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Contenuti del libro
Informazioni
“Storie all’ombra del malfrancese” di Antonio Tosti ti porta dritto nel cuore del Rinascimento italiano, un’epoca di splendore ma anche segnata dall’arrivo improvviso di una malattia terribile: il malfrancese, che oggi chiamiamo sifilide. Non è solo la storia di un morbo che sfigurava i corpi e causava dolori pazzeschi, ma è il racconto di come ha cambiato la vita delle persone, dai nobili ai poveri, portando stigma e vergogna. Vedrai come si cercava di capire da dove venisse, se dall’esercito di Carlo VIII o magari dalle Americhe con Cristoforo Colombo. Il libro esplora le storie di chi ha affrontato questa malattia in città come Venezia e Roma, le cure assurde provate, come i bagni nell’olio o il famoso legno santo, e i personaggi incredibili coinvolti, dai medici accademici ai ciarlatani come Battista da Vercelli, fino ad artisti come Benvenuto Cellini. È un viaggio affascinante tra le paure, i segreti e la giustizia a volte brutale dell’Italia del Quattrocento e Cinquecento, tutto visto attraverso l’ombra lunga di questa malattia che ha lasciato un segno profondo nella storia della medicina e della società.Riassunto Breve
Alla fine del Quattrocento, in Italia compare una malattia nuova e brutta che sfigura il corpo con piaghe visibili e dolorose, portando anche a mutilazioni di naso, occhi e arti. I dolori sono forti, specialmente di notte, e colpiscono pelle, mucose e ossa. Si capisce subito che si prende con i rapporti sessuali, e per questo molti la vedono come una punizione divina, usandola per giudicare le persone e distinguere i “puri” dagli “impuri”. Colpisce tutti, nobili, principi, membri del clero e gente comune, e chi ce l’ha si vergogna e cerca di nasconderla, anche se non sempre ci riesce. Accanto alla paura e alla vergogna, c’è anche chi ci scherza su con umorismo nero tra artisti e letterati. Si discute molto da dove venga. Una teoria diffusa dice che l’hanno portata i soldati francesi di Carlo VIII, per questo la chiamano “malfrancese”, mentre i francesi la chiamano “mal italiano”. Un’altra idea importante è che sia arrivata dall’America con i marinai di Cristoforo Colombo. Nonostante le incertezze sull’origine, la malattia si diffonde ovunque. Il nome “Sifilide” arriva più tardi, nel 1521, da un poema di Girolamo Fracastoro. L’invasione dell’Italia da parte di Carlo VIII, un re giovane e non molto sveglio, cresciuto con idee da cavaliere e facilmente influenzabile, è un momento chiave per la diffusione. Il suo esercito, pieno di mercenari indisciplinati e nobili francesi, si muove per l’Italia quasi senza incontrare resistenza militare seria, ma saccheggia e porta il contagio. Anche se Carlo VIII scappa dopo una battaglia confusa a Fornovo, perdendo gran parte del bottino, la malattia resta e si diffonde rapidamente tra le sue truppe e la popolazione italiana. Le forze francesi lasciate a Napoli soccombono alla malattia e agli attacchi. Per curarla si provano tante cose. Negli ultimi anni del Quattrocento si diffonde la pratica del bagno nell’olio d’oliva per purificare la pelle malata. Quest’olio usato, sporco dei malati, a volte viene rivenduto per cucinare. A Venezia e Roma ci sono ordinanze che lo vietano e puniscono i venditori. Le punizioni per chi fa questo, come multe o fustigazioni pubbliche, sono abbastanza leggere rispetto a quelle per altri crimini gravi dell’epoca, come la relazione tra un ebreo e una cristiana o l’omosessualità, puniti con torture, mutilazioni e morte brutali. Anche i medici che derubano e uccidono pazienti negli ospedali ricevono pene severe. I medici accademici spesso non sanno cosa fare o evitano i malati. Persone come Joseph Grünpeck, cavaliere, sacerdote e medico, che all’inizio scrive trattati teorici sulla malattia vista come castigo divino o effetto delle stelle, poi se la prendono e scoprono che le cure ufficiali basate su salassi e purghe non funzionano. Dopo aver sofferto per due anni, si rivolgono a praticoni non laureati, come un ex ciabattino, che li curano con successo usando unzioni mercuriali. Questa esperienza li porta a criticare duramente i medici accademici e i ciarlatani, pur riconoscendo l’efficacia di alcuni empirici. C’è anche il caso di Battista da Vercelli, un praticone con precedenti penali, descritto come girovago e ciarlatano, che cura la malattia usando sostanze caustiche e mercurio, guadagnando fama e ricchezza tra l’élite. La sua ascesa lo porta vicino al Cardinale Alfonso Petrucci, che nutre rancore verso Papa Leone X. Petrucci progetta di avvelenare il Papa, che soffre di una fistola, facendo sostituire il chirurgo papale con Battista da Vercelli, che avrebbe dovuto usare medicazioni avvelenate. Il complotto viene scoperto, e Battista da Vercelli finisce impiccato e squartato pubblicamente a Roma insieme al maestro di casa del Cardinale, mentre il Cardinale Petrucci viene strangolato in Castel Sant’Angelo. Un altro rimedio molto usato e diventato popolare è il legno santo, o guaiaco, che arriva dalle Americhe. Molti, anche personaggi famosi come Benvenuto Cellini o Ulrich von Hutten, credono fermamente che li abbia guariti dopo anni di sofferenze e sintomi severi come ulcere, noduli e problemi articolari, ma in realtà non serve a niente contro la malattia. Le guarigioni percepite sono probabilmente solo effetto placebo. L’altro trattamento disponibile, il mercurio, è pericoloso e spesso letale, anche se ha una certa azione sulla malattia. La gente soffre molto per queste cure inutili o pericolose, mentre la malattia continua a fare danni, a volte colpendo il sistema nervoso anni dopo, come forse accaduto a Cellini.Riassunto Lungo
1. Il Male che Sfigurò il Rinascimento
Alla fine del Quattrocento, una nuova e grave malattia contagiosa appare in Italia. Si diffonde rapidamente, causando lesioni visibili e dolorose che sfigurano il corpo, portando spesso a mutilazioni di naso, occhi e arti. I dolori, specialmente notturni, sono intensi. La malattia colpisce pelle, mucose e ossa, con un decorso violento e recidive.Reazioni sociali e stigma
La trasmissione avviene principalmente tramite rapporti sessuali, portando molti a considerare la malattia una punizione divina per la condotta immorale. Questo crea una divisione tra persone “pure” e “impure”. La malattia colpisce tutti, dai nobili ai membri del clero, ma lo stigma e la vergogna spingono i malati a nascondere i sintomi, spesso senza successo. Vengono inventate spiegazioni per giustificare il contagio in persone considerate “innocenti”, ma queste storie sono accolte con scetticismo. Accanto alla paura e alla vergogna, emerge un umorismo nero tra artisti e letterati, che ironizzano sui malati.Origine della malattia
L’origine della malattia diventa oggetto di accesi dibattiti. Diverse teorie si contendono la spiegazione:- Teoria francese: La malattia è attribuita all’esercito francese di Carlo VIII, da cui deriva il nome “malfrancese”. I francesi, a loro volta, la chiamano “mal italiano”.
- Tesi colombiana: Secondo questa ipotesi, la malattia sarebbe stata portata in Europa dai marinai di Cristoforo Colombo di ritorno dalle Americhe. Focolai sono notati in città di arrivo come Bajona e Barcellona.
- Presenza preesistente: Alcuni sostengono che la malattia fosse già presente nel Vecchio Mondo ma sia riemersa in forma più aggressiva, o che si sia originata spontaneamente.
Ma se l’origine della malattia è ancora dibattuta, perché il capitolo non approfondisce le prove che rendono la questione così complessa?
Il capitolo elenca le diverse teorie sull’origine della sifilide, riconoscendo il dibattito, ma non fornisce gli strumenti per comprendere la natura di tale controversia. La questione dell’origine è tutt’altro che risolta e coinvolge discipline diverse, dalla storia della medicina all’archeologia (con l’analisi di resti scheletrici) fino alla genetica (con lo studio del DNA del batterio). Per farsi un’idea più completa, sarebbe utile esplorare i lavori di storici che hanno affrontato il tema delle malattie e degli scambi tra Vecchio e Nuovo Mondo, come McNeill.2. La folle corsa del re analfabeta e il morbo d’Italia
Carlo VIII viene incoronato a soli 14 anni, completamente analfabeta e cresciuto in isolamento. Influenzato da racconti medievali di paladini, il re non brilla per intelligenza o prestanza fisica, ma è ambizioso, religioso e dedito ai piaceri. Facilmente manipolabile, si affida a consiglieri che perseguono interessi personali.L’impresa in Italia
Carlo VIII medita un’impresa gloriosa: una spedizione in Italia per rivendicare il Regno di Napoli, presentandola come preludio a una crociata contro i Turchi. Ottiene la neutralità di alcuni stati europei attraverso concessioni e cerca l’appoggio del Papa Alessandro VI, con cui intrattiene un rapporto ipocrita. Raduna un esercito eterogeneo di mercenari e nobili francesi, dotato di artiglieria potente. L’impresa è finanziata con difficoltà, ricorrendo a prestiti e requisizioni. L’esercito, indisciplinato, si sostiene attraverso saccheggi.L’avanzata e le conseguenze
L’avanzata in Italia è inizialmente facile, con poca resistenza militare, ma è segnata da disordine e ruberie. A Pisa, l’ingresso delle truppe francesi scatena una ribellione contro Firenze. A Roma, i soldati causano disagi e saccheggi. Il re ottiene la consegna del principe ottomano Djem e di Cesare Borgia come ostaggi, nonostante il Papa intrattenga rapporti segreti con il Sultano turco. L’arroganza francese e l’occupazione di Napoli provocano una reazione: gli stati italiani formano una Lega antifrancese.La ritirata e la battaglia di Fornovo
Durante la ritirata verso la Francia, l’esercito di Carlo VIII affronta le forze della Lega nella battaglia di Fornovo. Lo scontro è caotico; il re rischia la vita e perde gran parte del bottino, inclusi beni personali e il tesoro degli Aragonesi. Nonostante i francesi la presentino come una vittoria, è di fatto una fuga costosa.Il morbo e la morte di Carlo VIII
La campagna ha un’altra tragica conseguenza: la diffusione del “malfrancese” (sifilide), che si propaga rapidamente tra le truppe e la popolazione. Le forze francesi lasciate a Napoli soccombono alla malattia e agli attacchi delle forze spagnole e italiane. Tornato in Francia, Carlo VIII riprende una vita di piaceri, pur mantenendo l’idea di tornare in Italia. Muore improvvisamente a 28 anni, dopo aver sbattuto la testa in una loggia fatiscente del suo castello. La sua impresa, nata da sogni di gloria e mal consigliata, lascia un’Italia politicamente sconvolta e segnata da un nuovo morbo.Davvero la discesa di Carlo VIII in Italia fu solo la “folle corsa” di un re analfabeta mosso da “sogni di gloria” e mal consigliato?
Il capitolo offre una descrizione piuttosto netta e, per certi versi, liquidatoria della figura di Carlo VIII e delle motivazioni alla base della sua impresa italiana, presentandola quasi come il capriccio di un sovrano inadeguato e manipolabile. Questa interpretazione, pur efficace narrativamente, rischia di semplificare eccessivamente un evento storico complesso, ignorando le dinamiche politiche, economiche e strategiche più ampie che potevano spingere la monarchia francese verso l’espansione in Italia. Per ottenere una visione più completa e sfumata, sarebbe opportuno approfondire la storia politica della Francia di fine Quattrocento, le ambizioni territoriali della dinastia Valois e il contesto geopolitico europeo, consultando opere di storici che si sono occupati del Rinascimento italiano e delle guerre d’Italia, come quelle di Francesco Guicciardini o, per studi moderni, autori come Michael Mallett o Frederic Baumgartner.3. L’olio contaminato e la giustizia del Rinascimento
Negli ultimi anni del Quattrocento, una pratica diffusa per curare il malfrancese, una malattia con gravi manifestazioni cutanee, consisteva nel bagno nell’olio d’oliva. Questo metodo mirava a purificare e pulire la pelle malata attraverso l’immersione e la frizione in grandi giare o tinozze piene d’olio. L’olio usato, che raccoglieva impurità e detriti dalla pelle dei malati, veniva poi rivenduto per uso alimentare.Le ordinanze contro l’olio contaminato
A Venezia, nel settembre 1498, un’ordinanza dei Provveditori alla Sanità vietò la vendita di questo olio “triste e di pessima sorte”, stabilendo una multa di cinque ducati per i venditori. L’ordinanza incoraggiava la delazione, offrendo metà della multa come ricompensa a schiavi o schiave che denunciavano i trasgressori. Un episodio simile avvenne a Roma nell’aprile dello stesso anno, quando sei contadini permisero a persone malate di malfrancese di bagnarsi nel loro olio in cambio di denaro, per poi rivenderlo come olio genuino. La loro punizione consistette nel sequestro dell’olio, nella pubblica umiliazione con una mitra e nella fustigazione.Punizioni nel Rinascimento
Le pene per la vendita di olio contaminato, sebbene rappresentassero un rischio per la salute pubblica, apparivano relativamente lievi rispetto alla brutalità delle punizioni inflitte per altri reati nello stesso periodo. Documenti dell’epoca riportano supplizi estremamente severi per offese considerate gravi, come:- Relazioni tra ebrei e cristiane: Portavano a mutilazioni e condanne a morte brutali.
- Omosessualità: Era punita con pene estreme, spesso mortali.
- Crimini negli ospedali: Medici che derubavano e uccidevano i pazienti venivano puniti con severità.
Come poté un assassino condannato e autoproclamato ‘ciarlatano’ come Battista da Vercelli ascendere così rapidamente tra le élite fino a diventare lo strumento scelto in un complotto contro il Papa?
Il capitolo descrive l’incredibile percorso di Battista da Vercelli, da praticone di basso livello con un passato criminale a figura chiave in una congiura papale. Tuttavia, la rapidità e l’apparente facilità di questa ascesa, nonostante la sua dubbia reputazione e una condanna per omicidio, lasciano perplessi. Come riuscì un ‘ciarlatano’ a guadagnare la fiducia e l’accesso necessari per essere considerato un potenziale sostituto del chirurgo papale? Per esplorare questa apparente incongruenza, sarebbe fondamentale approfondire la storia sociale e politica del Rinascimento italiano, concentrandosi sul ruolo dei guaritori non convenzionali, sulle dinamiche di potere nelle corti e sulla permeabilità (o meno) dei circoli elitari a figure esterne. Studi sulla storia della medicina e sulla storia politica dell’Italia del Cinquecento, magari leggendo autori come John Henderson o Melissa Meriam Bullard, potrebbero offrire spunti cruciali per capire come un personaggio del genere potesse muoversi in quegli ambienti.6. Le Cure Illusorie del Mal Francese
Il mal francese, una malattia diffusa nel Cinquecento, colpì molti, inclusi artisti e letterati. Benvenuto Cellini contrasse la malattia, manifestando sintomi cutanei e oculari. Attribuì la sua guarigione iniziale all’uso del legno santo, un rimedio importato dalle Americhe. Nonostante la presunta guarigione, anni dopo Cellini fu colpito da una grave malattia con febbre alta, delirio e allucinazioni, sintomi che indicano un possibile coinvolgimento del sistema nervoso, una fase successiva della sifilide.Figure storiche e le loro esperienze
Diverse figure dell’epoca documentarono le loro sofferenze a causa del mal francese:- Francesco Maria Molza: Affetto dalla malattia, descrisse le sue difficoltà e i tentativi di cura.
- Francesco Tebaldi: Anche lui colpito, cercò rimedi per alleviare i sintomi.
- Niccolò Campani (Strascino): Pur lodando il legno santo, mostrò scetticismo sulla sua efficacia.
Il legno santo e il suo uso
Il legno santo, o guaiaco, divenne un trattamento popolare. Si credeva che, essendo originario delle stesse terre dove la malattia si era diffusa, contenesse il rimedio per volere divino. La cura prevedeva un regime rigoroso: purghe, clisteri, bagni, digiuni e l’assunzione dell’acqua ottenuta bollendo il legno. Questo trattamento era duro e debilitante.Nonostante la grande fiducia riposta nel legno santo da medici e pazienti, il rimedio non aveva alcun effetto curativo sulla sifilide. Le guarigioni o i miglioramenti percepiti erano probabilmente dovuti all’effetto placebo. I medici dell’epoca non riconobbero l’inefficacia del legno, mentre l’altro trattamento disponibile, il mercurio, era pericoloso e spesso letale, pur avendo una certa azione sulla malattia. Molti malati, Cellini incluso, sopportarono grandi sofferenze per cure che si rivelarono inutili.Se il legno santo era palesemente inutile e le sofferenze enormi, perché la fede in questa cura illusoria persistette così a lungo?
Il capitolo descrive efficacemente l’inefficacia del legno santo e le sofferenze patite, ma lascia aperta la questione di come una cura così palesemente fallimentare potesse mantenere una tale presa sulla popolazione e sui medici per un periodo così lungo, nonostante qualche voce scettica come quella di Campani. Per comprendere meglio questo fenomeno, sarebbe utile approfondire la storia della medicina pre-scientifica, la sociologia della credenza e l’antropologia medica. Autori che si occupano della storia delle epidemie e delle risposte sociali e mediche ad esse possono offrire prospettive illuminanti su come speranza, disperazione, autorità medica e assenza di metodi di verifica efficaci potessero perpetuare pratiche dannose.Abbiamo riassunto il possibile
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