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Contenuti del libro
Informazioni
“Shooting up. Storia dell’uso militare delle droghe” di Lukasz Kamienski è un libro che scava a fondo in un aspetto spesso trascurato della storia militare: l’uso di sostanze psicoattive da parte dei combattenti e degli stati. Non si limita a raccontare aneddoti, ma esplora come droghe come l’oppio nell’antichità, l’hashish, l’Amanita muscaria, la coca, la cocaina, le anfetamine e metanfetamine nelle guerre mondiali, fino al Captagon e altre sostanze nei conflitti moderni, siano state impiegate per migliorare le prestazioni militari, gestire il dolore e il trauma, o persino controllare e manipolare, come nel caso dei bambini soldato. Il libro ci porta attraverso secoli e continenti, dalle cerimonie rituali antiche alle trincee della Prima Guerra Mondiale, dai laboratori di ricerca sul controllo mentale ai fronti del Vietnam e dell’Afghanistan, mostrando come la storia militare sia intessuta con la storia delle droghe, la loro diffusione globale, le politiche di controllo e le conseguenze durature sui soldati e sulla società, rivelando un legame complesso tra ebbrezza, furia in battaglia e il costo umano della guerra.Riassunto Breve
Le culture umane hanno da sempre sperimentato con sostanze psicoattive ricavate da piante e animali, usate inizialmente per cerimonie o medicina, ma trovando impiego anche in contesti militari. Nell’antica Grecia, l’oppio era noto per le sue proprietà e una bevanda a base di oppio, il “nepente”, alleviava dolore e lutto, forse per gestire il trauma post-bellico. Il loto nell’Odissea simboleggia un narcotico che causa oblio e dipendenza. La leggenda associava gli Assassini all’uso di hashish per indurre fanatismo, ma le fonti storiche non lo supportano; l’hashish ha effetti sedativi e “mangiatori di hashish” era probabilmente un insulto, la loro forza era la fede religiosa. Le tribù siberiane usavano l’Amanita muscaria, un fungo che aumenta resistenza e affila le facoltà mentali, ma causa allucinazioni; una teoria collega l’uso di Amanita alla furia dei guerrieri vichinghi, i berserkir. In Sudamerica, gli Inca masticavano foglie di coca per aumentare resistenza e tollerare il dolore, usata poi dagli spagnoli per sfruttare i lavoratori indigeni. L’hashish si diffonde in Europa dopo la spedizione di Napoleone in Egitto, usato dai soldati francesi e poi proibito per i suoi effetti debilitanti, ma riportato in Francia dai veterani. Le Guerre dell’Oppio nel XIX secolo mostrano un legame diretto tra droghe e conflitti: la Gran Bretagna impone il commercio di oppio in Cina, causando vasta dipendenza anche nell’esercito cinese, contribuendo alle sconfitte. Nel diciannovesimo secolo, oppio e morfina sono usati come rimedi e la Guerra Civile Americana aumenta l’uso tra i soldati feriti e malati, portando a dipendenza, a volte descritta come “malattia del soldato”. Nelle guerre coloniali, guerrieri indigeni usano sostanze per aumentare coraggio e resistenza, influenzando la percezione occidentale e spingendo gli europei a sperimentare sostanze come le noci di cola. La Prima Guerra Mondiale vede un aumento massiccio dell’uso di cocaina, distribuita ai soldati per combattere fatica e paura, portando a dipendenza e a leggi più severe sul controllo delle droghe. Durante la Seconda Guerra Mondiale, anfetamine e metanfetamine vengono impiegate dagli eserciti di diverse nazioni per migliorare le prestazioni dei soldati: i tedeschi usano Pervitin per la Blitzkrieg, inglesi e americani usano Benzedrina e Dexedrina, i giapponesi Philopon, i finlandesi eroina e morfina e, in misura minore, Pervitin. L’uso militare diffuso contribuisce alla diffusione post-bellica nella società civile. Durante la Guerra di Corea, l’uso di anfetamine da parte americana diventa quasi abituale. La paura del “lavaggio del cervello” comunista spinge gli Stati Uniti a ricerche segrete sul controllo mentale e l’uso di sostanze psicoattive, con esperimenti su larga scala con sostanze come LSD e BZ durante la Guerra Fredda, cercando agenti non letali e “sieri della verità”, spesso con esperimenti su soldati e civili senza pieno consenso. La guerra del Vietnam si distingue per l’uso diffuso di sostanze tra i soldati americani, sia prescritte (anfetamine) sia auto-somministrate (marijuana, eroina), legato a condizioni estreme, mancanza di scopo, noia, disponibilità di droghe e necessità di affrontare traumi; il governo reagisce con programmi di disintossicazione. L’intervento sovietico in Afghanistan vede un alto tasso di consumo di droghe tra i soldati russi per ragioni simili, e le droghe diventano anche uno strumento strategico e di finanziamento, con i mujaheddin che usano il traffico di oppio. L’uso di droghe da parte di gruppi armati non statali come ISIS o talebani è una strategia per rendere i combattenti più aggressivi e insensibili, e per finanziare le operazioni tramite il traffico di sostanze come il Captagon. I bambini soldato vengono drogati con anfetamine, cocaina o marijuana per desensibilizzarli, renderli obbedienti e spietati, creando dipendenza che assicura lealtà. Anche le forze armate regolari usano farmaci per gestire la fatica e la privazione del sonno, come stimolanti (“go-pills”) e sedativi (“no-go-pills”), sollevando questioni su effetti collaterali e dipendenza. Lo stress dei conflitti contribuisce all’aumento dell’abuso di sostanze tra i militari. La guerra diffonde gli stupefacenti: gli eserciti portano sostanze in nuovi luoghi e i soldati riportano a casa quelle conosciute all’estero. Gli stati mantengono segretezza sull’uso militare di droghe per vantaggio strategico e per evitare dibattiti pubblici, creando miti e stereotipi negativi sull’uso di droghe da parte del nemico o dei veterani. La ricerca di un vantaggio porta a tentativi di creare “pillole magiche” o armi psicochimiche, a volte con esperimenti su esseri umani. Le droghe, originariamente usate per scopi religiosi o rituali, perdono questo significato nella modernità, diventando ricreative; la raffinazione e sintesi aumentano la loro potenza e il rischio di dipendenza. La modernità è caratterizzata dalla razionalità strumentale, che si applica anche alla guerra, dove le droghe diventano strumenti per migliorare le prestazioni dei soldati, visti come elementi di un sistema da ottimizzare. La psicofarmacologia rende i soldati “docili” e più efficienti chimicamente. L’uso crescente di droghe sintetiche nella guerra moderna può indicare un declino dello “spirito del guerriero”, dove il coraggio diventa artificiale e la guerra si trasforma in un fenomeno quasi esclusivamente strumentale. La guerra stessa è una droga potente per molti combattenti, rilascia adrenalina e crea dipendenza, un “terribile amore per la guerra”, offrendo un senso di significato che manca nella vita civile; i veterani dipendenti dal pericolo faticano a riadattarsi e a volte usano droghe per ritrovare l’intensità perduta. La dipendenza dalla guerra può portare alla dipendenza da droghe reali, specialmente quando le aspettative eroiche si scontrano con la realtà brutale. I veterani con disturbo da stress post-traumatico (DPTS) sono intrappolati nei ricordi, e le droghe offrono un’illusoria via di fuga. La ricerca esplora l’uso di MDMA per trattare il DPTS, un paradosso in cui una sostanza associata all’ebbrezza potrebbe curare il trauma della guerra. L’uso di sostanze chimiche e farmaci in ambito militare si manifesta in diverse forme e periodi storici, dall’impiego di stimolanti per aumentare la resistenza e la vigilanza, alla ricerca su agenti chimici e psicologici per scopi di incapacitazione o controllo mentale. In conflitti recenti, l’uso di droghe tra i soldati è legato allo stress del combattimento e alla facile reperibilità. L’impiego di sostanze in ambito militare e le conseguenze psicologiche della guerra riflettono una relazione complessa tra l’uomo, gli stati alterati e la violenza organizzata, che si estende dalla necessità di superare i limiti fisici alla ricerca di sollievo dal dolore invisibile del combattimento.Riassunto Lungo
1. Ebbrezze Antiche e Furia in Battaglia
Le culture umane hanno da sempre sperimentato con sostanze psicoattive ricavate da piante e animali. Queste sostanze, usate inizialmente per cerimonie religiose o scopi medicinali, hanno trovato impiego anche in contesti militari. Nell’antica Grecia, l’oppio, estratto dal papavero, era noto per le sue proprietà sedative e medicinali. Veniva miscelato con vino e miele per rinvigorire gli atleti. Si racconta che una bevanda a base di oppio chiamata “nepente” alleviasse dolore e lutto, suggerendo un uso per gestire il trauma post-bellico. Anche il loto nell’Odissea simboleggia un narcotico che causa oblio ma anche dipendenza, impedendo il ritorno alla vita normale.Il Mito degli Assassini e l’Hashish
Si è diffusa la leggenda che gli Assassini, una setta ismailita del Medio Oriente, usassero hashish per indurre fanatismo e audacia nei loro fedayyin. Tuttavia, le fonti storiche non supportano questa teoria. L’hashish ha effetti sedativi che non si adattano a missioni precise come l’assassinio. L’espressione “mangiatori di hashish” era probabilmente un insulto per indicare la loro bassa posizione sociale e le loro opinioni estreme. La vera forza dei fedayyin non era l’hashish, ma la fede religiosa e la promessa del paradiso, come descritto nel mito diffuso da Marco Polo.L’Amanita Muscaria e i Berserker
Le tribù siberiane usavano l’Amanita muscaria, un fungo con effetti potenzianti e allucinogeni. Essiccato, il fungo contiene muscimolo, che aumenta la resistenza e affila le facoltà mentali, ma causa anche allucinazioni e postumi. L’urina di chi consumava il fungo manteneva proprietà psicoattive ed era bevuta per prolungare l’ebbrezza. Si ipotizza che l’uso di funghi Amanita possa aver contribuito alla furia dei guerrieri vichinghi, i berserkir, suggerendo che potessero indurre uno stato di trance e insensibilità al dolore. Le allucinazioni causate dai funghi, come la micropsia (percezione rimpicciolita), potevano dare un senso di superiorità in battaglia.La Coca nelle Ande
In Sudamerica, gli Inca masticavano foglie di coca per aumentare resistenza, tollerare il dolore e alleviare fame e sete, specialmente in alta quota. La coca era considerata sacra e usata in rituali importanti. Con l’arrivo degli spagnoli, l’uso della coca si diffuse e venne sfruttato dai colonizzatori per aumentare la produttività dei lavoratori indigeni nelle miniere. La pianta sacra si trasformò così in uno strumento di sfruttamento economico e sociale.Droga e Conflitti nell’Era Moderna
L’hashish si diffuse in Europa dopo la spedizione di Napoleone in Egitto. I soldati francesi, impossibilitati a bere alcol per i divieti locali, adottarono l’hashish. Napoleone emise un’ordinanza per proibirne l’uso nell’esercito a causa dei suoi effetti debilitanti. I veterani riportarono l’hashish in Francia, dove divenne popolare nei circoli artistici. Nel XIX secolo, le Guerre dell’Oppio mostrano un legame diretto tra droghe e conflitti su larga scala. La Gran Bretagna combatté per imporre il libero commercio dell’oppio in Cina, essenziale per bilanciare gli scambi commerciali. L’oppio, importato dall’India, causò una vasta dipendenza nella società cinese, inclusa gran parte dell’esercito. Mentre in alcune truppe indiane l’oppio era usato moderatamente per migliorare le prestazioni, nell’esercito cinese l’abuso diffuso indebolì il morale e l’efficacia militare, contribuendo alle sconfitte. Un esercito riflette la condizione della sua società; un impero indebolito dalla dipendenza produce forze armate fiacche.Ma quanta “furia in battaglia” troviamo davvero in queste “ebbrezze antiche”, o stiamo forse forzando un legame che regge solo in casi specifici e ipotetici?
Il capitolo offre una carrellata affascinante sull’uso storico di sostanze, ma il nesso con la “furia in battaglia” sbandierata nel titolo appare spesso tenue. Molti esempi descrivono usi rituali, medicinali, per l’endurance o addirittura gli effetti debilitanti della dipendenza di massa, ben lontani dall’indurre un’efficace aggressività sul campo. L’unico caso che si avvicina è l’ipotesi sui Berserker e l’Amanita, ma resta, appunto, un’ipotesi dibattuta e non l’unica spiegazione possibile per il loro stato. Per districarsi tra mito e realtà, è fondamentale approfondire la storia militare, la farmacologia storica e l’antropologia, cercando studi critici che analizzino le fonti primarie e le evidenze scientifiche sugli effetti reali di queste sostanze in contesti bellici, considerando anche fattori psicologici e culturali.2. Farmacologia e Conflitto: Dalle Trincee alle Colonie
Nel diciannovesimo secolo, l’oppio e la morfina sono considerati rimedi efficaci per una vasta gamma di disturbi, dal dolore fisico alle sofferenze psicologiche. La Guerra Civile Americana segna un momento cruciale, aumentando enormemente l’uso di queste sostanze tra i soldati. Le nuove e più potenti armi da fuoco causano ferite devastanti che richiedono spesso l’uso di oppiacei per alleviare il dolore, portando a molti casi di dipendenza tra i feriti. Anche le malattie infettive, che si rivelano ancora più letali delle ferite in battaglia, vengono trattate con l’oppio. In questo contesto, si diffonde l’idea di una “malattia del soldato”, una presunta dipendenza diffusa tra i veterani, anche se alcuni storici oggi tendono a considerare questa narrazione in parte un mito esagerato, talvolta usato per giustificare l’introduzione di nuove leggi antidroga.Le Sostanze nelle Guerre Coloniali
Il legame tra sostanze psicoattive e conflitto si manifesta anche nelle guerre coloniali, dove i guerrieri indigeni utilizzano diverse piante per aumentare il coraggio e la resistenza prima degli scontri. Ad esempio, i guerrieri Zulu impiegano cannabis e altre sostanze vegetali prima di affrontare le truppe britanniche. Queste pratiche influenzano profondamente la percezione che gli occidentali hanno dei loro nemici. In alcuni casi, portano persino gli eserciti europei a sperimentare a loro volta sostanze come le noci di cola, cercando di migliorare le prestazioni fisiche e mentali delle proprie truppe in condizioni estreme.La Cocaina nella Prima Guerra Mondiale
La Prima Guerra Mondiale vede un incremento massiccio nell’uso della cocaina. Questa sostanza, inizialmente studiata per le sue proprietà stimolanti, viene distribuita ai soldati non solo come potente antidolorifico, ma anche con l’obiettivo di combattere la fatica e ridurre la paura nelle trincee. La guerra crea una domanda enorme e senza precedenti per la cocaina, portando grandi benefici economici ad aziende come la NCF olandese, uno dei principali produttori. Questo uso diffuso ha come conseguenza un alto tasso di dipendenza tra i veterani al ritorno dal fronte. In Gran Bretagna, l’allarme crescente sull’abuso di cocaina, alimentato attivamente dalla stampa e da alcuni politici, porta all’introduzione di leggi più severe per il controllo delle droghe. Il problema della dipendenza tra i militari viene spesso usato come pretesto per giustificare queste nuove normative, anche se l’effettiva entità della dipendenza nell’esercito britannico è probabilmente stata sovrastimata. La guerra, in questo senso, agisce come un potente catalizzatore per la creazione e l’adozione di regimi di controllo delle sostanze stupefacenti a livello nazionale e internazionale.Il capitolo suggerisce che la guerra sia un “catalizzatore” per il controllo delle sostanze, ma non è forse vero che le radici di tali controlli affondano in paure sociali e interessi economici ben più antichi e profondi?
Il capitolo suggerisce che la guerra sia un “catalizzatore” per il controllo delle sostanze, concentrandosi sull’uso militare come presunto “pretesto” legislativo. Questa lettura, pur valida, rischia di semplificare eccessivamente un fenomeno complesso. Le origini dei regimi di controllo delle droghe affondano in realtà in un terreno ben più vasto, nutrito da paure sociali (spesso legate a questioni di classe e razza), da profondi cambiamenti nel sapere medico e da interessi economici che vanno oltre la mera domanda bellica. Per cogliere la complessità di questo processo, è fondamentale esplorare la storia sociale delle droghe e la storia delle politiche di controllo, magari confrontandosi con le analisi di autori come David Musto o con le prospettive sulla genesi del controllo sociale proposte da Michel Foucault.3. Farmacologia Bellica e Controllo Mentale
Durante la Seconda Guerra Mondiale, anfetamine e metanfetamine sono state largamente utilizzate dagli eserciti di diverse nazioni. Queste sostanze servivano a spingere i soldati oltre i loro limiti fisici e mentali, migliorando le prestazioni in battaglia. L’uso di farmaci come la metanfetamina, conosciuta come Pervitin, da parte dei tedeschi durante la Blitzkrieg mirava ad aumentare la resistenza e l’aggressività delle truppe, anche se questo portò a problemi di dipendenza e complicazioni tattiche inaspettate.L’Uso Alleato e Giapponese
Gli eserciti inglese e americano si affidarono principalmente alle anfetamine come Benzedrina e Dexedrina. Queste pillole venivano distribuite a piloti e soldati di terra per combattere la fatica e mantenere alto il morale. Milioni di dosi furono somministrate alle truppe alleate per sostenerle durante le lunghe campagne. Anche i giapponesi fecero ampio ricorso alle metanfetamine, in particolare il Philopon, non solo per i militari ma anche per i civili impiegati nell’industria bellica. Nonostante una preesistente politica antidroga interna, il Giappone sfruttò anche il traffico di oppio nei territori occupati per sostenere i propri sforzi bellici.Altre Nazioni e il Dopoguerra
I finlandesi, durante il conflitto, fecero un uso considerevole di eroina e morfina per scopi medici e, in misura minore, di Pervitin per le loro truppe speciali. In contrasto con l’uso diffuso di sostanze stimolanti o sedative, solo l’esercito russo si affidò a metodi più tradizionali per gestire lo stress e la fatica dei soldati, come l’uso di vodka e valeriana. La vasta diffusione di anfetamine e metanfetamine negli ambienti militari durante la guerra ebbe un impatto significativo, contribuendo alla loro successiva diffusione nella società civile nel periodo post-bellico.La Guerra di Corea e la Paura del Controllo Mentale
La Guerra di Corea vide l’uso di anfetamine da parte delle forze americane diventare quasi una routine, portando a crescenti problemi di abuso tra i soldati e alla comparsa del cosiddetto “speedball”, una combinazione di anfetamine ed eroina. In questo contesto, si diffuse la percezione che i soldati cinesi combattessero sotto l’effetto di droghe. Sebbene questa idea non fosse provata e fosse smentita dalle politiche antidroga cinesi, alimentò una profonda paura negli Stati Uniti: quella del “lavaggio del cervello” comunista.Ricerca sul Controllo Mentale
Questa paura, unita alle confessioni ottenute dai prigionieri di guerra americani, sebbene estorte tramite manipolazione psicologica e abusi fisici piuttosto che con droghe o ipnosi come si temeva, spinse le autorità statunitensi a reagire. Di conseguenza, il governo degli Stati Uniti intraprese ricerche segrete e intensive sul controllo mentale e sull’uso potenziale di sostanze psicoattive a tale scopo.Al di là della mera descrizione storica, il capitolo affronta a sufficienza le complesse ragioni socio-politiche e psicologiche che rendono l’uso di sostanze una costante nei conflitti?
Il capitolo offre una panoramica storica interessante sull’uso di sostanze in ambito militare, ma la descrizione, pur accurata, sembra limitarsi a elencare casi ed effetti immediati senza scavare a fondo nelle cause strutturali e sistemiche. Comprendere perché eserciti e gruppi armati ricorrano così frequentemente a queste sostanze richiede un’analisi più ampia che includa la sociologia militare, la psicologia del combattimento e l’economia politica dei conflitti. Approfondire autori che studiano l’impatto sociale e psicologico della guerra sui soldati o i complessi meccanismi di finanziamento dei conflitti può fornire il contesto necessario per rispondere a questa domanda cruciale.8. Combattere la guerra dentro e fuori
L’impiego di sostanze per migliorare le prestazioni militari è una pratica diffusa. Stimolanti come destrometamfetamina e modafinil aiutano i soldati a mantenere concentrazione e resistenza durante operazioni prolungate, soprattutto in condizioni di privazione del sonno. Tuttavia, questi farmaci comportano rischi significativi, tra cui alterazioni del giudizio e aumento della propensione al rischio. Incidenti operativi, incluso il fuoco amico, sono stati collegati al loro utilizzo.Il peso psicologico della guerra
Oltre agli stimolanti, il trauma del combattimento spinge molti militari verso l’abuso di alcol o droghe illecite. Stress, ansia e disturbo da stress post-traumatico (PTSD) sono conseguenze comuni, che spesso portano a cercare sollievo in sostanze psicoattive. La ricerca sta esplorando terapie alternative, come l’uso controllato di psichedelici tra cui l’MDMA, per alleviare i sintomi del PTSD nei veterani.Una relazione complessa
L’uso di sostanze in ambito militare riflette un equilibrio precario tra necessità operative e salute mentale. Da un lato, servono a superare i limiti fisici in battaglia; dall’altro, diventano un mezzo per affrontare il dolore invisibile lasciato dalla guerra. Questa dualità sottolinea quanto la violenza organizzata influisca profondamente sul corpo e sulla mente di chi la vive.Se l’uso di sostanze per migliorare le prestazioni in battaglia comporta rischi come l’alterazione del giudizio e il “fuoco amico”, non è irrazionale che il capitolo non affronti la questione di quanto l’istituzione militare sia responsabile sia per l’uso di tali sostanze che per il successivo peso psicologico che spinge i soldati all’abuso?
Il capitolo descrive efficacemente la duplice natura dell’uso di sostanze in ambito militare: da un lato per necessità operativa, dall’altro per affrontare il trauma. Tuttavia, la narrazione sembra separare eccessivamente questi due aspetti, senza esplorare a fondo come le politiche e le pressioni operative che incoraggiano l’uso di stimolanti possano contribuire al carico psicologico e al successivo abuso di altre sostanze. Per comprendere meglio questa dinamica sistemica, sarebbe utile approfondire la sociologia militare, l’etica della guerra e la storia della medicina militare. Autori che hanno studiato l’impatto psicologico del combattimento e le strutture istituzionali che lo gestiscono potrebbero offrire prospettive cruciali.Abbiamo riassunto il possibile
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