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Contenuti del libro
Informazioni
“Scambio, valore e capitale” di Carl Menger è una bomba per chi vuole capire l’economia in modo diverso. Dimentica le solite teorie che dicono che il valore delle cose dipende da quanto lavoro ci metti dentro, come pensavano Adam Smith o John Stuart Mill. Menger, che è un po’ il papà della Scuola Austriaca, ti spiega che il valore è tutto nella tua testa, è soggettivo, dipende da quanto una cosa ti serve in quel momento. Il libro scava a fondo nel perché scambiamo le cose, non è per trovare un prezzo “giusto”, ma perché ognuno di noi valuta diversamente quello che ha e quello che potrebbe avere. Menger smonta anche l’idea confusa di capitale e patrimonio, distinguendo tra i beni che usi per produrre reddito e quelli che usi per te, e mostra come il vero motore del progresso non sia solo la divisione del lavoro, ma l’uso di beni di ordine superiore, tipo strumenti e macchinari. È una critica potente all’economia classica e un invito a guardare l’economia politica partendo dalle azioni e dai bisogni dei singoli individui, non da entità astratte come l'”economia nazionale”. Se ti interessa capire come funziona davvero il mondo dello scambio economico e del capitale, questo libro è fondamentale e ti apre la mente su concetti come la teoria del valore soggettivo e l’ordine spontaneo che nasce dalle azioni individuali.Riassunto Breve
Il progresso economico umano dipende soprattutto dall’uso di strumenti e macchinari, cioè beni che aiutano a produrre altri beni, più che dalla semplice divisione del lavoro. Questo permette di produrre beni di consumo in modo voluto e non casuale, aumentando la quantità disponibile. Lo scambio economico non avviene perché i beni hanno lo stesso valore oggettivo, ma perché le persone valutano in modo diverso quello che hanno e quello che gli altri hanno. Si scambia per soddisfare meglio i propri bisogni, passando beni da chi li valuta meno a chi li valuta di più. Questo scambio non continua all’infinito; si ferma quando scambiare ancora non porta più un vantaggio reciproco, perché il valore che le persone danno alle unità aggiuntive dei beni si equilibra. I prezzi che vediamo sono solo un segnale di questo equilibrio raggiunto tra le valutazioni personali, non si basano su un valore oggettivo come il lavoro impiegato. Le teorie che dicono il contrario sbagliano. La vera spinta dell’economia è il desiderio umano di soddisfare i propri bisogni al meglio. I costi dello scambio riducono il vantaggio, ma lo sviluppo economico tende a farli diminuire.Molti fenomeni economici, come i prezzi o i salari, non sono decisi da qualcuno, ma nascono in modo spontaneo dalle azioni di tante persone che cercano di fare i propri interessi. Per capire questi fenomeni, bisogna partire dalle azioni dei singoli individui. L’idea di un’economia nazionale come se fosse una sola grande azienda è una semplificazione eccessiva; l’economia è un insieme complicato di tante economie individuali collegate tra loro.Il concetto di capitale è spesso poco chiaro. Non è solo l’insieme degli strumenti o dei prodotti usati per produrre. Nella realtà, il capitale è visto soprattutto come una somma di denaro usata per guadagnare, o il valore in denaro di altri beni usati per produrre reddito. È importante distinguere tra il patrimonio (tutti i beni) e il capitale (i beni che generano reddito, considerati per il loro valore monetario). La confusione tra questi concetti rende difficile capire come si forma il profitto.Una critica importante alle vecchie teorie economiche, come quelle di Adam Smith, è proprio la mancanza di una teoria chiara del capitale. Questo porta a confondere la produzione tecnica con quella economica e a usare concetti astratti per spiegare le cose. Alcuni critici dicono che Smith, basandosi sul lavoro per spiegare il valore, ha creato problemi e ha aperto la strada a teorie che vedono profitto e rendita come qualcosa tolto ai lavoratori. Altri economisti, come quelli della Scuola Austriaca, dicono che il valore è sempre soggettivo, legato ai bisogni individuali. La “mano invisibile” di Smith, che descrive come le azioni individuali portano a un ordine sociale non cercato, viene vista da alcuni come una spiegazione non completa, mentre la teoria del valore soggettivo spiega meglio come funziona questo ordine. Capire bene la differenza tra patrimonio e capitale, e tra i diversi tipi di beni usati per produrre reddito, è fondamentale per capire il profitto, e questo è ancora un problema aperto.Riassunto Lungo
1. Il Motore del Progresso e la Natura dello Scambio
Il vero motore del progresso
Il progresso economico dell’uomo non dipende principalmente dalla divisione del lavoro, come a volte si crede. Un fattore molto più importante è il passaggio dall’uso di beni che si prendono direttamente dalla natura, come frutti o legna raccolta, all’uso di beni più complessi, come strumenti, macchinari e attrezzature. Questi beni più elaborati permettono alle persone di intervenire attivamente nella produzione dei beni che useranno per vivere. La produzione diventa così un’attività voluta e controllata, non più lasciata al caso o alla disponibilità immediata della natura. Questo cambiamento aumenta notevolmente la quantità di beni disponibili e migliora il benessere di tutti. La divisione del lavoro diventa certamente più utile ed efficace quando si usano questi beni più complessi, ma è solo una parte di un processo di crescita più ampio.Perché e quando scambiamo
Lo scambio economico non nasce perché le persone provano piacere nello scambiare in sé, né perché cercano di trovare un valore uguale e oggettivo tra i beni. La ragione principale dello scambio è che le persone possiedono quantità di certi beni che per loro hanno un valore personale, o “soggettivo”, inferiore rispetto a quantità di altri beni che invece sono posseduti da altri e che per questi altri hanno un valore minore. Le persone scambiano per soddisfare meglio i propri bisogni, passando i beni da chi li valuta meno a chi li valuta di più. Questo porta un vantaggio per entrambi. C’è però un limite a quanto conviene scambiare. Non è utile scambiare all’infinito perché il guadagno, o “utile economico”, che si ottiene dallo scambio di unità successive di un bene diminuisce man mano che se ne scambiano di più. Lo scambio si ferma quando scambiare ancora non porta più un vantaggio reciproco, o addirittura diventa svantaggioso, perché le quantità scambiate hanno raggiunto un punto in cui il valore personale che entrambi danno ai beni è simile o si è invertito.Il senso dei prezzi e il ruolo degli intermediari
I prezzi che vediamo quando le persone scambiano non sono l’aspetto più importante dello scambio in sé, ma sono un segnale, un “sintomo”, dell’equilibrio che si è creato tra le esigenze economiche delle persone, basato su quanto ognuno valuta i beni. Le teorie che provano a spiegare i prezzi dicendo che c’è un valore oggettivo uguale tra i beni scambiati, come quelle che dicono che il valore dipende dal lavoro o dai costi di produzione, non sono corrette. Un valore oggettivo uguale tra i beni scambiati non esiste nella realtà dell’economia. Ciò che spinge davvero l’economia e lo scambio è il desiderio delle persone di soddisfare i propri bisogni nel modo migliore possibile. Ci sono dei costi legati allo scambio, come il trasporto o le commissioni, che riducono il guadagno potenziale, ma l’economia, crescendo, tende a far diminuire questi costi. Le persone che fanno da tramite negli scambi, come i commercianti, sono utili e “produttive” perché aiutano a migliorare la soddisfazione dei bisogni, che è lo scopo ultimo di ogni attività economica.Ma davvero la divisione del lavoro è solo un fattore secondario rispetto all’uso di beni complessi nel guidare il progresso economico?
Il capitolo presenta una visione netta, ma la relazione tra divisione del lavoro e uso di strumenti complessi è storicamente e teoricamente molto più complessa. Spesso, la specializzazione spinge all’invenzione e all’adozione di nuovi strumenti, e viceversa. Ignorare questa interazione reciproca rischia di semplificare eccessivamente il ‘motore’ del progresso. Per approfondire, si può studiare la storia economica e il pensiero di economisti che hanno analizzato il rapporto tra tecnologia, organizzazione del lavoro e crescita, come Adam Smith o autori che trattano l’evoluzione tecnologica.2. La confusione dell’economia e il vero significato del capitale
Le ricerche in campo economico, specialmente quelle condotte in Germania, mancano spesso di una metodologia chiara e condivisa. Il dibattito tra gli studiosi si concentra più sull’essenza e sugli scopi della scienza economica che sui metodi da utilizzare per studiarla. È importante riconoscere che l’economia politica non possiede un unico metodo universale, ma richiede approcci diversi a seconda degli specifici obiettivi della ricerca. I fenomeni sociali ed economici sono profondamente influenzati da fattori unici come le condizioni di un determinato paese e il suo livello di sviluppo sociale. Questo rende inadeguato cercare di stabilire leggi economiche universali che siano valide ovunque e in ogni tempo, ignorando le specificità locali e storiche.Come Nascono i Fenomeni Economici ‘Organici’
Molti fenomeni economici che osserviamo, come la formazione dei prezzi o i livelli dei salari, non sono il risultato di decisioni prese intenzionalmente da un gruppo o da un’autorità centrale. Sono invece l’esito non pianificato delle azioni individuali di moltissime persone, ciascuna delle quali agisce guidata dai propri interessi e dalle proprie circostanze. Questi fenomeni sono definiti di origine “organica” perché emergono spontaneamente dall’interazione degli individui. Per comprendere a fondo tali fenomeni, è fondamentale analizzarli partendo dalle singole azioni che li generano e dalle regole che governano la loro apparizione e il loro sviluppo nel tempo. Questo approccio, che mette al centro l’individuo e le dinamiche delle sue interazioni, è essenziale per condurre una ricerca teorica rigorosa e affidabile nelle scienze sociali ed economiche.I Limiti di Alcune Teorie Economiche
Le teorie economiche esistenti, inclusa quella elaborata da Adam Smith, presentano alcune importanti limitazioni. Spesso si tende a considerare l’economia di un’intera nazione come se fosse un’unica grande economia, un’entità singola e coesa. Questa visione è una semplificazione eccessiva che non corrisponde alla realtà dei fatti. L’economia di una società è, al contrario, un organismo estremamente complesso, costituito da un’intricata rete di economie individuali che sono strettamente interconnesse e interagiscono continuamente tra loro. Ignorare questa fondamentale complessità e trattare l’economia nazionale come un blocco unico porta inevitabilmente a elaborare teorie che risultano inadeguate e incapaci di spiegare in modo soddisfacente i fenomeni economici reali.La Confusione Intorno al Concetto di Capitale
Un esempio significativo di questa inadeguatezza teorica si riscontra nella grande confusione che regna attorno al concetto di capitale. Molte definizioni proposte dagli studiosi si discostano notevolmente dal significato pratico e concreto che questo termine ha per gli operatori economici che lavorano nella realtà quotidiana. Definire il capitale semplicemente come un patrimonio che produce reddito o come un mezzo utilizzato nel processo di produzione non riesce a coglierne l’essenza economica più profonda e il suo ruolo dinamico. È particolarmente errata la teoria che identifica il capitale esclusivamente con i “prodotti” (cioè i beni creati dall’uomo) che vengono poi usati per produrre altri beni. Questa distinzione si basa su una differenza puramente tecnica (oggetti naturali contro oggetti prodotti) che non ha alcuna rilevanza dal punto di vista economico. Sia gli oggetti presenti in natura che le prestazioni lavorative delle persone possono funzionare come capitale, esattamente al pari dei prodotti finiti. Ciò che determina l’importanza economica di un bene, e quindi la sua capacità di essere capitale, non è la sua origine tecnica, ma piuttosto la sua quantità e la sua qualità in relazione ai bisogni e agli scopi delle persone. Le teorie economiche che non riescono a ricondurre i fenomeni studiati ai reali oggetti economici coinvolti e alle azioni concrete dei singoli individui perdono il contatto con la realtà effettiva. Di conseguenza, non sono in grado di offrire spiegazioni utili, pertinenti e applicabili per coloro che prendono decisioni e operano nel mondo economico.Se le specificità locali e storiche rendono impossibili leggi economiche universali, non è forse contraddittorio insistere su un unico metodo di analisi basato sulle azioni individuali?
Il capitolo critica giustamente l’idea di leggi universali che ignorino il contesto, ma sembra poi proporre un approccio metodologico (l’analisi delle azioni individuali) come l’unico valido per comprendere i fenomeni economici “organici”. Questo solleva un interrogativo: se il contesto è così cruciale da invalidare le leggi universali, come può un singolo metodo essere universalmente applicabile? Per approfondire questa tensione metodologica, è utile esplorare il dibattito noto come “Methodenstreit” nella storia del pensiero economico, confrontando le posizioni di autori che enfatizzano l’analisi storica e istituzionale (come Schmoller) con quelle che privilegiano l’individualismo metodologico (come Menger o Mises).3. Oltre il capitale nazionale: la realtà economica e la difesa dei classici
Nella vita di tutti i giorni, per capitale si intende principalmente il denaro che viene usato per produrre un guadagno. Non si confonde il denaro in generale con il capitale. Anche i beni che servono a produrre (come macchinari o edifici) sono visti come capitale quando il loro valore in denaro è importante per i conti economici. In pratica, vengono considerati come una somma di denaro che produce altro denaro. Quindi, nel linguaggio comune, per capitale si intende sia il denaro usato per produrre, sia il valore in denaro di altri beni produttivi. L’interesse sul capitale è il guadagno che si ottiene usando denaro o beni produttivi valutati in denaro. Questo è diverso dalla rendita, che è il guadagno diretto che viene da un bene in sé, come l’affitto di un terreno o di un edificio. È importante capire la differenza tra il ‘patrimonio’, che sono i beni per quello che sono (la loro natura tecnica), e il ‘capitale’, che è il valore in denaro di questi beni usato per produrre. Non fare questa distinzione rende difficile capire bene come si forma il profitto.L’Economia Nazionale: Insieme di Attività Individuali
L’economia di un paese non è come un’unica grande attività, ma è fatta dall’insieme di tante attività individuali, collegate tra loro dagli scambi. I beni prodotti non servono a soddisfare i bisogni di tutta la nazione come se fosse un blocco unico, ma quelli delle singole persone e aziende che operano sul mercato. Quello che viene chiamato ‘capitale nazionale’, cioè l’insieme dei beni che servono a produrre in un paese, non crea guadagno per la nazione in sé, ma per le singole attività economiche. Il vero ‘capitale nazionale’ è semplicemente la somma dei capitali di tutte le singole attività, ognuna con le sue caratteristiche. Non considerare questa struttura e come le diverse parti dipendono l’una dall’altra porta a capire male come funziona l’economia.La Visione dei Classici: Adam Smith e l’Intervento dello Stato
Contrariamente a quanto si pensa a volte oggi, Adam Smith e gli economisti classici si preoccupavano molto del benessere dei lavoratori. Erano contro le leggi e i privilegi che aiutavano i ricchi a spese dei poveri, e credevano che i lavoratori avessero diritto ai frutti del loro lavoro. Pensavano anche che lo Stato dovesse intervenire in modo utile, per esempio con leggi sul salario minimo o costruendo opere pubbliche, se questo aiutava i lavoratori e la società in generale. La loro idea non era quella di ‘lasciare fare’ completamente il mercato, ma riconoscevano che lo Stato doveva intervenire quando le persone da sole non riuscivano o facevano danni. Capivano che per migliorare la vita dei lavoratori servono anche investimenti (accumulazione di capitale) e l’attività di chi crea imprese. Alcune correnti di pensiero più recenti, pur sostenendo interventi utili dello Stato, a volte non danno abbastanza importanza agli investimenti e a chi crea imprese. Questo può portare a favorire gli interessi di certi gruppi invece del benessere di tutti.Ma davvero l’errore di Smith sul valore ha “preparato il terreno” per Marx, o è una semplificazione eccessiva?
Il capitolo presenta la teoria del valore-lavoro di Adam Smith come un “errore fondamentale” che avrebbe spianato la strada alle teorie socialiste, in particolare a quella di Marx. Questa è una lettura comune all’interno della Scuola Austriaca, ma è cruciale chiedersi se il legame causale sia così diretto e univoco. La storia del pensiero economico è complessa, e attribuire l’emergere di teorie come quella del plusvalore di Marx unicamente a una presunta debolezza nella teoria del valore di Smith potrebbe ignorare altre influenze intellettuali, sociali e storiche che hanno plasmato il pensiero marxiano. Per approfondire questa controversia e capire meglio le diverse prospettive, è utile studiare la storia del pensiero economico classico e le fonti dirette di autori come David Ricardo e Karl Marx, oltre naturalmente a rileggere Adam Smith nel suo contesto completo e confrontare queste visioni con quelle proposte da Carl Menger e Ludwig von Mises.6. Capitale e Patrimonio: Distinzioni Fondamentali e Problemi Aperti
Il patrimonio può essere inteso in due modi diversi. Nel suo significato più esteso, comprende tutti i beni economici posseduti da una persona. Tuttavia, in un senso più specifico, si riferisce solo a quei beni economici che vengono utilizzati per produrre reddito; questi beni costituiscono il patrimonio produttivo. Possedere beni di consumo di grande valore, come oggetti di lusso, non rientra in questa definizione più ristretta di patrimonio.Il Patrimonio Produttivo: Fisso e Circolante
All’interno di un’attività che produce beni o servizi, si distinguono principalmente due tipi di patrimonio produttivo. C’è il patrimonio fisso, che comprende i beni durevoli, come macchinari o edifici, che vengono usati ripetutamente nel processo produttivo per un lungo periodo. Accanto a questo, c’è il patrimonio circolante, formato da beni che vengono consumati o venduti durante la produzione, come materie prime o prodotti finiti.Sfide Teoriche: Comprendere il Valore e il Profitto
Uno dei nodi cruciali per la teoria economica è spiegare in che modo i beni che costituiscono il patrimonio circolante, pur essendo consumati o ceduti, mantengano il loro valore economico e contribuiscano alla generazione di profitto. Le spiegazioni finora proposte spesso non riescono a risolvere completamente questa questione. Inoltre, le teorie economiche tendono a confondere i mezzi tecnici necessari alla produzione con i mezzi economici che costituiscono il patrimonio, mescolando il concetto di patrimonio che potrebbe essere produttivo con quello che lo è effettivamente.L’Importanza delle Distinzioni per l’Economia
Comprendere la natura e la funzione del patrimonio all’interno dell’economia produttiva è essenziale per analizzare i fenomeni economici. Sebbene il capitale sia spesso visto come una somma di denaro che rappresenta contabilmente questi beni, è fondamentale distinguere chiaramente le diverse categorie di patrimonio produttivo. Fare queste distinzioni aiuta a fare luce sui meccanismi che portano alla formazione del profitto e a comprendere meglio le dinamiche economiche.Se il “nodo cruciale” del patrimonio circolante è davvero irrisolto, quali teorie economiche hanno fallito e perché?
Il capitolo solleva un punto critico affermando che le spiegazioni economiche esistenti non risolvono completamente il problema di come i beni circolanti mantengano valore e contribuiscano al profitto. Questa è un’affermazione forte che merita un approfondimento. Per comprendere la portata di questa critica e cercare risposte, è fondamentale studiare le diverse teorie del valore e del capitale sviluppate nelle varie scuole di pensiero economico. Approfondire autori come Karl Marx, che ha analizzato in profondità la circolazione del capitale e la creazione di plusvalore, o Piero Sraffa, noto per le sue critiche alla teoria neoclassica del capitale e per le sue analisi delle relazioni di produzione, può offrire prospettive diverse e aiutare a valutare se e in che modo le teorie economiche affrontano (o meno) la questione del patrimonio circolante. Anche la teoria classica (Ricardo) e neoclassica (Böhm-Bawerk) offrono visioni sul capitale e sul profitto che sono rilevanti per questo dibattito.Abbiamo riassunto il possibile
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