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Informazioni
“Storie permesse, storie proibite. Polarità semantiche familiari e psicopatologie” di Valeria Ugazio è un libro che ti fa capire come i nostri problemi psicologici, tipo fobie, disturbi ossessivo-compulsivi, disturbi alimentari o depressione, non nascono dal nulla, ma sono super legati a come si parla e si danno significati nelle nostre famiglie. L’autrice esplora l’idea che ogni famiglia ha delle “polarità semantiche familiari” specifiche, cioè modi di vedere il mondo e le relazioni basati su opposti (tipo libertà/dipendenza, buono/cattivo, vincente/perdente, appartenenza/esclusione). Queste polarità definiscono chi siamo e come stiamo con gli altri. Il punto cruciale è che i disturbi psicopatologici spesso emergono quando una persona si trova bloccata in un “dilemma psicologico” creato da queste polarità, senza riuscire a trovare una posizione stabile. Non è solo una questione individuale, ma un problema di “relazioni familiari” e “significati condivisi”. Ugazio analizza come queste dinamiche si manifestano in diversi disturbi e come influenzano anche la “terapia familiare”. È un modo di vedere la sofferenza che va oltre le spiegazioni semplici, puntando dritto al cuore delle nostre interazioni più importanti.Riassunto Breve
I disturbi psicopatologici come fobie, ossessioni, disturbi alimentari e depressione grave si legano a specifici modi di parlare e relazionarsi nelle famiglie, dove dominano certi significati organizzati in idee opposte, chiamate polarità. Queste polarità definiscono cosa è importante per una famiglia e influenzano l’identità dei suoi membri, che dipendono l’uno dall’altro. Ad esempio, in famiglie con disturbi fobici, è centrale l’idea di libertà legata a paura e coraggio. La psicopatologia emerge quando una persona, e le persone importanti per lei, prendono posizioni rigide all’interno di queste idee opposte, creando un forte conflitto interno che impedisce di trovare una posizione stabile. Le spiegazioni basate solo sulla biologia o sulla genetica non bastano a capire l’origine di questi problemi; è fondamentale considerare le relazioni e i significati condivisi. Chi soffre di fobie vive un dilemma tra il bisogno di protezione (che porta dipendenza e bassa autostima) e il desiderio di libertà (che genera paura di essere soli), sentendo che attaccamento ed esplorazione non possono coesistere. Questo nasce in famiglie dove l’indipendenza è molto apprezzata, ma l’esplorazione del bambino viene limitata dalla figura di attaccamento principale. I sintomi fobici aiutano a mantenere i legami protettivi, attribuendo la dipendenza alla malattia. Nei disturbi ossessivo-compulsivi, domina l’idea di “bontà”, vista come assenza di male, dove gli istinti vitali sono considerati negativi e il sacrificio positivo. Questo crea un dilemma tra esprimere gli impulsi (sentendosi cattivi) e rinunciarvi (sentendosi annientati). I sintomi come i dubbi e le azioni compulsive servono a gestire questa oscillazione. I disturbi alimentari sono legati a un’idea di “potere” basata sul confronto tra chi vince e chi perde, rendendo l’identità instabile e dipendente dal giudizio altrui. Il dilemma è tra adeguarsi agli altri (sentendosi passivi) e opporsi (rischiando il rifiuto). I sintomi alimentari emergono spesso dopo che la persona è stata spinta a opporsi a qualcuno, rimanendo poi senza conferme positive. La depressione grave si connette a un’idea di “appartenenza”, definita dalle polarità inclusione/esclusione e onore/onta. Il dilemma centrale è tra appartenere (sentendosi indegni) ed essere esclusi (sentendosi fuori dal mondo umano). Per evitare di sentirsi indegni si può cercare l’esclusione, ma poi l’esclusione stessa viene vissuta come una sofferenza profonda. Spesso c’è una frattura emotiva con la famiglia d’origine e un coinvolgimento eccessivo nella coppia, dove l’isolamento relazionale può portare all’esordio depressivo, che paradossalmente riconnette agli altri attraverso la condizione di malattia. La terapia è influenzata dalla semantica dominante del paziente; per favorire il cambiamento, il terapeuta deve aiutare il paziente a superare queste idee rigide e ad accedere a modi diversi di vivere le esperienze.Riassunto Lungo
1. Le Polarità Relazionali e i Significati dei Disturbi
Disturbi come quelli ossessivo-compulsivi, fobici, alimentari e depressivi nascono spesso in contesti familiari specifici. Qui dominano certi modi di dare significato alle cose. Le identità delle persone e le loro relazioni si costruiscono attorno a questi significati particolari. Questi significati sono organizzati in coppie di opposti, che chiamiamo polarità. Ad esempio, in famiglie con disturbi fobici, si parla molto di “libertà”, ma questo concetto è strettamente legato a idee di paura e coraggio. Queste polarità definiscono cosa è considerato importante all’interno di quel gruppo familiare e rendono le identità dei membri interdipendenti.Come si Costruiscono i Significati
Il significato si costruisce proprio attraverso queste coppie di opposti, come giusto/ingiusto o buono/cattivo. Questo processo avviene nella conversazione tra le persone, non solo nella mente di ognuno. Per esempio, per esserci una persona vista come “generosa” in una famiglia, deve esserci almeno un’altra persona che occupa la posizione opposta, come “egoista”. Questo scambio continuo definisce chi siamo e come ci relazioniamo all’interno del gruppo familiare.Posizioni nelle Polarità
Ognuno in famiglia, anche senza pensarci troppo, prende una posizione rispetto a queste polarità rilevanti. Non ci sono solo i due estremi opposti, ma anche una posizione intermedia. Tutti i membri della famiglia si posizionano in modo reciproco all’interno di queste idee importanti. Questo processo di prendere posizione avviene in gran parte in modo naturale e non voluto.Conflitto e Disturbo
Le polarità di significato sono necessarie, ma da sole non bastano a creare un disturbo. Diventa cruciale la posizione che la persona e le figure importanti per lei assumono reciprocamente all’interno di questa semantica critica. Quando la posizione che una persona sente di dover prendere è in forte contrasto con i significati dominanti in famiglia, nasce un conflitto interiore. Questo conflitto può diventare così intenso da impedire alla persona di trovare un modo stabile di essere rispetto a quei significati. È solo quando questo succede che il disturbo psicopatologico compare. Il disagio nasce da questa lotta interna legata ai significati familiari.Oltre le Spiegazioni Semplici
Non basta cercare l’origine di questi disturbi solo nella biologia o nella genetica. Queste spiegazioni non riescono a cogliere la complessità del problema. Anche i farmaci, pur potendo aiutare ad alleviare i sintomi, spesso non risolvono la causa profonda. Per capire davvero perché nascono queste difficoltà, dobbiamo guardare alle relazioni tra le persone e ai significati che costruiscono insieme. La comprensione richiede un approccio che consideri il ruolo delle interazioni interpersonali e dei significati condivisi nel definire le posizioni individuali e familiari.Davvero i disturbi psicopatologici si riducono solo a un conflitto di significati familiari, ignorando il peso della biologia?
Il capitolo propone una visione affascinante e coerente che pone le relazioni familiari e la costruzione di significati al centro della genesi di specifici disturbi. Tuttavia, l’enfasi quasi esclusiva su questi fattori relazionali e semantici rischia di trascurare o minimizzare l’evidenza consolidata che indica un ruolo significativo, sebbene complesso e spesso interattivo, di predisposizioni biologiche e genetiche nella vulnerabilità a sviluppare tali condizioni. Per ottenere una comprensione più completa e sfumata della psicopatologia, è fondamentale esplorare modelli integrati che considerino l’interazione tra fattori biologici, psicologici e sociali. Approfondire discipline come le neuroscienze, la genetica comportamentale e la psicopatologia integrata, e leggere autori che propongono modelli biopsicosociali, può aiutare a colmare questa lacuna e a comprendere come i significati relazionali possano interagire con le vulnerabilità individuali.2. Legami e Libertà: Il Nodo Fobico
Esiste una forte tensione tra ciò che una persona sente dentro e le regole che la società impone. Si vede bene nell’esempio di Instetten. Lui non prova né odio né desiderio di vendetta per il tradimento che ha subito. Eppure, sente di dover agire in un certo modo, seguendo le regole del suo ambiente sociale, altrimenti non riuscirebbe più a stimare sé stesso. Si trova così davanti a un difficile bivio: perdonare significherebbe disprezzarsi, ma vendicarsi andrebbe contro i suoi sentimenti più profondi. Questa spaccatura tra il “sé sociale” e il “sé individuale” rende impossibile avere un punto di vista stabile e sereno. La sua scelta di lasciare il biglietto è una decisione obbligata, dove la parte di sé legata alle regole sociali prende il sopravvento, anche se viene vissuta come una costrizione, un “devo farlo”. Questo riflette un momento storico in cui i valori culturali stavano cambiando.Il Dilemma della Persona Fobica
Le persone che soffrono di fobie vivono un conflitto interno molto simile. Si tratta di una tensione complessa che riguarda sia il modo in cui vedono sé stesse sia le loro relazioni. La persona fobica si sente stretta tra due bisogni opposti: da un lato, cerca protezione, il che la porta a dipendere dagli altri e a sentirsi poco sicura di sé; dall’altro, desidera fortemente essere libera e indipendente, ma questa spinta genera la paura di restare sola e vulnerabile. È come se il bisogno di legame e il desiderio di esplorare il mondo fossero due forze che non riescono a convivere.Le Origini del Conflitto nella Famiglia
Questo difficile dilemma spesso si forma all’interno di famiglie dove si dà molta importanza all’idea di “libertà”. In queste case, essere liberi, indipendenti e capaci di esplorare sono valori fondamentali, mentre la dipendenza e il bisogno di attaccamento sono visti in modo negativo. Questa dinamica si crea spesso in una sorta di triangolo: c’è il bambino, la figura che si occupa principalmente di lui (spesso la madre) e una terza persona (spesso il padre o un altro parente) che rappresenta l’indipendenza tanto apprezzata. Questa terza figura, però, è spesso emotivamente distante, soprattutto per la madre. La madre, a sua volta legata in qualche modo a questa figura distante, finisce per scoraggiare l’esplorazione nel bambino, pur ammirando l’indipendenza nella terza persona. Il bambino avverte questa contraddizione e si trova di fronte a un bivio: mantenere il legame con la madre significa accettare una definizione di sé come “dipendente” e quindi negativa, mentre cercare l’indipendenza minaccia il legame protettivo che sente di dover preservare.Come Nascono i Sintomi Fobici
Prima che i sintomi della fobia si manifestino apertamente, le persone mettono in atto diverse strategie per cercare di gestire questo conflitto interiore. Possono, ad esempio, cercare di mantenere una certa distanza emotiva dagli altri o limitare la vicinanza per paura di diventare troppo dipendenti. I sintomi compaiono quando queste strategie non funzionano più, spesso a causa di eventi che rompono l’equilibrio tra il bisogno di protezione e quello di libertà, o che mettono in crisi le relazioni importanti. I sintomi, in questo senso, permettono di mantenere i legami protettivi. La dipendenza, che prima era vista come una debolezza personale, viene ora attribuita a una causa esterna e non controllabile, come la “malattia”. Questo meccanismo aiuta a ridurre il peso sul proprio valore personale.La Visione Culturale della Libertà
L’idea che la libertà significhi essere completamente indipendenti dalle relazioni è un concetto molto radicato nella cultura occidentale moderna. Questa visione è diversa da quella di epoche passate o di altre culture, dove la libertà viene spesso intesa e vissuta proprio all’interno dei legami e delle relazioni con gli altri.Davvero possiamo ridurre la complessa genesi delle fobie a un triangolo familiare e a un conflitto tra legame e libertà, o il capitolo ignora altre prospettive fondamentali?
Il capitolo propone una specifica chiave di lettura psicologica per comprendere le fobie, legandole a dinamiche familiari e a un conflitto interiore tra dipendenza e indipendenza. Tuttavia, il campo della psicopatologia offre una varietà di modelli esplicativi che considerano fattori diversi, inclusi aspetti cognitivi, comportamentali, biologici e traumatici. Per ottenere una visione più completa e bilanciata, è essenziale esplorare le diverse scuole di pensiero nella psicologia clinica e nella psichiatria. Approfondire studi sulla teoria dell’attaccamento, le terapie cognitivo-comportamentali e le neuroscienze può fornire contesti e spiegazioni alternative o complementari a quella presentata. Autori come Bowlby o Beck rappresentano approcci differenti che meritano di essere considerati.3. Semantiche Familiari e Dilemmi Psicologici
Le dinamiche psicologiche delle persone si collegano strettamente ai sistemi di significato che guidano le loro famiglie. Questi sistemi creano dei veri e propri dilemmi interiori. Ad esempio, nelle famiglie in cui si manifestano disturbi ossessivo-compulsivi, prevale una visione particolare della bontà. Invece, nelle famiglie con disturbi alimentari, domina un’altra logica, centrata sul potere e sul confronto. Queste diverse visioni familiari influenzano profondamente le esperienze e le difficoltà che le persone si trovano ad affrontare.Famiglie con Disturbi Ossessivo-Compulsivi
Nelle famiglie con disturbi ossessivo-compulsivi, il significato principale ruota attorno all’idea di bontà. Qui, il bene è definito soprattutto come l’assenza di male. Questo porta a considerare le spinte naturali della vita, come la sessualità o l’aggressività, come qualcosa di negativo. Al contrario, il sacrificio e la rinuncia sono visti come azioni positive. Questa visione crea un dilemma centrale per chi vive in queste famiglie. Se una persona esprime i propri impulsi vitali, si sente subito “cattiva”. Questo genera una grande paura di essere puniti o abbandonati, un’angoscia profonda. Ma se si rinuncia a queste spinte, si prova un senso di mortificazione e annientamento, come se una parte di sé venisse cancellata. Spesso, la persona si trova in una posizione intermedia, oscillando tra questi due estremi dolorosi. I sintomi tipici, come i dubbi continui e le azioni compulsive, servono proprio a gestire questa difficile oscillazione e le paure che ne derivano. Questa dinamica ha radici profonde nella famiglia, spesso legata a un modello in cui un genitore appare “buono” perché rinuncia ai propri desideri, mentre l’altro è visto come “cattivo” perché segue i propri impulsi. Il figlio può sentirsi favorito dal genitore “buono”, ma si sente anche rifiutato non appena mostra i propri impulsi naturali, percepiti come “cattivi”.Famiglie con Disturbi Alimentari
Passando alle famiglie con disturbi alimentari, qui la logica dominante è quella del potere. Si vive in un confronto continuo tra chi vince e chi perde. Questa idea di potere è legata solo alle relazioni con gli altri, non a un valore interno. Per questo, l’identità delle persone in queste famiglie è molto instabile. Dipende completamente dal ricevere conferme e approvazione dagli altri. Questo crea un dilemma altrettanto difficile. La scelta è tra adeguarsi sempre a quello che gli altri si aspettano, sentendosi però passivi e sconfitti, oppure cercare di opporsi per sentirsi più efficaci. Opporre, però, comporta il rischio altissimo di essere rifiutati e perdere quella validazione dagli altri che è così fondamentale. Questo dilemma diventa particolarmente forte e doloroso durante l’adolescenza, un periodo cruciale per la costruzione dell’identità. Spesso, i primi sintomi alimentari compaiono dopo un evento in cui la persona si sente spinta a ribellarsi a qualcuno di importante. Questo porta a una doppia delusione: non solo la ribellione non porta al risultato sperato, ma si perde anche il legame e la validazione di quella persona. La persona si trova così isolata, senza punti di riferimento relazionali. L’anoressia, la bulimia e l’obesità sono modi diversi in cui le persone cercano di affrontare questo dilemma centrale e la profonda delusione che ne deriva.Ma davvero la complessità della sofferenza psicologica si esaurisce in sole tre “radici” legate a concetti così specifici?
Il capitolo presenta un’interessante lettura di alcuni disturbi psicopatologici attraverso la lente di tre concetti chiave: libertà, bene/male e potere. Tuttavia, l’argomentazione rischia di apparire riduttiva, suggerendo un legame quasi esclusivo tra queste specifiche dinamiche e l’insorgenza dei disturbi menzionati. Manca un’adeguata considerazione della natura multifattoriale della psicopatologia, che include, oltre agli aspetti relazionali e di significato, anche importanti componenti genetiche, neurobiologiche e l’influenza di eventi traumatici o stressori esterni non necessariamente legati alle dinamiche familiari descritte. Per ottenere una visione più completa, è utile approfondire le discipline della Psicologia Clinica e della Psichiatria, esplorando autori che si sono occupati di modelli cognitivi, come Aaron Beck, o delle basi biologiche dei disturbi mentali, come Eric Kandel.7. Il Nodo tra Appartenenza e Valore
Nelle persone con una certa forma di disagio depressivo, esiste una difficoltà fondamentale che lega il sentirsi parte di un gruppo al proprio valore come persona. È come un circolo vizioso, simile a quelli che si vedono in altre situazioni di sofferenza psicologica.Due Idee Centrali
Questa difficoltà si basa su due idee principali: l’idea di “essere inclusi o essere esclusi” e l’idea di “valere o non valere”. L’idea di “valere o non valere” sembra essere più importante e profonda rispetto a quella di “essere inclusi o esclusi”.Il Dolore dell’Esclusione Scelta
Per chi vive questo disagio, prima che la depressione diventi molto evidente, la cosa più importante è non sentirsi una persona senza valore. Per evitare questa sensazione, si può arrivare a preferire l’esclusione, piuttosto che rischiare di essere considerati non degni. Però, l’essere esclusi viene vissuto come un sentirsi “fuori dal mondo delle persone”, come un reietto. Così, il tentativo di non sentirsi senza valore scegliendo l’esclusione porta a una sofferenza profonda perché non ci si sente parte di nulla.Note Specifiche
È importante sapere che questa descrizione riguarda solo alcune forme di depressione. Non vale per la distimia, che ha modi diversi di manifestarsi nelle relazioni, né per i casi di disturbo bipolare dove le fasi di forte eccitazione sono causate da farmaci. Riguardo ai farmaci antidepressivi che agiscono sulla serotonina, molte ricerche fatte confrontandoli con pillole finte (placebo attivo) non mostrano differenze significative nei risultati.Questo ‘nodo’ tra appartenenza e valore, e la dinamica dell’esclusione scelta, spiegano davvero sufficientemente le ‘certe forme’ di disagio depressivo, o il capitolo presenta una visione parziale che ignora altri fattori determinanti?
Il capitolo si concentra su una specifica dinamica psicologica legata all’appartenenza e al valore personale come fulcro di alcune forme di disagio depressivo. Tuttavia, la depressione è un fenomeno complesso, influenzato da una molteplicità di fattori. Presentare questo ‘nodo’ come spiegazione centrale rischia di offrire una visione riduttiva, trascurando l’interazione con elementi biologici, esperienze di vita passate (come traumi), e il contesto socio-culturale. Una comprensione più completa richiede l’integrazione di questa dinamica psicologica con altri livelli di analisi. Per approfondire, è utile esplorare modelli multifattoriali della depressione. Si possono consultare autori che hanno studiato i fattori cognitivi legati al valore personale, come Aaron T. Beck, o quelli che hanno analizzato le difficoltà interpersonali, come Gerald Klerman e Myrna Weissman. È inoltre cruciale considerare gli aspetti neurobiologici e l’impatto dei fattori sociali sul disagio.Abbiamo riassunto il possibile
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