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Contenuti del libro
Informazioni
“Stare in Europa. Sogno, incubo e realtà” di Riccardo Perissich ti porta dentro il dibattito sull’Unione Europea, che spesso è un casino di falsità e mezze verità. Il libro esplora come mai, su temi enormi come l’immigrazione, la crisi economica o le disuguaglianze, facciamo fatica a capirci, con i governi nazionali che scaricano le colpe sull’UE e i media che non aiutano. Vediamo come il populismo e il sovranismo sfruttano questa sfiducia, attaccando l’integrazione europea che pure ci ha portato pace e prosperità. Perissich descrive l’Unione non come un blocco perfetto, ma un “cantiere in salita”, un Oggetto Politico Non Identificato che si è costruito passo dopo passo, affrontando sfide enormi, dall’euro alla politica fiscale, dalla difesa europea alla gestione dei confini e dell’immigrazione. Capire l’Unione Europea significa anche guardare alle sue regole complicate, alle differenze tra gli stati membri e alla difficoltà di trovare una voce unica nel mondo. E poi c’è l’Italia, con il suo rapporto un po’ strano, passato dall’entusiasmo federalista a un distacco preoccupante, spesso incolpando l’Europa per problemi che sono nostri. Questo libro ti aiuta a navigare questa realtà complessa, mostrando le sfide concrete, la sfiducia reciproca tra i paesi e la lotta per difendere i valori europei, senza nascondere le difficoltà, come la Brexit o le tensioni interne. È un viaggio per capire perché stare in Europa è così complicato, tra sogni, incubi e la dura realtà.Riassunto Breve
L’Unione Europea fatica a trovare un’analisi comune sui problemi importanti come immigrazione o crisi economica, e i governi nazionali spesso scaricano sull’UE le decisioni difficili, danneggiandone l’immagine e creando sfiducia tra gli stati. L’informazione sull’Europa è spesso distorta, i compromessi necessari vengono presentati male, alimentando ostilità e sfiducia reciproca. Il dibattito è pieno di falsità e termini usati in modo ambiguo, sfruttati dai populisti che attaccano l’UE, vista come colpevole della globalizzazione e della perdita di sovranità nazionale, anche se l’integrazione si basa su un mercato regolato e welfare. L’UE, nata per garantire pace e prosperità, si è costruita gradualmente, partendo dall’economia e condividendo sovranità passo dopo passo, ma incontra difficoltà quando si toccano poteri centrali come moneta e fisco. L’euro, con politica monetaria centrale ma fiscale nazionale, ha mostrato i suoi limiti nella crisi del 2008, evidenziando mancanza di strumenti e fiducia. Nonostante miglioramenti e nuovi meccanismi, il sistema resta imperfetto e la sfiducia reciproca, legata anche a situazioni nazionali diverse, rende difficile trovare consenso per riforme future. L’integrazione economica si basa sulle quattro libertà di circolazione e richiede regole comuni, ma l’attuazione è complessa per le differenze nazionali, e nuove aree come digitale e ambiente richiedono nuove norme difficili da concordare. La fiscalità resta nazionale, con unanimità che ostacola l’armonizzazione e favorisce dumping ed evasione. Le politiche sociali sono nazionali, con sfide legate all’invecchiamento e alla tecnologia, e l’armonizzazione verso l’alto è lenta. Il bilancio UE è piccolo e non ha funzione macroeconomica, finanziato dai paesi, e le negoziazioni sono difficili, influenzate dai saldi nazionali e nuove priorità come difesa e immigrazione, con tensioni legate alla condizionalità dei fondi. L’immigrazione è una sfida centrale e divisiva, con flussi spontanei che mettono sotto pressione i paesi di primo arrivo; il regolamento di Dublino è obsoleto e difficile da riformare, e la gestione delle frontiere esterne e l’integrazione dei migranti sono nodi cruciali. L’Europa ha perso la sua posizione dominante e dipende dagli USA per la sicurezza, faticando a sviluppare una politica estera comune per la riluttanza a cedere sovranità e la necessità di unanimità. Il mondo è multipolare, con potenze nazionaliste che rendono difficile l’approccio multilaterale europeo, e il rapporto con gli USA è messo alla prova. La politica estera è limitata dalla ricerca di interessi nazionali specifici. Le sfide includono i rapporti con Russia, Cina, Medio Oriente, Africa e Turchia. Anche nella politica commerciale ci sono difficoltà per protezionismo e complessità delle regole globali. La difesa e la sicurezza presentano difficoltà storiche, con iniziative di cooperazione che si sviluppano sotto pressione esterna e nuove minacce, ma mancano strumenti operativi e prevalgono le competenze nazionali. Aumentare spesa e integrazione industriale è ostacolato da capacità diverse e scarso coordinamento. La Brexit, dovuta a un rapporto complesso e divisioni interne, evidenzia l’incompatibilità tra desiderio britannico di controllo e necessità UE di tutelare il mercato unico, generando incertezza e indebolendo la cooperazione. Entrambi i temi mostrano le difficoltà nel costruire unità per interessi nazionali divergenti e mancanza di fiducia. L’allargamento ha reso difficile prendere decisioni all’unanimità, portando all’integrazione differenziata, che però richiede regole per non creare svantaggi. Esistono diverse posizioni nazionali, dai paesi nordici cauti alla “Nuova Lega Anseatica” rigorista, fino ai paesi dell’est con problemi di democrazia liberale e nazionalismo, che rappresentano un conflitto sui valori fondamentali dell’UE. Gli strumenti per affrontare queste divergenze sui valori sono difficili da applicare. Le istituzioni UE non sono quelle di uno stato federale, ma adattate ai compiti, con un processo decisionale misto e il Consiglio europeo centrale. La legittimità dipende dalla percezione dei cittadini, e i tentativi di rendere il processo più politico si scontrano con la frammentazione dei partiti. Il futuro procede per gradi, la differenziazione è inevitabile ma va gestita dalle istituzioni esistenti, e superare l’unanimità e la sfiducia è fondamentale. L’Italia ha cambiato il suo rapporto con l’Europa, passando da un ideale federalista a una percezione distorta, sentendosi controllata e “europea di seconda classe”, attribuendo all’UE colpe nazionali. Questo impedisce di affrontare i veri problemi e porta all’isolamento, con paralleli inquietanti con la Brexit. L’Italia rischia un isolamento non solo economico, ma anche in politica estera e sicurezza, e l’idea di essere indispensabile è un errore. Gli scenari futuri includono marginalizzazione o crisi, e la mancanza di un ruolo attivo dell’Italia rende il percorso europeo più difficile.Riassunto Lungo
1. La Verità Smarrita nel Dibattito Europeo
Un dibattito efficace sui problemi che riguardano tutti richiede un’analisi condivisa, ma in Europa manca questa base comune su questioni importanti come l’immigrazione, la crisi economica e le disuguaglianze sociali. Spesso i governi nazionali tendono ad attribuire a sé stessi i meriti dei successi e a scaricare sull’Unione Europea la responsabilità delle decisioni difficili, danneggiando così in modo duraturo la sua immagine pubblica. Questo comportamento, unito a un dibattito che si svolge principalmente a livello nazionale, trasforma la sfiducia verso le istituzioni europee in una crescente sfiducia tra gli Stati membri stessi. L’informazione che circola sull’Europa è spesso distorta, presentando l’UE in modo eccessivamente positivo con promesse irrealizzabili o denigrando pesantemente ciò che esiste. I compromessi che si raggiungono a livello europeo, pur essendo essenziali per fare progressi, vengono spesso presentati in modo negativo dai media nazionali, non di rado su incoraggiamento degli stessi governi. Questo atteggiamento mina la credibilità dell’Unione e alimenta l’ostilità, diffondendo una sfiducia reciproca che rende difficile affrontare le sfide comuni.Parole che confondono e false credenze
Il dibattito pubblico è inquinato da falsità e mezze verità che rendono difficile distinguere i fatti. Termini importanti come “austerità”, “cambiamento”, “disuguaglianza”, “euroburocrati”, “sovranità” e “federalismo” vengono usati in modo ambiguo o distorto, creando illusioni infondate o paure eccessive nella popolazione. La “percezione” che le persone hanno, anche quando non corrisponde alla realtà dei fatti, influenza fortemente il loro comportamento ed è uno strumento che i demagoghi sfruttano abilmente per i propri scopi. Esempi lampanti di questo sono le false credenze diffuse, come quella che l’introduzione dell’euro abbia causato un aumento generalizzato dei prezzi o le stime esagerate sulla percentuale di immigrati presenti nel paese. Queste distorsioni della realtà contribuiscono a creare un clima di disinformazione che favorisce l’emergere di movimenti politici basati sulla rabbia e sulla paura.L’ascesa del populismo
In questo contesto di sfiducia e disinformazione emerge con forza il populismo, o sovranismo, che sfrutta il malcontento popolare. I populisti capitalizzano sulla rabbia diffusa contro le élite percepite come distanti, sulla paura crescente legata all’immigrazione e sul disagio causato dai rapidi cambiamenti economici e sociali. Attaccano l’Unione Europea, vedendola come un pilastro della globalizzazione e ritenendola responsabile dello svuotamento della democrazia a livello nazionale, spesso perché la percepiscono come un’entità burocratica lontana dai cittadini. Tuttavia, ignorano o nascondono il fatto che l’integrazione europea si basa su principi fondamentali come un mercato regolato e un forte modello di welfare state, elementi che in teoria dovrebbero proteggere i cittadini dagli aspetti più duri del capitalismo globale.I fondamenti dell’integrazione europea
Nonostante le critiche e le distorsioni, l’integrazione europea ha portato benefici concreti e fondamentali. Ha garantito un lungo periodo di pace tra paesi che in passato erano in conflitto, ha favorito la prosperità economica e ha assicurato la libertà di movimento per milioni di cittadini. L’Unione si fonda su valori comuni profondi, come il pensiero razionale, il rispetto del diritto, la libertà individuale, l’uguaglianza tra le persone e un modello di economia sociale di mercato che cerca di bilanciare efficienza e giustizia sociale. La legittimità delle istituzioni europee deriva dal consenso degli Stati membri, che hanno scelto liberamente di cedere parte della loro sovranità, e si sta costruendo progressivamente una legittimità europea basata sulla partecipazione dei cittadini. Il processo decisionale all’interno dell’UE si basa necessariamente sul compromesso, cercando di bilanciare gli interessi spesso diversi dei paesi membri per raggiungere soluzioni condivise.Come affrontare la crisi politica
La crescita del populismo è un segnale chiaro che gli equilibri politici tradizionali non funzionano più come prima e che c’è un profondo disagio nella società. Le sue cause profonde affondano nei cambiamenti sociali ed economici che avvengono all’interno dei singoli paesi, creando incertezza e insicurezza tra i cittadini. Per affrontare efficacemente questo fenomeno, non basta semplicemente smascherare le bugie e le distorsioni diffuse dai populisti e dai demagoghi. È fondamentale, invece, dare risposte concrete e oneste alle paure e ai disagi reali che le persone provano ogni giorno a causa delle trasformazioni in atto. Questo richiede azioni politiche coraggiose che vadano oltre la semplice comunicazione e che affrontino le cause profonde del malcontento, ristabilendo un legame di fiducia tra cittadini e istituzioni, sia a livello nazionale che europeo.Ma se il populismo non fosse solo un’onda di rabbia sfruttata, ma una reazione (anche distorta) a problemi reali dell’Unione?
Il capitolo analizza la crescita del populismo legandola principalmente alla sfiducia generata dalle narrazioni nazionali distorte sull’UE e ai cambiamenti socio-economici interni ai paesi membri. Tuttavia, sembra sorvolare sulla possibilità che le critiche populiste, pur spesso basate su falsità e semplificazioni, possano in parte affondare le radici in percezioni (o realtà) di deficit democratico, eccessiva burocrazia, o politiche economiche percepite come dannose, che originano dall’interno della struttura e del funzionamento dell’Unione stessa. Per approfondire questa prospettiva, è utile studiare le teorie critiche sull’integrazione europea e sul suo funzionamento istituzionale, leggendo autori che analizzano il “deficit democratico” dell’UE o le conseguenze delle sue politiche economiche.2. L’Europa, un cantiere in salita
L’Unione Europea è un sistema difficile da definire, spesso descritto come un Oggetto Politico Non Identificato (OPNI). La sua nascita è legata al desiderio di prevenire nuove guerre e di riaffermare il peso del continente nel mondo. Invece di creare subito un’unione politica completa, il progetto è stato costruito a poco a poco, partendo da collaborazioni concrete in campo economico. Questo metodo segue l’idea della “teoria della bicicletta”: per non cadere, bisogna continuare a pedalare, ovvero risolvere un problema porta inevitabilmente ad affrontarne un altro, creando una spinta continua all’integrazione.Condividere la sovranità: una sfida centrale
Questo approccio graduale implica una progressiva condivisione della sovranità nazionale tra gli stati membri. Funziona bene in molti settori, ma incontra forti resistenze quando si toccano i poteri fondamentali di uno Stato, come la gestione della moneta, le tasse, la difesa e la sicurezza interna. Affrontare questi aspetti richiede un livello molto più elevato di fiducia reciproca e un accordo profondo sugli obiettivi comuni da raggiungere.L’Eurozona: un passo cruciale e le sue fragilità
L’introduzione dell’euro è stato il passo più importante nella condivisione della sovranità, perché ha centralizzato la politica monetaria sotto la Banca Centrale Europea (BCE), ma ha lasciato la politica fiscale in mano ai singoli governi nazionali. Questa struttura, con la politica monetaria decisa a livello centrale e le decisioni sulle tasse e sulla spesa pubblica prese dai governi, ha mostrato i suoi limiti in modo evidente durante la crisi finanziaria iniziata nel 2008. La crisi ha messo in luce la mancanza di strumenti comuni sufficienti, le differenze profonde tra le economie dei vari paesi e, soprattutto, una grave carenza di fiducia reciproca tra gli stati membri.La risposta alla crisi e i miglioramenti
La BCE ha giocato un ruolo fondamentale nel gestire la crisi con misure straordinarie. Allo stesso tempo, i governi hanno cercato di rafforzare le regole fiscali con accordi come il Fiscal Compact e hanno creato meccanismi di aiuto finanziario (ESM) e un’unione bancaria (SSM, SRB) per rendere il sistema più stabile. Nonostante questi sforzi, il sistema attuale, pur migliorato, presenta ancora delle imperfezioni.Sfide attuali e il nodo della fiducia
Le regole sono complesse e la condivisione dei rischi nel settore bancario incontra ancora molti ostacoli. Questi problemi sono spesso legati alla sfiducia tra i paesi e alle diverse situazioni interne, come quelle che riguardano l’Italia con i crediti difficili da recuperare delle banche e l’alto debito pubblico. Il sistema attuale ha permesso a molti paesi di superare la crisi passata, ma la sua capacità di affrontare future difficoltà economiche è ancora incerta. Le discussioni per cambiare le regole e introdurre nuovi strumenti continuano, ma si scontrano con la difficoltà di trovare un accordo tra i paesi, a causa delle loro diverse posizioni e della persistente sfiducia reciproca.Se il problema dell’Eurozona fosse solo la mancanza di fiducia e la politica fiscale nazionale, perché il dibattito economico sulle sue riforme è così acceso e pieno di visioni contrastanti?
Il capitolo identifica correttamente la tensione tra politica monetaria centralizzata e politiche fiscali nazionali come un limite emerso con forza durante la crisi del 2008, e sottolinea la carenza di fiducia reciproca. Tuttavia, la diagnosi delle fragilità dell’Eurozona e le soluzioni proposte sono oggetto di un vastissimo e tutt’altro che consensuale dibattito in ambito economico. Affermare che il problema risieda principalmente in questi due aspetti, pur centrali, potrebbe non rendere giustizia alla complessità delle analisi esistenti, che toccano temi come la sostenibilità del debito in assenza di un’unione fiscale completa, il ruolo degli squilibri commerciali tra paesi membri, o la stessa architettura istituzionale della BCE e le sue interazioni con i governi. Per approfondire le molteplici sfaccettature di questa controversia e comprendere le diverse scuole di pensiero, è utile esplorare la letteratura sull’economia monetaria internazionale e l’economia politica dell’integrazione europea. Autori come Paul De Grauwe o Joseph Stiglitz offrono prospettive critiche e alternative che possono aiutare a inquadrare meglio la complessità del “cantiere in salita” descritto nel capitolo.3. Le Sfide dell’Unione: Mercato, Confini e Integrazione
L’Unione Europea si basa sull’integrazione economica e sul mercato libero, processi strettamente legati all’introduzione dell’euro. Questo cammino si fonda sul principio delle quattro libertà di circolazione: beni, servizi, capitali e persone. Per realizzare questa integrazione, sono necessarie regole comuni, una disciplina rigorosa della concorrenza e un bilancio europeo condiviso. L’obiettivo di creare queste regole è proteggere gli interessi pubblici, come la sicurezza dei cittadini e la tutela dell’ambiente. Tuttavia, mettere in pratica queste norme è spesso complicato, anche a causa delle differenze che esistono tra i vari paesi membri. Nuovi settori, come l’economia digitale e la protezione ambientale, richiedono l’elaborazione di nuove regole, che risultano spesso difficili da concordare tra tutti gli stati.La Fiscalità
La gestione delle tasse rimane una competenza nazionale, e le decisioni in questo campo richiedono l’accordo unanime di tutti i paesi. Questo rende molto difficile armonizzare i sistemi fiscali a livello europeo. Tale situazione crea problemi significativi, come il cosiddetto dumping fiscale, dove i paesi competono abbassando le tasse, e l’evasione fiscale da parte delle grandi aziende multinazionali, specialmente quelle che operano nel settore digitale. Si stanno cercando soluzioni per affrontare questi problemi, come l’armonizzazione della base imponibile o l’introduzione di tasse sui ricavi delle imprese digitali. Tuttavia, la necessità di ottenere l’unanimità e di raggiungere accordi a livello internazionale complica notevolmente la situazione.Le Politiche Sociali
Anche le politiche sociali sono gestite principalmente a livello nazionale, e i sistemi di protezione sociale variano notevolmente da un paese all’altro. Le sfide più importanti in questo ambito sono l’invecchiamento della popolazione europea e l’impatto delle nuove tecnologie sul mondo del lavoro. L’obiettivo è rendere i sistemi sociali più sostenibili nel tempo e adattare la protezione sociale alla crescente mobilità dei lavoratori, integrando meglio formazione e istruzione. Esiste una “carta sociale” che stabilisce diritti minimi per i lavoratori, ma il processo per migliorare e uniformare questi diritti verso l’alto procede con lentezza.Il Bilancio dell’UE
Il bilancio dell’Unione Europea è relativamente piccolo, rappresentando circa l’1.1% del PIL complessivo dei paesi membri, e non ha una funzione significativa per influenzare l’economia generale. È finanziato principalmente attraverso i contributi versati dai singoli stati. Le negoziazioni per definire il bilancio pluriennale, che copre diversi anni, sono molto complesse. Queste discussioni sono influenzate dai calcoli su quanto ogni paese versa e riceve (i saldi netti) e dalla necessità di finanziare nuove priorità, come la difesa e la gestione dell’immigrazione, specialmente dopo l’uscita del Regno Unito dall’Unione (Brexit). Vengono proposte solo modesti aumenti del bilancio e una maggiore condizione nell’erogazione dei fondi, spesso legata al rispetto dello stato di diritto, il che genera tensioni politiche tra i paesi.La Sfida dell’Immigrazione
L’immigrazione rappresenta una delle sfide più importanti e divisive per l’Unione Europea. Circa 25 milioni di persone che non sono cittadini dell’UE risiedono nei paesi membri, ma la loro distribuzione non è uniforme. I flussi migratori più recenti, spesso spontanei e causati da guerre o povertà, hanno messo sotto forte pressione i paesi che si trovano ai confini esterni dell’Unione, che sono i primi ad accogliere i migranti. Il regolamento di Dublino, che stabilisce che la responsabilità dell’esame di una domanda d’asilo spetta al paese di primo ingresso, è ormai superato e difficile da modificare. La gestione efficace delle frontiere esterne e la stipula di accordi con i paesi di origine o transito dei migranti sono aspetti cruciali, ma anche molto complessi da realizzare. Le posizioni politiche sull’immigrazione sono molto distanti tra loro: c’è chi vorrebbe chiudere le frontiere, chi promuove un’ampia accoglienza e chi cerca un approccio più controllato. L’integrazione dei migranti nella società, soprattutto a livello culturale e sociale, è l’elemento fondamentale per affrontare in modo efficace questa complessa questione.Se gli strumenti legali per difendere i ‘valori fondamentali’ dell’UE falliscono, la ‘pressione economica’ è davvero la soluzione, o rischia di aggravare le tensioni e minare la coesione interna più di quanto non faccia il presunto ‘conflitto sui valori’?
Il capitolo identifica correttamente la tensione sui valori come una sfida cruciale, ma la menzione della “pressione economica” come possibile leva per affrontarla merita un approfondimento critico. L’uso di strumenti economici contro stati membri solleva questioni complesse sulla sovranità, sulle conseguenze per i cittadini e sulla natura stessa dell’Unione come comunità basata sul diritto e non sulla coercizione. Per comprendere meglio questa dinamica e le sue potenziali implicazioni, sarebbe utile esplorare la letteratura sulla politica economica dell’integrazione europea, sulle dinamiche delle sanzioni internazionali (e la loro applicabilità interna) e sulle teorie della governance multilivello. Autori che si occupano di diritto europeo, relazioni internazionali e economia politica possono offrire prospettive essenziali per valutare la fattibilità e la desiderabilità di un simile approccio.7. Il Percorso Italiano Lontano dal Cuore d’Europa
Il rapporto dell’Italia con l’integrazione europea ha subito un’evoluzione. All’inizio, l’europeismo italiano si basava sull’ideale federalista di Ventotene. Questo ideale, però, si è scontrato con la realtà concreta dell’Unione Europea, che si è sviluppata in modo diverso rispetto all’obiettivo federalista iniziale.Perché l’Italia si è distaccata dall’Europa
Questa differenza tra l’ideale e la realtà, unita a problemi economici strutturali che l’Italia non è riuscita a risolvere per decenni, ha creato una percezione distorta dell’Unione Europea. L’idea di usare l’Europa come un “vincolo esterno” ha favorito alcune riforme, ma ha anche alimentato la sensazione di essere un paese controllato dall’esterno. Questa sensazione è peggiorata con l’ingresso nell’euro e la crisi economica, portando molti italiani a sentirsi “europei di seconda classe” e ad attribuire all’Europa la colpa dei problemi nazionali. Ad esempio, si è data la colpa all’euro per l’aumento dei prezzi e si è percepito di essere lasciati soli nella gestione dell’immigrazione, anche se i dati spesso mostravano il contrario. Questa tendenza a scambiare problemi italiani per “mali europei” impedisce di affrontare le vere cause delle difficoltà e rischia di portare all’isolamento. Il distacco dell’Italia dall’Europa si manifesta in tre fasi principali: una economica, legata a problemi strutturali irrisolti; una narrativa, con la diffusione di un’immagine negativa dell’Unione; e una politica, con scelte deliberate che portano a divergenze.Rischi e scenari futuri
Questa situazione presenta inquietanti somiglianze con il percorso che ha portato alla Brexit, inclusa una scarsa comprensione del funzionamento dell’Unione Europea e una diffusa narrazione euroscettica. L’Italia rischia un isolamento non solo economico, ma anche in politica estera e di sicurezza. L’idea che l’Europa non possa fare a meno dell’Italia è un errore; il paese è importante ma non è indispensabile. Gli scenari futuri possibili sono diversi. Un’uscita completa dall’Unione (“Italexit”) appare meno probabile. Più probabile è una marginalizzazione dell’Italia ai margini dell’Unione. Un’altra possibilità è una crisi che costringa il paese a confrontarsi con la realtà. La sfida per l’Europa è superare la sfiducia e affrontare i problemi concreti. Il motore principale dell’Unione, l’asse franco-tedesco, rimane centrale, ma la mancanza di un ruolo attivo da parte dell’Italia rende il percorso complessivo più difficile.Se i dati “spesso mostrano il contrario”, come mai la narrazione che incolpa l’Europa dei mali italiani ha attecchito così profondamente, se non perché i “problemi strutturali” non sono stati affrontati anche a causa o nonostante il vincolo esterno?
Il capitolo giustamente evidenzia come la percezione che incolpa l’Europa dei problemi nazionali si sia diffusa, anche in contrasto con i dati. Tuttavia, non approfondisce sufficientemente il perché questa narrazione abbia avuto successo, limitandosi a definirla una “percezione distorta”. Per comprendere meglio questo fenomeno, è cruciale analizzare l’interazione complessa tra i decennali problemi strutturali italiani e l’impatto concreto (e percepito) delle politiche e dei vincoli europei. È utile esplorare gli studi di economia politica e di integrazione europea, magari leggendo autori come Scharpf o Tabellini, che hanno analizzato le specificità del caso italiano nel contesto europeo. Approfondire la letteratura sulla formazione delle narrazioni politiche e sul populismo, con autori come Mudde o Della Porta, può aiutare a capire come la sfiducia e il risentimento vengano canalizzati verso un bersaglio esterno.Abbiamo riassunto il possibile
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