordi segreti per spartirsi il Medio Oriente. Wilson, pur consapevole di questi accordi, si trova nella posizione paradossale di doverli tenere segreti per non compromettere la sua posizione e quella degli Alleati. Per contrastare le accuse di imperialismo, ridefinisce gli obiettivi della guerra, proponendo i Quattordici Punti, che includono la fine dei trattati segreti, la libertà dei mari, il libero commercio, il disarmo generale e la creazione di un’associazione di nazioni. Il punto dodici prevede l’autonomia per le nazionalità sotto il dominio turco, riflettendo l’idea che il Medio Oriente non debba essere diviso tra le potenze belligeranti. Wilson, tuttavia, non dichiara guerra all’Impero Ottomano, nonostante i suoi piani per smembrarlo, per proteggere gli interessi americani nella regione, come le scuole missionarie.La visione di Lloyd George
Il primo ministro britannico Lloyd George, pur condividendo l’esigenza di riformulare gli obiettivi di guerra, arriva a conclusioni diverse da Wilson. Mentre Wilson promuove una pace senza annessioni, Lloyd George vede la guerra come un’opportunità per espandere l’impero britannico, specialmente in Medio Oriente. A differenza di Wilson, che promette l’autogoverno, Lloyd George intende offrire un governo migliore di quello che le popolazioni locali potrebbero darsi. Influenzato da una visione biblica e da una lunga tradizione di sionismo cristiano, desidera acquisire la Palestina per la Gran Bretagna e favorire la creazione di una patria ebraica. Questa visione si scontra con le ambizioni francesi nella regione e con le strategie dei generali britannici, che preferiscono concentrare le forze sul fronte occidentale. Nonostante le difficoltà politiche e militari, Lloyd George persegue la sua strategia orientale, arrivando a negoziare segretamente con i leader turchi, offrendo loro incentivi per ritirarsi dalla guerra.La politica britannica in Medio Oriente
La politica britannica in Medio Oriente si evolve attraverso diverse figure, tra cui Mark Sykes, che, dopo un iniziale scetticismo, si converte al sionismo, e Leo Amery, che vede la Palestina come un elemento chiave per il futuro dell’impero britannico.La Dichiarazione Balfour
La Dichiarazione Balfour, che promette una patria ebraica in Palestina, nasce da questo contesto, ma incontra l’opposizione di alcuni membri della comunità ebraica britannica, che temono per la loro posizione nella società. Nonostante le resistenze, la Dichiarazione Balfour viene emessa, diventando un punto di riferimento per il futuro assetto del Medio Oriente. La conquista di Gerusalemme da parte delle forze britanniche nel 1917, guidate dal generale Allenby, segna un punto di svolta nella guerra e nella politica mediorientale. Le promesse fatte agli arabi, agli ebrei e agli armeni si intrecciano con le ambizioni imperialistiche britanniche, creando un complesso scenario politico e militare. La cattura di Baghdad e Gerusalemme, oltre ad avere un impatto psicologico, contribuisce a delineare un nuovo ordine in Medio Oriente, dove le ambizioni britanniche si scontrano con le aspirazioni di altre potenze e delle popolazioni locali.Se Wilson era a conoscenza degli accordi segreti tra gli Alleati per spartirsi il Medio Oriente, e se questi accordi erano in contrasto con i suoi principi di autodeterminazione dei popoli, perché ha scelto di non denunciarli pubblicamente, mantenendo invece una posizione ambigua e contraddittoria?
Il capitolo presenta la figura di Wilson come un paladino della pace e della democrazia, in contrapposizione alle mire imperialistiche degli Alleati europei. Tuttavia, la sua decisione di non denunciare gli accordi segreti e di non dichiarare guerra all’Impero Ottomano, pur pianificandone lo smembramento, solleva interrogativi sulla sua coerenza e sulla reale natura dei suoi obiettivi. Per comprendere appieno le motivazioni di Wilson, sarebbe utile approfondire gli studi di politologia e di relazioni internazionali, con particolare attenzione alle teorie del realismo politico e dell’idealismo. Inoltre, un’analisi più approfondita del contesto storico e delle dinamiche di potere tra le potenze dell’epoca, attraverso le opere di storici come Margaret MacMillan o Eric Hobsbawm, potrebbe fornire una chiave di lettura più completa delle scelte di Wilson e delle loro implicazioni.3. La Fragilità degli Accordi e le Ambizioni di Potere
Il Medio Oriente, nel periodo successivo alla Prima Guerra Mondiale, è un intricato scenario di accordi precari e ambizioni di potere. L’unificazione di arabi, ebrei e armeni sotto un’unica bandiera appare da subito un miraggio, ostacolata da profonde divisioni e timori reciproci. Le potenze europee, Gran Bretagna e Francia in testa, si muovono con cautela, cercando di destreggiarsi tra le promesse fatte durante la guerra e i propri interessi strategici e coloniali.La Dichiarazione Balfour e le sue ripercussioni
La Dichiarazione Balfour, che promette una patria ebraica in Palestina, alimenta le tensioni. I funzionari britannici sul campo sono restii ad attuarla, temendo di inimicarsi i musulmani. Figure come Mark Sykes, pur sostenendo l’idea di un’alleanza arabo-ebraica, si scontrano con la realtà delle divisioni settarie e delle ambizioni locali.Feisal e la conquista di Damasco
L’emergere di Feisal come punto di riferimento per le aspirazioni arabe complica ulteriormente il quadro. Feisal si trova a navigare tra le promesse britanniche e le ambizioni francesi. La conquista di Damasco si trasforma in un intricato gioco di potere, con Lawrence che cerca di manipolare gli eventi a favore di Feisal, mentre Allenby cerca di far rispettare gli accordi con la Francia.Il petrolio come nuova posta in gioco
La scoperta del petrolio come risorsa strategica cruciale aggiunge un’ulteriore dimensione alla lotta per il controllo del Medio Oriente. Germania e Turchia, pur alleate, competono per il controllo delle risorse petrolifere del Caucaso. La Gran Bretagna cerca di consolidare la propria influenza nella regione.I nuovi confini e le rivalità tra le potenze
La fine della guerra porta con sé la necessità di ridisegnare i confini e le sfere di influenza. Le ambizioni personali e le rivalità tra le potenze alleate rendono il processo tutt’altro che semplice. Lloyd George cerca di sfruttare la situazione a vantaggio della Gran Bretagna, limitando l’influenza francese e consolidando il controllo britannico su Palestina e Mesopotamia.La demobilizzazione e le sue conseguenze
La demobilizzazione delle truppe britanniche crea nuove sfide. Per mantenere l’ordine nella regione, diventa necessario affidarsi a truppe indiane, in maggioranza musulmane. La figura di Sykes, inizialmente un sostenitore di un Medio Oriente condiviso, sembra cambiare idea, forse a causa delle difficoltà incontrate nel far conciliare le diverse aspirazioni. La sua morte prematura lascia irrisolte molte delle questioni che aveva cercato di affrontare. Le ambizioni di potere e le rivalità tra le potenze minacciano di far saltare gli equilibri appena raggiunti.Se l’ignoranza britannica sulla regione mediorientale era così “notevole”, come si può affermare con certezza che le decisioni cruciali venissero prese da funzionari di “basso rango”, e non da figure più consapevoli e potenti all’interno del governo, che magari agivano nell’ombra?
Il capitolo dipinge un quadro di incompetenza e disinformazione, attribuendo le decisioni a funzionari di basso rango, ma questa semplificazione potrebbe nascondere una realtà più complessa. Non si può escludere che, dietro le quinte, ci fossero interessi e strategie ben precise, orchestrate da figure di alto livello che sfruttavano l’apparente ignoranza dei loro sottoposti per perseguire i propri fini. Per comprendere appieno la questione, sarebbe utile approfondire le dinamiche di potere all’interno del governo britannico dell’epoca, magari consultando le memorie e le biografie di personaggi chiave come Churchill, Lloyd George e Kitchener, e analizzando le fonti primarie come documenti ufficiali e corrispondenze diplomatiche. Potrebbe essere utile consultare gli archivi nazionali britannici per documenti declassificati. Inoltre, un’analisi delle teorie geopolitiche dell’epoca, come quelle di Halford Mackinder, potrebbe fornire un contesto più ampio per comprendere le ambizioni britanniche in Medio Oriente.10. Promesse e Sconfitte nel Medio Oriente
La Gran Bretagna, abbandonata l’idea di preservare l’integrità dell’Impero Ottomano, ne pianificò la spartizione. La richiesta russa di ottenere Costantinopoli spinse il governo britannico a definire i propri obiettivi nel Medio Oriente. Lord Kitchener cercò di delineare una strategia per il dopoguerra, considerando la possibilità di future ostilità con la Russia e la Francia. Un elemento chiave di questa strategia era il trasferimento del califfato in Arabia, sotto l’influenza britannica, per contrastare l’influenza russa.La commissione De Bunsen e la visione di Sykes
Il governo britannico creò un comitato, guidato da Sir Maurice De Bunsen, per definire i confini del Medio Oriente post-ottomano. Tra i membri, spiccava Sir Mark Sykes, esperto di Medio Oriente e convinto sostenitore della necessità di smembrare l’Impero Ottomano. Il comitato propose la creazione di province autonome, tra cui Siria, Palestina e Mesopotamia, con l’obiettivo di estendere l’influenza britannica nella regione. Questa idea si basava sulla convinzione che gli arabi non fossero in grado di autogovernarsi e che l’indipendenza significasse semplicemente passare sotto il controllo di una potenza europea. Sykes, inizialmente pro-turco, cambiò idea, sostenendo che l’Impero Ottomano dovesse cessare di esistere.Il fallimento dei Dardanelli e le sue conseguenze
La campagna navale dei Dardanelli, iniziata per forzare lo stretto e aprire una via di comunicazione con la Russia, si concluse con un fallimento. L’ammiraglio De Robeck, dopo aver subito perdite a causa delle mine, decise di ritirarsi, nonostante le informazioni che indicavano una carenza di munizioni turche. Questa decisione portò a un cambio di strategia, con l’esercito che prese il comando della campagna. La successiva invasione di Gallipoli si rivelò un disastro, con pesanti perdite per gli Alleati. Winston Churchill fu accusato di aver causato il fallimento della campagna, mentre Lord Kitchener, nonostante le sue responsabilità, mantenne il suo prestigio. La situazione politica interna britannica si complicò, portando alla formazione di un governo di coalizione e all’esclusione di Churchill da posizioni di rilievo.Le promesse agli arabi e l’accordo Sykes-Picot
Nonostante la sconfitta a Gallipoli, la Gran Bretagna continuò a pianificare il futuro del Medio Oriente. Fu creato al Cairo l’Arab Bureau, con l’obiettivo di coordinare la politica britannica nella regione. L’arrivo di un ufficiale arabo, al-Faruqi, che affermava di rappresentare società segrete arabe, portò a promesse di indipendenza agli arabi, in cambio del loro sostegno contro l’Impero Ottomano. Queste promesse, tuttavia, erano vaghe e ambigue, e si scontrarono con gli interessi francesi nella regione. L’accordo Sykes-Picot, negoziato in segreto tra Sir Mark Sykes e il diplomatico francese François Georges-Picot, divise il Medio Oriente in sfere di influenza britanniche e francesi, ignorando le aspirazioni degli arabi e creando le basi per futuri conflitti.La sconfitta in Mesopotamia e i tentativi di subversione
Contemporaneamente, la campagna in Mesopotamia, iniziata per proteggere i giacimenti petroliferi e avanzare verso Baghdad, si concluse con la sconfitta britannica a Kut, un’ulteriore umiliazione per la Gran Bretagna. Nonostante ciò, la Gran Bretagna continuò a cercare di minare l’Impero Ottomano, anche se i tentativi di subversione, come corrompere i generali ottomani, non ebbero successo. La sconfitta di Kut, assieme a quella di Gallipoli, evidenziò l’impreparazione e gli errori strategici della Gran Bretagna in Medio Oriente, con conseguenze che si sarebbero protratte per decenni.Come si può giustificare la contraddizione tra le promesse di indipendenza fatte agli arabi e la spartizione del Medio Oriente sancita dall’accordo Sykes-Picot, che di fatto negava tale indipendenza?
Il capitolo evidenzia una palese contraddizione nella politica britannica in Medio Oriente: da un lato, la promessa di indipendenza agli arabi in cambio del loro sostegno contro l’Impero Ottomano; dall’altro, la spartizione del territorio in sfere di influenza britanniche e francesi, come stabilito dall’accordo Sykes-Picot. Questa contraddizione solleva interrogativi sulla reale intenzione della Gran Bretagna e sulla sua volontà di rispettare gli impegni presi. Per comprendere appieno le motivazioni e le conseguenze di questa politica ambigua, sarebbe utile approfondire gli studi di storici come James Barr e David Fromkin, che hanno analizzato in dettaglio le dinamiche politiche e diplomatiche del periodo, oppure le ricerche di Eugene Rogan e Avi Shlaim, che offrono una prospettiva più ampia sul ruolo delle potenze europee nella regione e sulle conseguenze a lungo termine delle loro azioni.Abbiamo riassunto il possibile
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