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Contenuti del libro
Informazioni
“Soffro dunque siamo. Il disagio psichico nella società degli individui” di Marco Rovelli non è il solito libro che ti dice che ansia e depressione sono solo un problema tuo o del tuo cervello. Va molto più a fondo, dicendo che il disagio psichico che vediamo ovunque, dagli attacchi di panico al ritiro sociale degli hikikomori, passando per l’anoressia e la fragilità dell’Io, è un sintomo di come è fatta la nostra società oggi. Viviamo nella “società performante”, dove devi essere sempre al top, “imprenditore di te stesso”, e se non ci riesci, ti senti fallito e provi vergogna, non più senso di colpa. Questa pressione, unita alla solitudine e a un narcisismo diffuso amplificato dai social, crea un vuoto dentro. Il libro esplora come questa “Io-crazia” e la mancanza di legami stabili ci rendano vulnerabili, analizzando sintomi specifici non come malattie isolate, ma come espressioni di un mondo senza punti di riferimento. Critica anche come la psichiatria spesso riduca tutto a diagnosi e farmaci, ignorando la storia delle persone e il contesto sociale, e propone invece un’idea di salute mentale basata sulla relazione e sull’ascolto, come dimostrano esperienze concrete di psichiatria comunitaria. È un libro che ti fa capire che il tuo soffrire non è solo una cosa tua, ma dice qualcosa di importante su tutti noi e sulla società in cui viviamo.Riassunto Breve
Il disagio psichico come ansia e depressione è molto diffuso oggi e non è solo un problema della singola persona o del suo corpo. È legato a come è fatta la nostra società, che spinge tutti a competere e a essere sempre al massimo, come se ognuno fosse un’azienda di sé stesso. In questa società della performance, non ci sono più divieti, ma l’idea che “tutto è possibile, dipende solo da te”. Questo crea un senso di fallimento e impotenza quando non si riesce a raggiungere gli standard alti che la società e noi stessi ci imponiamo. Il problema non è più sentirsi in colpa per aver sbagliato, ma provare vergogna perché ci si sente insufficienti. Nei posti di lavoro, questa pressione si vede bene e causa stress e attacchi di panico. La gente si sente anche molto sola perché i legami tra le persone sono diventati più deboli. La società di oggi è molto concentrata sull’individuo e sul suo aspetto esteriore, c’è tanto narcisismo. Le persone cercano l’approvazione degli altri per nascondere una fragilità dentro. Questo bisogno di essere ammirati, anche sui social, porta a sentirsi vuoti e isolati. Non riuscire a mantenere l’immagine perfetta o a raggiungere obiettivi economici diventa insopportabile.Questa enfasi sul successo personale e sul denaro fa sentire i giovani fragili. La depressione di oggi è spesso legata al non accettare le sconfitte, che vengono viste come un attacco alla propria forza. La tristezza e i limiti della vita diventano difficili da sopportare. I giovani hanno paura di non essere all’altezza e questo porta a una depressione legata al divario tra quello che vorrebbero essere e quello che riescono a fare. Disturbi come l’anoressia e il ritiro sociale, dove i ragazzi si chiudono in camera (hikikomori), sono modi per esprimere questo disagio. L’anoressia, per esempio, mostra l’ossessione per l’aspetto fisico e il controllo. Il ritiro sociale è una reazione alla pressione e alla paura di essere giudicati, la vergogna spinge a isolarsi. Anche l’uso di droghe tra i giovani può essere un modo per affrontare la pressione o per riempire un vuoto. Gli adulti stessi, spesso fragili, caricano i figli di troppe aspettative.Gli attacchi di panico sono un altro segnale di questa epoca senza legami. Non sono solo un problema fisico, ma mostrano quanto le persone si sentano sole e senza punti di riferimento in un mondo che cambia velocemente. Il panico è come un attacco improvviso di solitudine, non tanto di paura, che arriva quando ci si sente separati dagli affetti e troppo esposti. Questo succede spesso quando i giovani lasciano la famiglia e cercano il loro posto nel mondo. L’aumento dei casi, anche tra i giovanissimi, è collegato ai cambiamenti sociali e all’uso degli smartphone, che rendono più confuso il limite tra privato e pubblico, esponendo prima alla solitudine. Anche il disturbo borderline, con la sua forte instabilità emotiva e difficoltà nelle relazioni, riflette la nostra epoca. Le persone con questo disturbo si sentono vuote e cercano di riempire questo vuoto con azioni impulsive e relazioni che non durano. I legami sono fragili e usati per un tornaconto, portando a relazioni disastrose. Sia il panico che il borderline mostrano quanto sia difficile vivere in una società dove i legami tradizionali si rompono e il futuro sembra incerto, lasciando le persone sole e vulnerabili.Nella società di oggi, il piacere è spesso separato dagli altri, è un piacere individuale che rompe i legami. Questo desiderio di avere tutto subito porta a sentirsi insoddisfatti e isolati, con la sensazione che non ci sia un futuro. Le persone tendono a chiudersi e a costruire muri. Anche se si dice che le figure di autorità tradizionali sono sparite, la società capitalista crea nuovi tipi di legami, chiedendo all’individuo di essere “imprenditore di sé stesso” ma anche creando gruppi chiusi. Quando l’altro è visto come un nemico, aumentano la paura, il razzismo e l’idea che serva un “uomo forte” per dare sicurezza. La paura del futuro incerto si manifesta con attacchi di panico e fobie. La psichiatria di oggi spesso vede il disagio solo come un problema del cervello da curare con farmaci, ignorando che la salute mentale dipende dalle relazioni e dal contesto sociale. Questa visione riduce la sofferenza a sintomi da eliminare e non ascolta la storia della persona, trattando la psiche come un problema privato e non come parte di una rete di relazioni.Il disagio psichico viene spesso visto come un problema fisico, un “cervello rotto” da aggiustare con le medicine. Per questo, i farmaci sono considerati la cura principale. Il consumo di ansiolitici e antidepressivi è in aumento da anni, influenzato dalla società, dai medici e dalle aziende farmaceutiche. I farmaci psichiatrici non sono nati capendo le cause delle malattie, ma per caso. Solo dopo si sono inventate teorie, come quella dello “squilibrio chimico”, ma non ci sono prove certe che questi squilibri causino i disturbi; anzi, potrebbero essere una conseguenza dei farmaci stessi. Usare i farmaci per tanto tempo cambia il cervello, li rende meno efficaci e causa effetti collaterali anche gravi, come dipendenza e rischio di morte. Spesso si aggiungono altri farmaci per gestire questi effetti, creando miscele complicate che peggiorano la situazione. Allo stesso tempo, la psichiatria usa manuali come il DSM per fare diagnosi basate solo sui sintomi, senza considerare la storia e il contesto della persona. Questo sistema, influenzato dalle case farmaceutiche, ha allargato le categorie diagnostiche, trasformando anche normali reazioni umane in malattie. La diagnosi diventa un’etichetta che può intrappolare la persona e ostacolare la guarigione. Non aiuta a capire come evolverà la malattia né a scegliere la cura migliore. La relazione con il terapeuta e la psicoterapia, che considerano la persona nella sua interezza, funzionano bene, a volte meglio dei farmaci. L’importanza data ai farmaci e alle diagnosi rigide, spinta dalle aziende farmaceutiche, impedisce di vedere la persona oltre la sua malattia, trascurando l’importanza dell’ascolto e dell’aiuto umano.La psichiatria ufficiale oggi si concentra su diagnosi e farmaci, lasciando poco spazio all’ascolto della storia e della vita della persona che soffre. La relazione tra medico e paziente, che è fondamentale per capire il senso della sofferenza, viene spesso messa da parte. Ci sono esempi, però, di come una crisi grave possa essere superata parlando con la persona e la sua famiglia, cercando di capire il significato di quello che sta succedendo. Questo porta a capire meglio la propria storia e a volte a non aver più bisogno dei farmaci. Il sistema attuale, invece, riduce la sofferenza a sintomi da controllare con le medicine. Mancano medici e personale, c’è troppa burocrazia e si guarda solo ai numeri, limitando la possibilità di aiutare ogni persona in modo specifico. I servizi si concentrano sui ricoveri e sulle strutture dove le persone rischiano di rimanere per sempre. Pratiche come il Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) e legare le persone, che dovrebbero essere eccezioni, diventano modi per gestire e controllare, segno che non si riesce a costruire un rapporto di fiducia. La psichiatria, così, sembra più uno strumento di controllo sociale che un luogo dove trovare aiuto. Ci sono però modelli diversi, ispirati alla riforma che voleva chiudere i manicomi e mettere la persona al centro. Esperienze come il Dialogo Aperto mostrano che coinvolgere subito la famiglia e gli amici e ascoltare la storia della persona riduce l’uso di farmaci e i ricoveri. Questo dimostra che si può guarire e che la sofferenza mentale è una difficoltà a comunicare, e la cura sta nel trovare le parole e le relazioni giuste.La salute mentale dipende dal fatto che la mente è relazione, non è solo una cosa individuale o biologica. Le persone sono parte di famiglie, gruppi sociali e ambienti che influenzano come si sviluppano e stanno bene. I problemi non sono isolati, ma mostrano difficoltà nelle relazioni o nel sistema in cui si vive. Chi lavora seguendo questa idea si prende cura della persona nel suo ambiente. In alcuni posti, si usano il Dialogo Aperto e gruppi dove partecipano più famiglie per affrontare i problemi relazionali, e si aiuta la gente a trovare lavoro e casa. In altri, si ascolta il disagio senza dare subito medicine, offrendo aiuto per realizzare i progetti di vita. C’è anche chi dà valore all’esperienza di chi ha vissuto la malattia e dei loro familiari. L’esperienza di Trieste è un esempio di come la psichiatria possa essere presente sul territorio e nella comunità. I Centri di salute mentale sono aperti sempre e sono il punto di riferimento per l’aiuto, offrendo accoglienza e percorsi personalizzati che coinvolgono la persona e chi le sta vicino. Si evitano i ricoveri inutili e si aiuta a trovare lavoro e casa. Questo modo di lavorare riduce molto l’uso di trattamenti obbligatori. Anche la scienza, studiando come l’ambiente e le relazioni cambiano il cervello, conferma che il benessere mentale dipende da fattori biologici, psicologici e sociali insieme. Le difficoltà economiche e sociali aumentano il rischio di problemi psichiatrici. La psichiatria che si basa sulle relazioni si prende cura della persona nella sua complessità e nel suo ambiente, garantendo i suoi diritti, come il lavoro e la casa. Questo è diverso da una psichiatria vecchia che tende a isolare la persona dal resto del mondo.Riassunto Lungo
1. Il peso della performance e la fragilità dell’Io
Il disagio psichico, che si manifesta come ansia e depressione, è molto comune oggi. Non è solo un problema della singola persona o legato alla biologia, ma è un segnale che ha radici profonde nella struttura della nostra società. Viviamo in quella che viene definita la “società degli individui”, fortemente influenzata dalle idee del neoliberalismo. Questa visione spinge le persone a competere e a prendere iniziative da sole, incoraggiando ciascuno a vedersi come un “imprenditore di sé stesso” e a puntare a risultati sempre più alti.La pressione a essere sempre al massimo
Nella società attuale, la regola principale non è più un divieto, ma l’idea che “tutto è possibile, dipende solo da te”. Questa spinta verso possibilità illimitate crea un forte senso di inadeguatezza e fallimento in chi non riesce a raggiungere gli standard elevati imposti dalla società e l’immagine perfetta che vorrebbe avere di sé. Di conseguenza, il disagio interiore non si presenta più come senso di colpa, che nasce dalla trasgressione di una regola, ma come vergogna, che deriva dalla sensazione di non essere abbastanza bravo o di aver fallito.L’impatto sul lavoro e la solitudine
Questa pressione costante si vede chiaramente in molti ambienti di lavoro, come le banche o i grandi negozi. Qui, l’attesa di performance elevate porta spesso i lavoratori a soffrire di stress, ansia, attacchi di panico e depressione. Un aspetto fondamentale di questo malessere è la solitudine. La spinta a competere e l’enfasi sull’individuo hanno indebolito i legami tra le persone e la coesione all’interno della società.La centralità dell’individuo e la “clinica del vuoto”
La nostra epoca è segnata da una forte “Io-crazia” e da un diffuso narcisismo. Le persone tendono a concentrarsi molto sulla propria immagine e a cercare conferme e ammirazione dagli altri per compensare una profonda debolezza interiore. Questo bisogno continuo di essere riconosciuti, amplificato enormemente dai social media, porta a una condizione che si può chiamare “clinica del vuoto”. In questa situazione, la persona si ritrova isolata, concentrata solo su sé stessa e staccata dalle relazioni vere e autentiche. Non riuscire a mantenere l’immagine ideale o a raggiungere gli obiettivi economici e sociali diventa un peso intollerabile.Ma è così certo che il disagio psichico contemporaneo sia solo un prodotto della ‘società degli individui’ neoliberale?
Il capitolo traccia un legame diretto tra il disagio psichico e la struttura sociale neoliberale, ma questa connessione, per quanto rilevante, rischia di semplificare eccessivamente un fenomeno intrinsecamente complesso. Il malessere interiore raramente ha una causa unica; fattori biologici, esperienze personali, dinamiche familiari e altre pressioni sociali (non solo quelle legate alla performance economica) giocano ruoli significativi. Per ottenere una comprensione più ricca e articolata, è essenziale integrare l’analisi socio-economica con prospettive dalla psicologia clinica, dalla sociologia (che esplora diverse forme di alienazione o pressione sociale) e dalla filosofia che indaga la condizione umana al di là del solo contesto lavorativo. Approfondire autori come Byung-Chul Han sulla società della performance, o esplorare le teorie psicologiche che considerano la storia individuale e i fattori biologici, può aiutare a superare una visione potenzialmente riduzionista.2. L’Anima Sotto Pressione della Società Performante
La società di oggi mette molta pressione sulle persone, spingendole a essere sempre al massimo e a pensare solo a sé stesse. Questo crea problemi psicologici, soprattutto nei giovani. Si crede che chi ha successo e denaro sia un vincente, mentre chi fallisce è colpevole. Questo modo di pensare fa sentire le persone fragili e insicure. In questo contesto, si sviluppano forme specifiche di disagio che riflettono le aspettative e le paure generate dall’ambiente sociale.La Depressione e la Paura di Fallire
La depressione di oggi è molto legata all’idea di sé. Chi ne soffre fatica ad accettare di perdere o di non riuscire in qualcosa, perché lo vede come un attacco alla propria forza. La tristezza e il sentirsi limitati diventano insopportabili in questa visione. Nei giovani, questo si manifesta come una grande paura di non essere all’altezza delle aspettative e di fallire. È una “depressione legata all’immagine di sé”, che nasce dalla differenza tra il successo che si vorrebbe e la capacità di ottenerlo nella realtà di tutti i giorni.Corpo e Cibo: Una Lotta Silenziosa
L’anoressia e il chiudersi in sé sono segnali di questa situazione. L’anoressia, a volte chiamata “sindrome legata alla cultura”, riflette valori come l’importanza dell’aspetto fisico, la competizione e il rifiuto di ciò che è legato alla cura e alla maternità. Il corpo diventa un campo di battaglia dove si esprime il malessere interiore. Si cerca un controllo estremo sul corpo, che però porta a non riconoscerlo più e a negarlo. Le nuove forme di disturbi alimentari si concentrano su un corpo forte e sempre giovane e sull’ossessione per il cibo “sano”. Questo è spesso legato alla difficoltà di accettare la morte e la sofferenza come parti della vita.Il Ritiro dalla Vita Sociale
Anche il ritiro sociale, conosciuto come hikikomori, è una conseguenza della pressione a essere sempre al top e della paura di come gli altri ci vedono. La vergogna, che prende il posto del sentirsi in colpa, spinge gli adolescenti a isolarsi nella loro stanza. Trovano rifugio in internet e nei videogiochi, creando un mondo parallelo. Questo allontanamento è una reazione al sentirsi falliti e al peso delle aspettative della famiglia e della società, un modo per sfuggire a un confronto percepito come insostenibile.Sostanze e il Ruolo degli Adulti
L’uso di droghe tra i giovani è legato anche alla necessità di “performare” o alla mancanza di idee per il futuro. Serve a riempire un vuoto interiore o a cercare una via di fuga temporanea. La fragilità degli adulti, che a volte sono troppo concentrati su sé stessi o non hanno risolto i propri problemi, contribuisce a caricare i figli di aspettative troppo grandi e difficili da gestire. I giovani cercano modi per sfuggire a queste pressioni, a volte ribellandosi o inventando mondi propri dove sentirsi accettati e liberi.Ridurre problemi complessi come depressione, disturbi alimentari e ritiro sociale alla sola pressione della “società performante” non rischia di ignorare altre cause fondamentali?
Il capitolo offre una prospettiva interessante sul legame tra le dinamiche sociali contemporanee e il disagio psicologico, ma concentrarsi quasi esclusivamente sulla pressione performativa come causa principale potrebbe semplificare eccessivamente fenomeni multifattoriali. Per comprendere appieno queste problematiche, è cruciale considerare anche fattori biologici, genetici e neurochimici che predispongono alcuni individui a specifiche vulnerabilità. Inoltre, le dinamiche familiari e le esperienze individuali precoci giocano un ruolo significativo nello sviluppo della resilienza o della fragilità psicologica. Approfondire discipline come la psicologia clinica, la neuroscienza e la sociologia critica, leggendo autori che esplorano l’interazione tra biologia, psicologia e ambiente sociale, può fornire una visione più completa e sfumata delle origini del disagio.Se l’ascolto e la relazione sono la chiave, quali sono le prove scientifiche robuste che i modelli alternativi garantiscono esiti migliori e duraturi rispetto alle terapie standard, e per quali specifiche condizioni?
Il capitolo presenta in modo efficace la critica al modello dominante e l’importanza della relazione, ma la forza dell’argomentazione sui modelli alternativi beneficerebbe di un maggiore approfondimento sulle evidenze scientifiche comparative. Affermare l’efficacia di tali approcci è un punto di partenza, ma per colmare questa lacuna è fondamentale esplorare la letteratura scientifica che confronta sistematicamente gli esiti dei diversi modelli di cura (farmacologici, relazionali, integrati) per diverse patologie psichiatriche. Approfondire le ricerche sull’efficacia comparata e le meta-analisi nel campo della psichiatria e della psicoterapia, leggendo autori che si occupano di ricerca sugli esiti dei trattamenti e di medicina basata sull’evidenza in salute mentale, permetterebbe di comprendere meglio il dibattito scientifico in corso e le specificità per cui certi approcci sono più indicati.8. La Mente è Relazione
La mente non è vista come un fatto isolato o puramente biologico, ma come qualcosa che nasce e si sviluppa attraverso le relazioni. Questo modo di pensare la salute mentale considera ogni persona come parte di un sistema più ampio fatto di legami familiari, sociali e ambientali. Sono queste interazioni che modellano la personalità e influenzano profondamente il benessere psicologico. Quando emergono dei sintomi, non sono considerati problemi individuali, ma piuttosto segnali di difficoltà che riguardano le relazioni o l’intero sistema in cui la persona vive.Questa prospettiva trova un forte sostegno nelle scoperte scientifiche più recenti. Campi come l’epigenetica e la neurobiologia dimostrano che l’ambiente in cui viviamo e le relazioni che costruiamo possono fisicamente modificare la struttura del nostro cervello. Questo conferma l’idea che corpo, mente e contesto sociale sono strettamente collegati e si influenzano a vicenda. Inoltre, è evidente che condizioni di vita difficili o svantaggiate aumentano il rischio di sviluppare problemi di salute mentale, sottolineando ancora una volta l’importanza dei fattori esterni e relazionali.Approcci e pratiche concrete
Diversi luoghi in Italia stanno mettendo in pratica questo modello che si concentra sulla cura della persona all’interno del suo contesto di vita. A Caltagirone, si utilizzano strumenti come il Dialogo aperto e i gruppi multifamiliari per affrontare le difficoltà che nascono nelle relazioni, e si lavora attivamente per aiutare le persone a trovare un lavoro e una casa. A Torino, un servizio accoglie chi cerca aiuto, ascoltando il disagio senza etichettarlo subito come una malattia e offrendo percorsi personalizzati per supportare le persone nella realizzazione dei loro progetti di vita. A Trento, si dà grande valore all’esperienza diretta di chi ha vissuto un percorso di cura e dei loro familiari, riconoscendo il loro sapere come una risorsa fondamentale.Il modello di Trieste
L’esperienza di Trieste rappresenta un esempio avanzato di come la psichiatria possa essere organizzata sul territorio e nella comunità. I Centri di salute mentale sono aperti tutto il giorno e la notte, diventando il punto di riferimento principale per l’assistenza. Qui si accolgono le persone e si creano percorsi di cura su misura, coinvolgendo attivamente la persona e la sua rete di relazioni. Questo approccio permette di evitare i ricoveri in ospedale quando non sono strettamente necessari e promuove l’integrazione sociale, ad esempio attraverso cooperative di lavoro e soluzioni abitative supportate. Grazie a questo modello, l’uso di trattamenti sanitari obbligatori si è ridotto in modo significativo.Una cura centrata sulla persona e sui suoi diritti
La psichiatria che considera la mente come relazione si impegna a prendersi cura della persona nella sua interezza, tenendo conto del suo ambiente e garantendo i suoi diritti fondamentali come cittadino, inclusi il diritto al lavoro e alla casa. Questo modello si differenzia da un approccio più tradizionale, spesso centrato sull’ospedale, che tende a separare l’individuo dal contesto in cui vive.Ma un modello che enfatizza così tanto la relazione non rischia di sottovalutare l’importanza dei fattori biologici individuali, al di là dell’epigenetica?
Il capitolo presenta in modo efficace l’influenza cruciale delle relazioni e del contesto sulla mente, supportata da evidenze come l’epigenetica. Tuttavia, la complessità della salute mentale include anche predisposizioni genetiche, neurochimica e altre variabili biologiche intrinseche all’individuo che potrebbero non essere pienamente spiegate solo dall’interazione ambientale. Per avere una visione completa, è fondamentale considerare anche i contributi della psichiatria biologica e della genetica psichiatrica, che studiano questi aspetti.Abbiamo riassunto il possibile
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