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Contenuti del libro
Informazioni
“Questa è già la mia vita” di Marina Premoli è un’autobiografia potente che ti porta dentro una storia incredibile, iniziando quasi per caso con un controllo di polizia nel 2016 che riapre ferite vecchie di decenni. Il libro scava a fondo, partendo dalla complessa storia familiare dell’autrice, segnata da guerre, lutti e segreti che si annidano tra Genova, il Trentino e Roma, in case piene di arte ma anche di tensioni non dette. Attraverso l’infanzia e l’adolescenza, si percepisce un disagio crescente, una ricerca di sé che si scontra con un ambiente borghese soffocante. Poi arriva la lotta personale, la dipendenza dall’alcol come fuga da un malessere interiore, un tema centrale che accompagna l’autrice per anni, anche nei suoi spostamenti tra Parigi, Bruxelles e Londra. La narrazione si sposta poi verso l’impegno politico radicale a Milano e Roma negli anni di piombo, la vita nelle comuni, le scelte estreme che portano alla clandestinità e alla lotta armata, con tutto quello che comporta: la paura costante, le rapine per sopravvivere, l’isolamento. Il racconto culmina con gli arresti, l’evasione spettacolare dal carcere di Rovigo e la successiva lunga detenzione a Rebibbia, dove il tempo in cella diventa un’occasione per riflettere sul passato, affrontare le conseguenze delle proprie azioni e iniziare un difficile percorso di ricostruzione personale, superando anche la dipendenza. È un viaggio intenso attraverso la storia italiana recente e le profondità dell’animo umano, tra errori, sofferenza e la difficile ricerca di un senso.Riassunto Breve
Un controllo di polizia nel 2016 rivela l’esistenza di precedenti penali risalenti a molti anni prima, mostrando come il passato continui a influenzare il presente. La storia che emerge inizia con un’infanzia segnata da un contesto familiare complesso, caratterizzato da segreti, lutti e relazioni difficili. La crescita avviene in un ambiente borghese, ma si manifesta presto un disagio interiore, che porta in adolescenza a problemi come l’agorafobia e, in età adulta, a una crescente dipendenza dall’alcol, usata come fuga da insicurezza e bassa autostima. Gli studi universitari e i primi tentativi di trovare una strada nella vita mancano di una direzione chiara. Un cambiamento avviene con l’avvicinamento agli ambienti politici di sinistra e extraparlamentari, in una ricerca di significato che si accompagna però a sentimenti di inadeguatezza. La dipendenza dall’alcol peggiora, ostacolando ogni tentativo di stabilità. Trasferimenti in diverse città, come Milano e Roma, portano a un maggiore coinvolgimento politico, fino a vivere in una comune. La vita nella comune è intensa, fatta di attività collettive e lotta politica, ma emergono tensioni sulla legalità delle azioni e aumenta la pressione della polizia. Una relazione con un membro di un gruppo armato porta a partecipare a piccole azioni illegali. Quando il compagno diventa latitante e arriva un mandato di comparizione, la paura del carcere e l’influenza ideologica spingono a scegliere la clandestinità, abbandonando la vita precedente. La vita da latitante è caratterizzata da continui spostamenti, dalla necessità di trovare rifugi e procurarsi denaro, spesso tramite rapine, nonostante il disagio e la paura. Il gruppo si avvicina a un’organizzazione armata, giustificando la violenza, ma la dura realtà della fuga e i dubbi interni logorano le motivazioni iniziali. La repressione statale e il fenomeno dei pentiti rendono la sopravvivenza sempre più difficile. L’organizzazione si scioglie, ma la clandestinità prosegue fino a un arresto nel 1981. Questa prima detenzione è breve e porta a partecipare a un’evasione dal carcere, un’azione che ha successo ma è segnata dalla morte di un passante, causando profondo turbamento. Poco dopo, avviene una seconda cattura. Questa volta, la detenzione è lunga, trascorsa in un carcere di massima sicurezza. La vita in cella si struttura con routine, studio e lavoro. La riflessione sul percorso compiuto porta a riconoscere l’errore della scelta clandestina e il dolore causato. I processi portano a una condanna pesante. Con il passare degli anni, si ottengono permessi per lavorare all’esterno e poi la semilibertà. Viene superata anche la dipendenza dall’alcol. La pena viene infine commutata in liberazione condizionale dopo molti anni. Il percorso descrive una vita segnata da fragilità personali, dal contesto familiare, dalla radicalizzazione politica e dalle sue gravi conseguenze, che culmina in un lungo periodo di reclusione e nell’inizio di un nuovo cammino, mentre il peso del passato continua a farsi sentire.Riassunto Lungo
1. La storia che non scompare
Durante un viaggio in pullman nel giugno 1981, un controllo dei carabinieri portò alla scoperta di armi a bordo. Per evitare che la situazione degenerasse in uno scontro violento, si decise di disarmare uno dei compagni presenti. Questo evento culminò nell’arresto e nel trasferimento immediato in carcere, segnando l’inizio di un’esperienza che avrebbe avuto ripercussioni durature. L’improvviso cambiamento di rotta nella vita di chi si trovava su quel pullman fu drastico e inaspettato.La prima detenzione a Rovigo
La prima tappa della detenzione fu la Casa Circondariale di Rovigo, dove si affrontò un periodo di isolamento. La cella era di dimensioni ridotte, e la quotidianità era scandita da una routine rigida: i pasti venivano consumati a orari prestabiliti, c’era un’ora d’aria per muoversi all’esterno e momenti dedicati alla lettura. Un piccolo oggetto personale, una fotografia di famiglia che era stata usata come segnalibro, venne restituita in quel frangente e assunse un significato particolare, diventando un legame tangibile con il mondo esterno e gli affetti lasciati fuori dalle mura carcerarie.La vita nel carcere di Torino
Successivamente, avvenne un trasferimento al carcere delle Nuove a Torino, dove le condizioni di detenzione si rivelarono peggiori rispetto alla struttura precedente. Qui si passò dalla solitudine dell’isolamento all’inserimento in una sezione comune, che comportava la convivenza forzata con altre detenute. Tra le compagne di sezione c’erano figure con storie difficili, come una donna condannata per aver ucciso il marito e un’altra che lottava contro la tossicodipendenza. La vita in sezione era caratterizzata da un ambiente rumoroso e difficile, rendendo la quotidianità una sfida costante. Nonostante le difficoltà, alcune attività offrivano momenti di evasione e leggerezza, come la possibilità di partecipare al coro durante le funzioni religiose in chiesa.L’impatto dei colloqui e i trasferimenti
I colloqui con i genitori rappresentavano momenti emotivamente molto intensi, capaci di far emergere dinamiche familiari complesse e profonde, offrendo uno spaccato del peso che la detenzione aveva non solo sulla persona detenuta ma anche sui suoi cari. Questa fase fu segnata da ulteriori trasferimenti tra diversi istituti penitenziari, che contribuirono a rendere l’esperienza carceraria una nuova condizione di vita, fatta di una calma solo apparente, di una malinconia sottile e costante, e del progressivo emergere di dubbi e riflessioni sul proprio percorso e sul futuro.Le conseguenze nel tempo
Le conseguenze di quella storia passata si manifestarono in modo tangibile anni dopo. Un controllo di polizia avvenuto nel gennaio 2016 rivelò l’esistenza di precedenti penali risalenti fino al 1996, dimostrando come un passato percepito come lontano potesse ancora riemergere e influenzare il presente, venendo menzionato esplicitamente dalle forze dell’ordine durante le verifiche di routine.Perché il capitolo descrive le conseguenze della detenzione senza fornire il contesto cruciale dell’evento che l’ha scatenata?
Il capitolo si concentra giustamente sull’esperienza personale della detenzione, ma la descrizione dell’evento iniziale del giugno 1981 è lacunosa. Non viene spiegato chi fossero le persone sul pullman, perché fossero armate, né quale fosse la natura dello “scontro violento” che si voleva evitare. Questa mancanza di contesto storico e politico rende difficile comprendere appieno le radici di quella “storia che non scompare”. Per colmare questa lacuna, sarebbe utile approfondire la storia d’Italia degli anni ’70 e ’80, in particolare il fenomeno della lotta armata e dei movimenti politici extraparlamentari. Si possono consultare opere di storici come Indro Montanelli, Giorgio Bocca, o studi più recenti sul periodo.2. L’Ombra della Fotografia
Iole, la nonna materna, era originaria del Trentino e gestiva la tenuta agricola di famiglia. All’inizio del Novecento si trasferì a Genova dopo aver sposato Ugo, un ingegnere. La coppia ebbe una prima figlia, Ornella, che morì bambina in un tragico incidente. Questa perdita segnò profondamente Iole, lasciando un dolore che non riuscì mai a superare completamente e influenzando il suo rapporto con la seconda figlia, Orietta, nata tre anni dopo. Sebbene Ugo mostrasse grande affetto per Orietta, Iole non superò il lutto, rendendo il loro legame difficile. La famiglia subì un’altra tragedia quando Ugo morì improvvisamente a causa dell’epidemia di spagnola durante la Prima Guerra Mondiale. Colpita da queste esperienze di perdita e lutto, Iole si indurì nel carattere. Rimase a Genova e, dopo dieci anni di vedovanza, si risposò con Enrico, un imprenditore. La casa cambiò atmosfera, diventando più vivace e accogliente. Da questo secondo matrimonio nacque una terza figlia, Angela.La Nascita della Narratrice e la Madre Orietta
Le difficoltà e i lutti che avevano segnato la vita di Iole ebbero un impatto sulle generazioni successive, influenzando in particolare il rapporto difficile con sua figlia Orietta. La nascita della narratrice avvenne a Genova alla fine del 1941, in un periodo difficile per la città, che subiva continui bombardamenti durante la guerra. Orietta affrontò la gravidanza in uno stato di profonda crisi depressiva. Per cercare sostegno, si trasferì a Genova per stare vicino alla propria madre, Iole, nonostante il loro rapporto fosse da sempre complicato. Orietta partorì in condizioni di grande debolezza e tristezza, un momento segnato dalle tensioni familiari e dal contesto bellico.L’Immagine che Racconta
Un’immagine cattura un momento di questo periodo difficile, testimoniando le esperienze vissute. È una fotografia scattata durante la Seconda Guerra Mondiale. Mostra un padre militare seduto su una panca con le sue figlie piccole, Laura e una neonata, che è la narratrice. Lo sfondo della foto è un prato a Malosco, in Val di Non, vicino a un castello di proprietà del nonno paterno. La madre si era rifugiata in questo luogo tranquillo con le bambine per sfuggire ai pericoli della guerra in città. La foto trasmette un senso di malinconia, un ricordo tangibile di quei tempi difficili, ed è conservata con cura nelle case di famiglia.Ma come si giustifica questo salto narrativo dal dramma genovese al sereno (apparente) rifugio in Val di Non?
Il capitolo descrive con intensità il peso del lutto e delle difficoltà nella linea materna, culminando nello stato di crisi di Orietta a Genova. Tuttavia, il passaggio alla scena della fotografia, ambientata presso la famiglia paterna in Trentino, avviene senza fornire un contesto sufficiente. Come ha fatto Orietta, in quelle condizioni e in tempo di guerra, a spostarsi con le figlie? Qual era il ruolo effettivo della famiglia paterna in quel frangente? Per colmare questa lacuna, sarebbe utile approfondire la storia sociale del periodo bellico, le dinamiche familiari in contesti di crisi e forse esplorare testi che trattano la psicologia del trauma e le sue ripercussioni intergenerazionali, magari leggendo autori che si occupano di storia contemporanea o psicologia familiare.3. Vite tra guerra e ritorni difficili
Orietta trascorre la sua giovinezza a Genova negli anni Trenta. Fin da ragazza mostra uno spirito ribelle, che non si adatta facilmente all’ambiente borghese in cui vive. Frequenta una scuola religiosa molto severa, ma si fa notare per la sua ironia e per il suo rifiuto di partecipare alle manifestazioni fasciste dell’epoca. Le estati trascorse in Trentino le regalano momenti di libertà, ma in famiglia sperimenta un profondo disagio, legato al rapporto con il patrigno e la madre. L’adolescenza è un periodo difficile, segnato dall’agorafobia, che la nonna Iole cerca di curare con metodi molto severi, e da altri disturbi nervosi. Nonostante la sofferenza, Orietta non cerca mai un aiuto psicologico. Crescendo, diventa una giovane donna affascinante e piena di vita. È durante una vacanza in Trentino che incontra Aurelio, che si innamora di lei a prima vista. I due si sposano nel 1937. Orietta è apertamente antifascista per sua natura, mentre Aurelio mantiene una posizione di non adesione più discreta e riservata.La vita a Roma dopo la guerra e il ritorno di AurelioDopo che Roma viene liberata nel 1944, Orietta si sposta nella capitale insieme alle sue due bambine ancora piccole. Vanno a vivere nella grande villa dei suoceri, situata sul Gianicolo. La casa è grande e imponente, ma manca di calore e allegria. La nonna Elena, suocera di Orietta, impone il divieto di parlare di politica, creando molta tensione con la nuora. Intanto, Aurelio torna dalla guerra, dove ha combattuto in Jugoslavia come tenente. Nonostante fosse nell’esercito, non condivideva l’ideologia fascista e cercava di evitare le atrocità. Torna profondamente turbato da ciò che ha vissuto e non riesce a parlare delle sue esperienze. Il rapporto con suo padre è formale e distante. Pian piano, Aurelio si riabitua alla vita di tutti i giorni e riprende il suo lavoro di insegnante di storia dell’arte in un liceo. Qui trova successo e apprezzamento tra gli studenti. Nonostante le insistenze del padre, sceglie di non intraprendere la carriera universitaria, preferendo l’insegnamento liceale.Come si concilia il “dovere morale e politico” di un’evasione con la morte di un innocente causata dall’azione stessa?
Il capitolo descrive l’evasione come un imperativo etico per le detenute, ma conclude con la tragica notizia della perdita di una vita non coinvolta. Questa dissonanza solleva interrogativi cruciali sulla legittimità dei mezzi impiegati nella lotta politica e sul calcolo delle conseguenze. Per approfondire la complessità di tali dilemmi, è fondamentale esplorare la letteratura sulla violenza politica, sulla responsabilità individuale e collettiva, e sull’etica delle azioni radicali. Autori come Arendt o Camus offrono prospettive critiche sul rapporto tra libertà, violenza e giustizia.16. Rebibbia: Il Tempo Riscoperto
La seconda cattura avviene a Torino nel febbraio 1982, poco dopo l’evasione. Si viene arrestati su un autobus cittadino insieme a un compagno, un momento che genera subito il timore di subire torture. Tuttavia, si viene condotti in commissariato e successivamente trasferiti al carcere di Rebibbia a Roma, dove si è destinati alla sezione di Massima Sicurezza. Durante l’interrogatorio, si mantiene una posizione di non collaborazione, dichiarandosi prigionieri politici. Inizialmente si è posti in isolamento, una condizione che cambia quando si viene trasferiti in una cella condivisa con altre detenute politiche.La vita in cella
La routine carceraria è scandita da suoni costanti, come il rumore delle chiavi, e da orari rigidi per i pasti e l’ora d’aria. Si condivide lo spazio con altre donne, appartenenti a diversi gruppi politici, imparando a convivere nonostante le differenze. Questa coabitazione forzata diventa parte integrante dell’esperienza quotidiana, fatta di spazi ristretti e tempi definiti dall’istituzione penitenziaria.Un nuovo modo di vivere il tempo
Con il trascorrere dei mesi e degli anni, la percezione della detenzione subisce una profonda trasformazione. Non è più vissuta come una semplice attesa della libertà futura, ma come la vita presente da affrontare e vivere pienamente in ogni suo aspetto. Si inizia così a dare una struttura alle giornate, dedicandosi alla lettura, allo studio e al lavoro, attività che riempiono il tempo e offrono stimoli. I rapporti con i familiari, mantenuti attraverso i colloqui, diventano un legame essenziale con il mondo esterno, un filo che unisce la realtà carceraria a quella di fuori.Riflessioni e il percorso verso la libertà
Durante questo lungo periodo, si affronta una riflessione profonda sulla scelta della clandestinità, riconoscendola infine come un errore che ha causato dolore e sofferenza. Si susseguono numerosi processi giudiziari che portano a una condanna complessiva superiore ai vent’anni di reclusione. Dopo circa otto anni di detenzione, si ottiene un permesso per svolgere lavoro all’esterno, potendo uscire di giorno per lavorare e rientrare in carcere la sera. Successivamente, si accede al regime di semilibertà, mantenendo orari simili e potendo svolgere attività lavorativa anche a Firenze. Il percorso detentivo si conclude con la commutazione della pena in liberazione condizionale alla fine del 1994. Durante questi anni, si riesce anche a superare la dipendenza dall’alcol, un ulteriore traguardo raggiunto.Il capitolo descrive una profonda trasformazione interiore e un percorso di riabilitazione, ma quanto di questo racconto è influenzato o reso possibile dal contesto politico e giudiziario dell’epoca, che il testo sembra trascurare?
Il capitolo si concentra lodevolmente sulla dimensione personale della detenzione, esplorando il cambiamento nella percezione del tempo e la riflessione sull’errore della clandestinità. Tuttavia, la narrazione del percorso verso la libertà (permessi, semilibertà, liberazione condizionale) appare quasi come un esito naturale di questa trasformazione interiore, omettendo il cruciale contesto esterno. Per comprendere appieno questo percorso, sarebbe fondamentale approfondire il clima politico degli “anni di piombo” e successivi, le specifiche leggi antiterrorismo, le politiche carcerarie dell’epoca e il dibattito pubblico e giudiziario sulla dissociazione e il pentitismo. La possibilità di accedere a misure alternative alla detenzione non fu un dato scontato per i detenuti politici, ma il risultato di complessi processi legislativi e politici. Approfondire autori che hanno analizzato il periodo storico e il rapporto tra giustizia e politica in Italia, come Leonardo Sciascia o storici del periodo, può fornire il contesto necessario per valutare la specificità di questo percorso.Abbiamo riassunto il possibile
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