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Informazioni
“Sotto il nome del Cardinale” di Edgardo Franzosini ti porta nella Milano del Seicento, un mondo di potere, cultura e segreti. Al centro di tutto c’è la figura affascinante e un po’ dimenticata di Giuseppe Ripamonti, uno storiografo secentesco brillante che ha lavorato a stretto contatto con il potente Cardinale Federico Borromeo, quello che poi Alessandro Manzoni ha reso immortale nei “Promessi Sposi”. Il libro scava a fondo nella vita di Ripamonti, partendo dalla sua formazione fino al suo ruolo cruciale nella nascita della Biblioteca Ambrosiana a Milano. Ma la storia prende una piega oscura quando Ripamonti finisce misteriosamente in prigione. Franzosini cerca di capire perché questo storico, le cui opere sulla storia di Milano furono fonti importanti per Manzoni per raccontare la peste del 1630 e altri eventi, sia stato messo a tacere. È una vicenda complessa fatta di ambizione, invidie, scontri tra autorità ecclesiastiche e civili, e un processo che sembra più una vendetta personale, culminato in un silenzio forzato. Scoprirai i retroscena di questa prigionia misteriosa e il prezzo pagato da chi osava criticare o semplicemente avere troppo successo. È un viaggio nella storia di Milano, tra le carte d’archivio e i palazzi del potere, per riscoprire un personaggio chiave e un enigma che ha atteso secoli per essere svelato in questo avvincente racconto di Edgardo Franzosini.Riassunto Breve
Giuseppe Ripamonti, storico del Seicento, è una figura importante perché le sue opere sono usate da Alessandro Manzoni come fonte per i *Promessi Sposi*, fornendo dettagli sulla peste, la carestia e ispirazione per personaggi come la Monaca di Monza e l’Innominato. La vita di Ripamonti è segnata da un mistero legato a una sua prigionia. Nasce nel 1577 in Brianza, influenzato dallo zio sacerdote, studia lingue classiche e ebraico. Entra in seminario, non per vocazione spontanea, ma indirizzato alla carriera ecclesiastica, con l’obiettivo iniziale di prendere il posto dello zio. Sotto l’arcivescovo Federico Borromeo, cugino di Carlo, le sue capacità intellettuali vengono riconosciute e Borromeo lo orienta verso studi avanzati, in particolare l’ebraico e poi la storia. Nonostante una contesa per la parrocchia dello zio, Ripamonti sceglie di dedicarsi agli studi. Dopo il seminario, studia dai Gesuiti, lavora come precettore e segretario per vescovi, prima di essere richiamato a Milano da Borromeo per insegnare e studiare storia. Viene ordinato sacerdote in età matura e insegna latino. Nel 1607, Borromeo lo nomina storiografo nel Collegio dei Dottori dell’Ambrosiana. L’avvio dell’Ambrosiana è segnato da tensioni interne, in particolare tra Ripamonti e il prefetto Antonio Olgiati. Borromeo, intanto, affronta le sue difficoltà nel diventare scrittore. Ripamonti inizia a lavorare alla sua grande opera, “Historiarum Ecclesiae Mediolanensis”, che viene pubblicata dalla stamperia dell’Ambrosiana. L’opera suscita polemiche per presunti fatti sconvenienti e allusioni. Il governatore di Milano, Don Pedro Álvarez de Toledo, loda l’opera di Ripamonti e gli offre sostegno e una posizione. Ripamonti si trasferisce al palazzo del governatore. Borromeo interpreta questo trasferimento come un tradimento, in un periodo di tensione tra autorità ecclesiastiche e spagnole. Poco dopo, Borromeo ordina l’arresto e l’imprigionamento di Ripamonti nelle prigioni sotterranee del palazzo arcivescovile. Vengono trovate lettere scritte da Ripamonti che criticano Borromeo, considerate una ragione chiave per l’arresto. Ripamonti si lamenta della detenzione ingiusta, delle condizioni severe e denuncia manipolazioni negli interrogatori, dove affronta accuse di questioni dottrinali, diffamazione e sodomia. Si dichiara innocente. La sua famiglia e lui stesso si appellano a Roma. Il processo si sospende e riprende solo dopo pressioni da Roma, insoddisfatta dei ritardi. Si ipotizza che la sospensione sia dovuta a una lettera di Ripamonti che accusa Borromeo di volerlo morto per appropriarsi della sua fama di scrittore. Nonostante le pressioni romane, Borromeo ritarda il processo. Solo un ordine perentorio da Roma lo costringe a riavviare il caso. Viene nominato un difensore e testimoni depongono a favore di Ripamonti, ma la sentenza lo dichiara colpevole e lo condanna a ulteriore carcere. Ripamonti appella, ma Borromeo, per evitare l’intervento diretto di Roma, offre clemenza. Ripamonti, provato, ritira l’appello e accetta una pena mitigata: arresti domiciliari nel palazzo arcivescovile e l’obbligo del silenzio perpetuo sulla vicenda. Riprende le sue attività, pubblica la seconda e terza decade della sua storia, viene reintegrato all’Ambrosiana e nominato canonico. Durante la peste del 1629, si trova lontano da Milano. Dopo la morte di Borromeo nel 1631, lascia il palazzo arcivescovile. Il senato milanese lo incarica di scrivere la storia della città, la “Historiae Patriae”. Viene nominato “Historico Regio” e incaricato di documentare la peste. La sua salute peggiora, manifesta sintomi di idropisia. Si ritira a Rovagnate, dove muore nel 1643. La sua “Historiae Patriae” viene pubblicata postuma per volere del senato. Anni dopo la sua morte, vengono eretti monumenti in suo onore.Riassunto Lungo
1. Dietro il Piedistallo: Manzoni, Borromeo e l’Enigma Ripamonti
L’omaggio di Milano a Federico Borromeo e l’assenza di Manzoni
Milano celebrò Federico Borromeo con una cerimonia pubblica il 16 luglio 1865, inaugurando una statua in suo onore. Borromeo era una figura importante per la città, noto soprattutto per aver fondato la Biblioteca Ambrosiana. Molte autorità parteciparono all’evento, ma Alessandro Manzoni non era presente. La sua assenza non sorprese, dato che Manzoni notoriamente evitava la folla e gli eventi pubblici rumorosi.Il tributo letterario di Manzoni e l’ispirazione da Ripamonti
Manzoni aveva già onorato Borromeo a modo suo, dedicandogli un ritratto solenne nel suo romanzo più famoso. Questo legame tra Manzoni e il Cardinale Borromeo si unisce a un’altra figura cruciale per lo scrittore: Giuseppe Ripamonti. Ripamonti era uno storico del Seicento, e le sue opere furono una fonte di grande ispirazione per Manzoni nella creazione dei “Promessi Sposi”. Fu proprio leggendo i testi di Ripamonti che Manzoni trovò le idee per descrivere eventi come la peste e la carestia, e per creare personaggi memorabili come la Monaca di Monza e l’Innominato.L’enigma della prigionia di Ripamonti
Giuseppe Ripamonti non fu solo una fonte storica per Manzoni, ma anche un personaggio avvolto nel mistero. La sua vita fu segnata da un periodo di prigionia le cui ragioni sono rimaste a lungo sconosciute. Nonostante fosse riconosciuto come un uomo di grande cultura e le sue opere fossero di valore, la sua vicenda personale rimase oscura e silenziosa. Gli storici si sono interrogati a lungo su questo silenzio, pensando che potesse essere legato alla volontà di proteggere la reputazione di figure importanti della Chiesa coinvolte nella sua prigionia, tra cui lo stesso Federico Borromeo.La riscoperta di documenti e nuove rivelazioni
Documenti processuali ritrovati di recente hanno gettato nuova luce sulla vicenda di Ripamonti. Questi documenti rivelano accuse serie contro di lui, tra cui eresia e insubordinazione. Queste scoperte contribuiscono a svelare una storia complessa e per molto tempo nascosta.Ma se Ripamonti era eretico e insubordinato, perché ci siamo concentrati tanto sull’enigma della sua prigionia, invece di analizzare le sue colpe?
Il capitolo presenta la prigionia di Ripamonti come un enigma legato alla protezione della Chiesa, ma l’emergere di accuse gravi contro di lui sposta il focus. Forse è il caso di studiare la storia del pensiero eretico nel Seicento, per capire meglio le accuse mosse a Ripamonti. Approfondire autori come Delio Cantimori o Adriano Prosperi, esperti di storia delle eresie, potrebbe aiutare a comprendere meglio il contesto e a dare una risposta più completa alla vicenda di Ripamonti, andando oltre la semplice idea di un “enigma” da risolvere.2. Vocazione e Disciplina: Il Percorso di Giuseppe Ripamonti
Giuseppe Ripamonti nacque nel 1577 in Brianza. La sua famiglia possedeva terreni, ma non si occupava direttamente dei lavori agricoli. La sua prima educazione fu guidata dallo zio sacerdote, Giovan Battista Ripamonti, che era curato a Barzanò. Grazie allo zio, Giuseppe imparò presto le lingue classiche, soprattutto il latino e l’ebraico.L’influenza dello zio e l’ingresso in seminario
Fu lo zio a indirizzarlo verso la vita religiosa. Giuseppe entrò in seminario, spinto dalle aspettative familiari più che da una sua scelta personale. Inizialmente, pensava di prendere il posto dello zio come prete a Barzanò. In quel periodo, il Concilio di Trento aveva stabilito che i preti dovessero essere formati nei seminari. Carlo Borromeo aveva applicato queste regole in modo molto severo, mettendo al centro della formazione seminaristica la disciplina, la fede e lo studio.L’entrata in seminario di Giuseppe coincise con il periodo in cui Federico Borromeo, cugino di Carlo, era arcivescovo di Milano. Federico Borromeo riconobbe le capacità di Giuseppe e lo spinse a studiare materie più difficili, in particolare la lingua ebraica, che Ripamonti arrivò anche a insegnare. Però, la possibilità di ereditare la parrocchia dello zio creò problemi, perché un altro prete, Gasparo Pirovano, voleva quella parrocchia per sé. Giuseppe, preferendo lo studio ed essendo consapevole dei problemi legati alla parrocchia, rinunciò all’offerta dello zio e decise di continuare a studiare.Gli studi e la carriera ecclesiastica
Dopo aver lasciato il seminario, Giuseppe continuò a studiare al Collegio dei Gesuiti di Brera e lavorò come insegnante privato. Poi, divenne segretario di alcuni vescovi. Successivamente, Federico Borromeo lo chiamò di nuovo a Milano per insegnare latino in seminario e per dedicarsi allo studio della storia. Nonostante fosse bravo con le lingue, Borromeo lo indirizzò definitivamente verso la storiografia, cioè lo studio e la scrittura della storia.Giuseppe divenne sacerdote quando era già adulto e insegnò latino nel seminario maggiore per circa quattro anni. Si dedicò così tanto allo studio e all’insegnamento da essere criticato perché sembrava trascurare i compiti da prete. Aveva un carattere chiuso e ambizioso, ed eraIntellettualmente superiore alla media, per questo motivo fu una figura complessa e a volte discussa nella Chiesa.L’Ambrosiana e l’affermazione come storico
Nel 1607, Federico Borromeo creò il Collegio dei Dottori dell’Ambrosiana, che fu il primo passo verso la fondazione della Biblioteca Ambrosiana. Ripamonti fu scelto come uno dei nove dottori, con l’incarico di scrivere di storia. Iniziò così la sua carriera da storico e intellettuale importante all’interno dell’Ambrosiana di Milano. Quando la Biblioteca Ambrosiana aprì nel 1609, fu un momento molto importante. Ripamonti e gli altri dottori furono celebrati per il loro contributo alla cultura e al sapere.Se Ripamonti fu spinto verso la vita religiosa più dalle aspettative familiari che da una sua scelta personale, e venne criticato per aver trascurato i compiti da prete a favore dello studio, possiamo veramente parlare di ‘vocazione’ religiosa, o dovremmo piuttosto interpretare il suo percorso come una strategia di carriera intellettuale all’interno delle istituzioni ecclesiastiche del tempo?
Il capitolo presenta la vita di Ripamonti come un percorso di “vocazione e disciplina”, ma la narrazione suggerisce una tensione tra le aspettative familiari e la sua inclinazione personale per lo studio. Per rispondere a questa domanda, sarebbe utile approfondire il contesto storico e sociale del XVII secolo, in particolare il ruolo della Chiesa e delle istituzioni ecclesiastiche come vie di ascesa sociale e intellettuale per individui dotati ma non necessariamente vocati in senso strettamente religioso. Approfondimenti sulla storia della Chiesa Controriformista e sulle dinamiche di potere e patronage all’interno delle istituzioni religiose potrebbero fornire una prospettiva più complessa sul percorso di Ripamonti.3. Disaccordi e Inizi Editoriali all’Ambrosiana
L’inizio delle attività della Biblioteca Ambrosiana e del Collegio dei dottori non fu semplice, a causa di alcune tensioni interne. Nacque subito un clima di conflitto tra Ripamonti e Antonio Olgiati, che era stato scelto da Federico Borromeo come prefetto. Non si conoscono precisamente i motivi di questi contrasti, ma si pensa che fossero dovuti al ruolo di controllo del prefetto e al carattere indipendente di Ripamonti. Questi scontri si estesero anche ad altri membri del Collegio e a persone del seminario, portando a episodi come il litigio tra Ripamonti e il teologo Rusca per il furto di una medaglia. Ci fu anche una discussione con il rettore del seminario riguardo all’esenzione dal pagamento della retta per i dottori dell’Ambrosiana, questione che fu risolta direttamente da Federico Borromeo.Le Esitazioni Letterarie di Borromeo
Federico Borromeo, nello stesso periodo, iniziò con incertezza la sua carriera di scrittore. Era molto restio a scrivere, perché era estremamente perfezionista e forse anche a causa di un episodio negativoSuccessivamente, Federico Borromeo intraprese con esitazione la carriera di scrittore. Superò una grande difficoltà legata al suo perfezionismo eccessivo e forse a un episodio infantile traumatico, in cui era stato giudicato severamente dal cugino Carlo. Nonostante amasse studiare fin da giovane e avesse raccolto molti appunti, Borromeo considerava la scrittura molto difficile. Diverse biografie lo descrivono come una persona complessa, collerica ma allo stesso tempo molto disciplinata, sensibile e suscettibile.La Stamperia Ambrosiana e la Prima Opera di Ripamonti
In questo periodo, Ripamonti, che era ospite di Borromeo, cominciò a lavorare alla sua grande opera “Historiarum Ecclesiae Mediolanensis”. All’inizio il suo rapporto con il Cardinale era buono, ma le loro personalità forti facevano pensare che in futuro ci sarebbero potuti essere dei problemi. Borromeo, volendo aumentare l’importanza dell’Ambrosiana, decise di creare una stamperia interna. Dopo varie trattative, scelse Gian Giacomo Como. Nel 1617 fu pubblicata la prima opera della stamperia del Collegio: la prima parte dell'”Historiarum” di Ripamonti.Le Prime Polemiche Editoriali
L’opera di Ripamonti, anche se nata con l’appoggio di Borromeo, creò subito polemiche. Fu accusato di aver raccontato fatti sconvenienti e di aver fatto allusioni nascoste a persone del tempo, generando un acceso dibattito. Ripamonti si difese dicendo che l’opera era stata approvata in precedenza da persone della Chiesa incaricate del controllo. Queste discussioni editoriali si aggiunsero alle tensioni personali e istituzionali già presenti, rendendo difficile la fase iniziale della Biblioteca Ambrosiana e del suo progetto culturale.È davvero prudenza o semplice rassegnazione rinunciare alla giustizia in cambio di pace, soprattutto quando si è vittima di un abuso di potere?
Il capitolo presenta la scelta di Ripamonti di accettare il silenzio forzato come una decisione dettata dalla prudenza. Tuttavia, questa interpretazione potrebbe essere superficiale. Rinunciare a far valere i propri diritti di fronte a un’ingiustizia, anche se perpetrata da figure potenti come il Cardinale Borromeo, solleva interrogativi sulla vera natura di tale “prudenza”. Per comprendere appieno le dinamiche di potere e le implicazioni etiche di simili compromessi, è utile approfondire le opere di autori che hanno analizzato le strutture di potere e la psicologia della vittima, come Michel Foucault o Primo Levi.7. Ripamonti: Tra Incarichi e Pestilenza
Ripresa delle attività e nuovi incarichi
Nonostante dovesse rimanere nel palazzo arcivescovile, Ripamonti tornò a fare quello che faceva prima. Si pensa che abbia aiutato il Cardinale Borromeo a scrivere i suoi molti libri. In questo periodo, Ripamonti pubblicò la seconda e la terza parte della sua opera “Historiarum Ecclesiae Mediolanensis”. Con queste pubblicazioni, concluse un progetto che aveva iniziato tempo prima.Riconoscimenti crescenti
Successivamente, Ripamonti fu riammesso nel Collegio dei dottori dell’Ambrosiana, ottenendo anche un aumento di stipendio. Inoltre, non dovette più partecipare agli incontri del collegio. Ricevette anche un importante incarico come canonico della Collegiata di Santa Maria della Scala. Questa nomina fu voluta dal re spagnolo e suggerita dalle autorità di Milano.La peste e un periodo difficile
Nel 1629, la peste arrivò a Milano, portando un periodo di grande difficoltà. Contrariamente a quello che alcune storie raccontano, Ripamonti non aiutò i malati in questo periodo. Documenti dell’epoca mostrano che si trovava nella villa di Senago, lontano dal pericolo di contagio, insieme alla famiglia del Borromeo.Gli ultimi anni e l’eredità
Quando la peste finì e il Cardinale Borromeo morì nel 1631, Ripamonti lasciò il palazzo arcivescovile e si trasferì nella parrocchia di San Cipriano. Il governo di Milano gli diede l’incarico di scrivere la storia della città. Così, Ripamonti iniziò a scrivere la grande opera “Historiae Patriae”, che raccontava i fatti storici a partire dal 1313.Anche se era stato proposto di nominarlo “Historico Regio”, questo titolo arrivò solo più tardi. Insieme al titolo, ebbe anche il compito di scrivere un resoconto sulla recente epidemia di peste. La salute di Ripamonti cominciò a peggiorare, mostrando segni di idropisia. Dopo un periodo di malattia e cure che non funzionarono, si ritirò a Rovagnate, dove morì nel 1643. La sua morte fu sentita molto a Milano, e la sua “Historiae Patriae” fu pubblicata dopo la sua morte per decisione del governo. Solo molti anni dopo la sua morte, furono costruiti monumenti per ricordarlo.Se il capitolo afferma che Ripamonti non aiutò i malati durante la peste, contrariamente ad alcune storie, quali sono queste storie e perché il capitolo non le approfondisce per chiarire la narrazione storica?
Il capitolo menziona delle “storie” che contraddicono la sua affermazione sulla lontananza di Ripamonti durante la peste, ma non le esamina. Perché il capitolo non si confronta con queste narrazioni alternative? Approfondire la metodologia della ricerca storica e lo studio delle fonti potrebbe aiutare a comprendere come si formano e si perpetuano diverse versioni degli eventi storici, e come valutare la loro attendibilità. Lo studio di autori come Carlo Ginzburg, con la sua attenzione alla microstoria e alle fonti marginali, potrebbe offrire strumenti utili per analizzare narrazioni storiche complesse e apparentemente contraddittorie.Abbiamo riassunto il possibile
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