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Informazioni
“Una nuova storia alternativa della filosofia” di Costanzo Preve non è la solita carrellata di filosofi. È un viaggio pazzesco che scava nelle radici ontologico-sociali del pensiero umano, mostrando come la storia della filosofia sia sempre legata a doppio filo con la società, l’economia e l’ideologia. Si parte dalle origini, passando per il Periodo Assiale e la filosofia greca con figure come Platone e Aristotele, analizzando come concetti come la misura o la giustizia nascano da contesti sociali specifici, come l’Atene dei piccoli produttori. Il libro attraversa poi il cristianesimo, il Medioevo, l’alba del pensiero moderno con Cartesio e Kant, visti in relazione all’emergere del capitalismo. Il cuore del libro batte forte con l’analisi di Hegel e Marx, spiegando la loro critica radicale e il marxismo stesso come scienza filosofica. Si arriva fino a Nietzsche e Heidegger, che diagnosticano la crisi dell’Occidente, per concludere con Lukács e il suo tentativo di rifondare l’ontologia dell’essere sociale per affrontare il mondo di oggi. È un libro che ti fa capire che la filosofia non è roba astratta, ma nasce dalla vita vera e cerca di darle un senso, criticando il capitalismo e le sue illusioni.Riassunto Breve
Il pensiero umano è influenzato da esperienze personali, storiche e sociali. La filosofia cerca un significato eterno per la vita, mentre l’ideologia riflette il presente e gli interessi di gruppi o individui. Non si può ridurre la filosofia a ideologia, ma neanche ignorare l’influenza ideologica. L’ideologia è necessaria per la coscienza sociale, ma esiste una verità ontologico-sociale che va oltre. Nelle società primitive, la verità coincideva con la sopravvivenza del gruppo e l’armonia con la natura. Con lo sviluppo sociale, la religione diventa ideologia di potere e nasce il concetto di giustizia. La filosofia emerge in un terzo momento storico, come critica degli equilibri sociali esistenti. Il Periodo Assiale (800-300 a.C.) vede la nascita di nuove visioni filosofiche e spirituali in diverse culture, non per un evento miracoloso, ma come risposta all’aumento delle disuguaglianze sociali. La filosofia nasce per affrontare la conflittualità tra egoismo e invidia e cercare l’armonia sociale. Le diverse culture sviluppano soluzioni specifiche: il Tao in Cina per l’armonia natura-società, il Dharma in India legato alle caste, la filosofia greca focalizzata sulla misura e la giustizia in un contesto di individualismo crescente. Le categorie filosofiche nascono da condizioni storico-sociali. Il monoteismo ebraico non è originale, ma deriva da culti egiziani e serve a consolidare l’identità post-esilio, mostrando tendenze esclusive. Politeismo, monoteismo e ateismo sono modi diversi di capire il rapporto società-natura e possono essere usati per giustificare intolleranza. La storia della filosofia tradizionale, da Aristotele, ignora il contesto storico-sociale. Un approccio storico-genetico e ontologico-sociale è necessario. Eraclito, ad esempio, usa la natura come metafora per analizzare la politica e la lotta di classe a Efeso. Il pensiero greco cerca la perfezione nella misura del finito (metron), proiettando questo principio sull’organizzazione sociale (Pitagora). L’apeiron (infinito) di Anassimandro simboleggia il pericolo della ricchezza illimitata per la comunità, contrastato dalla giustizia (dike) e dalla misura. Atene non era solo schiavistica, ma una comunità di piccoli produttori; la democrazia di Clistene applica misura ed equilibrio. Solone abolì la schiavitù per debiti. Socrate critica la democrazia per migliorarla, cercando un Bene oggettivo. Platone, influenzato da Socrate e Pitagora, sviluppa l’idealismo come critica all’ingiustizia sociale, proponendo un modello ideale contro la dissoluzione (phthorà) causata dalla ricchezza. Aristotele fonda l’ontologia dell’essere sociale sulla natura umana, criticando Platone per la separazione idee-mondo. Distingue economia (gestione per il vivere bene) da crematistica (accumulo illimitato di ricchezze), anticipando critiche al capitalismo. Epicuro, nella crisi della polis, propone una comunità di amici come resistenza e spazio per il vivere bene, cercando l’assenza di dolore limitando i desideri. Lo stoicismo evolve da critica sociale a ricerca di equilibrio interiore (atarassia) nel disordine romano. Il cristianesimo emerge in questo contesto di “miseria”, offrendo un messaggio messianico (Gesù) e universalistico (Paolo). La crocifissione porta all’universalizzazione del messaggio, adattato all’impero romano. Costantino legalizza il cristianesimo, che diventa ideologia funzionale al potere, legittimando le disuguaglianze. La sintesi neoplatonica fornisce al cristianesimo una base filosofica per legittimare la gerarchia medievale. Il Medioevo ha un materialismo evidente (transustanziazione, reliquie). Il Purgatorio risponde all’ascesa mercantile. Aristotelismo e nominalismo (Occam) criticano le istituzioni corrotte e anticipano l’individuo moderno. La Riforma protestante (Lutero) critica la corruzione ecclesiastica, promuove il libero esame e, nel calvinismo, secolarizza la predestinazione, legittimando l’accumulazione capitalistica. La modernità ha radici religiose complesse. Il pensiero moderno (Galileo, Cartesio) nasce da trasformazioni sociali ed economiche. La quantificazione scientifica (Galileo) serve alle nuove esigenze economiche e militari. Cartesio fonda un soggetto conoscitivo astratto (“Cogito”) adatto al pensiero borghese. Spinoza critica questa formalizzazione, riaffermando l’unità pensiero-essere e criticando l’antropomorfizzazione di Dio. L’Illuminismo fonda la metafisica borghese (progresso, materia, lavoro astratto). Hume critica diritto naturale e contratto sociale, ponendo basi per una società basata su utilitarismo e abitudini. Kant rappresenta la metafisica borghese, legittimando la visione capitalista separando categorie del pensiero dall’essere, ponendo la scienza al vertice e riducendo la filosofia a gnoseologia. La sua morale individualistica è inapplicabile ma funziona come ideale compensatorio. Fichte supera Kant ristabilendo una prospettiva ontologico-sociale, vedendo l’umanità (Io) trasformare il mondo (Non-Io). Hegel costruisce una scienza filosofica della verità radicata nel sociale e nella storia, criticando religione, individualismo e positivismo. Le incomprensioni di Hegel derivano dall’avversione sociale che la sua filosofia suscita. La sua politica si basa sulla comunità (famiglia, corporazioni) e sullo Stato come eticità. La libertà è una conquista storica. Il marxismo ha interpretazioni divergenti. La critica marxiana all’economia politica è scienza filosofica che mira al riconoscimento del proletariato. Il marxismo storico spesso devia verso un materialismo deterministico, perdendo la dimensione della possibilità ontologica. La storia del marxismo è una storia di fraintendimenti. Il ritorno a Marx richiede il recupero della sua scienza filosofica e della possibilità ontologica. Il marxismo indipendente critica le ideologie militanti. Marx suggerisce un atto libero fondativo del pensiero. Nietzsche critica unitariamente le metafisiche borghesi e proletarie, anticipando il nichilismo del capitalismo globale. Weber e Heidegger descrivono il destino occidentale segnato da razionalizzazione e tecnica. Heidegger critica Cartesio, Hegel e Marx per aver ridotto l’uomo a socialità/tecnica, ma comprende Nietzsche. Difende una “filosofia per la filosofia”. Weber parla di “gabbia d’acciaio”, Heidegger di “tecnica”, Anders di “discrepanza” tra azione e conseguenze. Lyotard teorizza il postmoderno come disincanto dalle grandi narrazioni, ma ignora la persistenza del sistema capitalistico. Il disincanto verso il marxismo deriva dalla crisi del gauchismo. Nonostante il disincanto, è necessaria una filosofia che, come quella di Lukács, mantenga viva la critica al capitalismo e la passione per l’emancipazione. Lukács cerca di rifondare la filosofia sull’ontologia dell’essere sociale, criticando le interpretazioni deterministiche e utopistiche del marxismo. La sua opera è un anticapitalismo radicale fondato sul razionalismo universalistico. La filosofia deve recuperare la sua unità tra rigore e interesse umano, essere dialogica e comunitaria, basata sull’ontologia dell’essere sociale per orientarsi nell’epoca attuale.Riassunto Lungo
1. Genesi Ontologico-Sociale del Pensiero Umano
La Tendenza Innata al Pensiero Generico e la Ricerca di Significato
L’essere umano ha una naturale predisposizione a pensare in modo generico. Questo modo di pensare è influenzato dalle esperienze personali, dal contesto storico e dall’ambiente geografico in cui si vive. La consapevolezza della morte spinge le persone a cercare un significato per la vita. Questa ricerca di significato è di tipo filosofico e ideologico, e non può essere soddisfatta dalla scienza. La filosofia si concentra sull’essere eterno, su ciò che non cambia. L’ideologia, invece, riflette il periodo storico attuale nel modo di pensare, e pone interrogativi sul rapporto tra la verità filosofica, che aspira all’eternità, e le ideologie, che sono per loro natura legate al presente e al cambiamento.Filosofia, Ideologia e la Verità Ontologico-Sociale
È sbagliato pensare di poter ridurre la filosofia a una semplice ideologia, così come è sbagliato illudersi di essere completamente liberi da qualsiasi ideologia. L’ideologia è un modo di rappresentare gli interessi dei singoli individui e della collettività. L’ideologia è necessaria perché permette alla società di essere consapevole di sé. Nonostante questo, esiste un livello di pensiero che va oltre l’ideologia. Questo livello superiore costituisce la base ontologico-sociale della verità, intesa come qualcosa che è valido sempre, al di là del tempo e delle mode.La Verità nelle Società Primitive e il Legame con la Sopravvivenza
La storia del concetto di verità inizia nelle società più antiche e semplici, quelle primitive. In queste società, la verità e la sopravvivenza del gruppo coincidevano perfettamente. Era considerato vero tutto ciò che aiutava il gruppo a continuare a esistere e a riprodursi. Al contrario, era falso tutto ciò che poteva mettere in pericolo la sopravvivenza del gruppo. Questa visione della verità non era utilitaristica, come potremmo intendere oggi. Piuttosto, rifletteva una condizione in cui l’ambiente naturale più grande (il macrocosmo) e la piccola società umana (il microcosmo) erano visti come un’unica cosa. Non esistevano le divisioni tra le diverse materie di studio che conosciamo oggi. La dipendenza dalla natura era totale e, di conseguenza, la verità era strettamente legata all’armonia con la natura stessa.Trasformazioni Sociali, Religione e l’Emergere della Filosofia
Con lo sviluppo della società e con la nascita della divisione del lavoro, questa unità originaria subisce una profonda trasformazione. La religione si trasforma in uno strumento ideologico per esercitare il potere. Insieme al concetto di verità, emerge anche l’idea di giustizia. Le prime civiltà storiche si basano su un insieme di simboli culturali che precedono la filosofia vera e propria. Questi simboli nascono dall’interazione tra i re-sacerdoti, che detengono il potere, e le forze della natura, che vengono divinizzate e venerate. La filosofia, quindi, non è qualcosa di innato e spontaneo nell’uomo. Al contrario, nasce in un momento storico successivo, come critica dei sistemi sociali e culturali che si erano formati in precedenza. Questi sistemi sociali e culturali, pur complessi, avevano conservato elementi simbolici che risalivano alle società tribali più antiche.È davvero corretto ridurre la “verità” delle società primitive alla mera sopravvivenza del gruppo?
Il capitolo presenta una visione forse eccessivamente semplicistica del concetto di verità nelle società primitive, quasi fosse un mero strumento utilitaristico per la sopravvivenza. Questa interpretazione rischia di trascurare la complessità dei sistemi di credenze e di pensiero di queste società, che potrebbero aver avuto concezioni di verità più sfumate e articolate. Per approfondire la questione, sarebbe utile consultare studi di antropologia culturale e di storia delle religioni, esplorando autori come Mircea Eliade e Clifford Geertz, che hanno analizzato in profondità le cosmologie e i sistemi simbolici delle società tradizionali.2. L’Alba della Filosofia: Un’Analisi Ontologico-Sociale
Il Periodo Assiale e le sue domande
Il Periodo Assiale è un periodo storico che va dall’800 al 300 a.C. In diverse parti del mondo, in questi secoli, si nota una grande quantità di novità nel pensiero spirituale e filosofico. Personaggi come Confucio, Budda, Zarathustra e i profeti biblici nascono quasi nello stesso periodo e propongono nuove idee sul mondo. Questa concentrazione di figure e pensieri solleva però delle domande sulla sua origine. Non basta dire che è un evento miracoloso, ma bisogna cercare una spiegazione nella storia e nella società.La filosofia come risposta alle disuguaglianze sociali
Si può pensare al Periodo Assiale come la terza fase dello sviluppo del pensiero umano. Prima ci sono state la fase magico-animistica e quella religiosa-monarchica. Nel Periodo Assiale, le differenze tra ricchi e poveri diventano molto più forti, creando una tensione sociale nuova. Questa divisione tra classi sociali diventa il problema principale per la filosofia. La filosofia quindi nasce per cercare di risolvere, con la ragione, il conflitto tra egoismo e invidia, con l’obiettivo di ricostruire un equilibrio sociale che si è perso.Le diverse culture e le loro soluzioni filosofiche
Le culture del Periodo Assiale, anche se affrontano problemi simili, trovano soluzioni filosofiche diverse. In Cina, la filosofia si concentra sul Tao, cioè la “via” o la regola che mette in armonia la natura e la società. Questo concetto riflette l’importanza dei lavori di gruppo e una minore distinzione tra chi guarda (soggetto) e cosa è guardato (oggetto). In India, il Dharma, legato al sistema delle caste, dà importanza al dovere sociale e a una visione del mondo organizzata in modo gerarchico. La filosofia greca, invece, è diversa perché non ha un sistema di caste e perché il commercio si sviluppa presto, aumentando le differenze sociali. Questo porta a riflettere sulla misura e sulla giustizia in un contesto dove ognuno pensa sempre di più a sé stesso. Quindi, i concetti filosofici non sono idee astratte, ma nascono da situazioni storiche e sociali precise e cambiano a seconda della cultura.È davvero esaustivo spiegare la nascita della filosofia nel Periodo Assiale unicamente come risposta alle disuguaglianze sociali?
Il capitolo presenta una prospettiva interessante, ma rischia di semplificare eccessivamente un fenomeno complesso come la nascita della filosofia. Ridurre la filosofia a una mera reazione alle tensioni sociali potrebbe oscurare altri fattori determinanti, come le trasformazioni culturali, spirituali e intellettuali dell’epoca. Per una comprensione più completa, sarebbe utile esplorare le opere di autori come Karl Jaspers, che ha introdotto il concetto di “Periodo Assiale”, o studiosi come Shmuel Eisenstadt, che hanno analizzato le “civiltà assiali” in una prospettiva sociologica più ampia. Approfondire la storia delle religioni e la sociologia della conoscenza potrebbe inoltre arricchire la comprensione delle origini della filosofia, andando oltre la pur importante dimensione sociale.3. Alle Radici del Pensiero: Critica e Contesto
Le origini del monoteismo ebraico
L’idea che il monoteismo ebraico sia nato dal nulla non è corretta. Ci sono diverse prove storiche che fanno pensare che derivi da culti monoteistici egiziani più antichi. Il monoteismo ebraico si è formato dopo l’esilio ed è diventato un modo importante per dare un’identità al popolo ebraico. Questo ha aiutato a unire le persone dopo l’esperienza difficile dell’esilio a Babilonia. Però, questo modo di creare un’identità ha anche dei problemi. A volte può portare a chiusura verso l’esterno e può essere usato per giustificare la violenza.Sistemi di credenze a confronto
Non si può dire che il politeismo, il monoteismo o l’ateismo siano sistemi di credenze migliori o peggiori in assoluto. Sono semplicemente modi diversi di capire il rapporto tra la società e la natura, e ognuno di questi modi è sempre incompleto. L’essere tolleranti o intolleranti non dipende dal tipo di credenza, ma da come queste credenze vengono usate a livello politico e ideologico. Infatti, sia il politeismo, sia il monoteismo, sia l’ateismo possono essere usati per giustificare l’intolleranza e i conflitti.La storia della filosofia tradizionale è limitata
Il modo in cui di solito si racconta la storia della filosofia, a partire da Aristotele, ha dei difetti importanti. Aristotele ha cercato di ricostruire il pensiero filosofico precedente, ma lo ha fatto in modo astratto e senza considerare il contesto storico. Si è concentrato su concetti come le Quattro Cause, ma ha ignorato come le idee filosofiche nascono e si sviluppano a partire dalla storia e dalla società. Quindi, la storia della filosofia non può essere solo un elenco di opinioni senza legami tra loro e con il mondo reale.Un nuovo modo di vedere la filosofia: la prospettiva storico-sociale
È necessarioGuardare alla filosofia in modo diverso, tenendo conto della storia e della società. La filosofia è profondamente legata alle condizioni materiali e sociali in cui nasce. L’opera di Eraclito è un buon esempio per capire questo punto. Spesso si dice, in modo superficiale, che Eraclito pensava che “tutto cambia sempre”. Invece, il suo modo di parlare della natura deve essere letto come un’analisi della situazione politica e sociale di Efeso. Per Eraclito, la natura è una metafora per capire come funziona il potere, la lotta tra le classi sociali e l’importanza dell’isonomia, cioè l’uguaglianza di tutti di fronte alla legge. Eraclito non era un pensatore lontano dalla realtà, ma affrontava problemi politici concreti usando un linguaggio filosofico che prendeva spunto dalla natura. In generale, i filosofi presocratici usavano spesso immagini legate alla natura per parlare di temi politici e sociali molto importanti.Ma è davvero così semplice ridurre il pensiero di Marx a una mera riduzione dell’uomo a “essere sociale”, come sembra suggerire questo capitolo?
Questo capitolo presenta una critica piuttosto netta di Marx da parte di Heidegger, accusandolo di ridurre l’uomo a una dimensione puramente sociale. Tuttavia, una simile interpretazione potrebbe risultare eccessivamente semplicistica e non rendere giustizia alla complessità del pensiero marxiano. Per comprendere appieno le sfumature del dibattito tra Heidegger e Marx, sarebbe utile approfondire la filosofia di Marx stesso, magari iniziando con la lettura di autori come Karl Marx e studiando il contesto storico e filosofico in cui il suo pensiero si è sviluppato. Questo permetterebbe di valutare se la critica di Heidegger sia fondata o se, invece, manchi di una comprensione più profonda del pensiero marxista.15. La Restaurazione della Ragione: L’Ontologia dell’Essere Sociale di Lukács
Il progetto filosofico di Lukács
Il pensiero filosofico di Lukács si propone di rifondare la filosofia. Per farlo, si ispira alla tradizione classica, da Aristotele a Hegel, ma inserendosi nel contesto del pensiero comunista di Marx. Questa rifondazione include una critica profonda delle interpretazioni deterministico-positivistiche e messianico-utopistiche del marxismo. L’obiettivo è arrivare a un marxismo più concreto e basato sull’ontologia. Lukács riconosce l’importanza di figure come Simmel e Weber, ma l’incontro con Lenin segna un punto di svolta. In Lenin, Lukács vede la figura che incarna l’attualità della rivoluzione, condividendone la teoria sull’imperialismo.La critica al marxismo tradizionale e l’influenza di Lenin
Nonostante Lukács aderisca al marxismo e accetti formalmente la teoria del rispecchiamento, il suo pensiero si caratterizza per il recupero della filosofia classica. La sua “ontologia dell’essere sociale” rappresenta un modo di fare filosofia nel Novecento simile a quello di Aristotele e Hegel. Lukács è consapevole dei limiti di questo approccio, ma rimane fedele all’esempio dei grandi filosofi del passato. La contraddizione nel suo pensiero sta nell’accettazione della teoria del rispecchiamento. Questa teoria assegna alla filosofia un ruolo conoscitivo limitato, mentre il progetto ontologico di Lukács mira a una comprensione più ampia e profonda della verità.Il dilemma etico e la difesa del razionalismo
L’adesione di Lukács al comunismo di Lenin nasce da un dilemma etico, legato alla sua comprensione del difficile periodo storico del primo Novecento. La sua critica a Hitler e Stalin non si basa su giudizi negativi e superficiali, ma su un’analisi razionale e storica. Lukács cerca di capire le radici culturali e sociali di questi fenomeni. Egli difende il razionalismo dialettico come strumento per opporsi a ogni forma di irrazionalismo e totalitarismo. La sua opera è ricca di spunti critici, che inquadrano il capitalismo come un sistema che non può essere cambiato facilmente e analizzano le contraddizioni interne del socialismo.L’ontologia dell’essere sociale e il superamento del marxismo dogmatico
Il progetto ontologico di Lukács si distacca da diverse interpretazioni del marxismo. Tra queste, il positivismo della Seconda Internazionale, il materialismo dialettico, il messianismo rivoluzionario e il marxismo scientifico. Il suo scopo è un anticapitalismo radicale che non scada in estremismi o illusioni, ma si fondi su un razionalismo universale radicato nella tradizione filosofica occidentale. Per Lukács, la filosofia deve ritrovare l’unità tra la dimensione accademica e quella mondana, tra il rigore sistematico e l’interesse umano universale, evitando chiusure elitarie e settarismi. La pratica filosofica, ispirata a Socrate, deve recuperare la sua natura dialogica e comunitaria. Questo avviene attraverso la deduzione sociale delle categorie e l’ontologia dell’essere sociale, per orientarsi in un’epoca segnata dalla frammentazione e dal nichilismo.Se la filosofia, secondo la teoria del rispecchiamento accettata da Lukács, si limita a “riflettere” la realtà, come può aspirare a costruire un’ontologia “dell’essere sociale” che pretende di offrire una comprensione più profonda e “vera” della realtà stessa?
Il capitolo presenta un’apparente contraddizione nel pensiero di Lukács. Se da un lato aderisce formalmente alla teoria del rispecchiamento, che sembra relegare la filosofia a un ruolo conoscitivo secondario, dall’altro ambisce a un progetto ontologico di vasta portata. Per rispondere a questa domanda, è necessario approfondire la natura della teoria del rispecchiamento nel marxismo e le diverse interpretazioni che ne sono state date. Studiare le opere di filosofi marxisti che hanno criticato o reinterpretato la teoria del rispecchiamento, come Althusser, potrebbe fornire strumenti utili. Inoltre, un’analisi più dettagliata dei testi di Lukács dedicati all’ontologia e alla teoria della conoscenza è indispensabile per comprendere se e come l’autore abbia tentato di risolvere questa potenziale tensione interna al suo pensiero.Abbiamo riassunto il possibile
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