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Informazioni
“Storia della storiografia romana” di Giuseppe Zecchini è un viaggio affascinante attraverso i secoli per scoprire come i Romani e gli altri popoli hanno raccontato la storia di Roma. Tutto inizia durante le guerre puniche, quando i primi storici romani come Quinto Fabio Pittore iniziano a scrivere in greco per spiegare Roma al mondo ellenistico. Poi arriva Catone, che sceglie il latino e mette al centro i valori italici. Vediamo come la storiografia si lega alle famiglie nobili, alla religione e alla politica, con autori che giustificano le guerre o criticano la decadenza. Figure come Polibio, un greco che analizza la costituzione romana, o Sallustio e Cesare, che raccontano le guerre civili da punti di vista diversi, mostrano quanto la scrittura storica fosse influenzata dagli eventi e dalle fazioni. Il libro esplora le diverse forme, dagli annali alle monografie, dalle biografie ai commentarii. Si guarda anche a come gli autori greci reagiscono all’ascesa di Roma, con ammirazione, critica o adattamento. Con l’età imperiale, la storiografia cambia ancora, affrontando la nuova realtà del potere centrale e l’emergere della storiografia cristiana con figure come Eusebio. Infine, nella tarda antichità, vediamo come storici pagani come Ammiano Marcellino e cristiani come Orosio interpretano un impero che sta cambiando, riflettendo le tensioni e le speranze di un mondo in trasformazione. È una storia complessa di come il passato è stato costruito e interpretato per capire il presente.Riassunto Breve
La storiografia romana nasce durante la Seconda Guerra Punica, spinta dall’esigenza di presentare Roma e le sue ragioni al mondo ellenistico, spesso in contrasto con le narrazioni greche favorevoli a Cartagine. Per questo, i primi storici romani scrivono in greco, la lingua della storiografia e di un vasto pubblico. L’interesse greco per Roma esiste già, con discussioni sulle sue origini e eventi importanti. La storiografia romana sviluppa caratteristiche proprie: l’influenza delle famiglie nobili che celebrano i propri antenati, e un forte legame tra religione e politica, interpretando gli eventi come favore divino per la pietà romana e giustificando le guerre (*bella iusta*). A differenza della storiografia greca più antica, i Romani scelgono di narrare l’intera storia dalle origini per legittimarsi. La documentazione più antica, persa nel sacco gallico del 386 a.C., viene ricostruita basandosi su leggende orali, memorie familiari, documenti pubblici come gli Annales maximi e i fasti, e adattando miti greci. Quinto Fabio Pittore è considerato il fondatore, scrivendo in greco e fissando le leggende fondative. Marco Porcio Catone è il primo a scrivere in latino con le *Origines*, focalizzandosi sui valori romano-italici, la virtù collettiva e criticando l’ellenizzazione e il lusso. Usa Erodoto come modello e inserisce le proprie orazioni. Polibio, storico greco, analizza il successo di Roma (220-168 a.C.) attribuendolo alla sua costituzione mista, scrivendo per un pubblico greco. Con l’espansione romana, crescono le preoccupazioni per la corruzione interna e il declino morale, legati all’aumento della ricchezza e alla fine del *metus hostilis*. La storiografia romana si diversifica, adottando definitivamente il latino e sviluppando monografie, storia contemporanea e biografie. Figure come Silla e Cesare scrivono *commentarii* per celebrare e giustificare le proprie imprese, influenzando profondamente la scrittura storica successiva. L’età augustea vede lo sviluppo della cronografia, dell’erudizione antiquaria e della biografia sistematica, accanto all’autobiografia imperiale (*Res gestae*). Livio scrive una storia monumentale dalle origini (*Ab Urbe condita*), focalizzata su modelli morali e valori romani, con una visione critica del Principato. Gli storici greci sotto l’impero reagiscono diversamente, alcuni opponendosi, altri adattandosi o integrando Roma nella storia universale (Diodoro, Strabone, Nicola). Il Principato pone nuove sfide alla storiografia latina, rendendo difficile l’accesso alle informazioni e portando a un declino nel II-III secolo d.C., con storici come Tacito che criticano il potere imperiale (*Annales*) e Svetonio che si concentra sulle biografie private degli imperatori. La storiografia greca continua (Giuseppe, Plutarco, Appiano, Cassio Dione). Nel III secolo emerge la storiografia cristiana, creando una nuova cronologia basata sulla Bibbia e focalizzandosi sulla storia della Chiesa (Eusebio), integrandola con l’impero sotto Costantino. La Tarda Antichità vede la continuazione di storiografia pagana (Ammiano Marcellino, *Historia Augusta*), che a volte lamenta il declino e critica il cristianesimo, e cristiana (Orosio), che interpreta la storia in chiave provvidenziale. La storiografia romana si distingue per autori non professionisti provenienti dalle élite, una funzione pedagogica etico-religiosa, l’attenzione al destino di Roma e alla decadenza morale. Termina quando si perde la convinzione che la storia di Roma coincida con la storia del mondo.Riassunto Lungo
1. Come Roma Iniziò a Scrivere la Sua Storia
Durante la Seconda Guerra Punica, Roma sentì il bisogno di raccontare la propria storia. L’obiettivo principale era farsi conoscere e spiegare le proprie ragioni al vasto pubblico di lingua greca. C’era anche la necessità di rispondere alle versioni dei fatti scritte dai Greci, che spesso favorivano Cartagine. Per questo motivo, i primi storici romani scelsero di scrivere in greco. Il greco non era solo la lingua più diffusa nel Mediterraneo orientale, ma era anche la lingua usata tradizionalmente per scrivere di storia.L’interesse greco per Roma
Già prima che i Romani iniziassero a scrivere la loro storia, i Greci mostravano interesse per Roma. Diversi storici greci avevano già discusso le origini di Roma, proponendo diverse teorie che la legavano a figure mitiche come gli eroi troiani o Eracle, o alle popolazioni etrusche. Avevano anche raccontato eventi importanti come il sacco di Roma da parte dei Galli. Figure come Timeo di Tauromenio furono particolarmente influenti. Timeo dedicò molto spazio alla storia romana nelle sue opere. Vedeva Roma come una forza protettrice per le città greche dell’Italia meridionale contro la crescente potenza di Cartagine. Questo interesse greco preesistente creò un terreno fertile per la nascita della storiografia romana in lingua greca.Le Storie delle Famiglie Nobili
La storiografia romana sviluppò caratteristiche uniche rispetto a quella greca. Una forte influenza proveniva dalle grandi famiglie nobili romane, le cosiddette gentes. Questo portava gli storici, spesso membri di queste stesse famiglie, a celebrare non solo la grandezza di Roma nel suo complesso, ma anche le imprese e la gloria dei propri antenati. Le gesta dei personaggi illustri del passato venivano messe in risalto per servire da esempio e legittimare il prestigio e il potere delle loro discendenze nel presente. La storia diventava così anche un modo per affermare il valore e il contributo delle singole stirpi alla fortuna della città.Religione, Politica e Giustizia Divina
Un altro aspetto fondamentale della storiografia romana era il legame profondo tra religione e politica. Gli storici romani credevano fermamente che il successo e la potenza di Roma fossero un segno del favore divino. Interpretavano gli eventi storici attraverso una lente religiosa, convinti che gli dei proteggessero Roma per la sua devozione e rispetto delle tradizioni religiose, la cosiddetta pietas. Sostenevano che le guerre combattute da Roma fossero sempre bella iusta, cioè guerre giuste e legittime, autorizzate dagli dei stessi. La prosperità di Roma dipendeva, secondo loro, dal mantenimento della benevolenza divina, la pax deorum. Questo concetto era strettamente legato al rispetto della lealtà (Fides), un valore romano fondamentale, contrapposto all’inganno attribuito ai Cartaginesi (fides Punica).Raccontare Roma dalle Origini
A differenza di molti storici greci più antichi che si concentravano sugli eventi a loro contemporanei, gli storici romani fecero una scelta diversa. Decisero di narrare l’intera storia di Roma, partendo dalle sue origini leggendarie. Questa scelta aveva uno scopo preciso: legittimare Roma di fronte al mondo ellenistico, dimostrando la sua lunga storia e superando l’immagine di una città giovane e “barbara”. Raccontare secoli di storia, tuttavia, presentava notevoli difficoltà. La documentazione per i periodi più antichi era scarsa e frammentaria, costringendo gli storici a basarsi su tradizioni orali, leggende e interpretazioni, rendendo la ricostruzione del passato remoto una sfida complessa.Quanto possiamo fidarci di una storia scritta per legittimare il potere delle élite e dimostrare il favore degli dèi?
Il capitolo descrive come la storiografia romana antica fosse profondamente influenzata dalle grandi famiglie nobili e strettamente legata a concetti religiosi e politici come la pietas e i bella iusta. Tuttavia, non affronta in modo critico le implicazioni di tali motivazioni sull’obiettività e l’accuratezza storica dei racconti. Una narrazione che ha lo scopo primario di celebrare le gesta degli antenati e giustificare il successo di Roma come segno del favore divino solleva interrogativi sulla sua affidabilità come resoconto neutrale del passato. Per valutare la storiografia romana è essenziale analizzare le fonti tenendo conto delle finalità politiche e sociali degli autori. Approfondire la storia della storiografia antica, la critica delle fonti e leggere studiosi moderni che hanno analizzato questi testi, come Arnaldo Momigliano, può fornire gli strumenti per distinguere tra fatto storico, interpretazione e funzione ideologica.2. Le Radici della Narrazione Romana
La documentazione più antica sulla storia di Roma andò perduta nell’incendio gallico del 386 a.C. Per ricostruire il passato, gli storici romani si basavano su vari materiali disponibili all’epoca. Esisteva un insieme di leggende tramandate a voce, che venivano spesso rappresentate in spettacoli pubblici come i Ludi Romani e le rappresentazioni teatrali chiamate fabulae praetextae. Le singole famiglie nobili conservavano i ricordi dei loro antenati attraverso racconti orali, immagini, iscrizioni sulle tombe e discorsi tenuti durante i funerali.Fonti Scritte e Pubbliche
Negli edifici pubblici e nei templi si potevano trovare documenti importanti, come trattati ufficiali e affreschi che raffiguravano eventi storici. I sacerdoti romani, i pontefici, tenevano registri accurati chiamati tabulae pontificum, dove annotavano eventi sacri e politici significativi. Queste annotazioni vennero poi raccolte in opere più ampie conosciute come Annales maximi. Esistevano anche liste ufficiali dei magistrati e dei generali che avevano celebrato un trionfo (chiamate fasti), ma la loro ricostruzione nel tempo era spesso incerta e non sempre completamente affidabile per gli storici.L’Influenza Greca
Queste fonti romane, sia orali che scritte, erano spesso incomplete o di difficile interpretazione. Per colmare le lacune e dare una forma più completa alla storia, i primi storici romani decisero di integrare i racconti romani con miti ed episodi tratti dalla cultura greca. Questo permise di collegare le origini di Roma al più ampio e conosciuto mondo ellenistico, inserendo la storia romana in un contesto narrativo già consolidato e prestigioso.Quinto Fabio Pittore, il Primo Storico
Quinto Fabio Pittore è considerato la figura che diede inizio alla storiografia romana vera e propria. Scelse di scrivere la sua opera in greco, una lingua che all’epoca era considerata più adatta per la narrazione storica e più diffusa nel Mediterraneo colto. La sua narrazione partiva dall’arrivo di eroi greci in Italia, affrontando poi le origini di Roma, la sua fondazione e gli eventi a lui contemporanei. Diede grande importanza alle leggende che riguardavano la nascita della città, contribuendo a fissarle in una versione che divenne poi quella ufficiale e più diffusa.Stile e Contenuti di Fabio Pittore
Fabio Pittore prestò molta attenzione alla cronologia degli eventi, utilizzando sia i sistemi di datazione greci che quelli romani e cercando di sincronizzare gli avvenimenti di Roma con la storia della Grecia. La sua opera mostrava un mix di elementi culturali: latini per i fatti romani, etruschi per le influenze vicine e greci per il quadro generale e le connessioni mitologiche. Non si limitò a narrare i fatti, ma affrontò anche temi sociali, per esempio criticando il lusso crescente a Roma. A volte, proiettava usi e costumi della sua epoca sull’età più antica, interpretando il passato alla luce del presente.Altri Storici e il Passaggio al Latino
Altri storici seguirono l’esempio di Fabio Pittore e scrissero le loro opere in greco. Tra questi, L. Cincio Alimento si distinse per il suo interesse verso le antichità romane, dedicando spazio a spiegare usi, costumi e termini antichi. Anche A. Postumio Albino e C. Acilio fecero parte di questa prima generazione di storici, spesso legati ad ambienti che apprezzavano la cultura greca. Talvolta, questi storici entrarono in polemica con autori come Catone il Censore, che invece sosteneva l’importanza della cultura e della lingua latina. La scelta iniziale di scrivere in greco rifletteva l’orientamento culturale del tempo, ma con la crescente potenza e diffusione di Roma, l’uso del latino divenne prevalente anche nella scrittura della sua storia.Ma se le fonti erano incomplete, orali, e integrate con miti greci, possiamo davvero considerare “storia” ciò che è stato ricostruito?
Il capitolo descrive con chiarezza le enormi difficoltà incontrate dagli storici romani nel ricostruire le origini della città dopo la perdita della documentazione più antica. La dipendenza da leggende orali, ricordi familiari e l’integrazione di elementi greci per “colmare le lacune” sollevano interrogativi fondamentali sulla natura di questa narrazione. Non si tratta forse più di una costruzione identitaria, influenzata dal presente degli storici e dalle esigenze politiche o culturali del loro tempo, piuttosto che di una fedele cronaca dei fatti? Per approfondire questa cruciale distinzione tra mito, leggenda e storiografia antica, e per comprendere i metodi critici con cui gli studiosi moderni affrontano queste fonti, è utile esplorare il lavoro di autori come Arnaldo Momigliano o Tim Cornell, che hanno analizzato a fondo la storiografia romana arcaica e le sue problematiche.3. La Storia di Roma e l’Anima Italica
Marco Porcio Catone è il primo a raccontare la storia di Roma scrivendo in latino. La sua opera più importante si chiama Origines, ed è composta da sette libri. In questi libri, Catone narra gli eventi di Roma dalle sue origini fino all’anno 150 avanti Cristo. Catone era un uomo nuovo nella politica romana, non proveniva da una famiglia nobile, e si opponeva fortemente all’influenza della cultura greca. Il suo obiettivo era mantenere vivi i valori tradizionali di Roma e dell’Italia.La struttura dell’opera
Le Origines sono divise in tre parti principali. I primi tre libri parlano delle origini di Roma e delle altre città d’Italia. I libri quarto e quinto raccontano le guerre contro Cartagine, chiamate guerre puniche. Gli ultimi due libri descrivono la storia più recente, quella che Catone viveva ai suoi tempi. Catone accetta l’idea che Roma sia nata dai Troiani e che gli abitanti più antichi dell’Italia, gli Aborigeni, avessero origini greche. Tuttavia, ritiene che l’influenza greca sulle leggi e sulle usanze romane sia stata minima.I valori italici e la forza di Roma
Catone mette in risalto l’importanza dei valori legati alla morale e alla religione, che erano comuni a tutte le città d’Italia. Secondo lui, questi valori hanno aiutato l’Italia a unirsi sotto il dominio di Roma. I libri secondo e terzo sono particolarmente importanti perché descrivono l’Italia e i suoi costumi, visti da Catone come la vera base della forza di Roma.Lo stile narrativo: il valore del popolo
Quando racconta le guerre, Catone sceglie spesso di non fare i nomi dei comandanti, usando espressioni generali come “il generale cartaginese” o “il capo dei soldati”. Questa scelta è una critica implicita al modo di scrivere la storia dei Greci, che davano molta importanza all’eroe singolo e all’individuo. Catone, invece, vuole celebrare le qualità e il coraggio di tutto il popolo romano, a cui attribuisce il merito di aver reso Roma potente. Per questo motivo, critica anche altri scrittori romani, come Ennio, che esaltavano le singole persone.Le orazioni di Catone nel testo
Nelle Origines, Catone inserisce anche i testi dei discorsi che aveva pronunciato. Questo era un modo nuovo e originale di scrivere la storia, diverso da come facevano i Greci. Inserire le sue orazioni gli serviva per conservare e far conoscere il suo pensiero sulla politica e sulla morale.Le preoccupazioni per il futuro di Roma
Negli ultimi libri, Catone mostra preoccupazione per come Roma stava gestendo il suo grande potere. Avverte che l’orgoglio eccessivo e la voglia di ricchezza, non più limitati dalla paura di nemici forti, potevano portare all’odio degli altri popoli e a ribellioni.Il modello storico e l’eredità
Catone prende come riferimento lo storico greco Erodoto. Questo si vede nel modo in cui descrive i popoli e i loro usi, e nella struttura generale dell’opera. Come Erodoto descrive l’impero persiano per spiegare perché i Greci hanno vinto, Catone descrive la forza dell’Italia per spiegare la vittoria di Roma. Le Origines presentano il dominio di Roma come voluto dagli dei e basato sul rispetto delle tradizioni e sulle virtù del popolo. L’opera di Catone fu molto apprezzata e influenzò molti scrittori successivi.Ma questa “dissoluzione dell’unità culturale” e l’emergere di “voci locali” è davvero un quadro così netto, o il capitolo trascura le persistenze e le complessità?
Il capitolo presenta il V secolo come un momento di rottura netta, con l’unità culturale che si scioglie e le voci locali che prendono il sopravvento. Tuttavia, la permanenza di tentativi di storie universali, come quella di Orosio, e il riutilizzo di concetti “universali” come la translatio imperii anche nelle storie locali, suggeriscono un processo più sfumato, fatto di adattamenti e continuità oltre che di frammentazione. Per cogliere appieno questa complessità, si dovrebbe approfondire la storia intellettuale del periodo, esaminando come le tradizioni storiografiche classiche e cristiane interagirono con le nuove realtà locali. Approfondire autori come Agostino può fornire un contesto cruciale per capire il panorama culturale in cui operavano gli storici del V secolo.24. Cronisti al Tramonto di Roma
Durante il regno di Teoderico l’Ostrogoto in Italia, un periodo che va dal 489/493 al 526, la storiografia latina visse un momento di ripresa. In questo tempo, autori come Eugippio, un anonimo scrittore, Simmaco e Cassiodoro crearono opere importanti. Questa attività storiografica continuò nell’Occidente latino fino all’epoca di Teoderico, diversamente da quella greca che proseguì nell’Oriente bizantino.La natura della storiografia romana in quest’epoca
La storiografia romana di quel tempo si distingueva perché non era opera di storici di professione. Gli autori provenivano dalle classi dirigenti, come senatori, funzionari e vescovi. Essi credevano che la storia avesse una funzione educativa, vista in un senso morale e religioso, strettamente legata al destino di Roma e al suo rapporto con le divinità. Tra i temi che tornavano spesso nelle loro opere c’erano la decadenza morale e l’idea che Roma fosse eterna, capace di rinascere. La diffusione del cristianesimo nella storiografia avvenne in modo naturale, senza grandi rotture, grazie a un sentimento religioso già presente.Le voci dei cronisti
Tra questi autori, Eugippio scrisse la Vita di S. Severino nel 511. Quest’opera, legata alla nobile famiglia degli Anici, contiene una frase che rivela la consapevolezza che l’Impero Romano stesse giungendo al termine. L’Anonimo Valesiano, nella sua seconda parte (pars posterior), strutturò il suo racconto in tre sezioni: una storia dei sovrani, un elogio del buon governo di Teoderico fino al 523, e poi un resoconto degli ultimi anni del suo regno, segnati da eventi tragici come la persecuzione dei cattolici e la morte di Boezio. Questa divisione tra un periodo positivo e uno negativo nel regno di Teoderico mostra un punto di vista cattolico. Si pensa che questo testo possa essere stato scritto da una persona esiliata a Costantinopoli intorno al 540. Simmaco, anch’egli membro della famiglia Anicia, compose una Historia Romana in 7 libri, prendendo spunto da Catone e da opere precedenti. Quest’opera, scritta intorno al 519, forse durante un viaggio a Costantinopoli, esprimeva la speranza di una riunificazione dell’Italia con l’Impero d’Oriente.Cassiodoro e l’integrazione dei Goti
Cassiodoro, che ricoprì importanti incarichi a corte, scrisse un Chronicon nel 519 e una Historia Gothorum tra il 526 e il 533. Il suo intento era quello di inserire la storia dei Goti all’interno della storia di Roma, presentando il regno di Teoderico come una continuazione del passato romano. Purtroppo, la Historia Gothorum è andata perduta, ma ne conosciamo in parte il contenuto grazie al riassunto fatto da Giordane nella sua opera Getica. Il lavoro di Cassiodoro divenne un punto di riferimento per le storie dedicate ai diversi popoli nei regni romano-barbarici che vennero scritte in seguito.La fine di una tradizione
La storiografia romana giunse al suo termine quando venne meno la convinzione che la storia di Roma fosse la stessa cosa della storia del mondo intero, un’idea che era stata espressa in modo chiaro da Agostino.Ma è davvero così semplice la fine di una tradizione storiografica millenaria, ridotta alla perdita di un’idea e attribuita quasi esclusivamente a un autore come Agostino?
Il capitolo presenta la fine della storiografia romana come un evento quasi netto, legato al venir meno di una specifica convinzione, citando Agostino come punto di riferimento. Questa visione, pur contenendo un elemento di verità, rischia di semplificare eccessivamente un processo storico complesso e sfaccettato. La transizione dalla storiografia tardoantica a quella altomedievale fu influenzata da una miriade di fattori, tra cui i profondi cambiamenti politici, sociali ed economici seguiti alla caduta dell’Impero d’Occidente, l’emergere di nuovi regni romano-barbarici con proprie identità e necessità narrative, e l’evoluzione interna del pensiero cristiano stesso, che andava oltre la pur fondamentale opera di Agostino. Per comprendere appieno questo passaggio epocale, è necessario approfondire la storia tardoantica e altomedievale, esplorare la storiografia cristiana nelle sue diverse manifestazioni regionali e temporali, e considerare il contesto specifico in cui operarono autori come Giordane, Gregorio di Tours o Beda il Venerabile, che rappresentano nuove forme di narrazione storica emerse in questo periodo.Abbiamo riassunto il possibile
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