Contenuti del libro
Informazioni
“Tesi per la fine del problema di Dio” di Ferdinando Tartaglia non è il solito libro su Dio. Dimentica le vecchie discussioni tra teismo, ateismo e agnosticismo, che per l’autore sono tutte sbagliate perché usano strumenti vecchi come ragione o fede. Tartaglia propone un approccio super radicale, partendo da un punto di vista completamente nuovo che chiama il “puro dopo”. L’idea è di risolvere il problema di Dio non trovandolo o negandolo, ma fondando un “Dio nuovo”, basato sulla libertà, non sulla necessità. Ma non finisce qui: il libro va oltre, esplorando una “realtà metateistica” che supera persino questo Dio nuovo. È un viaggio pazzesco che vuole portare alla “fine del problema di Dio” e all’inizio di una “realtà nuova”. L’autore stesso, Ferdinando Tartaglia, con la sua storia di sacerdote scomunicato per la sua “Realtà Nuova” e le sue conferenze, è centrale in questa visione, anche se il libro parla della sua “profezia fallita” come la vera chiave per capire il “puro dopo”. Non ci sono luoghi specifici, l’ambientazione è più che altro concettuale, un’esplorazione del pensiero e della possibilità di un mondo completamente diverso. È un testo che sfida tutto quello che pensiamo sulla teologia, la filosofia e la realtà stessa, cercando una “pura risoluzione” che cambia le regole del gioco.Riassunto Breve
Il problema di Dio, che riguarda la sua esistenza, natura e relazione con l’uomo e l’universo, non si risolve con i metodi tradizionali come ragione, fede o esperienza, perché questi si basano su categorie come necessità e memoria, considerate erronee. Agnosticismo, teismi e ateismi esistiti finora sono visti come fallimentari perché usano strumenti inadeguati o sono strutturati in modo sbagliato, non riuscendo a cogliere la realtà limite di Dio. Le realtà ipotetiche raggiunte da questi approcci sono considerate erronee, basate sulla necessità. I teismi sono inadempienti, parziali, irreali e presentano una divinità con essenza di “demonicità pura”, non risolvendo l’ateismo. Gli ateismi sono simmetricamente erronei. Una risoluzione pura richiede di operare dal “puro dopo”, costruendo nuovi strumenti post-tradizionali. Questo approccio mostra che Dio non è mai stato, ma esisteva una realtà neutra. L’applicazione dal “puro dopo” permette la fondazione di un “Dio nuovo”, strutturato secondo pura antimemoria e puro futuro, esistente per pura libertà reale, non creatore. Questa fondazione adempie e corregge i teismi passati, li totalizza in un Dio grande e assoluto, e realizza un teismo di puro raggiungimento terminale, attuando il “Regno di Dio”. Dopo la fondazione di questo Dio nuovo, si apre la possibilità di una sua “tramutazione pura”. Un primo livello di tramutazione avviene all’interno del teismo, dove Dio da necessitante diventa puramente liberante. Al suo massimo, diventa puramente tramutato e tramutante. Un secondo livello porta a una realtà puramente metateistica, superando la teisticità. La metateisticità è una realtà oltre le vecchie categorie (Dio, uomo, mondo), un “opposto superiore” che risolve il “male essenziale” associato al vecchio Dio, reso possibile dal passaggio dalla necessità alla pura libertà. Raggiungere la metateisticità permette di risolvere il conflitto tra teismo e ateismo, realizzandoli e poi superandoli in una coincidenza positiva tra metateisticità e meta-ateisticità. Questi passaggi avvengono dal “puro dopo”, una prospettiva superiore che supera le limitazioni precedenti e porta alla risoluzione definitiva e alla fine pura del problema di Dio. La fine dell’infinibile non è una limitazione, ma l’avvento di una novità pura, una misura di libertà oltre finito/infinito, relativo/assoluto. Solo nella novità pura il lavoro diventa rilevante. La realtà esistente (uomo, universo, vecchio Dio) è vista come priva di valore e destinata a finire. I movimenti passati sono intrappolati nella vecchia realtà. Si propone un rifiuto totale della realtà data, la sua trasformazione e la fondazione di una novità assoluta, con la fine dell’uomo, del mondo e di Dio come conosciuti, per costituire presenze nuove che esistono “puramente dopo”. Il passaggio avviene tramite “operazioni pure” da un “luogo completamente libero”, il “puro dopo”, oltre le vecchie coppie concettuali. Questo metodo porta alla “realizzazione pura” della vecchia realtà e alla sua “risoluzione pura”, inducendola alla fine, un superamento radicale. Il problema di Dio, come chiusura della vecchia realtà, si risolve ponendosi nella “novità pura”, portando alla fine del vecchio Dio (necessitante), alla fondazione di un “Dio nuovo” (liberante), e infine a una realtà “metateistica” puramente oltre Dio. Anche il cristianesimo storico è visto come un errore, una negazione del vero Regno di Dio; la via d’uscita è realizzarlo pienamente e poi superarlo in un’economia religiosa “post-cristiana”. La verità di questo approccio sta nell’intenzione di raggiungere una realtà radicalmente nuova, una “profezia” del “puro dopo”, che trova riscontro nell’escatologia cristiana radicale. Il discorso di Tartaglia si configura come una profezia figurata, un illimite moderno che si perde in operazioni logiche infinite, un linguaggio vuoto che nasconde contenuti indicibili e indica che nella realtà presente non esiste vera affermazione o negazione, che appartengono al Regno. Tartaglia ha un rapporto equivoco con il “vecchio”, non lo nega ma lo cancella in un “non-riferimento puro”, mostrando una mancanza, un’impotenza nel sostenere tutto e abbandonando il vecchio per paura che corrompa il nuovo. Questa paura è una debolezza moderna ma rivela l’esigenza di andare oltre; il vecchio è la spinta necessaria. Il miracolo supremo sarebbe redimere anche il vecchio, richiedendo un possesso totale che Tartaglia non ha. Le logiche e le parole attuali, intrise di vecchiaia, non possono afferrare il nuovo, restando nell’errore, al di qua del Regno. Tartaglia tenta un’operazione impossibile; la sua promessa che il vecchio non avrebbe potere sul nuovo non si realizza. Il miracolo invocato non avviene, le sue parole non creano nulla. Questo fallimento è percepito come una colpa. La finzione di essere già redenti crolla, portando alla “morte di Dio”, un vuoto. Tuttavia, la realtà cambia dopo Tartaglia. La sua profezia è vista come “bene profetata”, potente nella sua oscurità, impotente nella sua vicinanza alla realizzazione. Ogni profezia punta oltre sé e non può andare oltre. Il suo fallimento è il più radicale, ma questo fallimento unico è la sua verità più grande. Se fosse stato ascoltato, avrebbe creato un anti-Regno. La sua verità sta nel suo fallimento, nel nuovo che diventa vecchio perché non era abbastanza nuovo. Dopo la sua profezia, compaiono segni ovunque. La profezia fallita si compie. Comincia ad arrivare il “puro dopo”, dove tutto si logora e rivela la sua insufficienza. Guardando fuori, si vede il “puro dopo”. Le cose non sono più come prima. Tartaglia chiama il suo messaggio “profezia” ma non vuole essere limitato alla dimensione biblica, sapendo che i profeti si vergogneranno delle loro visioni. La profezia è una cosa vecchia, come noi, condannati a dire “dopo”. Il suo discorso ossessivo, vuoto di contenuti, è paragonabile alla glossolalia. Il suo odio per la realtà ricorda le parole messianiche e apocalittiche. Il suo atteggiamento di chi si finge “più di Dio” è come l’uso profetico del tempo perfetto per mostrare l’escaton come presente. Il suo mascherare l’angoscia come salvezza è simile all’azione della Chiesa. Queste cose rinascono dopo millenni, la loro nascita remota come la resurrezione rispetto al concepimento. Ferdinando Tartaglia (1916-1988) manifesta fin da bambino genialità e vocazione religiosa, diventando sacerdote. Nel 1946 viene scomunicato per non aver rinunciato al pensiero della sua “Realtà Nuova”. La “Realtà Nuova” propone un radicale “cambiare tutto” nel pensiero, dalla teologia alla scienza, superando l’epoca delle certezze per un “pensiero nuovo” che richiede partecipazione universale. Il linguaggio è essenziale per raggiungere questa nuova realtà, necessitando di infrangere i suoi limiti per creare nuove espressioni e aforismi. Dopo quarant’anni di sofferenza, Tartaglia ottiene lo scioglimento della scomunica nel dicembre 1987. Durante l’esclusione, acquisisce notorietà con conferenze. La sua opera scritta è immensa, oltre cinquantamila pagine, in gran parte inedite, tra cui “Proposte senza fine” e “In forma di Parole”. La complessità del suo pensiero richiede lettura attenta.Riassunto Lungo
1. La Risoluzione Pura del Problema di Dio
Il problema di Dio, che si interroga sulla sua esistenza, natura e rapporti con l’uomo e l’universo, richiede un modo per risolverlo in modo definitivo e liberatorio. Fino a oggi, questo problema è stato affrontato con approcci basati sul passato o sul presente, usando strumenti come la ragione, la fede o l’esperienza. Questi metodi si basano per loro natura su concetti come la “necessità” e la “memoria”, e per questo motivo sono completamente sbagliati e non possono portare a una vera soluzione.Critica ai metodi tradizionali
L’agnosticismo, che non dà risposte, è sbagliato perché non risolve il problema. Si basa su prove costruite male o che non sono adatte a una situazione unica come quella di Dio. Anche i modi di pensare che affermano l’esistenza di Dio (teismi) o la sua assenza (ateismi) usati finora sono completamente sbagliati. Le loro pretese di raggiungere Dio o la sua assenza usando ragione, fede o esperienza falliscono. Questo succede perché questi strumenti non sono adatti (per esempio, la fede intesa come un chiudersi in sé stessi invece che un aprirsi all'”altro”) o non sono in grado di comprendere la realtà unica e “limite” di Dio.Perché i metodi tradizionali falliscono
Qualsiasi realtà che si pensa di raggiungere con questi teismi o ateismi è sbagliata. Si basano sul concetto di “necessità”, che è visto come la peggiore condizione della realtà passata. Anche i modi in cui i teismi e gli ateismi si sono strutturati al loro interno sono sbagliati. I teismi storici non hanno mantenuto le loro promesse, sono parziali invece che completi, strutturati in modo opposto a come dovrebbero essere, e sono puramente irreali. Presentano una divinità la cui essenza è vista come “puramente problematica” e non riescono a risolvere la questione dell’ateismo. Gli ateismi sono sbagliati in modo simile: anche loro non mantengono le promesse, sono parziali, irreali e non riescono a risolvere la questione del teismo.La nuova via: operare dal “puro dopo”
Per trovare una soluzione vera e definitiva, bisogna agire da un punto di vista completamente nuovo, dal “puro dopo”. Questo richiede la costruzione di nuovi strumenti che vanno oltre i vecchi modi di pensare al soggetto, all’oggetto, a ciò che è interno o esterno, e così via. Questo nuovo approccio, che si limita a constatare la realtà, rivela che Dio finora non è mai esistito, né è esistito il non-Dio. Esisteva solo una realtà neutra.La fondazione di un “Dio nuovo”
Applicando questo nuovo modo di pensare dal “puro dopo”, è possibile fondare in modo puro un “Dio nuovo”. Questo Dio nuovo non è legato al passato, ma proiettato verso un puro futuro. Esiste secondo una vera libertà reale e non è un Dio creatore. Questa fondazione permette di dare compimento storico ai teismi del passato, correggendoli in modo radicale (incluso il teismo cristiano). Permette di unire i vari modi di pensare a Dio in un Dio grande e assoluto, di ottenere una struttura interna per il teismo che sia corretta e puramente reale, e di realizzare un teismo che raggiunge completamente il suo obiettivo finale, realizzando così ciò che si intende per “Regno di Dio”.Se, come sostiene il capitolo, Dio non è mai esistito, su quali basi logiche o concettuali si pretende poi di ‘fondare’ un ‘Dio nuovo’ dal ‘puro dopo’, e in cosa consiste realmente questo misterioso ‘nuovo modo di pensare’?
Il capitolo, nel proporre una ‘risoluzione pura’ del problema di Dio, opera un drastico rifiuto di tutti i metodi tradizionali e afferma che Dio non è mai esistito. Tuttavia, la pretesa di poter poi ‘fondare’ un ‘Dio nuovo’ partendo da un non-essere, attraverso un indefinito ‘puro dopo’ e ‘nuovi strumenti’ non meglio specificati, lascia un vuoto argomentativo cruciale. Non è chiaro come si passi dalla constatazione di una ‘realtà neutra’ all’atto di ‘fondazione’ di una divinità, né quale sia la natura di questo atto o degli strumenti concettuali che lo rendono possibile. Per esplorare le implicazioni di tali affermazioni e confrontarle con il pensiero filosofico e teologico, sarebbe utile approfondire la filosofia della religione, la metafisica e l’epistemologia, discipline che affrontano le questioni dell’esistenza, della conoscenza e della natura della realtà e del divino.2. Oltre Dio: dalla fondazione alla novità pura
Dopo aver stabilito che è possibile fondare Dio in modo puro, arrivando a un teismo completo e definitivo, si apre la strada per andare oltre. Questo percorso consiste nel trasformare profondamente Dio, cambiando la sua natura e il suo destino, superando l’idea tradizionale di un Dio che non cambia mai. Si tratta di un movimento che va oltre la semplice esistenza o necessità divina, esplorando nuove possibilità per la realtà ultima. L’obiettivo è una comprensione più dinamica e libera di ciò che può essere considerato “Dio” o ciò che lo supera.I due livelli della trasformazione divina La trasformazione di Dio avviene su due livelli distinti. Un primo livello rimane all’interno del modo di pensare basato sul teismo. Qui, Dio, che prima era visto come puramente necessario, si trasforma in un Dio puramente liberante. Questo cambiamento modifica radicalmente il rapporto tra Dio, l’universo e le persone. Non c’è più l’idea di potenza o necessità che lega la creazione al creatore, ma solo quella di libertà reciproca. Nella sua forma più alta all’interno del teismo, Dio diventa puramente trasformato e capace di trasformare attivamente la realtà.Oltre il teismo: la realtà metateistica Un secondo livello di trasformazione porta a una realtà che va puramente oltre il teismo, chiamata metateistica. Questo succede perché il cambiamento di un Dio che si trasforma e trasforma gli altri cambia l’essenza stessa della realtà umana e del mondo. Cambia anche i rapporti tra questa realtà e il teismo, e cambia l’idea stessa di Dio. L’idea di teismo, che si basa su questi elementi, viene quindi superata naturalmente. La metateisticità è una realtà che si costruisce al di là delle vecchie categorie legate a Dio, all’uomo e al mondo, creando un nuovo orizzonte di comprensione. Rappresenta un “opposto superiore” rispetto a ciò che prima era chiamato Dio e risolve il “male fondamentale” che era associato all’idea tradizionale di divinità. Questo superamento è reso possibile solo perché si passa da un modo di vedere basato sulla necessità a uno basato sulla pura libertà.La soluzione del conflitto tra teismo e ateismo Raggiungere la realtà metateistica permette di risolvere in modo efficace il conflitto storico tra teismo e ateismo. Prima, entrambi erano spesso considerati solo ipotesi teoriche o irreali che si escludevano a vicenda. Ora, possono essere entrambi realizzati nella loro forma più pura e poi superati in una nuova sintesi. Questo porta a una coincidenza positiva tra metateisticità e meta-ateisticità, unendo in modo inaspettato ciò che prima sembrava inconciliabile. Si crea così uno spazio di pensiero e di realtà che va oltre le vecchie opposizioni.La prospettiva del “dopo” Questi passaggi complessi avvengono da un punto di vista più elevato, definito come il puro «dopo». Questa prospettiva unica permette di superare le limitazioni e le parzialità delle visioni precedenti, sia teistiche che ateistiche. Confrontando i risultati raggiunti attraverso la trasformazione con il modo in cui il puro «dopo» risolve le cose da sé, si arriva alla risoluzione definitiva del problema. È una visione che abbraccia e trascende i percorsi precedenti.La fine del problema di Dio e la novità pura Questo intero processo porta alla fine pura del problema legato a Dio. La natura problematica di Dio, l’idea di un oggetto Dio-non Dio e qualsiasi riferimento ad essi cessano di esistere come questioni irrisolte. La fine di ciò che non può essere finito non è una semplice limitazione o negazione. È invece l’arrivo di una novità pura, una misura di libertà che va oltre le vecchie categorie di finito e infinito, relativo e assoluto che definivano il problema in precedenza. Solo entrando pienamente in questa novità pura il lavoro filosofico e spirituale acquista un vero significato e una piena rilevanza.Ma come si arriva esattamente a “fondare Dio in modo puro, arrivando a un teismo completo e definitivo”, e quali sono le premesse logiche o le evidenze che rendono questa “fondazione” così solida da poterci poi costruire sopra un intero sistema che la supera?
Il capitolo dà per scontata questa “fondazione pura, completa e definitiva” del teismo, che è invece il passaggio più delicato e problematico dell’intero percorso. Senza una chiara esposizione di come si raggiunge tale “fondazione” e su quali basi essa poggi, l’intera architettura argomentativa successiva, che si propone di “andare oltre”, risulta priva di un punto di partenza solidamente giustificato. Per esplorare questa lacuna, sarebbe necessario approfondire le diverse tradizioni filosofiche che hanno cercato di “fondare” l’idea di Dio, esaminando sia gli argomenti classici (come quelli ontologici o cosmologici) sia le critiche moderne e contemporanee a tali approcci. Autori che si occupano di metafisica, epistemologia e filosofia della religione, sia in ambito continentale che analitico, potrebbero offrire gli strumenti concettuali per valutare la plausibilità di una “fondazione pura e definitiva” del teismo, un’impresa filosofica di per sé enorme e tutt’altro che universalmente accettata.3. Il Puro Dopo e la Nuova Realtà
La realtà che conosciamo, che include l’uomo, l’universo e l’idea di Dio finora accettata, è considerata senza valore e destinata a finire completamente. Le correnti di pensiero e le fedi del passato e del presente non offrono una vera via d’uscita, perché restano legate ai modi di pensare della vecchia realtà. È necessario andare oltre queste vecchie categorie per trovare una soluzione autentica e duratura.Un Nuovo Inizio
Si propone di rifiutare totalmente la realtà così com’è, di trasformarla profondamente e di creare qualcosa di assolutamente nuovo. Questo significa che l’uomo, il mondo e Dio come li abbiamo conosciuti devono finire. Solo così possono nascere nuove presenze, che esistono in un modo che viene definito “puramente dopo” le vecchie idee e strutture. Questo passaggio è visto come l’unica strada per superare i limiti attuali e costruire un futuro radicalmente diverso.
Come Raggiungere la Nuova Realtà
Il cammino verso questa realtà nuova si compie attraverso quelle che vengono chiamate “operazioni pure”. Queste azioni partono da un “luogo completamente libero”, che si trova oltre le vecchie coppie di concetti opposti, come l’essere d’accordo o il negare, ciò che è al di là o ciò che è qui, ciò che è possibile o ciò che è impossibile. Questo spazio di totale libertà e superamento è proprio ciò che si intende con il “puro dopo”. È un punto di partenza che non è condizionato da nulla di ciò che appartiene alla vecchia realtà.
La Fine della Vecchia Realtà
Applicare questo metodo porta a due risultati principali. Da un lato, si ha la “realizzazione pura” della vecchia realtà: la si porta al suo massimo sviluppo, la si esprime completamente. Dall’altro lato, si ottiene la sua “risoluzione pura”: la si conduce alla sua fine definitiva. Questo processo non è un semplice dire di no o un piccolo cambiamento rispetto a come le cose sono sempre state. È invece un superamento radicale, un andare oltre in modo completo e definitivo che chiude il ciclo della vecchia esistenza.
Oltre Dio e la Religione Tradizionale
Il tema di Dio, visto come il punto finale della vecchia realtà, viene affrontato non negandolo, ma guardando le cose da un punto di vista più elevato, quello della “novità pura”. Questo sguardo porta alla fine del vecchio Dio, che era visto come qualcosa di necessario e vincolante. Al suo posto, si pone la base per un “Dio nuovo”, inteso come liberazione. Alla fine, si arriva a una realtà che è definita “metateistica”, cioè completamente al di là di ogni concetto di Dio. Allo stesso modo, il cristianesimo storico è considerato un errore, un modo per negare il vero Regno di Dio. La via d’uscita da questa situazione consiste nel vivere pienamente il cristianesimo in ogni suo aspetto e poi superarlo, entrando in un modo di vivere la fede che viene chiamato “post-cristiano”.
La Profezia del Puro Dopo
La validità di questo approccio si trova nell’intenzione profonda di raggiungere una realtà che sia davvero nuova in modo radicale. Questa visione si manifesta come una “profezia” di ciò che sarà il “puro dopo”. Questa idea di una novità assoluta trova un forte riscontro nella radicalità dell’escatologia cristiana, cioè lo studio delle cose ultime e del destino finale. In quella visione, il Regno di Dio rappresenta una novità totale che supera ogni limite e ogni categoria della realtà presente, annunciando un futuro completamente trasformato.
Come si può valutare il fallimento o il successo di Tartaglia, e la sua relazione con il “Regno”, se la natura stessa di questo “Regno” rimane non definita nel capitolo?
Il capitolo postula che vere affermazioni e negazioni appartengano a un ambito chiamato “il Regno”, distinto dalla realtà attuale, e che il discorso di Tartaglia e il suo conseguente fallimento siano significativi in relazione a esso. Tuttavia, la mancata definizione di cosa sia esattamente questo “Regno” rende difficile comprendere appieno la portata della critica mossa a Tartaglia e la paradossale conclusione che il suo fallimento sia la sua verità più profonda. Senza un chiarimento su questo concetto fondamentale, l’argomentazione rischia di apparire sospesa nel vuoto. Per esplorare meglio questi temi e le possibili interpretazioni di un “Regno” al di fuori della realtà ordinaria, si potrebbero approfondire discipline come la teologia, in particolare la teologia negativa o l’escatologia, o la filosofia, concentrandosi su autori che hanno trattato concetti di trascendenza, come Platone, o che hanno analizzato il linguaggio e i suoi limiti nel descrivere realtà ultime, come Wittgenstein o pensatori legati all’ermeneutica.5. La Realtà Nuova e la Scomunica di Ferdinando Tartaglia
Ferdinando Tartaglia (1916-1988) mostrò fin da bambino una straordinaria genialità e una profonda vocazione religiosa. Divenne sacerdote, ma il suo percorso prese una svolta drastica nel 1946. In quell’anno fu colpito dalla scomunica maggiore. La ragione di questa grave condanna fu il suo rifiuto di abbandonare il pensiero alla base della sua “Realtà Nuova”. Questo evento segnò profondamente la sua vita e il suo rapporto con la Chiesa.La “Realtà Nuova” di Tartaglia
La “Realtà Nuova” proponeva un cambiamento radicale, un vero e proprio “cambiare tutto”. Questa trasformazione doveva investire ogni campo del sapere e del pensiero, dalla teologia alla scienza. L’obiettivo era superare l’epoca delle certezze consolidate per far nascere un “pensiero nuovo”. Questo nuovo modo di pensare richiedeva la partecipazione attiva di tutti, una visione universale e condivisa. Per Tartaglia, il linguaggio era lo strumento fondamentale per raggiungere questa nuova realtà. Era necessario spingere il linguaggio oltre i suoi limiti tradizionali per creare nuove espressioni e aforismi capaci di veicolare il pensiero innovativo.Gli anni della condanna e la riabilitazione
Per quarant’anni, Tartaglia visse la sofferenza spirituale causata dalla condanna ecclesiastica. Nonostante l’esclusione dalla Chiesa, riuscì ad acquisire una notevole notorietà pubblica. Tenne numerose conferenze in diverse città, dove la sua vasta erudizione e la sua straordinaria capacità dialettica affascinavano gli uditori. La sua voce, sebbene non più ufficiale all’interno della struttura ecclesiastica, continuava a risuonare nel dibattito culturale. Finalmente, nel dicembre 1987, pochi mesi prima della sua morte, ottenne lo scioglimento della sentenza di scomunica. Questo atto pose fine a un lungo periodo di isolamento spirituale.L’opera scritta
L’eredità intellettuale di Tartaglia è testimoniata dalla sua immensa opera scritta. Si tratta di oltre cinquantamila pagine, la maggior parte delle quali rimane ancora inedita. Tra i suoi scritti più significativi si annoverano “Proposte senza fine”, un testo che offre un’analisi approfondita del pensiero umano, e “In forma di Parole”, una vastissima raccolta di componimenti poetici. La complessità del suo pensiero e la densità dei suoi testi richiedono una lettura attenta e impegnata. Ogni parola sembra essere scelta per contribuire a un progressivo svelamento, un crescendo illuminante che guida il lettore attraverso le sue idee rivoluzionarie.Se la “Realtà Nuova” di Tartaglia era così radicale da meritare la scomunica, quali erano i suoi contenuti specifici che la Chiesa considerava inaccettabili?
Il capitolo afferma che la scomunica fu causata dal rifiuto di Tartaglia di abbandonare il pensiero alla base della sua “Realtà Nuova”, ma non ne descrive i contenuti specifici né spiega perché fossero considerati incompatibili con la dottrina ecclesiastica al punto da giustificare una condanna così grave. Questa lacuna rende difficile comprendere appieno la natura del conflitto e la portata della “Realtà Nuova” stessa. Per approfondire, sarebbe utile esaminare la storia della teologia cattolica nel XX secolo, le posizioni della Chiesa nei confronti delle correnti filosofiche e scientifiche moderne, e i criteri che portavano alla scomunica per motivi dottrinali in quel periodo. Approfondire il contesto intellettuale e religioso dell’Italia post-bellica e le figure che hanno dibattuto temi simili potrebbe fornire il quadro necessario. Autori che hanno analizzato il rapporto tra autorità religiosa e pensiero innovativo, o l’evoluzione del dogma, potrebbero offrire spunti rilevanti.Abbiamo riassunto il possibile
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