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Informazioni
“Storia criminale del genere umano. Storia mondiale dell’omicidio, del terrorismo e della rapina a mano armata” di Colin Wilson non è solo una cronaca di fatti cruenti, ma un viaggio affascinante nella psicologia criminale e nell’evoluzione del crimine attraverso la storia mondiale. Il libro esplora come la violenza umana sia cambiata dai bisogni primari a quelli di stima e autorealizzazione, analizzando il ruolo dell’ego, della dominanza e di una percezione distorta della realtà. Attraverso secoli e continenti, da Roma antica al Medioevo, dall’ascesa dell’Islam all’Impero Mongolo, dalla Rivoluzione Francese ai crimini vittoriani, Wilson collega eventi storici e comportamenti individuali. Vengono esaminati fenomeni come il crimine organizzato, dalla Mafia alla Banda della Magliana in Italia, il terrorismo politico, l’emergere dei serial killer e i moderni delitti di prossimità. Non è un semplice elenco di omicidi o rapine, ma un tentativo di capire le radici profonde della violenza, la ricerca di potere e la disconnessione dalla realtà che spingono l’uomo a superare i limiti, offrendo una prospettiva unica sulla storia criminale del genere umano.Riassunto Breve
La natura del crimine cambia nel tempo e tra le culture, evolvendosi dai bisogni primari di sopravvivenza a quelli più complessi di stima e autorealizzazione. Negli anni recenti, emerge il crimine apparentemente senza movente, spesso legato al desiderio di fama o unicità, riflettendo un bisogno umano fondamentale di sentirsi importanti. Questa spinta all’eroismo, se frustrata, può manifestarsi in modi distorti, come il crimine per ottenere riconoscimento o affermare il proprio valore. La gerarchia dei bisogni umani suggerisce che i motivi del crimine si sono spostati verso l’alto. Nelle coppie criminali si osserva spesso una dinamica di dominanza. L’atto criminale implica uno stato di “astrazione”, una disconnessione dalla realtà dove la vittima perde umanità, legato al concetto dell'”Uomo Giusto” che usa la rabbia per auto-giustificarsi e decide di perdere il controllo. Lo stress e la sovrappopolazione aumentano la tensione, ma il crimine è una scelta di abbandonare il controllo, una scorciatoia per ottenere un senso di potere o rilascio, dove l’emozione prevale sulla ragione. La crudeltà spesso deriva da indifferenza o obbedienza, non da sadismo innato. La criminalità si lega alla presenza di individui a forte dominanza che non trovano sbocchi convenzionali, generando frustrazione e un senso di ingiustizia che porta a cercare scorciatoie violente. Il comportamento criminale deriva da una logica distorta dove le emozioni prevalgono sulla realtà; un senso di essere trattati ingiustamente può portare a una “decisione di perdere il controllo” e a un comportamento autodistruttivo. Questa mentalità negativa crea un “blocco” nella percezione, rendendo l’individuo cieco alle alternative positive, uno stato simile all’ipnosi. La riabilitazione è possibile modificando questi atteggiamenti negativi e aiutando l’individuo a riacquistare un senso di controllo e una percezione più completa della realtà. Dal punto di vista evolutivo, la violenza umana manca di inibizioni innate, plasmata da fattori come la vita in città e le dispute territoriali. La criminalità moderna appare legata a egoismo, immaturità e una percezione distorta della realtà, spesso con una componente sessuale, manifestandosi come una scelta dell’opzione più facile per un successo immediato. Il crimine è legato al senso di identità individuale e all’affermazione dell’ego, una caratteristica assente negli animali. Una teoria suggerisce che in passato l’uomo avesse una “mente bicamerale”, guidata da “voci”, evolvendosi poi nella consapevolezza di sé. Il cervello umano è diviso in due emisferi, e la consapevolezza moderna implica una “desincronizzazione” che può causare noia e un senso di irrealtà. La noia spinge a cercare stimoli, a volte attraverso azioni estreme o proibite. Il crimine diventa una “scorciatoia” per ottenere ciò che si desidera o per riaffermare la realtà, spesso alimentato dal risentimento verso l’autorità. Tuttavia, questo approccio basato sulla forza e l’ossessione porta all’autodistruzione o al declino. Il crimine è l’aspetto negativo dell’energia focalizzata resa possibile dalla consapevolezza umana. La storia di Roma mostra come la natura umana, liberata dalle necessità dalla ricchezza e dal potere, tenda alla corruzione e a una forma di infantilismo, portando a violenza politica e decadenza. La caduta dell’impero è una conseguenza diretta di questa decadenza interna e dell’incapacità dei leader di gestire il potere oltre la gratificazione personale. Il millennio intorno al 500 a.C. presenta civiltà diverse e un’evoluzione umana accelerata, spinta dai problemi di sopravvivenza, sviluppando aggressività e pensiero astratto. La mente umana, divisa, cerca costantemente sfide, portando al conflitto. L’uomo necessita di uno scopo a lungo termine per non cadere nella mediocrità o nella distruttività. La ricerca di questo scopo si manifesta in figure religiose come Maometto, la cui fede diventa motore di conquista, sebbene l’Islam sia poi dilaniato da divisioni interne e violenza per il potere. In Europa, la caduta dell’Impero Romano porta a regni instabili e feudalesimo, con la Chiesa che acquisisce potere temporale e nuove invasioni che causano caos. Le Crociate, sebbene brutali, aumentano i contatti con l’Oriente. La setta degli Assassini utilizza l’omicidio politico, dimostrando come l’ego e il fanatismo possano pervertire ideali. Nonostante il caos, il periodo vede importanti innovazioni tecnologiche. Le conquiste mongole rappresentano un’ondata di distruzione guidata dalla sete di potere. La sottomissione degli Assassini e la distruzione di Baghdad segnano la fine di antichi poteri. Eventi come la carestia e la Morte Nera scuotono la staticità medievale, minando l’autorità della Chiesa e stimolando nuove idee. In Italia, la Chiesa si focalizza sul potere temporale e la ricchezza, coinvolta in intrighi e violenza. L’espansione ottomana spinge gli europei a cercare nuove rotte marittime, portando alle grandi esplorazioni. L’invenzione della stampa rivoluziona la diffusione delle idee, sfidando il monopolio della Chiesa e innescando la Riforma Protestante, un movimento che, nonostante le divisioni, ottiene riconoscimento e scatena conflitti violenti. Questo periodo segna un passaggio epocale, dove l’uomo inizia a esplorare il mondo e le proprie capacità, mettendo in discussione le autorità consolidate. Emerge un nuovo modo di pensare basato sulla ragione e l’osservazione, con scienziati che propongono un modello dell’universo diverso da quello accettato dalla Chiesa. Anche la persecuzione della stregoneria diminuisce. Sul piano politico, i monarchi potenti incontrano difficoltà a imporre il loro potere assoluto, e in Inghilterra si affermano i diritti individuali. Anche il crimine cambia, passando da reati legati alla sopravvivenza a forme più individualistiche e talvolta sadiche, riflettendo l’emergere dell’individuo. Il Settecento vede l’emergere di una nuova sensibilità individuale, esplorata nella letteratura, che contribuisce a creare la figura dell’individuo “alienato”. Contemporaneamente, la rivoluzione industriale trasforma la società, creando nuove masse di lavoratori in condizioni difficili, portando a rivolte. In Francia, l’arroganza del potere monarchico e le idee di libertà portano alla Rivoluzione Francese, caratterizzata da violenza estrema e affermazione dell’ego. Dopo Napoleone, i tentativi di ripristinare l’ordine si scontrano con le spinte individualistiche e socialiste. La natura del crimine cambia, passando da reati legati alla sopravvivenza a crimini motivati da risentimento, autocommiserazione e alienazione, portando alla creazione di forze di polizia organizzate. La fine del diciannovesimo secolo vede un aumento della violenza, sia individuale che collettiva. I crimini sessuali sadici si legano alla morale rigida dell’epoca vittoriana, che genera repressione e frustrazione. Parallelamente, la violenza politica cresce con l’anarchismo e l’imperialismo occidentale, culminando nella Prima Guerra Mondiale. Entrambe le forme di violenza riflettono una difficoltà umana nel gestire impulsi ed ego in società complesse. La fine della Prima Guerra Mondiale porta un aumento della criminalità e l’ascesa di sistemi organizzati di corruzione, come la Mafia in Italia e America, che sfrutta il Proibizionismo per costruire imperi criminali. Parallelamente, in Europa, il dopoguerra e le crisi economiche vedono l’ascesa di regimi totalitari che stabiliscono un controllo assoluto attraverso brutalità e terrore di stato. Sia il crimine organizzato che questi regimi mostrano una tendenza all’autoaffermazione individuale e all’uso sistematico della violenza per ottenere e mantenere il controllo. Dopo la seconda guerra mondiale, si osserva un aumento della criminalità violenta e sessuale, riflettendo una crescente tensione sociale e un senso di alienazione. La civiltà moderna, con la sua enfasi sulla comodità, genera noia e un senso di irrealtà. Il crimine diventa per alcuni un modo per cercare esperienze intense e ristabilire un senso di realtà o potere, un bisogno di affermazione dell’ego e di controllo, una reazione violenta alla noia e alla perdita di legami sociali. La violenza criminale può essere vista come un tentativo distorto di unificare le diverse modalità di percezione umana. L’uomo civile tende a sentirsi passivo, e il criminale cerca di forzare questa “focalizzazione” attraverso atti violenti, che offrono un senso momentaneo di intensità. Questo comportamento non porta a vera soddisfazione, ma è un ciclo di dipendenza. La radice del problema sta nell’incapacità di coltivare la propria consapevolezza interna. Gli ultimi decenni del ventesimo secolo vedono l’emergere dei serial killer, con un aumento della violenza sadica spesso legata a risentimento, mancanza di amore nell’infanzia e danni cerebrali. La stessa “volontà di potere” e la tendenza a disumanizzare l’altro si manifestano nei conflitti politici, come le guerre in Jugoslavia o il conflitto israelo-palestinese, alimentando un ciclo di violenza e terrorismo. Questi eventi riflettono una difficoltà umana nel gestire la pace e la soddisfazione, cercando costantemente una “lotta”. Superare le crisi globali richiede un cambiamento fondamentale, un “risveglio” della coscienza umana. La criminalità italiana evolve dalla lotta armata e gangsterismo organizzato a forme diverse, con un cambiamento nella percezione mediatica. L’introduzione dell’eroina trasforma il crimine, generando enormi profitti e legami con poteri occulti. Nel terzo millennio, l’attenzione mediatica si sposta sui “delitti di prossimità”, che ricevono un’esposizione televisiva enorme, trattati con un linguaggio simile ai reality show, con colpevoli spesso italiani e vicini. Nonostante il focus sui drammi personali, persistono episodi di violenza politica e uso della forza da parte delle forze dell’ordine, indicando che le tensioni criminali e sociali non sono scomparse.Riassunto Lungo
1. Le Radici Nascoste della Violenza Umana
La natura del crimine non è fissa, ma cambia a seconda del periodo storico e delle diverse culture. Negli ultimi anni, si nota un aumento di crimini che sembrano non avere un motivo evidente, spesso legati al desiderio di diventare famosi o di sentirsi unici. Questo fenomeno riflette un bisogno umano profondo: quello di sentirsi importanti. È una spinta a voler essere un “eroe” che, se non trova sfogo in modi positivi, può manifestarsi in azioni violente compiute solo per ottenere attenzione e riconoscimento.Il Cambiare del Crimine e il Bisogno di Essere Importanti
Pensando ai bisogni fondamentali delle persone, si capisce come i motivi che spingono al crimine si siano modificati nel tempo. In passato, il crimine era spesso legato alla sopravvivenza o al bisogno di sentirsi al sicuro. Oggi, invece, i motivi si spostano verso bisogni più alti, come quello di sentirsi parte di un gruppo, di avere stima dagli altri o di realizzare sé stessi. Il crimine, in questi casi, può diventare uno strumento per affermare il proprio valore o per esprimere una protesta contro la società.La Psicologia dell’Atto Criminale
Quando avviene un atto criminale, la persona che lo compie entra in uno stato di “astrazione”. Questo significa che si disconnette dalla realtà e smette di vedere la vittima come una persona, trattandola invece come un oggetto. Questo stato è collegato all’idea dell'”Uomo Giusto”, una persona che non accetta mai di avere torto e usa la rabbia per convincere sé stessa di essere nel giusto. Decide, in pratica, di perdere il controllo solo in certe situazioni. Nelle coppie che commettono crimini insieme, si vede spesso un partner dominante che manipola l’altro, portandolo a usare la violenza per mostrare il proprio potere.La Scelta e le Motivazioni Immediate
Fattori come lo stress o il vivere in ambienti molto affollati possono aumentare la tensione, ma il crimine non è una reazione inevitabile. È invece una scelta precisa: quella di rinunciare a gestire le difficoltà in modo costruttivo e abbandonare il controllo. È una sorta di scorciatoia per sentirsi potenti o per trovare un sollievo immediato. È un “pensiero magico” dove le emozioni prendono il sopravvento sulla ragione, portando a comportamenti distruttivi e talvolta alla crudeltà. Questa crudeltà non deriva sempre da un piacere nel far soffrire, ma spesso da indifferenza verso la vittima o dall’obbedienza a un’autorità percepita.Davvero la complessità del crimine moderno si riduce a una ‘scelta’ individuale dettata dal desiderio di fama, o manca qualcosa nell’analisi?
Il capitolo presenta un quadro interessante, ma l’enfasi sulla “scelta” individuale e sul bisogno di sentirsi importanti come motori principali del crimine moderno rischia di semplificare eccessivamente un fenomeno multifattoriale. Ignorare o minimizzare l’impatto di fattori socio-economici strutturali, delle patologie psichiatriche, o dei complessi processi di radicalizzazione (non sempre riconducibili al mero desiderio di fama) lascia delle lacune significative. Per approfondire queste tematiche e ottenere una visione più completa, sarebbe utile esplorare i contributi della criminologia critica, che analizza il crimine nel contesto delle disuguaglianze sociali, e della psicologia forense, che studia le interazioni tra fattori psicologici, biologici e ambientali nel comportamento criminale. Autori come Durkheim o Merton offrono prospettive sociologiche fondamentali sul rapporto tra struttura sociale e devianza, mentre studi più recenti in psicologia possono illuminare le dinamiche complesse che portano all'”astrazione” o alla crudeltà, al di là della semplice “scelta” o indifferenza.2. Percezione, Potere e Perdizione
La criminalità si lega alla presenza di individui con una forte spinta alla dominanza, che costituiscono circa il cinque per cento della popolazione. Nella società moderna, non tutti questi individui riescono a trovare sbocchi positivi per questa energia, specialmente se non possiedono talenti riconosciuti. Questa situazione genera frustrazione e un senso di ingiustizia, spingendo alcuni a cercare vie alternative, a volte anche violente. Il comportamento criminale spesso nasce da una logica distorta, dove le emozioni prendono il sopravvento sulla realtà. Esempi di criminali mostrano come sentirsi trattati ingiustamente possa portare a una sorta di “decisione di perdere il controllo”, un comportamento autodistruttivo. Questa mentalità negativa crea un “blocco” nella percezione, rendendo la persona cieca alle possibilità positive e vulnerabile a influenze dannose, quasi come in uno stato di ipnosi. La riabilitazione è possibile lavorando su questi atteggiamenti negativi, aiutando l’individuo a recuperare un senso di controllo sulla propria vita e a percepire la realtà in modo più completo. Questo percorso si realizza stimolando l’intelligenza e la comprensione di concetti fondamentali, risvegliando quella parte di sé che sa controllare e dirigere.Uno sguardo sull’evoluzione e la società moderna
Dal punto di vista dell’evoluzione, la violenza umana si distingue da quella animale perché sembra priva di inibizioni naturali e si è sviluppata nel tempo. Fattori come la vita nelle città, le dispute per il territorio e forse anche la selezione sessuale hanno contribuito a plasmare la natura umana. La criminalità di oggi, in particolare, appare connessa a egoismo, immaturità e una percezione distorta della realtà, spesso con una componente legata alla sfera sessuale. Si manifesta come la scelta della soluzione più facile per ottenere un successo immediato, senza considerare le conseguenze.Davvero la criminalità si riduce a un calcolo percentuale di ‘individui dominanti’ senza sbocchi, o c’è qualcosa di più complesso che il capitolo ignora?
Il capitolo propone una correlazione forte e numericamente definita tra una specifica caratteristica individuale e la propensione al crimine, legandola alla mancanza di “sbocchi positivi” nella società moderna. Questa visione, sebbene intuitiva, rischia di trascurare la complessità delle cause del comportamento criminale, che coinvolgono una vasta gamma di fattori sociali, economici, psicologici e ambientali, ben oltre una presunta “spinta alla dominanza” presente in una percentuale fissa della popolazione. Per un’analisi più completa, sarebbe utile esplorare le teorie criminologiche contemporanee che analizzano la devianza da prospettive multifattoriali, le ricerche in psicologia della personalità e sociale che studiano l’aggressività e il comportamento antisociale, e le analisi sociologiche che considerano il ruolo delle strutture sociali e delle disuguaglianze. Autori come Durkheim, Bandura, o studiosi moderni di criminologia offrono quadri concettuali più ampi.3. La Mente Divisa e le Radici del Crimine
Il crimine sembra profondamente legato a come una persona vede se stessa e al suo senso di identità. Alcuni individui, come Klaus Gosmann, potrebbero compiere atti violenti semplicemente per sentirsi importanti o forti, specialmente se dentro si sentono deboli. Questo senso di avere un “Io” ben definito o una forte autoconsapevolezza è una caratteristica che distingue gli esseri umani dagli animali, che non riflettono su se stessi in questo modo. Proprio perché siamo in grado di pensare a noi stessi, possiamo scegliere di agire, anche in modi negativi come il crimine, per rafforzare o affermare il nostro “ego”. Questa capacità di concentrare la nostra energia e i nostri pensieri su noi stessi è unica della consapevolezza umana.Come è cambiata la nostra mente
Alcune teorie suggeriscono che gli esseri umani in un passato molto lontano non avessero questo tipo di forte consapevolezza di sé. Si pensa che le prime civiltà potessero avere una “mente bicamerale”. Questo significa che le loro azioni non erano guidate da pensieri interiori o riflessioni personali, ma da quelle che sentivano come “voci”, che probabilmente interpretavano come provenienti da divinità. Questo modo di pensare, in cui le azioni sembravano dettate da comandi esterni, è cambiato nel tempo. Eventi come lo sviluppo della scrittura, la crescente complessità delle società e grandi catastrofi potrebbero aver causato il “crollo” di questa mente bicamerale. Quando ciò è accaduto, gli esseri umani hanno iniziato a sviluppare la profonda consapevolezza di sé che abbiamo oggi. Questa consapevolezza moderna è collegata a come funziona il nostro cervello, diviso in due emisferi. L’emisfero sinistro è più legato alla logica, al linguaggio e al rapporto con gli altri (“il tu”), mentre quello destro è più connesso all’intuizione, alle sensazioni e alla percezione della realtà circostante (“l’altro sé”). Avere questa consapevolezza moderna implica che questi due lati non sono sempre perfettamente in sintonia.La ricerca di sensazioni forti
Questo modo di pensare moderno, sebbene sia fondamentale per l’intelletto e la comprensione di idee complesse, può anche farci sentire un po’ staccati da ciò che sta accadendo nel presente. Questa sensazione di distacco può portare alla noia o alla percezione che la realtà non sia del tutto concreta. Quando le persone provano noia o si sentono scollegate, spesso cercano esperienze intense o azioni forti per sentire qualcosa di nuovo, per sentirsi di nuovo vivi e reali. A volte, questa ricerca di stimoli porta a fare cose proibite o estreme. Il crimine può diventare una “scorciatoia” rapida per ottenere ciò che si desidera o per riaffermare la propria esistenza e forza. Spesso, questo desiderio è alimentato dal risentimento o dalla rabbia verso l’autorità o le regole stabilite.Le conseguenze della forza
Tuttavia, basarsi unicamente sulla forza e concentrarsi in modo quasi ossessivo sul raggiungimento dei propri scopi, come mostrano gli esempi storici di popoli come gli Assiri o gli Spartani, porta spesso a risultati negativi nel lungo periodo. Questo tipo di approccio, fondato sulla prevaricazione e l’aggressività, può condurre all’autodistruzione o al declino di una società o di un individuo. Il crimine, in questo senso, rappresenta l’aspetto negativo e distruttivo di quell’energia concentrata e di quella forte volontà che la consapevolezza umana rende possibili.Davvero la “ricerca di lotta” e fenomeni non scientifici spiegano e risolvono la violenza umana?
Il capitolo propone che la violenza, dai serial killer ai conflitti globali, derivi da una difficoltà umana nel gestire la pace e da una ricerca di ‘lotta’, e suggerisce che fenomeni come la sincronicità e la precognizione possano indicare un percorso per superarla. Questa associazione tra una presunta causa psicologica generale e concetti privi di validazione scientifica solleva seri dubbi sulla solidità dell’argomentazione. Per un’analisi più rigorosa delle radici della violenza, è indispensabile esplorare le complesse interazioni tra fattori psicologici, sociali, economici e storici, avvalendosi degli strumenti offerti dalla psicologia, dalla sociologia, dalla storia e dalla filosofia politica. Autori che hanno dedicato i loro studi alle cause profonde dei conflitti e alle dinamiche del comportamento umano violento possono offrire prospettive più fondate.13. Dalla lotta armata ai delitti in TV
La criminalità in Italia cambia profondamente nel corso del tempo. Si passa da fenomeni legati alla lotta armata e a bande organizzate a forme diverse, con un impatto differente sulla percezione pubblica e su come i media ne parlano. Negli anni Sessanta e Settanta, emergono gruppi con intenti politici, come la banda Cavallero, e il terrorismo politico diventa una presenza dominante, influenzando anche le forze dell’ordine e le leggi dello Stato. Allo stesso tempo, la criminalità comune si organizza in vere e proprie bande, attive soprattutto nel Nord del paese, che si dedicano a rapine e sequestri. Esempi noti sono le bande milanesi o la Banda della Magliana a Roma, che segnano il panorama criminale di quegli anni.Nuove forme di criminalità e legami oscuri
L’introduzione dell’eroina cambia profondamente il panorama criminale in Italia. Questa droga genera profitti enormi, portando alla nascita di veri e propri “imprenditori del crimine” che operano su larga scala. La Banda della Magliana, accumulando grandi capitali con la droga e i sequestri, stringe legami pericolosi con poteri occulti, come la loggia massonica P2, settori deviati dei servizi segreti e altre potenti organizzazioni criminali come la Camorra e la Mafia. Queste connessioni permettono alla banda di inserirsi in eventi complessi e di partecipare a tragiche stragi che segnano la storia del paese. Questo periodo vede una criminalità sempre più interconnessa e potente.Gli anni Novanta e il cambiamento dell’attenzione mediatica
Negli anni Novanta, l’Italia è segnata dalle sanguinose stragi mafiose e dall’azione violenta di bande come la Uno Bianca. Nonostante la gravità di questi fatti, il clamore mediatico che li accompagna sembra meno intenso rispetto ai grandi fenomeni criminali degli anni precedenti, forse per una sorta di assuefazione del pubblico alla violenza. Allo stesso tempo, emergono figure criminali come Felice Maniero, che indicano nuove direzioni per il crimine organizzato. Ci si sposta verso attività meno visibili ma molto lucrative, come il riciclaggio di denaro sporco e il traffico internazionale di armi. Questi cambiamenti mostrano una criminalità in continua evoluzione.Il nuovo millennio: i riflettori sui drammi vicini
Con l’arrivo del terzo millennio, l’attenzione dei media si concentra in modo nuovo su quelli che vengono chiamati “delitti di prossimità”. Si tratta di crimini che avvengono all’interno delle famiglie o tra vicini, come i casi di Cogne, Novi Ligure, Erba o Garlasco. Questi fatti di cronaca ricevono un’esposizione televisiva enorme, con un tempo dedicato che supera persino quello riservato a importanti eventi internazionali. Le persone coinvolte in questi tragici episodi diventano figure conosciute dal grande pubblico, e la loro storia viene raccontata con un linguaggio che ricorda quello dei reality show. Inizialmente, si tende spesso ad ipotizzare la colpa di persone straniere, ma la realtà dei fatti dimostra poi che i colpevoli sono quasi sempre italiani, spesso parenti stretti o vicini delle vittime. Nonostante tutta questa attenzione sia focalizzata sui drammi personali e familiari, altre forme di violenza non scompaiono. Continuano a verificarsi episodi di violenza legata alla politica e casi di uso eccessivo della forza da parte delle forze dell’ordine. Questi fatti ricordano le dinamiche del passato e mostrano che le tensioni criminali e sociali nel paese sono ancora presenti.Davvero una semplice ‘assuefazione’ del pubblico basta a spiegare il presunto minor clamore mediatico delle stragi degli anni Novanta rispetto ai ‘delitti di prossimità’ del nuovo millennio?
Il capitolo propone l’idea di una ‘assuefazione’ del pubblico per giustificare un presunto minor clamore mediatico per le stragi degli anni Novanta rispetto ai ‘delitti di prossimità’ del nuovo millennio. Questa spiegazione appare riduttiva e non considera la complessità dei fattori che influenzano l’attenzione dei media, come le strategie editoriali, la competizione tra testate, il contesto politico e sociale, e i cambiamenti nella struttura stessa dell’industria mediatica. Per approfondire questo aspetto, sarebbe utile esplorare la sociologia della comunicazione e la storia dei media italiani, magari leggendo autori che analizzano il rapporto tra informazione e criminalità.Abbiamo riassunto il possibile
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