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Contenuti del libro
Informazioni
“Sopravvissuta ad Auschwitz. La vera e drammatica storia della sorella di Anne Frank” di Eva Schloss è un libro che ti prende subito, raccontando una storia vera pazzesca. Si parte da una Vienna elegante e spensierata, l’infanzia felice di Eva, poi arriva la minaccia nazista e la fuga, prima a Bruxelles e poi ad Amsterdam, dove Eva diventa amica di Anne Frank. La vita cambia drasticamente con l’occupazione tedesca, la paura, il nascondersi e poi, l’orrore indicibile di Auschwitz. Eva Schloss è una sopravvissuta dell’Olocausto e la sua testimonianza ti porta dentro la brutalità del campo, la fame, la perdita della famiglia, ma anche l’incredibile forza di resistere. Dopo la liberazione, il ritorno è difficile, segnato dal dolore per chi non c’è più, come il padre e il fratello, e dalla lotta per tornare a vivere. Ma il libro parla anche di speranza, del legame con Otto Frank e l’eredità del diario di Anne Frank, e di come Eva ha trovato il coraggio di raccontare la sua storia per non dimenticare la Shoah e per lottare contro i pregiudizi oggi. È una lettura potente che ti fa riflettere tantissimo.Riassunto Breve
La vita inizia a Vienna all’inizio del Novecento, in una famiglia ebraica borghese benestante. Si cresce in un ambiente affettuoso, partecipando alla vita sociale e alle tradizioni. Questa stabilità viene interrotta negli anni Trenta dalla crisi economica e dall’ascesa del nazismo in Germania, che porta a difficoltà finanziarie e a una crescente ansia. L’Anschluss nel 1938 scatena violente persecuzioni contro gli ebrei a Vienna, con aggressioni, saccheggi e leggi discriminatorie. Le famiglie cercano disperatamente di emigrare, ma ottenere visti è difficile. La famiglia si sposta prima a Bruxelles, affrontando ostilità e isolamento, poi riesce a riunirsi ad Amsterdam nel 1940. Qui si vive un periodo di relativa calma, stringendo nuove amicizie, inclusa quella con Anne Frank. L’invasione tedesca dei Paesi Bassi nel maggio 1940 cambia tutto. Vengono introdotte gradualmente leggi anti-ebraiche che limitano la vita quotidiana, culminando nell’obbligo di indossare la stella di David e nelle deportazioni. Di fronte al pericolo, la famiglia decide di nascondersi, separandosi e cambiando rifugi, vivendo nella paura costante delle perquisizioni e nella noia della clandestinità per quasi due anni. La cattura avviene nel maggio 1944, a seguito di un tradimento. La famiglia viene interrogata dalla Gestapo e trasferita al campo di transito di Westerbork, dove le condizioni sono difficili e la minaccia dei trasporti è costante. Nonostante i tentativi di evitare la deportazione, si viene inclusi in una lista e si viaggia in carri bestiame sovraffollati verso Auschwitz-Birkenau. All’arrivo, avviene la selezione: i prigionieri vengono divisi per il lavoro o per le camere a gas. Si subisce la rasatura dei capelli, il tatuaggio di un numero e si inizia una vita brutale fatta di fame, sporcizia, appelli estenuanti e malattie. La sopravvivenza richiede adattamento e determinazione. Si lavora smistando i beni dei deportati. L’arrivo di nuovi trasporti intensifica lo sterminio. Le selezioni continuano a determinare chi vive. Con l’avanzare degli Alleati, il campo viene parzialmente distrutto e i prigionieri abili evacuati. Il 27 gennaio 1945, le forze sovietiche liberano i pochi rimasti. Il viaggio di ritorno attraverso l’Europa devastata è lento e difficile. Ad Amsterdam, l’accoglienza è fredda. Si scopre la morte del padre e del fratello a Mauthausen, causando un dolore profondo. I sopravvissuti affrontano gravi conseguenze psicologiche. Si cerca di riprendere una parvenza di normalità , frequentando la scuola e cercando lavoro. La madre si lega a Otto Frank, anch’egli sopravvissuto che ha perso la famiglia. Nel dopoguerra, si tengono processi contro i collaboratori. Ci si trasferisce a Londra nel 1951, incontrando Zvi Schloss, un altro rifugiato con un passato difficile. Si sposa Zvi e si costruisce una famiglia con tre figlie, nonostante le difficoltà legate al trauma subito. La timidezza e i problemi di salute persistono. Si avvia un negozio di antiquariato. Il trauma dell’Olocausto rimane inespresso per anni. L’eredità di Anne Frank, gestita da Otto, è una presenza costante. La morte di Otto nel 1980 segna un’altra perdita. Negli anni successivi, si inizia a parlare pubblicamente delle esperienze vissute, partecipando a mostre su Anne Frank. Questa testimonianza diventa un percorso di guarigione e un modo per affrontare il passato. Si scrive un libro, si contribuisce alla creazione di un’organizzazione per la tolleranza e si partecipa a un’opera teatrale. Condividere la storia ha un impatto sulle relazioni familiari e rafforza il legame con la madre. Si parla nelle scuole e nelle prigioni, diffondendo messaggi di tolleranza, speranza e lotta contro i pregiudizi. L’incontro con persone diverse rafforza la convinzione che le esperienze umane sono spesso comuni. I ritorni ad Auschwitz e nei luoghi d’origine evocano ricordi contrastanti. La storia personale diventa un messaggio per il futuro, sottolineando l’importanza dell’educazione e dell’empatia per prevenire nuove atrocità . L’impegno attivo per cambiare il futuro è essenziale accanto alla commemorazione. Si organizza mostre delle opere del padre e del fratello, mantenendo viva la loro memoria. L’impegno per la memoria e la beneficenza viene riconosciuto.Riassunto Lungo
1. Una Catena Infrangibile
Vienna all’inizio del Novecento è una città vivace, un importante centro di cultura ed economia. Qui, la comunità ebraica borghese è parte integrante della società e vive in condizioni agiate. La famiglia Geiringer abita in una grande casa circondata dal verde, con personale di servizio, godendo di una vita confortevole. I genitori, Erich e Fritzi, hanno personalità diverse ma complementari e crescono i loro due figli, Heinz e la narratrice, in un ambiente pieno d’affetto. La vita familiare è arricchita da tradizioni ebraiche, vissute in modo non rigido, e dalla partecipazione alla vita sociale della città . I bambini frequentano la scuola e iniziano a capire la loro identità ebraica attraverso le lezioni di religione separate. Le domeniche e le vacanze sono spesso dedicate a gite ed escursioni, momenti guidati dal padre, che ama l’avventura.L’ombra della crisi
Questa quotidianità serena viene bruscamente interrotta nel 1933. Il fratello Heinz si ammala gravemente, perdendo la vista da un occhio. Quasi contemporaneamente, l’azienda di famiglia subisce un duro colpo a causa della crisi economica e dell’inflazione, portando al fallimento. La famiglia è costretta a lasciare la casa spaziosa per trasferirsi in un appartamento più piccolo. In questo periodo, si diffonde una crescente inquietudine, legata agli eventi politici che stanno accadendo in Germania con l’ascesa al potere di Hitler.Il peso del silenzio
Dopo decenni, l’esperienza terribile vissuta nel campo di concentramento di Auschwitz lascia un segno profondo, portando a un lungo periodo di silenzio sul passato. La persona sopravvissuta vive a Londra, ha una famiglia, ma una parte di sé rimane bloccata dal trauma subito. Un’occasione inaspettata rompe questo silenzio: l’invito a parlare in occasione di una mostra dedicata ad Anne Frank, che era stata sua amica d’infanzia e poi sorellastra. Accettare l’invito è difficile all’inizio, ma segna un punto di svolta.La forza della parola
Raccontare la propria storia diventa un percorso di guarigione, un modo per affrontare e superare il peso del passato. Inizia una collaborazione attiva con organizzazioni legate alla figura di Anne Frank, che porta a viaggiare in diverse parti del mondo per condividere la propria esperienza. L’obiettivo principale è chiaro: contrastare i pregiudizi e le discriminazioni che ancora esistono, dimostrando che anche nei momenti più bui c’è spazio per la speranza. Gli incontri con persone diverse, in particolare con giovani e persone detenute, rafforzano la consapevolezza che le esperienze umane, le difficoltà affrontate e le speranze nutrite sono spesso le stesse per tutti.Una catena che non si spezza
Questa attività di testimonianza si lega profondamente a un insegnamento ricevuto dal padre: ogni azione che compiamo lascia un segno nel mondo, il bene si diffonde e si trasmette, creando una specie di catena che non può essere spezzata. Raccontare la propria storia è, in questo senso, un modo per lasciare un segno positivo e importante.Il capitolo salta decenni di storia cruciale: come si arriva dalla crisi viennese del 1933 all’orrore di Auschwitz?
Il riassunto del capitolo presenta una lacuna narrativa e storica fondamentale, passando bruscamente dalla crisi economica e familiare del 1933 all’esperienza del campo di concentramento, avvenuta molti anni dopo. Manca completamente il contesto degli eventi che hanno portato milioni di persone, inclusi gli ebrei austriaci, alla deportazione e allo sterminio. Per comprendere appieno il percorso della narratrice e della sua famiglia, è indispensabile approfondire la storia dell’Austria sotto il regime nazista, l’Anschluss, le leggi razziali, la progressiva persecuzione e l’organizzazione della “Soluzione Finale”. Lo studio della storia della Shoah, attraverso le opere di storici come Raul Hilberg o Christopher Browning, è essenziale per colmare questa grave mancanza contestuale.2. Il cammino dell’esilio
Vienna, una città segnata da forti disuguaglianze sociali e da un antisemitismo crescente alimentato da politici e movimenti pangermanisti, vede la sua situazione precipitare con l’Anschluss nel 1938. L’annessione alla Germania nazista scatena persecuzioni immediate e violente contro gli ebrei. Si verificano aggressioni fisiche, saccheggi di negozi e umiliazioni pubbliche. Vengono introdotte leggi discriminatorie che escludono gli ebrei dalla vita pubblica e professionale, rendendo la loro permanenza in città insostenibile e pericolosa.La difficile fuga e le prime tappe
Di fronte a questa drammatica realtà , le famiglie ebree cercano disperatamente una via di fuga dall’Austria. Ottenere visti per altri paesi si rivela però un’impresa ardua e complicata. Molti beni devono essere svenduti a prezzi irrisori a causa dell’urgenza di partire, una perdita economica che si aggiunge al dolore dello sradicamento. Nonostante le difficoltà , alcuni parenti riescono fortunatamente a emigrare in Inghilterra, trovando un primo rifugio. La famiglia si prepara a trasferirsi nei Paesi Bassi, ma inizialmente solo il padre ottiene il necessario visto di lavoro. La madre e i figli sono costretti a spostarsi temporaneamente a Bruxelles, in Belgio, in attesa di potersi ricongiungere.La sosta forzata a Bruxelles
La permanenza nella capitale belga è tutt’altro che semplice e serena. L’accoglienza per i rifugiati ebrei è ostile, e manifestazioni di antisemitismo si riscontrano anche a livello politico, rendendo il clima pesante. La barriera linguistica si aggiunge all’isolamento, rendendo l’adattamento e l’integrazione estremamente difficili. Un episodio particolarmente doloroso è l’abuso subito da un pensionante nella struttura dove alloggiano, un evento che mette in luce la vulnerabilità dei rifugiati, aggravata dal rifiuto della proprietaria di espellere l’aggressore per mere ragioni economiche. Nonostante tutte queste avversità , la madre dimostra una grande forza d’animo e una notevole praticità nell’affrontare la situazione e cercare soluzioni. Nel frattempo, le richieste di emigrazione verso altre destinazioni vengono sistematicamente respinte.Finalmente ad Amsterdam
Nel settembre 1939 scoppia la Seconda Guerra Mondiale, aumentando enormemente la tensione in tutta Europa. Tuttavia, nel febbraio 1940, un raggio di speranza si accende: la famiglia ottiene finalmente i visti tanto attesi per i Paesi Bassi e riesce a riunirsi ad Amsterdam. Qui trovano un periodo di relativa tranquillità e possono finalmente iniziare a ricostruire i legami familiari, essenziali dopo mesi di separazione e incertezza. Si stabiliscono in un quartiere dove vivono altri rifugiati ebrei, creando una piccola comunità . I figli riescono a integrarsi nella nuova realtà , frequentano la scuola e stringono nuove amicizie, trovando un po’ di normalità . Nonostante questo periodo di pace apparente, la minaccia nazista si avvicina inesorabilmente, come dimostrano le successive invasioni tedesche in Europa, mettendo seriamente in discussione la speranza di neutralità olandese e proiettando una nuova ombra sul loro faticoso cammino.Se la minaccia era così evidente, perché il mondo non ha aperto le porte?
Il capitolo descrive con efficacia la disperazione e le difficoltà pratiche incontrate dalle famiglie ebree nel cercare rifugio dall’Austria nazificata. Tuttavia, la narrazione, concentrandosi sull’esperienza individuale, non esplora a fondo il fallimento collettivo della comunità internazionale nell’affrontare questa crisi umanitaria. La difficoltà nell’ottenere visti e l’accoglienza spesso ostile in altri paesi non furono casuali, ma il risultato di precise politiche restrittive e di un clima politico e sociale che, anche fuori dalla Germania, non era esente da pregiudizi. Per comprendere appieno perché la fuga fu così ardua, è necessario analizzare le dinamiche internazionali dell’epoca, le politiche migratorie dei singoli stati e il contesto sociale e politico che rese l’Europa e il mondo così poco accoglienti per i rifugiati. Approfondire la storia delle relazioni internazionali negli anni ’30 e il pensiero di autori che hanno studiato le origini dei totalitarismi e la condizione degli apolidi può fornire il contesto mancante.3. Vivere nascosti ad Amsterdam
La vita si svolge in un quartiere di Amsterdam, Merwedeplein. Qui si stringono nuove amicizie, tra cui quella con una bambina destinata a diventare famosa, Anne Frank. Le due bambine hanno personalità diverse: una è un maschiaccio biondo e vivace, l’altra più riservata e intellettuale. Le loro famiglie sono rifugiate ebree arrivate dalla Germania, e il padre di Anne, Otto Frank, è descritto come un uomo gentile. Le giornate scorrono tra giochi, le prime esperienze sociali e le piccole rivalità tipiche dell’infanzia, in un clima di relativa normalità prima che la guerra cambiasse tutto.L’invasione e le prime restrizioni
La situazione cambia drasticamente con l’invasione tedesca dei Paesi Bassi nel maggio 1940. La città piomba nel caos, e i tentativi di fuga falliscono. L’esercito olandese oppone una breve resistenza, ma è costretto ad arrendersi. Inizia così l’occupazione nazista del paese. Vengono introdotte gradualmente le prime leggi contro gli ebrei, che limitano sempre più la loro libertà .La stretta delle leggi razziali
Le leggi anti-ebraiche diventano via via più severe. Vengono imposti divieti professionali e l’esclusione dai luoghi pubblici, segnalati con cartelli come “Vietato agli ebrei”. Seguono la confisca delle radio e l’obbligo di censimento e di carte d’identità con la “J” per “Jood”. La vita quotidiana si restringe drasticamente. Nel febbraio 1941, uno sciopero generale ad Amsterdam contro le violenze naziste segna un punto di svolta, mostrando la brutalità del regime. Vengono proiettati film di propaganda antisemita e le restrizioni aumentano ulteriormente, vietando agli ebrei l’accesso a parchi, spiagge, trasporti pubblici e cinema. Vengono anche istituite scuole separate per gli studenti ebrei.La minaccia crescente e la decisione di nascondersi
Nel gennaio 1942, la Conferenza di Wannsee decide la “soluzione finale”. Amsterdam diventa un luogo di “reinsediamento” forzato per gli ebrei. Nel maggio 1942, diventa obbligatorio indossare la stella di David gialla. La vita per gli ebrei si fa estremamente pericolosa, con arresti e violenze per strada. Si diffondono rapidamente voci sulle deportazioni nei campi di concentramento e sulle uccisioni di massa. Di fronte a questa minaccia incombente e alla consapevolezza del pericolo mortale, si prende la difficile decisione di nascondersi.La vita in clandestinitÃ
Per nascondersi, la famiglia deve dividersi. La madre e la bambina si spostano per prime, usando false identità . Camminare per strada senza indossare la stella gialla crea una forte sensazione di vulnerabilità e paura. Il primo nascondiglio è presso una famiglia olandese, ma vengono scoperti dopo una perquisizione della Gestapo. Trovano un nuovo rifugio in soffitta, ospitate da un’altra signora olandese. La Resistenza offre aiuto costruendo un nascondiglio segreto all’interno del bagno. La paura è una compagna costante, specialmente durante le perquisizioni improvvise. La vita in clandestinità è caratterizzata da terrore e noia. Le giornate sono lunghe e monotone, il cibo è razionato e scarso. Si ascoltano di nascosto le notizie trasmesse dalla BBC, venendo a sapere della terribile sorte degli ebrei deportati e dell’esistenza di campi di sterminio come Auschwitz. La notizia delle camere a gas provoca incredulità e orrore. La clandestinità si protrae per quasi due anni. Gli unici momenti di sollievo sono le rare e rischiose visite al padre e al fratello, nascosti altrove in città .È davvero sufficiente educare all’empatia per prevenire nuovi orrori, o il capitolo ignora le radici più profonde dell’intolleranza?
Il capitolo, pur sottolineando l’importanza cruciale dell’educazione e dell’empatia, potrebbe apparire riduttivo nell’affrontare le complesse cause dell’intolleranza e dei genocidi. Questi fenomeni affondano le radici non solo nella mancanza di empatia individuale, ma anche in dinamiche sociali, strutture politiche e fattori economici che vanno oltre la sfera educativa. Per comprendere appieno come prevenire il ripetersi di tali orrori, è necessario esplorare discipline come la sociologia, la scienza politica e la psicologia sociale. Autori come Hannah Arendt, Zygmunt Bauman o Stanley Milgram offrono prospettive fondamentali sulle origini del totalitarismo, sul ruolo delle strutture sociali e sull’obbedienza all’autorità , fornendo un contesto più ampio rispetto all’approccio centrato sull’individuo proposto nel capitolo.11. Memorie di una vita oltre l’orrore
La vita comincia a Vienna, trascorsa in una casa accogliente insieme ai nonni e ai genitori. Il padre possiede una fabbrica di scarpe. L’infanzia è popolata di amici e include un primo amore, un ragazzo che poi parte per Shanghai. Un legame particolarmente forte si instaura con Heinz, un amico fidato.L’orrore della guerra e la clandestinitÃ
Durante il periodo bellico, la necessità di nascondersi diventa una realtà quotidiana. Heinz trascorre questo tempo leggendo, scrivendo e dipingendo, trovando nell’arte e nella cultura un rifugio. In questo difficile contesto, si sviluppa una connessione con la famiglia Frank, che si trova nascosta nelle vicinanze, ad Amsterdam. Figure coraggiose come Miep Gies offrono aiuto a queste famiglie, fornendo supporto e nascondigli. Sarà proprio Miep Gies a ritrovare in seguito il diario di Anne Frank, una ragazza descritta come popolare, allegra e sempre sorridente.La deportazione e la sopravvivenza ad Auschwitz
Il viaggio verso il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau avviene in condizioni disumane, stipati in carri bestiame. All’arrivo, la separazione è immediata e brutale: gli anziani, i giovani e i più deboli vengono divisi dagli altri. Le teste vengono rasate, un atto di spersonalizzazione che segna l’inizio di una nuova, terribile realtà . Il lavoro consiste nello smistare gli effetti personali dei deportati in un’area tristemente nota come “Canada”, un luogo stracolmo di oggetti che testimoniano le vite interrotte. In questo ambiente di sofferenza, una persona di nome Minni si rivela fondamentale per la sopravvivenza, offrendo aiuto e speranza.Il ritorno e la ricostruzione di una vita
Dopo la liberazione, si fa ritorno e si vive per un breve periodo con i signori Rosenbaum, che offrono ospitalità . Per la prima volta, l’esperienza vissuta viene condivisa con i cugini, un passo importante nel processo di elaborazione. Si mantiene un rapporto stretto con Otto Frank e Miep Gies, figure centrali nel ricordo di quel periodo. Otto Frank, in particolare, dona una Leica, un gesto che non solo rappresenta un legame con il passato, ma segna anche l’inizio di un’attività fotografica che diventerà parte integrante della vita.Una nuova famiglia e il futuro
La vita nel dopoguerra porta a una relazione che si conclude con un trasferimento a Londra. Il destino porta poi a incontrare Zvi in una pensione ad Amsterdam nel 1951. L’incontro sboccia in amore e i due si sposano nel 1952. Insieme, costruiscono una famiglia solida, allietata dalla nascita di tre figlie: Caroline, Jacky e Sylvia. Le vacanze in famiglia diventano momenti preziosi, condivisi anche con la madre (Mutti) e con Otto Frank, che si dimostra sempre pieno di energia e gioia in compagnia dei ragazzi.L’impegno per la memoria e il riconoscimento
In età adulta, si decide di aprire un negozio di antiquariato, un’attività che permette di rimanere ancorati alla bellezza e alla storia. Parallelamente, un forte impegno si manifesta nel mantenere viva la memoria dell’Olocausto. Questo si concretizza partecipando attivamente alla produzione di opere teatrali e parlando nelle scuole, con l’obiettivo di educare i giovani e preservare il ricordo. Vengono organizzate mostre dedicate alle opere del padre (Pappy) e di Heinz, onorando il loro talento e la loro storia. La vita prosegue, celebrando traguardi importanti come un sessantesimo anniversario di matrimonio. L’impegno costante nel lavoro per la memoria e nelle attività di beneficenza viene riconosciuto ufficialmente nel 2012 con l’assegnazione di un titolo onorifico.Come si può definire una “vita oltre l’orrore” quando la memoria di quell’orrore ne costituisce una parte così centrale e attiva?
Il capitolo descrive un percorso di resilienza e ricostruzione, culminato in un impegno costante per la memoria. Tuttavia, non esplora a fondo la dialettica tra il superamento del trauma e la necessità di testimoniarlo e ricordarlo incessantemente. La narrazione suggerisce una vita “oltre”, ma l’attività di memoria implica un legame indissolubile con il passato. Per comprendere meglio questa apparente contraddizione, sarebbe utile approfondire gli studi sulla psicologia del trauma e sul ruolo della memoria collettiva. Autori come Primo Levi o Viktor Frankl offrono spunti cruciali sulla sopravvivenza e sul peso del ricordo.Abbiamo riassunto il possibile
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