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Contenuti del libro
Informazioni
“Strada, patria sinta. Un secolo di storia nel racconto di un giostraio sinto” di Gnugo Bar è un libro che ti porta dentro la vita di una famiglia sinta in Italia, raccontando un secolo di storia dal loro punto di vista. Non è la solita storia, ma un viaggio attraverso la loro `cultura sinta` e il loro `spettacolo itinerante`, partendo dal `circo sinto` e dal `postone`, con acrobazie incredibili e il ruolo centrale del toni, il clown. Ma la `storia sinti` non è solo arte: il libro affronta il periodo buio delle `leggi razziali` e l’`internamento sinti`, mostrando come la guerra abbia stravolto le loro vite, anche se alcuni hanno partecipato alla `resistenza sinta`. Dopo la guerra, la famiglia cerca di ripartire, passando dal circo alle `giostrai sinti`, affrontando nuove sfide e la crescente `discriminazione sinti`. È un racconto sincero sulla `vita nomade`, sulle `tradizioni sinti` che cercano di resistere nonostante i pregiudizi, e sulla difficoltà di elaborare la `memoria sinta` di persecuzioni passate. Ti fa capire che la strada, per loro, è davvero una patria, l’unico posto dove sentirsi a casa, anche se spesso non sono i benvenuti.Riassunto Breve
La tradizione artistica dei Sinti si esprime attraverso spettacoli itineranti. Inizialmente si pratica il “posteggiare”, esibizioni all’aperto con acrobazie, contorsionismo ed equilibrismo su filo, guadagnando con le offerte. Questa forma evolve nel “postone” o “Circo Arena”, una struttura delimitata con posti a pagamento e spazio per la mancia, usando attrezzature come le “antenne” per numeri complessi e trasportando tutto con la “caritella”. Gli spettacoli includono numeri con cavalli e la figura centrale del “toni”, il clown. Questa tradizione persiste ancora oggi. Nonostante il valore culturale, gli artisti Sinti affrontano pregiudizi. Una famiglia Sinta, specializzata in acrobazie e comicità nel proprio “postone”, vive un periodo di successo e buoni rapporti locali, contribuendo allo sviluppo del circo in Italia. Tuttavia, nel 1939, le leggi razziali portano al rastrellamento e all’internamento dei Sinti in campi specifici, con confisca di beni essenziali come cavalli e muli. La vita nei campi è dura, con lavori forzati e arruolamento degli uomini. Anche dopo la liberazione nel 1943, molte famiglie rimangono bloccate, prive di mezzi. La memoria di questa persecuzione è difficile da elaborare. Nell’aprile 1945, molti Sinti partecipano alla Resistenza, compiendo azioni notturne e distinguendosi per l’uso minimo della violenza, come “I Leoni di Breda Solini”. Durante la guerra, le carovane subiscono perdite a causa dei bombardamenti. Dopo la liberazione, i Sinti contribuiscono a salvare persone, come Gorni Kramer, scambiato per collaborazionista. La famiglia si riunisce, anche con il ritorno di un membro internato in Germania, seppur provato. Si decide di riprendere l’attività con il “postone”, ottenendo animali per ricominciare. Gli anni successivi vedono la famiglia lavorare per altri circhi per risparmiare e poi riallestire la propria “Arena Estiva Fratelli De Bar”, girando in estate con pubblicità e spettacoli, mantenendo buoni rapporti con le comunità locali e integrando le entrate con esibizioni nelle osterie. Dal 1946 al 1970, l’inverno si trascorre a Modena, nella Cittadella, un luogo di sosta tollerato che favorisce scambi e apprendimento. La struttura del “postone” si migliora. Il periodo tra il 1956 e il 1961 è favorevole per il circo, con il “toni” che ha un ruolo centrale e le “entrate” che influenzano la comicità italiana. Molti artisti e sportivi sinti raggiungono la fama. Verso la metà degli anni ’60, il circo tradizionale entra in crisi a causa della concorrenza di altre forme di intrattenimento e delle difficoltà nel trovare spazi adeguati, portando a una diminuzione degli incassi e alla chiusura di molte attività . La famiglia decide di abbandonare il circo per dedicarsi alle giostre, vendendo il “sapitò”. Il passaggio non è immediato e comporta un periodo di esibizioni ridotte, evidenziando le difficoltà e i rischi del mestiere, come gli infortuni. Nell’autunno del 1964, l’era del circo si conclude con l’acquisto delle giostre. I sinti giostrai affrontano nuove sfide, tra cui la diffidenza e la concorrenza di non sinti (“crat”) e sinti che hanno perso le loro tradizioni (“pirdi”), che cercano di emarginarli. Le leggi e i regolamenti comunali favoriscono i grandi giostrai, penalizzando i piccoli che si spostano spesso con tasse e collaudi onerosi. La diffidenza generale verso i sinti aumenta, spingendo molti a nascondere la propria identità . Nonostante una lunga storia di presenza e partecipazione in Italia, non ricevono riconoscimenti e sono spesso trattati come stranieri. La creazione di aree di sosta attrezzate, inizialmente positive, limita la loro libertà di movimento e crea problemi di convivenza. La stampa contribuisce a una percezione negativa, generalizzando i casi di cronaca. Questa situazione rende difficile mantenere l’attività e la cultura, costringendo molti a chiudere. La necessità di spostarsi continuamente, non essendo benvenuti altrove, rende la strada l’unico luogo di appartenenza, anche se è necessario fermarsi.Riassunto Lungo
1. L’Arte Itinerante dei Sinti
La tradizione artistica dei Sinti si esprime attraverso spettacoli itineranti, tra cui il “posteggiare”, una forma di intrattenimento all’aperto in luoghi pubblici come piazze e mercati. Gli artisti vivono delle offerte del pubblico, dimostrando abilità che includono:- Contorsionismo: movimenti del corpo che sfidano i limiti fisici.
- Acrobazie: come i salti mortali, detti anche “salti di scimmia”.
- Equilibrismo sul filo d’acciaio: una specialità tipicamente femminile, con figure complesse eseguite su un cavo sospeso.
Evoluzione degli spettacoli
Nel tempo, alcune compagnie Sinti hanno sviluppato strutture più organizzate, come il “postone” o “Circo Arena”. Si tratta di un circo all’aperto delimitato da cancelli, con posti a sedere a pagamento e spazio per spettatori in piedi. Al centro, si montano attrezzature come le “antenne”, pali alti 5 metri usati per numeri acrobatici complessi. Il trasporto avviene con carri speciali chiamati “caritella”. Gli spettacoli includono anche numeri con cavalli, sia da soma che addestrati per compiti particolari, come contare o rispondere a domande. Il “toni”, il clown, ha un ruolo centrale, eseguendo sketch e numeri che tengono vivo l’interesse del pubblico.La tradizione oggi
Questa forma d’arte itinerante resiste ancora oggi, con compagnie come i circhi arena francesi Lepidol e Lo Zingarò. Nonostante il valore culturale, gli artisti Sinti affrontano a volte pregiudizi, con episodi di protesta ma anche di riconoscimento del loro contributo artistico.Come può un capitolo descrivere un’arte itinerante senza affrontare a fondo il contesto sociale e i pregiudizi che ne minacciano l’esistenza?
Il capitolo accenna ai pregiudizi, ma non ne esplora le radici né l’impatto concreto sull’arte e sulla vita degli artisti Sinti. Questa lacuna impedisce di comprendere appieno le sfide che questa tradizione affronta oggi. Per colmare questa mancanza, è indispensabile approfondire la storia e la sociologia delle comunità Sinti in Italia e in Europa. Lo studio di autori che si sono dedicati alla ricerca su queste popolazioni, le loro pratiche culturali e le discriminazioni subite è fondamentale. È altresì utile esaminare il quadro normativo e sociale che regola (o ostacola) la vita itinerante.2. La Pista e il Filo Spinato
Una famiglia Sinti porta in giro per l’Italia il proprio “postone”, uno spettacolo itinerante che mescola acrobazie e comicità . Lo zio Rus stupisce il pubblico camminando su un rallo a sei metri d’altezza, mentre il cugino Fioravante esegue salti mortali attraverso cerchi infuocati. Le loro esibizioni attirano folle entusiaste e persino l’ammirazione di personalità politiche. Con i guadagni, la famiglia acquista nuovi mezzi e amplia l’attività , vivendo in armonia con le comunità locali.L’arte circense in Italia
Negli stessi anni, altre famiglie Sinti e compagnie circensi sviluppano specialità uniche:- Acrobazie aeree: funamboli e trapezisti che rivoluzionano le tecniche di volo
- Animali esotici: i primi elefanti e leoni addestrati per lo spettacolo
- Strutture fisse: la nascita dei circhi coperti con posti a sedere
La persecuzione
I militari confiscano cavalli e muli, strumenti vitali per il lavoro dei Sinti. Intere famiglie vengono deportate nel campo di Prignano, dove la vita quotidiana consiste in lavori forzati come spaccare pietre. Gli uomini abili vengono mandati al fronte, mentre il nonno, cittadino francese, finisce in isolamento come prigioniero politico. L’8 settembre 1943 arriva la liberazione ufficiale, ma senza mezzi di trasporto o risorse, molti rimangono intrappolati nei luoghi che avrebbero dovuto abbandonare. La ferita di quegli anni continua a pesare sulla memoria collettiva della comunità Sinta italiana.Se la comunità Sinta viveva in armonia con le comunità locali e i loro spettacoli erano ammirati, persino da personalità politiche, come si spiega l’improvvisa e brutale persecuzione del 1939?
Il capitolo presenta un quadro di successo e integrazione che viene interrotto bruscamente dalle leggi razziali. Questa narrazione, pur efficace nel mostrare la tragedia, rischia di far percepire la persecuzione come un fulmine a ciel sereno, slegato da un contesto storico più ampio. Per comprendere appieno come si sia arrivati a tale brutalità , è fondamentale approfondire la storia delle politiche del regime fascista nei confronti delle minoranze, in particolare Sinti e Rom, che non iniziarono nel 1939 ma ebbero radici e sviluppi precedenti, fatti di discriminazioni crescenti e misure restrittive. È utile studiare la legislazione specifica che colpì queste comunità , distinta ma parallela e interconnessa alle leggi antiebraiche, e il suo impatto concreto sulla loro vita e sui loro spostamenti. Approfondire le ricerche di storici che si sono dedicati a questo specifico aspetto della persecuzione in Italia, come Luca Bravi o Michele Sarfatti per il contesto più generale delle leggi razziali, può fornire gli strumenti per colmare questa lacuna e capire la progressiva marginalizzazione e criminalizzazione che precedette le confische e le deportazioni.3. Dalla Resistenza al Palcoscenico Ambulante
Nell’aprile del 1945, mentre l’esercito tedesco si ritira, molti sinti uniscono le forze con la Resistenza. Tra Breda Solini e Rivarolo del Re, un gruppo guidato da padre e zio Rus agisce di notte, disarmando le pattuglie nemiche senza ricorrere alla violenza. La loro abilità nel neutralizzare i nemici senza spargere sangue li fa soprannominare “I Leoni di Breda Solini”. Un episodio emblematico vede un fascista arrendersi solo a loro, ma la scena si tinge di amarezza quando altri partigiani lo picchiano: il nonno, sconvolto, rifiuta di partecipare.Gli anni della ricostruzione
La guerra lascia cicatrici profonde. Le carovane, scambiate per convogli militari, subiscono bombardamenti che decimano gli animali. Dopo la liberazione, un ufficiale tedesco costringe Gorni Kramer a suonare per un ultimo spettacolo. Quando i partigiani minacciano di fucilarlo per collaborazionismo, sono proprio i “Leoni” a intervenire, spiegando la coercizione e salvandogli la vita. La famiglia si riunisce, ma l’assenza di Fradelin pesa come un macigno. Catturato nel ’43 e deportato a Lisphenausen, torna solo alla fine del conflitto, ridotto a 36 kg. La nonna, in preghiera per mesi, accoglie il miracolo del suo ritorno.Rinascita sul palco
Con animali ottenuti dal Comando di Liberazione a Reggio Emilia, si riparte con un postone rudimentale. Un bambino di sette anni viene incaricato di pascolare il mulo e il cavallo, mentre gli incubi della guerra lo spingono a cercare rifugio nella carovana del nonno. Nel 1949, l’incontro con Paolo Orfei segna una svolta: Rus e Fradelin entrano nel circo, e il bambino di nove anni esordisce con capriole e cerchietti. I guadagni permettono di migliorare l’attrezzatura.L’Arena Estiva e la Cittadella
Dal 1951, l’asinello Gilera diventa mascotte degli spettacoli estivi. I biglietti a 30-50 lire includono una lotteria con bambole vestite da sinta, mentre le osterie offrono serate extra tra chitarre e canti. Nonostante la fame, questi anni trasudano solidarietà . D’inverno, la Cittadella di Modena – ex fortezza trasformata in rifugio per sfollati – diventa un crogiolo di amicizie e nuove competenze, dalla meccanica all’arte di aggiustare le tendine per evitare spettatori abusivi.Il capitolo afferma con sicurezza l’origine Sinti di attori di fama internazionale come Jean Gabin, Burt Lancaster e Yul Brynner; su quali basi riposa una simile, peraltro affascinante, asserzione?
Una simile affermazione, sebbene suggestiva e potenzialmente ricca di spunti, necessita di un supporto documentale o di una contestualizzazione più approfondita. Il capitolo non fornisce elementi che permettano di verificare questa origine, lasciando il lettore nel dubbio e rendendo l’asserzione una semplice curiosità non suffragata. Per colmare questa lacuna e dare peso a tale legame tra il mondo Sinti e lo spettacolo, sarebbe opportuno approfondire la storia e la cultura del popolo Sinti, esplorare le biografie dei personaggi citati con particolare attenzione alle loro origini familiari e alle loro eventuali connessioni con il mondo circense o le comunità itineranti, e consultare studi sulla storia del circo e sulla sua influenza nella cultura popolare e nello spettacolo. Approfondire le opere di storici della cultura, biografi e studiosi delle minoranze etniche potrebbe fornire il contesto necessario per valutare la fondatezza di tali legami e arricchire notevolmente la narrazione.5. La strada, la giostra e la diffidenza
I giostrai sinti si dividono in due gruppi principali. I “dritti” o “crat” sono imprenditori non sinti che operano nel settore con grandi capitali, mentre i “pirdi” rappresentano quei sinti che stanno perdendo lingua, tradizioni e legami comunitari. La lingua diventa un marcatore identitario: i sinti autentici comunicano in sinto o romanes, comprensibile in tutta Europa, mentre i pirdi adottano dialetti locali come il tedesco e abbandonano pratiche culturali fondamentali.Conflitti e discriminazioni nel mondo delle giostre
Dagli anni ’70, crat e pirdi avrebbero sistematicamente marginalizzato i sinti tradizionali attraverso campagne diffamatorie per accaparrarsi i migliori spazi nelle fiere. Le normative aggravano la situazione: chi occupa grandi spazi per periodi lunghi ottiene sconti, mentre i piccoli giostrai sinti devono sostenere costi proibitivi per collaudi e permessi a ogni nuovo montaggio. In altri paesi europei, regole più semplici facilitano la mobilità tipica della comunità .Identità nascosta e rappresentazione mediatica
La crescente diffidenza ha spinto molti sinti a nascondere la propria identità , rinunciando persino agli abiti tradizionali pur di lavorare. Nonostante un radicamento secolare in Italia e la partecipazione a eventi storici come le guerre mondiali, vengono trattati come stranieri. I media amplificano gli stereotipi, dando risalto solo a fatti di cronaca negativi e ignorando le storie positive, che quando vengono riportate vengono attribuite ad altri gruppi.Le aree di sosta e la perdita di libertÃ
Le aree attrezzate create negli anni ’80, inizialmente pensate come soluzione, hanno creato nuovi problemi. Luoghi come via Baccelliera a Modena concentrano troppe famiglie in spazi ristretti, generando tensioni. La libertà di movimento si è ridotta: sostare fuori dalle zone designate scatena immediati interventi delle forze dell’ordine. Per molte famiglie, la strada rimane l’unico spazio di appartenenza, nonostante la necessità di fermarsi periodicamente. Le nuove generazioni sperano in un futuro senza queste discriminazioni, dove poter lavorare liberamente.Questa netta divisione tra Sinti “autentici” e “perduti” non rischia di essere un’eccessiva semplificazione che ignora la complessità delle identità culturali in evoluzione?
Il capitolo presenta una dicotomia molto marcata tra i Sinti che mantengono lingua e tradizioni e quelli che le abbandonano, definendo questi ultimi come “pirdi”. Questa categorizzazione, pur utile a descrivere un fenomeno di cambiamento, potrebbe non cogliere le sfumature e le molteplici forme che l’identità culturale può assumere nel tempo e in risposta a pressioni esterne. Inoltre, l’accusa di una sistematica marginalizzazione da parte di “crat” e “pirdi” attraverso campagne diffamatorie, sebbene plausibile, richiederebbe un’analisi più approfondita delle dinamiche socio-economiche e delle responsabilità multiple nel determinare l’accesso agli spazi fieristici e le difficoltà normative. Per esplorare queste complessità , sarebbe utile confrontarsi con studi di antropologia delle migrazioni e delle minoranze, sociologia dei processi culturali e analisi delle politiche pubbliche relative alle comunità nomadi o semi-nomadi. Autori come Leonardo Piasere o Sigrid Rausing offrono prospettive diverse e approfondite sulle comunità Rom e Sinta e sulle sfide che affrontano.Abbiamo riassunto il possibile
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