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Contenuti del libro
Informazioni
“Sul teatro” di Roland Barthes è una raccolta di scritti che esplora la sua complessa e profonda relazione con il mondo del teatro, analizzando sia le sue disillusioni che le sue speranze. Barthes, fin da giovane affascinato dal palcoscenico, sviluppa una critica radicale del teatro francese contemporaneo, giudicato “volgare” e privo di “distinzione” rispetto all’ideale di perfezione incarnato da Bertolt Brecht e dal suo Berliner Ensemble. Il libro attraversa concetti chiave come la profondità della tragedia, contrapposta alla chiusura del teatro borghese, e l’importanza dello spazio aperto per la rappresentazione tragica, un tema che emerge con forza nelle analisi di allestimenti come “Il principe di Homburg” di Vilar. Barthes esamina opere fondamentali come “Amleto”, “Cristoforo Colombo” e “Don Giovanni”, utilizzandole come specchi per riflettere questioni storiche, sociali e filosofiche, e interrogandosi sul significato di un “teatro popolare” autentico, libero dalle convenzioni borghesi e capace di un dialogo reale con il pubblico. Attraverso un’analisi puntuale della recitazione, della scenografia e del ruolo della critica, Barthes delinea un percorso per un teatro che sia strumento di cambiamento sociale e intellettuale, un laboratorio di significati dove forma e sostanza si intrecciano indissolubilmente, ispirandosi alla lezione di Brecht per un teatro “adulto” e politicamente consapevole.Riassunto Breve
Il teatro, per essere veramente significativo, deve andare oltre la semplice rappresentazione per diventare uno specchio della società e un motore di cambiamento. L’ideale di teatro popolare, ad esempio, si scontra con la realtà di un teatro borghese che privilegia il profitto e l’intrattenimento superficiale, ignorando la sua funzione sociale e politica. Un teatro di qualità, invece, dovrebbe essere accessibile a tutti, con un repertorio che includa i classici e le opere moderne più importanti, e una drammaturgia che stimoli la partecipazione attiva dello spettatore.Bertolt Brecht è una figura centrale in questa visione, proponendo un teatro epico che rompe con la tradizione aristotelica e il suo focus sulla mimesi e la catarsi. Il suo teatro, definito “anti-physis”, mostra apertamente i propri meccanismi, invitando lo spettatore a una riflessione critica piuttosto che all’immedesimazione. Questo approccio si estende anche allo spazio scenico: il teatro borghese predilige uno spazio chiuso, quasi una scatola, mentre il teatro brechtiano, e in generale il teatro che mira a un impatto più profondo, necessita di uno spazio aperto, che permetta un senso di “avvento” e di durata.La tragedia, in particolare, viene vista come l’espressione più alta della cultura di un popolo, caratterizzata da un’unità di stile e da una ricerca di essenzialità che spoglia la sofferenza umana fino alla sua nuda essenza. A differenza del dramma borghese, che si concentra sull’esito delle vicende e sulla psicologia individuale, la tragedia mira al “perché” delle cose, trasformando la sofferenza attraverso una forma estetica impeccabile. La capacità di un’epoca di produrre tragedia dipende da una profonda cultura e da una comunione di stile tra vita e arte.L’analisi di opere come “Amleto”, “Cristoforo Colombo” e “Don Giovanni” dimostra come il teatro possa essere letto come riflesso di questioni storiche, sociali e filosofiche. Mentre “Amleto” può essere interpretato come un giallo incentrato sull’enigma dell’azione, “Cristoforo Colombo” viene criticato per la sua visione apologetica e imperialista. Il “Don Giovanni” di Molière, invece, nella regia di Vilar, viene lodato per aver reso il personaggio attuale e per averne evidenziato l’ateismo come tema centrale per il pubblico moderno.La recitazione stessa è oggetto di critica: il teatro francese contemporaneo è spesso accusato di un’eccessiva enfasi sull’abilità individuale dell’attore, che porta a una frammentazione del ruolo e alla perdita della visione d’insieme. Un approccio basato sulla “coscienza” e sull'”intelligenza”, come quello proposto da Jean Vilar, è preferibile, mirando a mostrare il personaggio attraverso una visione critica e a svelare i meccanismi della sua scelta e della sua caduta.In definitiva, il teatro è un laboratorio di significati, un luogo dove forma e sostanza si intrecciano per riflettere e, possibilmente, cambiare la società. La politica del reale, la traduzione fedele di autori come Brecht, e una messa in scena che valorizza sia il testo che lo spazio sono elementi cruciali per un teatro che sia veramente “adulto” e capace di stimolare una coscienza critica nello spettatore.Riassunto Lungo
Barthes e il Teatro: Ideale e Realtà
L’incontro con Brecht: una rivelazione
Roland Barthes, appassionato di teatro fin da giovane, ha gradualmente ridotto la sua frequentazione delle scene, insoddisfatto delle produzioni rispetto all’ideale di perfezione rappresentato da Bertolt Brecht. L’incontro con il Berliner Ensemble nel 1954 ha segnato una svolta, rivelando una differenza qualitativa notevole rispetto al teatro francese dell’epoca. Questa esperienza ha spinto Barthes a criticare la “volgarità” e la mancanza di “distinzione” nel teatro contemporaneo. Per distinzione, Barthes intendeva non un semplice gusto borghese, ma una questione di “codice” e di chiarezza nella gestione dei segni scenici. Il teatro brechtiano, con la sua cura meticolosa e la sua capacità di unire impegno politico e rigore formale, è diventato un punto di riferimento quasi irraggiungibile.La critica al teatro francese
La critica di Barthes si è concentrata sulla “volgarità” e la mancanza di “distinzione” nel teatro francese a lui contemporaneo. Questa mancanza non era legata a un giudizio sul gusto del pubblico, ma piuttosto a una carenza nella gestione dei “segni” sulla scena. Barthes percepiva un distacco tra l’ideale di chiarezza e profondità che cercava e ciò che veniva offerto dalle produzioni teatrali del suo tempo. Il teatro di Brecht, al contrario, rappresentava un modello di eccellenza per la sua capacità di coniugare un profondo impegno politico con una forma estetica estremamente curata e precisa.La Tragedia come Espressione di Cultura
La tragedia viene analizzata come la più alta espressione della “cultura” di un popolo. Per cultura, si intende un’unità di stile che si manifesta in tutte le sfere della vita di una comunità. Le epoche considerate tragiche, come l’Atene del V secolo o l’Inghilterra elisabettiana, sono caratterizzate da una ricerca dell’essenziale e da una visione del mondo coerente e armoniosa. In queste epoche, gli elementi superflui vengono eliminati per presentare l’enigma dell’esistenza umana nella sua forma più pura e nuda.Tragedia vs. Dramma: Aristocrazia dell’Essenza
La tragedia si distingue nettamente dal “dramma” per la sua natura intrinsecamente aristocratica. Questa aristocrazia non si riferisce a un ceto sociale, ma a una profondità di pensiero e a una consapevolezza esistenziale. La tragedia richiede una comprensione profonda della vita e la capacità di ridurre la sofferenza umana alla sua essenza più intima, per poi trasformarla attraverso una forma estetica impeccabile. Non si tratta di imitare la vita, ma di conferirle dignità e stile. Il pubblico che si avvicina alla tragedia non cerca lo scioglimento delle vicende, ma è interessato al significato più profondo, al “perché” delle cose.La Sofferenza e la Gioia Tragica
La sofferenza, se compresa e accettata, può condurre a una forma di gioia, come dimostra l’esempio di Edipo. La capacità di un’epoca o di un popolo di produrre tragedia è strettamente legata alla profondità della sua cultura e a una sintonia tra la vita e l’arte. Ciò richiede una forte resistenza di fronte al destino o una sua totale accettazione. La tragedia, in definitiva, è un riflesso di una civiltà che ha raggiunto un elevato grado di maturità culturale.Se la tragedia è l’espressione di una cultura matura che ricerca l’essenziale, come si concilia questa “aristocrazia dell’essenza” con la presunta “volgarità” del teatro francese contemporaneo, e non si rischia di cadere in un giudizio elitario che ignora le diverse funzioni sociali del teatro?
Il capitolo postula una gerarchia tra forme teatrali, elevando la tragedia a culmine espressivo di una cultura “matura” e criticando il teatro contemporaneo per una presunta mancanza di “distinzione” e “codice”. Questa visione, pur affascinante, potrebbe trascurare la complessità del fenomeno teatrale e le sue molteplici funzioni sociali e comunicative. Per approfondire la questione, sarebbe utile esplorare la sociologia del teatro, analizzando come diverse forme teatrali rispondano a differenti contesti sociali e pubblici. Inoltre, un’analisi comparativa delle opere di autori come Brecht e di esponenti del teatro francese del periodo in questione, magari focalizzandosi sulle loro intenzioni autoriali e sulla ricezione critica, potrebbe offrire una prospettiva più sfumata. La lettura di testi di studiosi che hanno analizzato il rapporto tra arte, cultura e società, come Pierre Bourdieu, potrebbe fornire strumenti critici utili per comprendere le dinamiche di legittimazione culturale e le diverse “distinzioni” che operano nel campo teatrale.Il Teatro Borghese e lo Spazio Chiuso
Il teatro moderno, e in particolare quello borghese, tende a creare uno spazio scenico chiuso, come una scatola. Questo serve a nascondere come funziona lo spettacolo e a presentare l’uomo come un mistero da scoprire.L’Essenza della Tragedia: Spazio Aperto e Durata Irreversibile
La tragedia, invece, per esprimere la sua vera natura, ha bisogno di uno spazio aperto. Questo spazio permette un senso di “avvento” e di un tempo che scorre in modo irreversibile. L’allestimento de “Il principe di Homburg” di Vilar è un esempio di questo approccio aperto. Vilar ha eliminato la scenografia tradizionale, concentrandosi sullo spazio stesso. Questo spazio non è solo uno sfondo, ma un elemento che interagisce con il dramma. Oggetti come l’albero non servono a creare un’illusione realistica, ma a trasmettere un’idea generale.La Temporalità Profonda della Tragedia Antica
La tragedia antica, a differenza del teatro borghese, non cerca di svelare un segreto. Vuole invece immergere lo spettatore in un tempo profondo e inevitabile. Lo spazio aperto aiuta questa percezione, creando una sospensione prima della rivelazione. La tragedia annuncia la sventura, e lo spazio aperto facilita questa sensazione.Coinvolgimento Emotivo: Dal Collettivo all’Individuale
Si notano differenze nel modo in cui il pubblico viene coinvolto emotivamente. Il teatro antico suscitava un pianto collettivo e una partecipazione fisica. Il teatro moderno, invece, tende a creare una commozione individuale e superficiale. Lo sport, in questo senso, mantiene una forma di turbamento collettivo e partecipazione corporea, anche se si concentra più sulla forza che su questioni civiche o politiche.La Tragedia come Teatro Politico e Sociale
La tragedia greca era profondamente politica e sociale. Affrontava temi legati alla città, alle leggi e alla giustizia. Il coro, elemento essenziale, commentava e chiariva gli eventi, aiutando il pubblico a capire le cause e a partecipare al significato del dramma. La perdita del coro nel teatro moderno, dovuta all’enfasi sulla psicologia individuale, ha indebolito la dimensione civica e collettiva dello spettacolo.Segni Chiari e Intelligenza Collettiva nella Tragedia
La tragedia antica utilizzava segni chiari ed esterni, come maschere e musica con un forte valore morale, per comunicare emozioni in modo diretto. Questo contrasta con il realismo moderno, che spesso appare ridicolo nel suo tentativo di imitare la realtà, perdendo l’efficacia del segno teatrale. La tragedia, nella sua essenza, è un’idea civica espressa attraverso un linguaggio chiaro e un’intelligenza collettiva.Se il teatro moderno, nel suo tentativo di rappresentare l’uomo come mistero, ha perso la sua funzione civica e collettiva, non è forse questa una conseguenza inevitabile della progressiva individualizzazione della società, piuttosto che un difetto intrinseco dello spazio scenico chiuso?
Il capitolo stabilisce un parallelismo tra la tragedia antica e il teatro moderno, contrapponendo lo spazio aperto della prima allo spazio chiuso del secondo, e associando la prima a una dimensione civica e collettiva, mentre il secondo viene descritto come più focalizzato sull’individuo. Tuttavia, manca un’analisi approfondita del contesto sociale e filosofico che ha portato a queste trasformazioni. Per comprendere appieno la questione, sarebbe utile esplorare le teorie sulla società di massa e sull’alienazione, nonché le riflessioni sulla natura dell’individuo nella modernità. Autori come Hannah Arendt e Jürgen Habermas potrebbero offrire prospettive illuminanti su questi temi, aiutando a contestualizzare le evoluzioni del teatro all’interno di mutamenti sociali più ampi.Se l’estetica brechtiana mira a rendere l’umano “artificiale” attraverso fondali neutri e la distruzione del colore come simbolo, come si concilia questo con l’idea che i dettagli come un colletto semiaperto o una treccia rivelino la “vulnerabilità umana” e la “lotta dell’uomo contro le cose”? Non vi è una contraddizione intrinseca nel voler mostrare la fragilità umana attraverso un’estetica che ne annulla la naturalità?
Il capitolo presenta un’apparente dicotomia tra l’estetica brechtiana volta a creare un “umano artificiale” e l’importanza attribuita ai dettagli fisici per rivelare la vulnerabilità. Per esplorare questa tensione, sarebbe utile approfondire la teoria dell’effetto di straniamento (Verfremdungseffekt) di Brecht, studiando testi che analizzino il suo rapporto con la rappresentazione della condizione umana. Inoltre, un’analisi delle opere di registi e teorici che hanno interpretato o criticato l’approccio brechtiano, come ad esempio Peter Brook o Patrice Chéreau, potrebbe fornire ulteriori spunti di riflessione sulla dialettica tra artificio e autenticità nella performance teatrale.12. Il Teatro come Laboratorio di Significati
L’Influenza di Brecht sul Pensiero Teatrale di Barthes
Il pensiero di Roland Barthes sul teatro è profondamente legato alla sua idea di “teatralità”, vista come un’energia metaforica che permea molti aspetti della sua opera. L’incontro con Bertolt Brecht è stato fondamentale, poiché ha offerto a Barthes un modello di semiologia strutturale. Brecht ha insegnato a superare la divisione tra forma e contenuto, tra arte e politica, mostrando come ogni elemento scenico, dai costumi alla recitazione, dalle luci al testo stesso, sia intrinsecamente legato al messaggio che si vuole comunicare.Il Teatro Epico e la Distanza Critica
Il teatro brechtiano, con il suo “teatro epico”, si contrappone alla drammaturgia aristotelica basata sulla mimesi e sulla catarsi. Mentre quest’ultima mira a una rappresentazione verosimile e all’immedesimazione dello spettatore, il teatro di Brecht cerca una presa di distanza critica. Barthes distingue tra “segno buono”, che esibisce la sua natura di segno, come accade nel teatro epico, nella tragedia antica o nel teatro No, e “segno cattivo”, che si nasconde e si presenta come naturale. Il teatro brechtiano è un’ “anti-physis”, che mostra apertamente i propri segni e stimola la riflessione dello spettatore, a differenza della “pseudo-physis” della cultura di massa, che invece nasconde i propri meccanismi di funzionamento.Lo Spazio Scenico: dal Confinato all’Aperto
L’analisi di Barthes si estende anche allo spazio scenico. Viene contrapposto lo “spazio confinato” del teatro borghese, chiuso dal sipario, allo “spazio aperto” del teatro en plein air. Quest’ultimo, ridefinito dal luogo fisico in cui si svolge, restituisce al dramma la sua unicità e fragilità, rendendolo un evento irripetibile. L’attrattiva del teatro all’aperto risiede nel suo carattere utopico, nella sua capacità di essere una “pagina bianca” dove lo spettatore è chiamato a ricostruire i codici e a ridefinire l’evento teatrale.Avignone d’Inverno: il Grado Zero della Scrittura Teatrale
L’esperienza di Avignone d’inverno, con il suo cortile spoglio, diventa simbolo del “grado zero” della scrittura teatrale. Questo spazio neutro richiede un lavoro ermeneutico da parte dello spettatore, garantendogli libertà e la possibilità di attribuire significati. Questo “grado zero” non è un elemento esterno allo spettacolo, ma ne costituisce la condizione stessa, rappresentando la lotta per la chiarezza e la comprensione.Se il teatro brechtiano, con la sua “anti-physis”, stimola la riflessione dello spettatore attraverso la messa in mostra dei propri segni, come si concilia questa radicale trasparenza con la presunta “fragilità” e “unicità” dell’evento teatrale all’aperto, definito “pagina bianca” che richiede allo spettatore di ricostruire i codici? Non rischia questa enfasi sulla decostruzione dei segni di annullare proprio quella “natura di segno” che dovrebbe essere esibita?
Il capitolo sembra avanzare una tesi che, sebbene affascinante, potrebbe presentare delle tensioni interne. L’idea di un teatro che mostra apertamente i propri meccanismi, come quello brechtiano, dovrebbe teoricamente rendere meno necessaria una “ricostruzione dei codici” da parte dello spettatore, poiché i codici stessi sarebbero già esplicitati. Al contrario, l’enfasi sullo spazio aperto come “pagina bianca” suggerisce un ruolo più attivo e interpretativo dello spettatore, quasi a dover colmare delle assenze o delle ambiguità. Per approfondire queste apparenti contraddizioni, sarebbe utile esplorare più a fondo le teorie sulla ricezione teatrale e sulla semiologia dello spettacolo, magari confrontandosi con autori che hanno analizzato le dinamiche tra autore, testo e pubblico in contesti performativi diversi. Un’indagine sulle implicazioni della “distanza critica” brechtiana rispetto alla “partecipazione attiva” dello spettatore in spazi non convenzionali potrebbe chiarire ulteriormente questo punto.Abbiamo riassunto il possibile
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