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Informazioni
“Saggi di storia e critica del cinema. Ingmar Bergman, Robert Bresson, Andrej Arsen’evič Tarkovskij” di Antonio Doriomedoff ti porta a scoprire il cinema di tre registi che non hanno avuto paura di scavare a fondo nelle domande difficili della vita. Questo saggio di critica cinematografica esplora come Ingmar Bergman, dalla sua Svezia divisa tra natura e puritanesimo, affronta l’angoscia della morte non come una fine, ma come uno stimolo potente per cercare l’autenticità e il significato, quasi un “esistenzialismo positivo” che vede la morte come un’opzione per la vita e un banco di prova per i valori umani. Poi c’è Robert Bresson, con il suo cinema rigoroso e senza fronzoli, che cerca di svelare l’anima dei personaggi attraverso i dettagli più piccoli e una ricerca quasi spirituale della grazia e della libertà. E infine, Andrej Tarkovsky, che dalla Russia, tra lotte contro il potere e l’esilio, usa il cinema per esplorare l’interiorità, il tempo, il sacrificio e la spiritualità, creando immagini potenti che sono quasi come icone moderne, un tema che il libro approfondisce parlando proprio dell’origine e del significato dell’immagine sacra e della sua luce perenne. È un viaggio nel cinema d’autore che ti fa pensare a temi universali come la vita, la morte, l’arte e la ricerca di senso, roba forte che non ti lascia indifferente.Riassunto Breve
L’arte, in diverse forme come il cinema e le immagini sacre, affronta temi fondamentali dell’esistenza umana. Si esplora la complessità della vita e la ricerca di autenticità, spesso attraverso il confronto con la morte. Questo pensiero sulla fine non è visto come una conclusione, ma come uno stimolo per cercare significato e possibilità di vita vera. La morte diventa un banco di prova per i valori umani e spinge al dialogo con gli altri, superando l’egoismo che porta alla chiusura. L’angoscia di fronte alla morte può trasformarsi in una ricerca di speranza e vitalità, portando i personaggi ad acquisire calore umano. L’erotismo stesso agisce come istinto di sopravvivenza contro la morte. Alcuni artisti usano un linguaggio essenziale e rigoroso, eliminando il superfluo per mostrare l’interiorità e l’anima dei personaggi. Si cerca di rendere visibile lo spirituale attraverso dettagli precisi, sguardi e volti, evitando il dramma esplicito per una pacata allusione che riflette un senso classico della tragedia. Altri artisti esprimono verità interiori e spirituali attraverso immagini complesse e personali, usando l’arte come una lotta per la libertà creativa e i valori profondi, affrontando avversità esterne e interiori. L’arte diventa testimonianza della ricerca della verità e del significato profondo. Esiste anche una forma d’arte, come le icone, creata specificamente per rappresentare una realtà spirituale superiore. Queste immagini usano canoni precisi, colori simbolici e una prospettiva particolare per far emergere l’anima, affermare la vita e invitare a riflettere su valori che durano nel tempo, al di là delle sofferenze terrene. L’iconografo agisce come intermediario tra visibile e invisibile, cercando una fedeltà ispirata ai canoni antichi. L’arte diventa così un percorso per esplorare l’autenticità, l’interiorità e il significato profondo dell’esistenza, affrontando le sfide della condizione umana per trovare verità e affermare valori duraturi.Riassunto Lungo
1. Bergman: Autenticità e il Confronto con la Morte
I film di Bergman sono complessi e difficili da definire in modo semplice. Mescolano idee e problemi in modi che riflettono parte della confusione spirituale che si vive oggi, mostrando come i valori umani possano apparire dispersi. Bergman esplora questi temi profondi con grande intelligenza e consapevolezza.Il Contesto Svedese
Per capire meglio il suo lavoro, è utile guardare alla Svezia, il paese da cui nascono i suoi film. La Svezia ha due lati contrastanti: una forte spinta verso la vita e la natura, ma anche regole rigide dovute al puritanesimo luterano. È una nazione dove i problemi sociali sono spesso risolti in modo efficace, il che a volte porta le persone a temere ciò che è superfluo o a eccedere nella libertà di comportamento. Questa dualità crea una tensione che si riflette nei suoi personaggi e nei temi trattati.Morte e Autenticità
Dentro queste tensioni, Bergman osserva da vicino il mondo in cui viviamo e l’idea della morte. Influenzato da pensatori come Swedenborg, Kierkegaard, Proust, James e Lawrence, arriva a vedere il pensiero della morte come “una opzione per la vita”. Questo si lega al concetto di “realismo dell’autenticità”, dove un modo positivo di vedere il significato della vita si unisce all’idea che la storia ci modella. La morte diventa una prova fondamentale per i nostri valori umani, mostrando cosa conta davvero di fronte alla nostra fine.La Forza della Vita: Sogni, Erotismo e Nascita
In questo quadro, i sogni e i simboli nei suoi film non portano alla passività. Al contrario, ci aiutano a capire noi stessi e gli altri in modo più attivo. L’erotismo, anche se a volte nascosto, agisce come un avversario della morte; rappresenta un forte istinto di sopravvivenza e connessione. Il film “Alle soglie della vita” è un esempio chiaro di questa lotta. Le difficoltà che le donne affrontano con la maternità sottolineano quanto sia profondamente importante la nascita, rivelando la grande simpatia del regista per le donne e la forza che afferma la vita nel portare una nuova esistenza nel mondo. L’atto stesso del nascere si presenta come una potente conferma della forza vitale contro il pensiero della morte.Ma in che modo esatto il puritanesimo luterano svedese e l’efficienza sociale si traducono necessariamente nell’ossessione per la morte e l’erotismo che il capitolo attribuisce a Bergman?
Il capitolo presenta il contesto svedese come la chiave per comprendere i temi di Bergman, ma il legame causale tra le caratteristiche specifiche di quella società (puritanesimo, spinta alla vita, efficienza sociale, paura del superfluo) e l’intensa esplorazione di morte, autenticità ed erotismo non è del tutto chiaro. Sembra più un’associazione che una spiegazione logica profonda. Per capire meglio questa connessione, sarebbe opportuno approfondire studi di storia sociale e culturale della Svezia, e confrontarsi con autori che hanno analizzato il rapporto tra strutture sociali e espressione artistica, o che hanno trattato i temi esistenziali e religiosi come Kierkegaard.2. L’Angoscia della Morte come Stimolo Vitale
L’opera di Ingmar Bergman esplora l’angoscia che proviamo di fronte alla morte, non vedendola come una conclusione, ma come un motore che ci spinge a cercare un significato profondo e a vivere pienamente. Questa scelta non nasce da un interesse morboso, ma è un elemento fondamentale nel suo modo di confrontarsi con le grandi domande della vita. Film come “Il settimo sigillo”, “Il posto delle fragole” e “Alle soglie della vita” mostrano chiaramente questa sua prospettiva.Il Potere delle Immagini e il Contesto Svedese
Le immagini nei suoi film sono cariche di significato e vanno oltre la semplice descrizione. Le azioni dei personaggi sono ricche di richiami e suggerimenti, evitando di mostrare solo ciò che si vede in superficie. Questa complessità riflette la complessità della vita stessa, ma poggia sempre su un forte senso di responsabilità morale. Il contesto della Svezia, diviso tra un amore per la natura e un rigore morale puritano, insieme al clima del Nord, alimenta un senso del mistero e una riflessione costante sulla morte. Bergman cerca di unire questi aspetti, trasformando il pensiero della morte in un invito a vivere con maggiore intensità. La fede luterana scandinava, che mette l’accento sull’esperienza personale e dà meno importanza alla grazia divina, facilita questa visione.La Morte come Invito al Dialogo
Sentire vicina la morte diventa uno stimolo potente per aprirsi agli altri e dialogare. È un modo per superare l’egoismo che ci isola e che, in un certo senso, anticipa la fine. Questa è una forma di “esistenzialismo positivo”: la vita non è solo un cammino verso la morte, ma la morte può diventare un impulso a vivere meglio. Ciò che possiamo usare concretamente nel mondo è la presenza degli altri, il nostro “esserci insieme”. Il ricordo, inoltre, mantiene viva la realtà del tempo che passa.Esempi e Ulteriori Riflessioni
Nel film “Il posto delle fragole”, il pensiero della morte permette al professor Borg di cambiare in meglio, riscoprendo l’importanza della comprensione e dell’affetto verso gli altri. La morte, usata in questo senso morale, diventa una verifica dei valori umani più importanti. I sogni e i simboli nei film spingono i personaggi a realizzare sé stessi e a capire gli altri, non a restare passivi. La capacità di considerare la nostra mortalità si estende anche agli altri ed è la base per sviluppare affetti sinceri e prendersi cura di chi ci sta intorno.Accettare la Morte per Vivere Autenticamente
Essere “fedeli alla morte” significa accettarla come una prospettiva che rende più autentica la nostra esistenza e i nostri legami con gli altri. Anche l’amore fisico nei film di Bergman è trattato con serietà, rappresentando Eros, la forza vitale, che si contrappone a Thanatos, la spinta alla morte. L’angoscia di fronte alla morte, come pensava il filosofo Kierkegaard, è un passaggio necessario per non cadere nella disperazione. Questa angoscia ci spinge a cercare significati e nuove possibilità di vita vera. I personaggi che si confrontano con la morte acquistano calore umano e vitalità. L’angoscia iniziale si trasforma così in una sana inquietudine e in speranza.Ma è davvero così scontato che l’angoscia della morte si traduca sempre in uno ‘stimolo vitale’ e non, piuttosto, in paralisi o disperazione?
Il capitolo presenta l’angoscia della morte come un motore quasi esclusivamente positivo, capace di spingere verso la ricerca di significato e l’apertura agli altri. Tuttavia, la risposta psicologica alla consapevolezza della mortalità è un fenomeno complesso e non sempre conduce a una maggiore vitalità o apertura. Esistono diverse prospettive che esplorano come l’angoscia possa manifestarsi anche in forme patologiche, come l’evitamento, la negazione o l’isolamento che il capitolo non considera. Per approfondire queste sfaccettature e capire la varietà delle reazioni umane di fronte alla finitudine, è utile esplorare la psicologia esistenziale e la thanatologia. Autori come Irvin Yalom ed Ernest Becker hanno dedicato ampio spazio all’analisi dei diversi modi in cui gli esseri umani affrontano, o non affrontano, l’ansia legata alla morte, offrendo un quadro più ampio rispetto alla sola trasformazione positiva descritta nel capitolo.3. La ricerca di senso tra vita e morte
La ricerca di senso porta i personaggi a cercare “essenze-valori”, ideali profondi che danno significato all’esistenza umana. L’amore viene visto come l’accettazione completa della realtà così com’è, senza riserve. La procreazione assume un valore simbolico forte, rappresentando il modo in cui l’uomo può superare il limite del tempo e la minaccia della morte, garantendo la continuazione della vita attraverso le generazioni future. L’arte e lo sforzo morale personale sono riconosciuti come elementi centrali in questa ricerca. Un sogno svela il percorso della vita dalla nascita alla morte, ma alla fine è la vita stessa, con la sua pienezza di sentimenti e la capacità di accettazione, a prevalere sul vuoto del nulla. Chi riesce a trovare una via d’uscita ha fede nella vita e la abbraccia pienamente, senza disprezzo.La morte è considerata un vuoto totale, un nulla che acquista esistenza solo nella paura egoistica di coloro che non sanno affrontare la vita o il divino senza evocarla costantemente. La religione tradizionale, nella sua rigidità, sembra a volte testimoniare più la fine che la vitalità dell’esistenza.Il tormento del cavaliere Block
L’angoscia che affligge il cavaliere Block non è tanto esistenziale quanto morale, profondamente legata alla sua indifferenza verso il prossimo e le sue sofferenze. Egli si interroga sulla natura di Dio, chiedendosi se non sia semplicemente la vita stessa in tutta la sua manifestazione. La partita a scacchi che gioca diventa una potente metafora del tempo che gli è concesso, un’opportunità per dare valore concreto alle proprie azioni e verificarne l’essenza morale. Le fragole, in questo contesto, simboleggiano il calore della vita, i valori umani più autentici e puri, non ancora corrotti dalla paura metafisica dell’ignoto. Il desiderio del cavaliere è quello di poter conservare il ricordo dei momenti semplici e belli, trovando in essi un conforto e qualcosa di tangibile in cui poter credere fermamente. Anche l’amore terreno, pur nella sua imperfezione e complessità, è visto come qualcosa di perfetto proprio nella sua stessa incompletezza.La via della rigenerazione
Esiste un disagio diffuso nella modernità, spesso causato dalla repressione degli istinti naturali, che finisce per manifestarsi in impulsi distruttivi legati alla morte. I dialoghi tra i personaggi si trasformano così in veri e propri “dibattiti drammatici”, carichi di tensione e significato. Il professor Borg trova la sua personale connessione con gli altri e con il mondo attraverso un percorso di autocoscienza profonda, riscoprendo l’amore e il valore nella natura e nella vita quotidiana. Accettare le critiche e riconoscere i propri limiti diventa un passaggio fondamentale per la sua rigenerazione interiore. La vera conoscenza, in questa prospettiva, non è astratta, ma consiste nel saper vivere pienamente e fare buon uso della propria esistenza.La luce brillante dell’estate accompagna e sottolinea questa rivalutazione positiva dell’esistenza, ponendosi in netto contrasto con il “nero funebre” che avvolge coloro che sono già spiritualmente “morti sebbene ancora in vita”. La maternità emerge come una forza potente che vince la morte, moltiplicando e perpetuando la presenza umana nel mondo. In un’altra chiave di lettura, la morte stessa può diventare una condizione necessaria per la rigenerazione e il rinnovamento culturale. Si manifesta una forma di religiosità laica, che trova il suo significato più profondo e autentico nella vita stessa, un concetto che richiama visioni come quella espressa da Einstein. Chi ha vissuto il tormento e le domande più profonde sull’esistenza non trova pace definitiva nemmeno nell’aldilà.Come si concilia la ricerca di “semplicità” con uno stile “ricco di immagini complesse e metafore potenti”?
Il capitolo descrive l’arte di Tarkovsky come una ricerca di semplicità, ma contemporaneamente ne evidenzia la complessità visiva e metaforica. Questa apparente tensione non viene risolta, lasciando il lettore a interrogarsi su come questi due aspetti coesistano nella sua opera. Per approfondire questa tematica e comprendere meglio la natura della “semplicità” tarkovskiana, che evidentemente non è sinonimo di banalità o assenza di stratificazione, sarebbe utile esplorare scritti dello stesso regista, come i suoi diari o saggi sulla teoria cinematografica. Anche la lettura di critici e studiosi del suo lavoro, come Geoff Dyer o Mark Le Fanu, può fornire chiavi di lettura per interpretare il suo linguaggio visivo e la sua filosofia artistica.6. L’Immagine Sacra e la sua Luce Perenne
Le prime immagini sacre compaiono nelle catacombe cristiane, dove si trovano volti di Cristo, della Vergine e dei martiri. Queste pitture sui muri mostrano un passaggio da semplici simboli a vere e proprie figure, con volti santi rappresentati in modo stilizzato. Quando le persecuzioni finiscono, le immagini diventano più realistiche, usando colori brillanti e forti contrasti. Queste caratteristiche si ritrovano poi nei mosaici e nelle icone create in area greco-bizantina.Lo sviluppo di quest’arte segue la crescita del Cristianesimo come istituzione e si diffonde in diverse regioni. I mosaici riprendono le forme degli affreschi delle catacombe, ma usano lo splendore delle tessere d’oro. Questi mosaici raccontano storie sacre e per questo venivano chiamati “Biblia pauperum”, cioè “Bibbia dei poveri”, da Gregorio Magno. Permettevano anche a chi non sapeva leggere di conoscere le storie sacre. Le figure sono semplici e serie, con corpi ben definiti, e si trovano nelle chiese e nei libri miniati. La creazione di queste immagini continua anche durante i periodi in cui venivano perseguitate (le persecuzioni iconoclaste).L’arte sacra in Italia e in Occidente
In Italia, il termine “icona” si trasforma in “ancona”, ma continua a indicare un ritratto sacro che segue le regole tradizionali. Artisti come Cavallini, Duccio e Cimabue lavorano seguendo queste regole, con disegni molto precisi. L’arte occidentale cambia con Giotto e il Rinascimento, che iniziano a dare importanza all’ambiente in cui si trovano le figure e sostituiscono la rigidità delle forme con linee più morbide e naturali.La tradizione in Oriente
In Oriente, la Chiesa Ortodossa mantiene fedelmente le regole bizantine e rifiuta i cambiamenti dell’arte occidentale. Questi cambiamenti sono visti come qualcosa che non si accorda con il messaggio del Vangelo. Pittori come Rublëv e Teofane il Greco seguono pienamente queste regole. Cercano la perfezione nel modo di disegnare e usano l’oro per rappresentare la luce divina e la trasformazione spirituale, non le sofferenze umane. Il ritratto sacro dipinto su tavola cambia poco nel tempo. La cosa importante non è essere originali, ma rappresentare ciò che è eterno e immutabile.Il significato profondo dell’icona
L’icona non è un semplice ritratto, ma un’immagine che rappresenta una realtà spirituale più alta. I volti hanno un aspetto severo e ascetico, senza ombre, per mostrare l’anima e affermare pienamente la vita spirituale. I colori usati hanno precisi significati religiosi: l’oro rappresenta la luce di Dio, il blu il cielo, il rosso la regalità e la dignità, l’ocra la natura umana. La “prospettiva rovesciata” crea l’effetto che siano gli occhi dipinti a guardare chi osserva l’icona. La struttura e la tecnica di pittura servono a creare un’armonia che possa aiutare a superare le sofferenze della vita terrena.Il ruolo dell’iconografo e il valore eterno
Chi dipinge le icone, l’iconografo, agisce come un ponte tra il mondo visibile e quello invisibile. Cerca di essere fedele alle regole antiche, sentendosi ispirato. Spesso evita di aggiungere decorazioni come metalli o pietre preziose, considerate non essenziali. L’icona dura nel tempo e invita a riflettere su valori che rimangono importanti nonostante i cambiamenti della storia e le mode del momento.È davvero così semplice la divergenza tra arte sacra occidentale e orientale?
Il capitolo, nel descrivere la separazione degli stili tra l’arte sacra occidentale e quella orientale, suggerisce che la tradizione ortodossa veda i cambiamenti occidentali come un allontanamento dal messaggio del Vangelo. Questa visione, sebbene presente in alcune interpretazioni, rischia di semplificare eccessivamente un fenomeno complesso. Le differenze stilistiche e teologiche tra le due tradizioni artistiche hanno radici profonde che vanno oltre una mera “infedeltà” al messaggio evangelico da parte dell’Occidente. Fattori storici, filosofici, culturali e liturgici hanno giocato ruoli cruciali. Per approfondire le molteplici cause di questa divergenza, è consigliabile studiare la storia dell’arte medievale in Europa e nel mondo bizantino, esplorando le opere di autori che hanno analizzato le interazioni e le specificità di queste tradizioni, come Ernst Kitzinger per l’arte bizantina o Erwin Panofsky per l’arte rinascimentale, e confrontare le prospettive teologiche sull’immagine sacra nelle Chiese d’Oriente e d’Occidente.Abbiamo riassunto il possibile
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