Contenuti del libro
Informazioni
“Quarant’anni di scienza politica in Italia” di Gianfranco Pasquino è un libro che ti porta dentro l’evoluzione della scienza politica italiana negli ultimi quarant’anni. È un percorso affascinante che mostra come gli studiosi hanno cercato di capire la complessa politica italiana, partendo dall’importanza di definire bene i concetti, un punto su cui Giovanni Sartori ha insistito molto, e di usare una metodologia della ricerca rigorosa. Il libro esplora temi centrali come i cambiamenti della nostra democrazia italiana, l’impatto rivoluzionario della comunicazione politica e dell’opinione pubblica sul comportamento elettorale e sulla partecipazione politica, che è passata dai partiti di massa ai movimenti sociali e a nuove forme digitali. Analizza a fondo le regole del gioco, dai sistemi elettorali alla classe politica, e il ruolo di istituzioni chiave come il parlamento e la magistratura italiana, con il fenomeno della judicialization of politics. Infine, guarda a come si studiano le politiche pubbliche e il crescente peso dell’Unione Europea e delle Relazioni Internazionali. Leggendo, capisci quanto è vitale la scienza politica per analizzare l’Italia e le sue sfide, un campo in costante crescita nonostante le difficoltà.Riassunto Breve
La scienza politica richiede concetti definiti con precisione per analizzare la realtà, un aspetto su cui Giovanni Sartori ha insistito molto in Italia, specialmente nella politica comparata. Trasformare questi concetti in variabili misurabili per la ricerca empirica presenta sfide, e Alberto Marradi ha applicato questo rigore alla metodologia, sottolineando l’importanza di indicatori appropriati.Un campo di studio centrale è la democrazia e i suoi cambiamenti, analizzando le transizioni da regimi autoritari e distinguendo la democrazia ideale da quella empirica. La ricerca si concentra anche sui regimi ibridi e sui nuovi autoritarismi, studiando le loro istituzioni e la stabilità. Studiosi italiani hanno contribuito, ad esempio con la teoria dell’ancoraggio per spiegare il consolidamento democratico in contesti difficili, e si analizza la qualità della democrazia considerando procedure, risultati e diritti. Le prospettive future includono la comprensione dei regimi non democratici, l’impatto delle eredità storiche e l’analisi delle istituzioni democratiche specifiche.La scienza politica italiana, dagli anni Novanta, riconosce l’importanza della comunicazione, specialmente dopo l’ingresso di Silvio Berlusconi in politica, che ha segnato il passaggio dalla “democrazia dei partiti” alla “democrazia del pubblico”. Questo cambiamento ha stimolato gli studi sulla comunicazione politica, le campagne elettorali, la leadership e l’influenza dei nuovi media. Parallelamente, si sviluppa l’analisi dell’opinione pubblica e del comportamento politico, passando da dati aggregati a studi individuali tramite sondaggi. La scelta di voto diventa più individuale, influenzata da valori, orientamento politico, immagine del leader e stimoli di breve periodo, con media e relazioni interpersonali che giocano un ruolo cruciale. L’analisi dell’opinione pubblica si estende anche alle politiche pubbliche, sfatando miti su temi come politica estera, europeismo e immigrazione.La partecipazione politica si studia a livello internazionale, includendo, oltre alle elezioni, i movimenti sociali. In Italia, la politica del dopoguerra è dominata dai partiti di massa che organizzano la partecipazione. Negli anni Settanta, i movimenti sociali diventano visibili e influenzano il sistema politico. Dagli anni Ottanta, la partecipazione ai partiti diminuisce, mentre cresce quella alle associazioni. Il crollo dei partiti della Prima Repubblica porta all’emergere di nuove forme partitiche, spesso centrate sul leader e meno legate alla membership tradizionale, come partiti personali, populisti o territoriali, e più recentemente il Movimento 5 Stelle con forme di partecipazione online. La ricerca italiana si adatta studiando queste nuove organizzazioni e le diverse forme di mobilitazione, inclusi l’uso dei media digitali.I sistemi elettorali sono fondamentali per capire le democrazie, definendo la rappresentanza e influenzando l’assetto istituzionale. Lo studio di questi sistemi lega le regole al numero dei partiti e alla loro struttura, considerando anche gli effetti psicologici e il coordinamento strategico. La scienza politica italiana ha una lunga tradizione nello studio della classe politica e delle élite, analizzando il reclutamento e il comportamento dei politici. In Italia, le riforme elettorali dagli anni Novanta hanno modificato il quadro, passando da sistemi proporzionali a misti o con premio di maggioranza, con l’obiettivo di creare governi più stabili, ma non sempre con successo. Queste riforme hanno creato problemi di disallineamento tra Camera e Senato e sproporzione tra voti e seggi. La classe politica italiana ha affrontato una crisi di legittimazione, e gli studi analizzano il ricambio delle élite e il loro rapporto con i cambiamenti sociali e istituzionali.Gli studi sul processo legislativo in Italia si concentrano sulle dinamiche partitiche e il rapporto governo-opposizione, analizzando l’aumento dell’uso di decreti legge e il ruolo del parlamento come arena di conflitto interno al governo. Parallelamente, lo studio del sistema giudiziario come parte del sistema politico si sviluppa, evidenziando il progressivo rafforzamento dell’indipendenza della magistratura e la crescente rilevanza politica della giustizia penale, contribuendo al fenomeno della “judicialization of politics”. Gli studi italiani in questo campo hanno acquisito riconoscimento internazionale.La scienza politica sposta l’attenzione da come si formano i governi a ciò che i governi fanno, concentrandosi sull’analisi delle politiche pubbliche. Questo studio rivela che le politiche dipendono da processi complessi che coinvolgono burocrati, esperti e gruppi di interesse, organizzati in reti o strutture di governance. In Italia, l’analisi delle politiche pubbliche si afferma con ritardo, con innovazioni osservate maggiormente a livello regionale e locale. Parallelamente, gli studi sull’Unione Europea emergono come un campo autonomo, evolvendo dall’analisi teorica dell’integrazione al concetto di governance multilivello e all’impatto delle politiche europee sui sistemi nazionali (europeizzazione). In Italia, gli studi sull’UE si sviluppano più tardi, ma la ricerca cresce coprendo un’ampia gamma di temi.L’insegnamento delle Relazioni Internazionali (RI) è arrivato tardi nelle università italiane. Nonostante una crescita lenta iniziale, l’ultimo decennio ha visto un aumento di studiosi e presenza nel dibattito accademico. A livello globale, le RI sono passate da un focus sugli attori statuali e un approccio positivista a un pluralismo di attori, temi e approcci. Gli studiosi italiani di RI hanno ampliato i loro temi, ma il contributo al dibattito internazionale rimane limitato, anche a causa delle condizioni del sistema universitario e di una limitata internazionalizzazione. La scienza politica italiana si è professionalizzata ponendo enfasi sul metodo comparato e sulla chiarezza concettuale, possedendo una vocazione all’applicabilità per analizzare la realtà politica. Esiste una percezione di scarsa propensione tra gli studiosi italiani a impegnarsi nel dibattito pubblico.Riassunto Lungo
1. Strumenti per Capire la Politica
Per analizzare la realtà politica in modo efficace, è fondamentale usare concetti chiari e precisi. In Italia, Giovanni Sartori ha dato un contributo importantissimo in questo senso, insistendo sulla necessità di un linguaggio scientifico rigoroso, specialmente quando si confrontano sistemi politici diversi. Usare concetti in modo vago o impreciso porta a descrizioni confuse e poco utili. I concetti ben definiti sono la base per costruire teorie solide, confrontare diverse realtà politiche e guidare la ricerca pratica.Dai Concetti ai Dati
Passare dai concetti teorici a qualcosa che può essere misurato nella realtà presenta delle difficoltà. Alberto Marradi ha ripreso l’approccio rigoroso di Sartori e lo ha applicato alla ricerca, in particolare per l’uso di sondaggi e dati. Ha sottolineato quanto sia importante definire bene gli indicatori, cioè gli elementi concreti che usiamo per misurare un concetto astratto. Oggi, con la grande quantità di dati disponibili e le nuove tecniche di analisi, è ancora più cruciale avere le idee chiare sui concetti prima di iniziare a misurare qualsiasi cosa.Lo Studio della Democrazia
Un campo di studio molto importante dove si applicano questi strumenti è quello della democrazia e di come cambia nel tempo. La fase di grande diffusione delle democrazie, chiamata “terza ondata”, ha spinto molti a studiare come i paesi passano da regimi non democratici a democratici. Sartori ha fatto una distinzione importante tra l’idea perfetta di democrazia e come funziona nella pratica, definendola come un sistema basato sulla competizione tra diversi gruppi (minoranze). La ricerca oggi guarda anche ai regimi che non sono né pienamente democratici né autoritari (regimi ibridi) e ai nuovi tipi di autoritarismo, analizzando come sono strutturati e quanto sono stabili.Contributi Italiani e Qualità Democratica
Gli studiosi italiani hanno dato contributi significativi in questo ambito. Ad esempio, Leonardo Morlino ha sviluppato la teoria dell’ancoraggio, che spiega come una democrazia riesce a radicarsi e a diventare stabile anche in contesti difficili. Un altro aspetto studiato è la qualità della democrazia, che non riguarda solo l’esistenza di elezioni, ma anche come funzionano le procedure, quali risultati produce il sistema politico e quanto i diritti dei cittadini sono rispettati.Prospettive Future della Ricerca
Per il futuro, la ricerca punta a capire meglio i regimi non democratici, a valutare l’impatto che la storia passata ha sul presente e ad analizzare in modo più approfondito le singole istituzioni democratiche. La ricerca pratica incontra spesso limiti di finanziamento, il che spinge a cercare risorse, ad esempio, a livello europeo. Lo studio della democrazia e l’affinamento dei concetti politici continuano ad evolversi, sfruttando i dati disponibili e migliorando i metodi di analisi.Ma questi “strumenti” concettuali e metodologici bastano davvero a cogliere la complessità e la brutalità della politica reale?
Il capitolo sottolinea l’importanza della precisione per analizzare la politica, un punto condivisibile. Tuttavia, la politica non si esaurisce nelle sue strutture misurabili o nei concetti ben definiti; è intrinsecamente legata a dinamiche di potere, a conflitti irriducibili e al peso ineludibile della storia. Un’eccessiva enfasi sugli “strumenti” rischia di trasformare lo studio della politica in un esercizio tecnico, trascurando le forze profonde e spesso irrazionali che la plasmano. Per una comprensione più ricca, è fondamentale affiancare alla rigorosa analisi metodologica lo studio delle grandi teorie del potere e della storia politica, come quelle proposte da autori quali Machiavelli o Weber.2. L’Evoluzione della Politica Italiana tra Media e Opinione Pubblica
Dagli anni Novanta, la politica in Italia ha iniziato a dare grande importanza alla comunicazione. L’arrivo di Silvio Berlusconi nel 1994, con una campagna elettorale molto nuova per l’epoca, ha cambiato le cose in modo significativo. Questo momento ha mostrato un cambiamento profondo nelle nostre democrazie: si è passati da una “democrazia dei partiti”, dove i partiti erano molto forti nel collegare i cittadini alla politica, a una “democrazia del pubblico”. In questa nuova fase, il rapporto tra partiti e cittadini è meno stretto, le persone cambiano voto più facilmente, e i partiti devono per forza usare molto i mezzi di comunicazione.Lo studio della comunicazione politica
Prima considerati un settore minore, gli studi sulla comunicazione politica sono cresciuti molto. Questi studi esaminano come vengono condotte le campagne elettorali e come funziona la leadership dei politici. Analizzano anche l’influenza crescente dei mezzi di comunicazione e l’impatto dei nuovi media digitali. La ricerca si dedica in particolare alle nuove strategie di marketing usate dai partiti e ai modi in cui comunicano con le persone.Comprendere l’opinione pubblica e il voto
Parallelamente, si è sviluppata molto anche l’analisi di cosa pensa la gente e di come si comporta quando deve votare. In passato, si studiavano soprattutto i dati generali di grandi gruppi o di specifiche zone del paese. Oggi, invece, l’attenzione si è spostata sull’individuo, usando sondaggi e ricerche fatte su campioni precisi di persone. Questo approccio più dettagliato serve a capire meglio come ogni persona arriva alla sua scelta di voto.Comprendere l’opinione pubblica e il voto
La decisione su chi votare è diventata un atto più personale. È influenzata da cosa è importante per l’individuo, come i suoi valori e la sua posizione politica tra destra e sinistra. Anche l’immagine che il leader politico riesce a trasmettere gioca un ruolo fondamentale. A questi fattori si aggiungono elementi che cambiano rapidamente, come la situazione economica del momento o i temi più discussi nel dibattito pubblico. In tutto questo processo decisionale, i mezzi di comunicazione e le conversazioni con amici e familiari hanno un peso notevole.L’opinione pubblica sulle grandi questioni
Lo studio di cosa pensa la gente si è allargato anche a temi importanti di politica concreta, come la politica estera, l’atteggiamento verso l’Europa e la questione dell’immigrazione. Queste ricerche hanno permesso di superare alcune idee sbagliate che circolavano su questi argomenti. Ad esempio, si è visto che l’opinione degli italiani sull’uso della forza o sull’integrazione europea è più sfumata e ragionata di quanto si pensasse comunemente. Riguardo all’immigrazione, c’è sicuramente molta preoccupazione tra la popolazione. Questa preoccupazione è spesso alimentata da idee che non corrispondono alla realtà dei fatti, con percezioni che esagerano il fenomeno. Nonostante questo, accanto alla preoccupazione, emerge anche una certa apertura e disponibilità ad accettare e integrare le persone immigrate nella società.“Democrazia del pubblico”: un’evoluzione o semplicemente la svendita della politica all’immagine e al marketing?
Il capitolo descrive il passaggio a una “democrazia del pubblico” come un dato di fatto, quasi un’evoluzione naturale. Tuttavia, questa transizione solleva interrogativi cruciali sulla qualità della rappresentanza, sul ruolo dei corpi intermedi e sul rischio di una politica ridotta a mero spettacolo o marketing. Per approfondire queste criticità e confrontarsi con visioni meno acritiche, sarebbe utile esplorare gli studi sulla crisi della democrazia rappresentativa e sul populismo, magari leggendo autori come Colin Crouch o Nadia Urbinati.3. Dalle masse ai movimenti: l’evoluzione politica italiana
La partecipazione politica viene studiata a livello internazionale già dagli anni Cinquanta, concentrandosi all’inizio soprattutto sulle elezioni. Dopo le grandi mobilitazioni degli anni Sessanta e Settanta, l’idea di partecipazione si è allargata per includere anche i movimenti sociali. In Italia, lo studio di questi temi è iniziato un po’ più tardi. Nel dopoguerra, la politica era dominata dai partiti di massa, come la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista. Questi partiti organizzavano la partecipazione dei cittadini, anche quelli meno ricchi, offrendo un modello alternativo alla sola centralità sociale.
Dai movimenti sociali al cambiamento dei partiti
Negli anni Settanta, i movimenti sociali sono diventati molto importanti e hanno influenzato la politica. Sono state studiate le lotte degli operai, i nuovi movimenti come quelli dei giovani, delle donne e degli ambientalisti, e come si formano le identità collettive. La ricerca italiana ha dato un contributo importante all’analisi di come le persone agiscono insieme, delle loro identità e delle organizzazioni nei movimenti. Dagli anni Ottanta in poi, la partecipazione ai partiti tradizionali è diminuita, mentre più persone si sono unite alle associazioni sociali. Il vecchio sistema dei partiti della Prima Repubblica è finito all’inizio degli anni Novanta.
Nuove forme di partecipazione e la ricerca oggi
Sono nate nuove forme di partiti, come quelli legati a una persona specifica, quelli populisti o quelli legati a un territorio, come la Lega Nord e Forza Italia. Più di recente è arrivato il Movimento 5 Stelle, che ha provato a usare sia la partecipazione online che quella tradizionale. Questi nuovi partiti hanno strutture diverse, spesso molto centrate sul leader e meno basate sull’iscrizione dei membri come una volta. La ricerca in Italia si è adattata a questi cambiamenti, studiando le nuove organizzazioni dei partiti e i diversi modi in cui le persone si mobilitano, incluse le proteste contro le misure di austerità e l’uso dei mezzi digitali. Sono stati sviluppati nuovi modi di studiare, come l’analisi degli eventi di protesta, e si usano sempre più confronti con altri paesi. Le sfide per chi fa ricerca oggi riguardano lo studio dei leader, come rendere più democratica la vita interna dei partiti (ad esempio con le primarie), l’influenza dell’Europa e l’effetto delle nuove tecnologie su come le persone partecipano alla vita politica.
Nonostante la crescita e la presenza internazionale, come può la ricerca italiana sull’Unione Europea superare la sua “identità poco chiara” e il “legame limitato” con la pratica politica, evitando di restare un esercizio accademico autoreferenziale?
Il capitolo, pur riconoscendo i progressi e l’aumentata presenza internazionale degli studiosi italiani nel campo degli studi sull’UE, solleva un punto critico: la difficoltà di definire una chiara identità e il legame limitato con la pratica politica concreta. Questa apparente contraddizione suggerisce una potenziale lacuna nell’impatto reale della ricerca. Per colmare questa distanza, sarebbe utile approfondire le discipline che studiano l’interazione tra conoscenza accademica e processo decisionale, come la sociologia politica e la scienza dell’amministrazione pubblica. È inoltre fondamentale concentrarsi maggiormente sull’analisi dell’implementazione e della valutazione delle politiche europee a livello nazionale e locale. Autori come Paul Sabatier, per le sue teorie sui processi di policy, e Claudio Radaelli, per i suoi studi sull’europeizzazione e il cambiamento delle politiche nazionali, possono offrire spunti preziosi per connettere meglio la teoria alla pratica.7. Scienza Politica e Relazioni Internazionali in Italia: Un Percorso tra Crescita e Sfide
Le Relazioni Internazionali (RI) a livello globale sono state a lungo dominate dagli Stati Uniti, concentrandosi principalmente sugli attori statali e adottando un approccio basato sui fatti osservabili. Negli ultimi decenni, questa disciplina si è diffusa in molte parti del mondo. Ha iniziato a considerare una varietà maggiore di attori e argomenti, come la gestione delle questioni globali e le politiche che riguardano il mondo intero. Sono emersi anche modi diversi di studiare la materia, che non si limitano all’osservazione dei fatti. Questi cambiamenti hanno portato a discussioni interne sulla natura del sistema internazionale e sui metodi migliori per studiarlo.Le Relazioni Internazionali in Italia: Arrivo Tardo e Crescita
L’insegnamento delle Relazioni Internazionali nelle università italiane è iniziato relativamente tardi, verso la fine degli anni sessanta. L’affermazione di questa disciplina ha richiesto tempo, dovendo superare ostacoli culturali e strutturali legati alla storia e alla posizione dell’Italia nel mondo. Nonostante un lungo periodo iniziale di sviluppo lento, negli ultimi dieci anni si è osservato un notevole aumento sia del numero di studiosi che della presenza delle Relazioni Internazionali nel dibattito accademico nazionale. Questo segna una fase di maggiore vitalità e riconoscimento per la disciplina nel panorama universitario italiano.Ricerca Italiana e Contributo Globale
Gli studiosi italiani di Relazioni Internazionali hanno ampliato i loro interessi di ricerca, esplorando temi come la sicurezza, le dinamiche regionali, l’economia politica internazionale e l’analisi delle norme che regolano i rapporti tra Stati e altri attori. Nonostante questa varietà di argomenti, il contributo degli studiosi italiani al dibattito internazionale rimane limitato. La loro presenza nelle riviste accademiche più importanti a livello mondiale è ancora scarsa. Tra le cause di questa situazione ci sono le condizioni specifiche del sistema universitario italiano, una produzione scientifica che non sempre riesce a essere originale e innovativa, e una generale difficoltà a integrarsi pienamente nel contesto accademico globale.Scienza Politica, Applicabilità e Prospettive Future
Le Relazioni Internazionali fanno parte della Scienza Politica italiana, una disciplina che si è professionalizzata mettendo in primo piano il confronto tra diversi sistemi politici e la chiarezza nell’uso dei concetti. La Scienza Politica ha una forte capacità di usare le sue conoscenze per analizzare e, potenzialmente, migliorare la realtà politica concreta. Tuttavia, si percepisce una certa riluttanza tra gli studiosi italiani a sfruttare appieno questa capacità e a partecipare attivamente al dibattito pubblico. Questa mancanza di impegno esterno potrebbe indebolire la disciplina stessa. Per rafforzare le Relazioni Internazionali in Italia sono necessari una maggiore apertura verso l’estero, più investimenti economici e una ricerca che esplori nuove frontiere del sapere.Se la Scienza Politica italiana ha una “forte capacità di usare le sue conoscenze per analizzare e, potenzialmente, migliorare la realtà politica concreta”, perché i suoi studiosi sono percepiti come riluttanti a partecipare attivamente al dibattito pubblico? Non è forse una contraddizione lampante?
Il capitolo evidenzia una tensione significativa tra il potenziale analitico della disciplina e la sua limitata incidenza nel dibattito pubblico italiano, attribuendo quest’ultima a una “percepita riluttanza” degli studiosi. Questa spiegazione appare riduttiva e non affronta le cause strutturali o culturali che potrebbero limitare l’impegno pubblico degli accademici. Per esplorare più a fondo questa discrepanza, sarebbe utile considerare non solo la “riluttanza” individuale, ma anche i sistemi di incentivi all’interno dell’università italiana, la pressione a pubblicare su riviste internazionali rispetto all’impegno pubblico, e il ruolo storico e attuale degli intellettuali nella società italiana. Approfondire la sociologia delle professioni accademiche o leggere autori che hanno analizzato il rapporto tra conoscenza e potere, come Michel Foucault o Pierre Bourdieu, potrebbe fornire strumenti concettuali per una comprensione più articolata.Abbiamo riassunto il possibile
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