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Contenuti del libro
Informazioni
“Tessere. Scritti, 1967-2000” di Letizia Comba ti porta dentro un viaggio che intreccia tante storie e riflessioni. È come se l’autrice mettesse insieme i fili di esperienze diverse, partendo dalla difficile trasformazione di luoghi come l’ospedale psichiatrico, dove si lotta per aprire le porte chiuse e capire le relazioni di potere e l’esclusione sociale che intrappolano le persone, specialmente le donne. Poi si sposta dentro la famiglia borghese, guardando alla maternità e alla paternità , a come i ruoli sociali definiscono e a volte limitano il corpo femminile e le relazioni più intime. Non è solo un’analisi esterna, ma scava a fondo, esplorando la trasmissione del sapere (e delle costrizioni) tra generazioni e culture, e affrontando temi profondi come il lutto e la perdita, cercando una quiete interiore anche nel dolore più grande. È un libro che ti fa pensare a come le strutture sociali e le esperienze personali si influenzano a vicenda, sempre con uno sguardo attento a chi è considerato “diverso” o ai margini.Riassunto Breve
La trasformazione di un ospedale psichiatrico da luogo chiuso a comunità terapeutica incontra forti resistenze, soprattutto nell’apertura dei reparti più isolati, come quello femminile considerato per le pazienti più difficili. Il lavoro svolto dai pazienti, presentato come terapia, funziona spesso come forza lavoro non pagata, creando una dipendenza simile a quella coloniale. L’apertura fisica delle porte è solo l’inizio; la vera sfida è permettere alle pazienti di riappropriarsi della propria identità e del proprio corpo, superando i modelli sociali e istituzionali che le oggettivano. Questo richiede un cambiamento profondo nei rapporti tra personale e pazienti, basato sulla reciprocità . La psichiatria moderna perfeziona i metodi di esclusione, rendendoli meno visibili. La psicologia tradizionale, usando test e metodi quantitativi, serve spesso alla selezione sociale e al controllo, etichettando e cercando di conformare i “devianti”. Un approccio diverso lega il disagio individuale ai conflitti sociali, richiedendo l’analisi dell’istituzione e dei rapporti di potere. Il concetto di diverso genera disagio e paura, portando a voler “fare” qualcosa per l’altro invece di “essere” presenti e accettare la propria impotenza. Accettare una minorazione è un processo difficile, simile al lutto, complicato dagli stereotipi sociali. La famiglia borghese impone una divisione tra pubblico e privato, affidando la riproduzione sociale e l’accudimento dei figli alle donne, il cui corpo e amore vengono mercificati. La maternità non è una scelta libera ma determinata da fattori economici e sociali. L’analisi del linguaggio nelle interviste sul parto rivela le dinamiche nascoste e le rappresentazioni della relazione madre-figlio. Il ruolo del padre si evolve, allontanandosi dall’autoritarismo verso comportamenti più espressivi, ma lo studio della paternità deve considerare la complessità delle relazioni e superare i limiti metodologici legati al concetto di “deprivazione paterna”. La paternità non è solo biologica, ma legata a dimensioni sociali e persino mitiche. La psicoanalisi, con concetti come l’inconscio e il complesso di Edipo, aiuta a comprendere i conflitti interni che influenzano le relazioni familiari. Le diverse forme familiari presentano sfide specifiche che richiedono flessibilità emotiva. La trasmissione di un sapere tradizionale avviene attraverso una catena di maestri e discepoli, non di sangue, che porta a superare i limiti umani ordinari tramite tecniche interiori. Parallelamente, la società trasmette norme e costrizioni, specialmente per le donne, controllandone corpo e sessualità . Le donne resistono a queste imposizioni, cercando autonomia e identità . Una cultura privilegia ciò che è visibile esternamente, trascurando la percezione interna di sé. L’immaginario femminile, legato all’interno del corpo, si struttura diversamente. L’esplorazione di questa relazione avviene tramite viaggi interiori ed esteriori e l’incontro con altre culture. L’obbedienza non è solo conformità esterna ma un consenso interiore che lega a uno scopo più vasto o resiste agli automatismi. Esiste una soglia tra l’ordine esterno (leggi sociali) e l’ordine interno (leggi dell’anima), dove il consenso interno si incontra o si separa. Mantenersi su questa soglia è necessario per integrare i diversi livelli della realtà . La relazione madre-figlio implica legami e distacchi. La morte del figlio è uno “scuotimento” che impone nuove responsabilità e rivela una forza sconosciuta, ma anche l’insignificanza di fronte alla morte. Il distacco finale, la riconsegna del corpo, è un atto terribile. Il lutto è affrontato diversamente nelle culture. Il passaggio dallo scuotimento alla “quiete” è un percorso che permette di comprendere le leggi universali, superando abitudini mentali e accettando momenti di silenzio profondo. La quiete si coltiva “tenendo fermo il dorso”, un arresto dei pensieri egoici per rimanere nel presente e accogliere il dolore. Le esperienze di madri in lutto mostrano come si possa trovare una sorgente interiore e trasformare la sofferenza in forza e azione. Raggiungere la “magnanima quiete” significa abbandonare i pensieri inutili, accettare la solennità della morte e riconoscere la propria piccolezza di fronte al dolore universale. Si accetta il figlio come altro da sé e la relazione passata come indelebile.Riassunto Lungo
1. La porta chiusa e la lotta per l’apertura
La trasformazione di un ospedale psichiatrico, che cerca di passare da un’istituzione chiusa a una comunità più aperta, incontra molte difficoltà e contraddizioni. Una delle resistenze più evidenti si manifesta nell’apertura dell’ultimo reparto che è rimasto isolato. In questo contesto, il lavoro svolto dai pazienti, presentato come parte della terapia, finisce spesso per essere una forma di manodopera non pagata. Questa situazione crea una dipendenza che ricorda le dinamiche coloniali. Anche quando i pazienti vengono retribuiti in denaro, migliorando le loro condizioni, questa fondamentale contraddizione non viene completamente risolta.Il reparto C: L’ultimo baluardo della chiusura
Il reparto C, destinato alle donne, rappresenta l’ultimo spazio rimasto chiuso e isolato all’interno dell’ospedale. Qui vengono raggruppate le pazienti considerate più difficili da gestire o problematiche, come quelle molto agitate, quelle con problemi fisici che le rendono inferme, quelle che tentano la fuga o quelle con questioni legate alla sessualità . Questa separazione netta ha lo scopo di facilitare l’apertura degli altri reparti, concentrando tutti i “problemi” in un’unica area isolata e controllata. Le donne ricoverate in questo reparto subiscono una forma di violenza istituzionale: vengono escluse, dimenticate e trattate come oggetti anziché persone. Questa situazione è aggravata da dinamiche interne al reparto basate sulla dipendenza e su una permissività che, anziché aiutare, nega la loro individualità e il loro rapporto con il proprio corpo.Il dibattito sull’apertura: gradualità o rottura?
Aprire questo reparto finale non è un semplice passaggio burocratico, ma rappresenta un momento cruciale che mette in discussione le regole e le abitudini radicate nel manicomio. Esiste un forte dibattito su come procedere. Alcuni sostengono che l’apertura debba essere il risultato finale di un lungo processo di maturazione interna all’istituzione, un passo graduale compiuto solo quando tutti sono pronti. Altri, invece, vedono l’apertura come un atto necessario, quasi rivoluzionario, che deve forzare i tempi e superare le resistenze del personale e delle pazienti stesse, che si sono abituate a una condizione di dipendenza e passività . Spesso, l’iniziativa per l’apertura arriva dall’alto, da medici o dal direttore, creando una situazione ambigua in cui chi detiene il potere istituzionale si fa promotore del cambiamento più avanzato.Oltre la porta: Riconquistare corpo e identitÃ
Aprire fisicamente le porte è solo l’inizio di un percorso molto più complesso. La vera sfida e il significato profondo dell’apertura consistono nel permettere alle pazienti di riappropriarsi del proprio corpo e della propria identità , liberandosi dai modelli sociali e istituzionali che le hanno relegate a un ruolo oggettivato. Questo richiede un cambiamento radicale nel modo in cui il personale e le pazienti interagiscono, costruendo rapporti basati sulla reciprocità e abbandonando i ruoli tradizionali di chi cura e chi è curato. L’apertura dell’ultimo reparto chiuso segna un momento di svolta: si passa dalla negazione dei problemi e della realtà del manicomio alla necessità concreta di costruire una nuova realtà ospedaliera e di affrontare in modo diretto le difficoltà e le sfide della psichiatria.Ma in tutto questo dibattito sull’apertura, dove sono le voci delle pazienti rinchiuse, quelle che dovrebbero “riconquistare corpo e identità ”?
Il capitolo descrive un dibattito sull’apertura che sembra svolgersi principalmente tra il personale e la direzione, con le pazienti del Reparto C descritte come passive e dipendenti. Questo solleva un interrogativo cruciale: come può un processo di “riconquista di corpo e identità ” avvenire in modo autentico se le persone direttamente coinvolte non sono al centro della discussione e della decisione? Per comprendere meglio le dinamiche di potere e agency all’interno delle istituzioni psichiatriche e il ruolo cruciale delle esperienze vissute, sarebbe utile approfondire la sociologia della salute, la storia della psichiatria dal punto di vista dei pazienti, e le teorie sull’empowerment in salute mentale.2. La Paura dell’Altro e il Ruolo Istituzionale
Il concetto di diverso è strettamente legato all’alterità e spesso viene caratterizzato in modo negativo, passando dalla semplice stranezza fino alla mostruosità . L’altro è visto inizialmente come differente da noi, ma è anche un soggetto che possiede la nostra stessa dignità e umanità . Le norme sociali giocano un ruolo cruciale nel definire cosa sia considerato diversità , e queste norme non sono fisse ma cambiano nel tempo e nelle culture. L’incontro con ciò che è diverso genera inevitabilmente un senso di disagio, che può trasformarsi in vera e propria angoscia quando ci si trova di fronte a qualcosa di difficile o impossibile da comprendere completamente. Di fronte alla sofferenza altrui, la reazione più comune è quella di voler “fare” qualcosa attivamente, spesso per alleviare il proprio disagio o il senso di colpa che ne deriva, invece di riuscire semplicemente ad accettare un’eventuale impotenza e “essere” presenti accanto all’altro, offrendo solo la propria vicinanza.Accettare la Differenza e Superare gli Stereotipi
Accettare una condizione di minorazione, sia essa fisica o sociale, è un processo complesso che assomiglia molto all’elaborazione di un lutto. Questo perché implica la perdita di una parte di sé, o almeno dell’immagine che si aveva di sé o che si pensava gli altri si aspettassero. Richiede tempo e fatica per riuscire a riorganizzare la propria identità alla luce di questa nuova realtà . Questo percorso è reso ancora più difficile dalla presenza di stereotipi sociali negativi che tendono a svalutare chi è considerato “minorato” e che impongono valori basati sulla competizione e sulla performance. La difficoltà che molte persone incontrano nel relazionarsi in modo autentico e sereno con chi è percepito come diverso riflette spesso una paura profonda e una vergogna latente. Queste emozioni nascono dal confronto con l’ignoto che l’altro rappresenta e, soprattutto, con la propria vulnerabilità che l’incontro con la diversità può mettere a nudo.Il Contesto Istituzionale e l’Esclusione Nascosta
La psichiatria moderna, nel corso del tempo, ha perfezionato i suoi metodi di esclusione, rendendoli meno evidenti e più subdoli rispetto al passato. L’apertura dei reparti che per anni erano rimasti chiusi e isolati all’interno di un ospedale psichiatrico non è stata un processo semplice o automatico. Ha richiesto la forte spinta e la determinazione di un gruppo ristretto di persone che hanno dovuto affrontare e superare le notevoli resistenze da parte del personale già presente nella struttura. L’apertura del reparto maschile è avvenuta con maggiore rapidità , anche perché mantenerlo chiuso significava rischiare di perdere i pazienti considerati migliori o più gestibili, che potevano essere trasferiti altrove. Al contrario, l’apertura del reparto femminile è stata un processo molto più lento e caratterizzato da una maggiore passività . Le infermiere che vi lavoravano si sono sentite implicitamente accusate per la situazione preesistente e hanno preferito delegare completamente la decisione e la responsabilità dell’apertura alla direzione dell’ospedale.La Psicologia: Strumento di Controllo o di Comprensione Critica?
La psicologia intesa in senso tradizionale si è spesso configurata come una scienza al servizio di una specifica classe sociale. Utilizzando test standardizzati e metodi basati sulla misurazione quantitativa, ha finito per etichettare e controllare gli individui. In questo modo, ha servito indirettamente i meccanismi di selezione sociale, proponendo un modello unico di normalità al quale i “devianti” dovevano conformarsi. In questo scenario, gli psicologi correvano il serio rischio di ridursi a semplici tecnici incaricati di mantenere il consenso sociale. Esiste però un approccio psicologico radicalmente diverso, che non separa il disagio individuale dal contesto in cui nasce. Questo approccio lega profondamente il malessere della singola persona ai conflitti e alle tensioni presenti nella società . Per adottare questa prospettiva, è indispensabile possedere una solida conoscenza delle strutture economiche e delle ideologie dominanti che plasmano la percezione della realtà . Lo psicologo, in questo ruolo critico, deve essere capace di analizzare l’istituzione in cui opera e i rapporti di potere che la caratterizzano. Questo tipo di lavoro richiede l’integrazione costante della riflessione teorica con la pratica quotidiana e una consapevolezza critica e profonda del proprio ruolo professionale all’interno del sistema sociale.Ma è davvero così semplice ridurre la psicologia tradizionale a un mero strumento di controllo sociale al servizio di una classe dominante?
Il capitolo propone una visione molto critica della psicologia, etichettandola come ancella dei meccanismi di selezione sociale e di un modello unico di normalità . Tuttavia, questa prospettiva rischia di ignorare la ricchezza e la complessità della disciplina, le sue molteplici applicazioni terapeutiche e di ricerca, e il dibattito interno che l’ha sempre caratterizzata. Per arricchire questa analisi e superare una potenziale semplificazione, sarebbe fondamentale esplorare la storia della psicologia non solo dal punto di vista critico, ma anche considerando le diverse scuole di pensiero e i loro contributi alla comprensione della mente umana e del comportamento. Approfondire autori che hanno esplorato il rapporto tra potere, sapere e istituzioni, come Foucault, può essere utile, ma è altrettanto importante confrontarsi con le opere di psicologi che hanno cercato di utilizzare la disciplina per scopi emancipatori o terapeutici in contesti diversi.3. La famiglia borghese e il corpo della madre
La famiglia oggi si presenta prevalentemente nella sua forma borghese, caratterizzata da elementi centrali come la noia e il denaro. Questa struttura impone una netta separazione tra la sfera pubblica e quella privata, una divisione che la borghesia estende anche alla classe operaia. Tale separazione si manifesta concretamente nella gestione della riproduzione sociale, un compito che viene affidato alle donne e considerato parte della sfera privata.La Divisione Interna e le Teorie Psicologiche
Questa frattura tra pubblico e privato non rimane esterna, ma si interiorizza negli individui, creando una contraddizione interna che la donna incarna in modo particolare. Il suo ruolo sociale è spesso definito dalla sua posizione nella sfera privata, come moglie o madre. Le teorie psicologiche, dalla psicoanalisi alla terapia familiare, hanno cercato di analizzare le dinamiche interne alla famiglia. Sebbene abbiano spostato l’attenzione dalla madre come unica causa di problemi a un sistema relazionale più complesso, a volte queste analisi non riescono a superare completamente una logica basata sui ruoli funzionali all’interno della famiglia.La Maternità tra Economia e SocietÃ
In questo contesto, la maternità non emerge come una scelta pienamente libera, ma è fortemente determinata da fattori economici e sociali. Il corpo della madre e il suo amore vengono quasi mercificati e resi funzionali alla necessità di riprodurre la forza lavoro per la società . L’atto di accudire il figlio si trasforma in un atteggiamento di dipendenza che finisce per intrecciarsi con tutti gli altri rapporti sociali, contribuendo a riproporre ruoli generici predefiniti.Analizzare l’Esperienza attraverso il Linguaggio
Per comprendere più a fondo l’esperienza soggettiva e come viene costruito il significato all’interno di queste dinamiche, si può ricorrere all’analisi del linguaggio, ad esempio attraverso interviste sul parto. Selezionando e combinando elementi come il tempo, lo spazio, gli eventi e i personaggi menzionati, è possibile rivelare le dinamiche nascoste e le rappresentazioni che madre e figlio hanno dell’evento della nascita e della loro relazione. Il testo stesso diventa uno spazio vivo in cui chi legge interagisce attivamente, costruendo una sorta di “protesi simbolica” che lo aiuta a colmare il divario tra la propria esperienza corporea e le immagini proposte, integrandosi così nel processo comunicativo.Ma su quali basi concrete si afferma una differenza così netta nella percezione del mondo tra uomini e donne, legata all’interno o all’esterno del corpo?
Questo è un punto cruciale che il capitolo sfiora senza approfondire adeguatamente. Presentare una dicotomia così marcata tra la percezione maschile e quella femminile rischia di cadere in generalizzazioni che non tengono conto della complessità individuale e culturale. Per comprendere meglio se e come le differenze di genere influenzino la percezione, e quanto queste siano biologiche o socialmente costruite, sarebbe utile esplorare discipline come gli studi di genere, la psicologia cognitiva e l’antropologia culturale. Autori come Judith Butler o Simone de Beauvoir offrono prospettive fondamentali sulla costruzione sociale del genere che possono arricchire enormemente la discussione.7. Lo Scuotimento e la Quiete del Lutto
La relazione tra madre e figlio è fatta di legami profondi e, inevitabilmente, anche di distacchi. Quando il figlio muore, il passato sembra congelarsi e il dolore diventa un peso insopportabile. Nonostante la perdita fisica, rimane uno spazio intimo dentro di sé dove tutto ciò che è stato vissuto insieme non può essere cancellato. Questa esperienza di lutto, così complessa e dolorosa, può essere compresa meglio guardando a due simboli antichi.Chen: Lo Scuotimento della Vita
Uno di questi simboli è Chen, che rappresenta lo Scuotimento. Questo simbolo descrive l’arrivo del figlio nella vita di una madre, un evento che scuote profondamente la sua esistenza. È uno scuotimento che porta con sé nuove responsabilità e fa scoprire una forza interiore e fisica prima sconosciuta. Questo momento iniziale è come un tuono che rompe l’autonomia precedente, costringendo ad accettare la propria vulnerabilità di fronte alla natura. Porta gioia immensa, ma anche un senso di timore. Richiede di mettere da parte gli interessi personali per dedicarsi completamente a questa nuova vita, accettando che il figlio è un dono ricevuto, non una proprietà . La crescita del figlio porta con sé continui cambiamenti, piccole perdite e nuove sfide, mantenendo la madre in uno stato di costante, anche se vitale, scuotimento. Il culmine di questo movimento interiore si raggiunge con la morte del figlio. Questo evento finale scardina ogni certezza, rivelando quanto si sia insignificanti di fronte alla morte e annebbiando la capacità di pensare lucidamente.Ken: L’Arresto e la Ricerca della Quiete
L’altro simbolo è Ken, l’Arresto. Questo simbolo rappresenta il punto in cui la morte e la nascita si incontrano, dove una fine segna anche un nuovo inizio. Il percorso dall’agitazione di Chen alla calma di Ken è un viaggio interiore dalla confusione alla quiete. Raggiungere questa pace interiore permette di iniziare a comprendere le leggi profonde che regolano la vita e la morte. Per arrivare a questo stato, è necessario superare le abitudini mentali consolidate e accogliere momenti di profondo silenzio interiore. La quiete si coltiva imparando a “tenere fermo il dorso”, un’immagine che suggerisce di fermare il movimento esteriore e i pensieri legati all’ego. Questo processo di arresto, che idealmente parte dai piedi e sale su per il corpo, aiuta a rimanere ancorati nel presente e ad accogliere il dolore senza opporre resistenza, senza cercare conferme o distrazioni all’esterno.Accettare la Perdita e Trasformare il Dolore
Il distacco più difficile è la riconsegna del corpo del figlio. Questo atto riporta, in modo terribile, all’intimità della nascita, ma con un esito opposto. La negazione della realtà fisica del corpo, specialmente quando non è possibile recuperarlo, rende il lutto ancora più straziante. Le diverse culture affrontano il dolore della perdita in modi differenti: alcune lo integrano attraverso rituali che coinvolgono la comunità e aiutano a elaborare il dolore, altre invece tendono a nasconderlo o a sopprimerlo. Le storie di madri che hanno vissuto questa perdita mostrano come, anche attraverso il dolore più acuto e la solidarietà reciproca, sia possibile trovare una forza interiore inaspettata. Questa forza può portare a trasformare la sofferenza in azione e testimonianza, come nel caso della scultrice di Dark Elegy o delle Madres de Plaza de Mayo in Argentina. Raggiungere quella che viene definita “magnanima quiete” significa riuscire ad abbandonare i pensieri inutili e accettare la solennità della morte. Significa riconoscere la propria piccolezza di fronte all’immensità del dolore che la perdita porta con sé. In questo stato, si arriva ad accettare il figlio come un essere distinto da sé, riconoscendo al tempo stesso che la relazione vissuta con lui rimane un legame indelebile. La sua presenza, anche dopo la morte, si trasforma, diventando simile a quella di un antenato che continua a vivere dentro di sé. Nulla di ciò che è stato costruito e vissuto insieme può essere in alcun modo annullato.Il capitolo propone una lettura del lutto attraverso simboli antichi. Ma una tale interpretazione simbolica basta a cogliere la profondità e la complessità psicologica di un dolore così devastante?
Il capitolo si affida a un’interpretazione suggestiva di simboli antichi per descrivere le fasi del lutto, ma non si confronta con le consolidate teorie psicologiche ed emotive che studiano questo processo. Per comprendere meglio le dinamiche del dolore, dell’accettazione e della trasformazione della perdita, sarebbe utile approfondire la psicologia del lutto e le sue diverse fasi, esplorando autori che hanno studiato l’attaccamento e la perdita o i modelli di elaborazione del lutto.Abbiamo riassunto il possibile
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