Storia

Storia del Terzo Reich

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1. Dalle Origini all’Assalto Fallito

Adolf Hitler nasce in Austria nel 1889. La sua giovinezza è segnata da un forte conflitto con il padre, che desidera per lui una carriera statale, mentre lui sogna di dedicarsi all’arte. Abbandona la scuola con risultati scarsi. A Vienna, trascorre anni difficili, vivendo in miseria. Fallisce l’ammissione all’Accademia di Belle Arti e non riesce a trovare un impiego stabile. È in questo periodo che iniziano a prendere forma le sue idee politiche, caratterizzate da un acceso nazionalismo tedesco, dall’odio per l’Impero Asburgico e da un forte antisemitismo. Studia attentamente i partiti politici presenti a Vienna, imparando l’importanza cruciale della propaganda e dell’oratoria per influenzare le masse. Comprende anche il ruolo del “terrore spirituale e fisico” come strumento di mobilitazione.

La Prima Guerra Mondiale e il Risveglio Politico

La Prima Guerra Mondiale rappresenta un momento di svolta fondamentale nella vita di Hitler. Durante il conflitto, serve nell’esercito tedesco e dimostra coraggio. Tuttavia, la sconfitta della Germania nel 1918 non viene percepita da lui come una vera disfatta militare. Al contrario, la considera un tradimento interno, alimentando quella che diventerà nota come la “leggenda della pugnalata alla schiena”. Questa convinzione scatena il suo odio verso i “criminali di novembre”, coloro che hanno firmato l’armistizio e successivamente fondato la Repubblica di Weimar. È a questo punto che decide di dedicare la sua vita all’attività politica.

La Nascita del Partito Nazista

Nel caos del dopoguerra, a Monaco, entra a far parte di un piccolo gruppo: il Partito dei Lavoratori Tedeschi. Qui, emerge subito il suo talento eccezionale come oratore e le sue notevoli capacità organizzative. Prende rapidamente il controllo del partito, imponendo con forza il “principio dell’autorità del Führer”. Il movimento viene rinominato Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi, conosciuto con l’acronimo NSDAP. Per intimidire gli avversari politici e dimostrare la forza del partito, vengono create le squadre d’assalto, le SA. Hitler introduce anche simboli potenti, come la svastica, per dare al movimento un’identità visiva forte e riconoscibile.

La Crisi di Weimar e il Putsch Fallito

La Repubblica di Weimar, sorta dopo la guerra, si trova fin dall’inizio in una situazione di estrema fragilità. È costantemente minacciata sia dalle forze politiche di destra che da quelle di sinistra. Il Trattato di Versailles, imposto dalle potenze vincitrici, è visto dalla popolazione tedesca come un’umiliazione nazionale inaccettabile. L’economia è instabile e nel 1923 il paese è colpito da una devastante iperinflazione. Questa crisi economica, aggravata dall’occupazione francese della Ruhr, distrugge i risparmi di milioni di tedeschi e mina la fiducia nel governo democratico. Hitler vede in questa profonda crisi un’opportunità unica per il suo partito. Cerca di sfruttare il diffuso malcontento per unire le diverse forze nazionaliste presenti in Baviera. Il suo obiettivo è organizzare una marcia su Berlino, ispirandosi alla Marcia su Roma di Mussolini. L’8 novembre 1923, tenta un colpo di stato a Monaco, noto come il Putsch della birreria. Cerca di costringere i leader bavaresi Kahr, Lossow e Seisser a unirsi alla sua azione. Tuttavia, il tentativo fallisce il giorno successivo in uno scontro a fuoco con la polizia. Nonostante l’arresto e il fallimento del Putsch, il processo che ne segue si rivela per Hitler una straordinaria tribuna. Gli offre una piattaforma nazionale per diffondere le sue idee e aumentare enormemente la sua notorietà in tutta la Germania.

La Conquista del Potere nel 1933

Dopo il fallimento del Putsch e un periodo di riorganizzazione del partito, la strada verso il potere si riapre per Hitler. Nel gennaio 1933, la situazione politica a Berlino è estremamente tesa. Il cancelliere Heinrich von Schleicher viene rimosso dal suo incarico per volere del presidente Paul von Hindenburg. Adolf Hitler, il cui partito nazionalsocialista è ormai diventato la forza politica più influente del paese, chiede con insistenza di essere nominato cancelliere. Nonostante le voci di possibili azioni illegali, Hitler negozia segretamente un accordo. Stringe un patto per formare un governo di coalizione con le forze conservatrici. Il suo scopo reale è utilizzare questa posizione per smantellare la democrazia. Il presidente Hindenburg, inizialmente contrario alla nomina di Hitler, cede infine alle pressioni. Viene influenzato dal figlio e dalla sua cerchia ristretta. Il 30 gennaio 1933, Adolf Hitler presta giuramento e assume ufficialmente la carica di cancelliere della Germania. La sera stessa, una grande e scenografica parata celebra l’evento. Truppe d’assalto naziste marciano per le strade con le torce, simboleggiando l’inizio di quella che per loro è una nuova era per la nazione.

Il capitolo non spiega perché l’establishment conservatore ha consegnato il potere a Hitler nel 1933?
Il capitolo descrive efficacemente la crisi della Repubblica di Weimar e l’abilità di Hitler nel sfruttarla, ma la narrazione della sua ascesa al potere nel gennaio 1933 appare un po’ sbrigativa. Non viene sufficientemente approfondito il ruolo cruciale e le motivazioni dell’élite conservatrice (politici, militari, industriali) che, pur diffidando di Hitler, decise di nominarlo cancelliere, credendo erroneamente di poterlo controllare. Questa decisione non fu un esito inevitabile, ma il risultato di specifiche manovre politiche, accordi segreti e fatali errori di valutazione da parte di chi deteneva il potere tradizionale. Per comprendere appieno questo passaggio fondamentale, è utile approfondire la storia politica della Repubblica di Weimar e le dinamiche che portarono alla sua fine, studiando autori come Karl Dietrich Bracher o Ian Kershaw.


2. Le radici del Reich razziale

La visione di Adolf Hitler, esposta in Mein Kampf, si concentra sulla creazione di un nuovo Stato basato sull’idea di razza. Questo Stato ideale, chiamato Volksstaat, mette al centro la purezza della razza ariana, considerata superiore, e relega altre razze, come ebrei e slavi, a una posizione inferiore. Il principio di governo di questo Stato è il Führerprinzip, che rifiuta la democrazia parlamentare per affidare l’autorità assoluta a un unico capo. Un obiettivo cruciale di questa visione è l’espansione territoriale verso est, definita Lebensraum, per garantire alla Germania lo “spazio vitale” necessario, principalmente a spese della Russia.

Le origini dell’ideologia

Questa ideologia non nasce isolata, ma affonda le sue radici in una visione del mondo che vede la vita come una lotta costante, dove solo i più forti sono destinati a sopravvivere e a dominare. Tali idee si collegano profondamente a elementi della storia tedesca, come la lunga mancanza di unità politica e la forte tradizione del militarismo prussiano. Inoltre, trovano terreno fertile nel pensiero di diversi intellettuali: filosofi come Fichte, Hegel e Nietzsche avevano già promosso concetti legati alla superiorità nazionale, al potere assoluto dello Stato e alla volontà di dominio. Anche teorici razziali come Gobineau e Chamberlain contribuirono a diffondere l’idea di una razza tedesca superiore, destinata a guidare il mondo.

La strategia politica e l’influenza di Mein Kampf

Dopo il fallimento del putsch nel 1923, Hitler modificò la sua strategia per ottenere il potere, scegliendo di puntare alle vie legali, ma senza mai abbandonare gli obiettivi fondamentali delineati nel suo libro. Mein Kampf, che inizialmente non ebbe una vasta diffusione, divenne un testo di enorme successo dopo il 1933, una volta che il regime nazista salì al potere. Il libro servì da base ideologica per tutte le azioni future del regime, diventando un punto di riferimento essenziale per comprendere le motivazioni e gli scopi che guidarono la Germania nazista.

Il capitolo elenca influenze, ma come si passa da queste idee filosofiche e razziali a un programma politico di sterminio?
Il capitolo identifica correttamente le radici intellettuali e storiche dell’ideologia nazista, citando filosofi e teorici razziali. Tuttavia, la semplice menzione di questi predecessori non spiega completamente il complesso processo attraverso cui idee astratte o parziali sono state selezionate, distorte e trasformate in un programma politico radicale e violento, capace di mobilitare una nazione. Manca un approfondimento sul meccanismo di radicalizzazione ideologica e sulla ricezione di queste idee nel contesto sociale e politico specifico della Germania post-bellica. Per colmare questa lacuna, sarebbe utile esplorare la storia del movimento völkisch, il ruolo della propaganda e la sociologia dei movimenti di massa. Autori come George Mosse e Ian Kershaw offrono prospettive fondamentali su questi processi.


3. La Repubblica Fragile e l’Ascesa Nazista

Dopo il fallito colpo di stato del 1923, il movimento nazista cambiò strategia per ottenere il potere con mezzi legali. Hitler ricostruì il partito, trasformandolo in una struttura fortemente centralizzata che funzionava quasi come uno stato parallelo. Creò organizzazioni dedicate a diverse fasce della popolazione e potenziò le forze paramilitari, come le SA e le SS. Nonostante un divieto che gli impediva di parlare in pubblico, l’organizzazione nazista riuscì a crescere, sebbene lentamente.L’Impatto dell’Economia

Tra il 1925 e il 1929, la Germania visse un periodo di prosperità economica, sostenuta principalmente da prestiti provenienti dall’estero. Questa fase di relativa stabilità non favorì la crescita del partito nazista, che faticava a trovare consensi in un clima di benessere. Tuttavia, la situazione cambiò radicalmente con l’arrivo della crisi economica mondiale nel 1929. La disoccupazione crebbe a dismisura e la miseria si diffuse in tutto il paese, creando un terreno fertile per la propaganda nazista, che prometteva soluzioni semplici e immediate ai problemi della gente, come lavoro e cibo per tutti, insieme alla promessa di una Germania di nuovo forte e orgogliosa.

Successi Elettorali e Nuove Alleanze

Nelle elezioni del settembre 1930, il partito nazista ottenne un successo straordinario, aumentando i propri seggi nel Reichstag da 12 a 107. Questo risultato attirò l’attenzione di settori importanti della società tedesca, in particolare l’esercito e gli industriali. Figure influenti, come il generale Schleicher e grandi industriali come Thyssen, iniziarono a vedere nei nazisti un possibile alleato contro la minaccia percepita del comunismo. Cominciarono così a intessere rapporti con Hitler, pensando di poterlo strumentalizzare per i propri obiettivi politici o economici, aprendo di fatto le porte del potere a un movimento estremista.

La Crisi della Repubblica di Weimar

La Repubblica di Weimar entrò in una fase di profonda instabilità politica, caratterizzata da governi deboli che non riuscivano a ottenere una maggioranza parlamentare stabile. Questi governi si trovarono costretti a reggersi sull’uso frequente di decreti presidenziali per poter prendere decisioni, bypassando di fatto il normale processo legislativo. In questo contesto di fragilità, figure come il generale Schleicher iniziarono a manovrare dietro le quinte per indebolire i cancellieri in carica, come Brüning, e ministri influenti come Groener. L’obiettivo era spianare la strada alla formazione di governi più autoritari, che non dipendessero più dal sostegno della maggioranza in parlamento.

Il Percorso verso il Potere tra Elezioni e Intrighi

La tensione politica culminò nelle elezioni presidenziali del 1932, dove Hitler si candidò contro il rispettato maresciallo Hindenburg, ottenendo un numero elevato di voti pur venendo sconfitto. Le successive elezioni per il Reichstag, tenutesi nel luglio 1932, videro i nazisti affermarsi come il primo partito, conquistando 230 seggi, ma senza raggiungere la maggioranza assoluta necessaria per governare da soli. Hitler rivendicò con forza la carica di cancelliere, ma Hindenburg gliela negò, nutrendo diffidenza verso la sua intolleranza e la violenza del suo movimento. Il cancelliere von Papen, nominato da Schleicher, tentò di gestire la situazione sciogliendo il Reichstag e revocando il divieto imposto alle SA, una mossa che portò a un’ulteriore escalation della violenza politica nelle strade. Nelle elezioni anticipate di novembre 1932, i nazisti subirono una leggera flessione nei voti, ma la Repubblica rimase paralizzata dall’incapacità dei partiti di formare una coalizione di governo stabile. La situazione politica continuò a essere dominata dagli intrighi e dalle manovre tra Hindenburg, Schleicher e Papen i quali, nel tentativo di controllare Hitler e usare il suo movimento per i propri fini, finirono involontariamente per facilitare la sua definitiva ascesa al potere.



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Se la repressione fu così brutale, non è forse che la ‘mancanza di supporto diffuso’ citata come causa principale del fallimento fosse in realtà una conseguenza diretta della paura e del terrore imposti dal regime?
Il capitolo identifica la mancanza di supporto come causa primaria del fallimento del complotto, ma la descrizione della successiva e spietata repressione solleva un dubbio: quanto la capacità del regime di terrorizzare e annientare ogni forma di dissenso abbia di fatto impedito la formazione di quel supporto diffuso? Per approfondire questa complessa relazione causa-effetto e comprendere meglio le dinamiche del consenso (o della sua assenza forzata) nei regimi totalitari, è utile studiare la storia del Terzo Reich concentrandosi sul funzionamento del suo apparato repressivo, magari consultando opere di storici come Richard J. Evans o Peter Longerich.


20. La Fine nel Bunker

Nell’estate del 1944, le truppe alleate avanzano con forza su tutti i fronti. A est, l’Armata Rossa raggiunge i confini della Prussia orientale e il fiume Vistola, riuscendo a conquistare la Romania e la Finlandia. Contemporaneamente, a ovest, gli Alleati liberano rapidamente la Francia e il Belgio. Le armate tedesche subiscono perdite enormi in questa fase, con centinaia di migliaia di soldati fatti prigionieri e la distruzione di gran parte dell’equipaggiamento militare. Di fronte a questa situazione disastrosa, i generali tedeschi iniziano a considerare la guerra ormai persa.

La negazione della realtà

Nonostante le prove schiaccianti del disastro, Hitler rifiuta di accettare la realtà della sconfitta. Crede fermamente in un cambiamento improvviso del destino o nella possibilità che sorgano contrasti insanabili tra gli Alleati. Per cercare di invertire la situazione, ordina una mobilitazione totale, chiamando alle armi giovani e anziani, anche se per ragioni ideologiche si rifiuta di impiegare le donne nelle fabbriche. Questa pressione crescente porta a un aumento dei disertori, contro i quali vengono prese misure molto dure e repressive.

L’ultima offensiva: le Ardenne

A dicembre 1944, in un tentativo disperato, Hitler lancia una grande offensiva nella regione delle Ardenne. Questa mossa rischiosa viene tentata nonostante le scarse risorse rimaste e il parere contrario dei suoi comandanti. Il piano ambizioso punta a dividere le forze alleate e a raggiungere il porto di Anversa. L’attacco iniziale coglie di sorpresa gli Alleati, ma si blocca a causa della mancanza di carburante, della forte resistenza americana, specialmente nella città di Bastogne, e dell’intervento decisivo dell’aviazione alleata. L’offensiva fallisce completamente a gennaio 1945, esaurendo le ultime riserve militari tedesche.

Il crollo sul fronte orientale

A gennaio 1945, mentre l’offensiva nelle Ardenne fallisce, i russi scatenano un attacco enorme sul fronte orientale. I generali tedeschi avvertono del pericolo e della possibile perdita di regioni industriali cruciali come la Slesia, ma Hitler ignora i loro allarmi. Rifiuta di spostare truppe dal fronte occidentale e accusa i suoi comandanti di non essere leali. L’avanzata russa non può essere fermata, raggiungendo rapidamente il fiume Oder, molto vicino a Berlino. La perdita della Slesia, in particolare, danneggia gravemente la capacità della Germania di produrre armi.

La caduta del fronte occidentale e il bunker

A marzo 1945, anche sul fronte occidentale le cose precipitano: gli Alleati riescono ad attraversare il fiume Reno, che rappresentava l’ultima difesa naturale. Le linee tedesche si spezzano definitivamente. Nel frattempo, Hitler si è ritirato nel suo bunker a Berlino, sempre più solo e visibilmente debilitato. Da lì, emette ordini drastici, come la distruzione completa di tutte le infrastrutture tedesche, convinto che il popolo non meriti di sopravvivere alla sconfitta. Il ministro degli Armamenti, Albert Speer, cerca invece di impedire che questi ordini vengano eseguiti.

Gli ultimi giorni nel bunker

Mentre l’Armata Rossa si avvicina sempre più a Berlino negli ultimi giorni di aprile, la situazione nel bunker diventa caotica. Alcuni dei più stretti collaboratori di Hitler, come Göring e Himmler, tentano mosse disperate. Cercano di mettersi in contatto con gli Alleati per negoziare o di assumere il potere, ma i loro piani vengono scoperti. Hitler li accusa immediatamente di tradimento. Fegelein, che era il rappresentante di Himmler nel bunker, viene arrestato e fucilato sul posto.

La fine del Terzo Reich

Il 29 aprile, nel bunker assediato, Hitler sposa Eva Braun. Subito dopo, detta i suoi testamenti, in cui attribuisce la colpa della sconfitta agli ebrei e ai presunti traditori, e nomina l’ammiraglio Doenitz come suo successore. Il giorno seguente, il 30 aprile, dopo aver saputo della morte di Mussolini, Hitler ed Eva Braun si tolgono la vita nel bunker. I loro corpi vengono portati fuori e bruciati. Anche Joseph Goebbels, con sua moglie, sceglie di morire, avvelenando prima i propri figli e poi suicidandosi. Martin Bormann tenta la fuga da Berlino, ma si ritiene che sia morto durante il tentativo. L’ammiraglio Doenitz assume la guida di un governo di brevissima durata con sede a Flensburg. Il 7 maggio 1945, la Germania firma la resa incondizionata, mettendo fine alla guerra in Europa e all’esistenza del Terzo Reich. I principali leader nazisti che sono sopravvissuti vengono in seguito processati nel Tribunale di Norimberga.

Ma davvero la fine di un impero si riduce alla semplice “negazione della realtà” di un solo uomo?
Il capitolo descrive efficacemente il disastro militare e la reazione di Hitler, ma forse semplifica eccessivamente le cause profonde del crollo. La “negazione della realtà”, per quanto evidente, non può essere l’unica chiave di lettura. Per comprendere appieno come un regime apparentemente potente si sia disintegrato, è necessario considerare fattori strutturali, le dinamiche interne del potere nazista, l’impatto delle scelte strategiche sbagliate prese ben prima della fase finale, e le forze schiaccianti messe in campo dagli Alleati. Approfondire la storia militare, la psicologia del potere e la storia sociale della Germania nazista, magari attraverso gli studi di autori come Ian Kershaw o Joachim Fest, può offrire una prospettiva più articolata.

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