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Contenuti del libro
Informazioni
“Quando le immagini prendono posizione. L’occhio della storia” di Georges Didi-Huberman scava a fondo nel modo in cui l’arte, specialmente la fotografia e la poesia, ci aiuta a capire la storia, soprattutto in momenti difficili come la guerra e l’esilio. Il libro prende come punto di partenza l’esperienza di Bertolt Brecht durante il suo esilio, mostrando come questa condizione di distanza forzata gli abbia permesso di sviluppare un metodo unico per “esporre la guerra”. Al centro c’è la sua opera L’Abicì della guerra (la Kriegsfibel), dove Brecht usa il montaggio, accostando foto crude della Seconda Guerra Mondiale a brevi poesie, i fotoepigrammi. Questa tecnica non racconta una storia dritta, ma mescola le carte per creare straniamento, facendoci vedere le cose familiari in modo nuovo e critico. Non è solo un trucco stilistico, ma un vero e proprio modo di pensare e fare politica con l’arte, smontando la realtà per mostrare le sue contraddizioni e i legami nascosti, un po’ come diceva anche Walter Benjamin parlando del carattere “distruttivo” e rivelatore dell’arte. Il libro esplora come questo montaggio non solo ci fa capire la storia spezzata e non lineare, ma diventa anche uno strumento pedagogico, un modo per imparare a guardare il mondo con uno sguardo “ingenuo” ma critico, capace di trasformare le emozioni in conoscenza e azione.Riassunto Breve
La posizione dell’esilio permette di vedere la storia con una distanza critica. Bertolt Brecht, esiliato dal 1933, usa questa condizione per sviluppare un metodo per mostrare la guerra. Nel suo *Diario di lavoro*, mette insieme vita personale e storia mondiale usando ritagli di giornale e riflessioni. Questo metodo si vede bene in *L’Abicì della guerra*, un libro con foto della Seconda Guerra Mondiale e brevi poesie, i “fotoepigrammi”. Questo modo di unire testi e immagini non segue un racconto normale, ma crea salti e accosta cose diverse per far vedere le contraddizioni della guerra. Le foto crude di soldati e rovine sono messe vicino a versi che spiegano meglio o fanno domande difficili. Lo scopo è creare uno “straniamento”: le immagini della guerra, che sembrano normali, appaiono strane, non più scontate, e si capisce meglio la realtà. Questo “leggere le immagini” con il montaggio e lo straniamento fa capire i legami sociali e politici che stanno dietro agli eventi storici e alla vita in guerra. Il montaggio fa vedere che le cose non sono come sembrano, creando un nuovo modo di disporre la realtà. Nel *Diario di lavoro* di Brecht, mettere insieme oggetti di tutti i giorni e immagini di guerra, o persone potenti e scene di dolore, fa scoprire legami inaspettati. Non è solo mettere insieme pezzi, ma un modo per mostrare la storia attraverso rotture. Il montaggio è un gesto che crea conoscenza, non mettendo le cose in ordine logico, ma “dis-ponendole” per far vedere le differenze e i conflitti. È un’arte che scompone l’ordine normale per far emergere le contraddizioni. Questo si lega alla dialettica, che non cerca soluzioni, ma mostra i contrasti che non si risolvono. La “dialettica del montatore” mostra la verità scombinando, rendendo difficile capire in modo semplice e facendo vedere che la realtà cambia. Questa tecnica è diversa dal realismo che cerca di “rispecchiare” il mondo in modo obiettivo. Il montaggio, invece, “rende problematico il reale”, mostrando i suoi problemi mettendo insieme gli elementi in modo critico. L’arte, così, mostra la politica non scegliendo un partito, ma “prendendo posizione” con la critica. Walter Benjamin parla di un “carattere distruttivo” che crea spazio e fa dell’artista un “produttore” che cambia i modi di esprimersi, unendo testo e immagine per creare una nuova conoscenza politica. La storia non è un percorso dritto, ma un insieme di conflitti. Per capirla, si smontano e rimontano i suoi pezzi, questo è il montaggio. Questo metodo fa vedere che in ogni momento storico ci sono tempi diversi che convivono, le anacronie. Il montaggio è un modo di pensare e di fare politica che mostra le differenze e le cose del passato che restano nel presente. Non è solo uno stile moderno, ma un modo dialettico di affrontare la storia, andando “a monte” delle date per capire quanto è complicata. L’arte, specialmente quella di Brecht, usa il montaggio per mostrare questa non-contemporaneità. Mettendo insieme cose diverse, come foto vere e poesie (fotoepigrammi), si mescolano campi diversi dell’arte. Questo montaggio spesso ha un significato allegorico, mostrando la storia come una “storia dolorosa”, una *Leidensgeschichte* fatta di sofferenza. L’allegoria storica non è fuori dal tempo, ma legata al presente, mostrando l’impronta politica ed emotiva degli eventi. Le immagini di dolore, come teschi, diventano simboli che, con il montaggio di testi o riferimenti culturali, creano una “dialettica dell’arresto” e trasformano il dolore in energia critica. Il “lirismo documentario” e lo stile epico, con ritmi non regolari, danno voce a quello che nella storia non si sente. L’epos, come tempo verbale che prende l’evento nel momento in cui succede, un passato-presente che si ricorda, è diverso dalla cronologia normale. Questo modo di fare permette di “prendere posizione” in modo critico davanti alla realtà, diverso dal semplice “prendere partito” per un’idea. Le emozioni, viste nel loro contesto storico e politico, aiutano a costruire una coscienza critica. La *Kriegsfibel* di Brecht unisce guerra (*Krieg*) e abecedario (*Fibel*), pensata per insegnare alle generazioni future. Usa montaggio di immagini e poesie per mostrare la guerra, da Hitler alle vittime. La poesia, per Brecht, deve insegnare e spingere all’azione, non far sognare. Per questo usa ritmi che non permettono di distrarsi e fanno pensare al mondo storico. L’insegnamento è un campo di lotta tra chi vuole sottomettere e chi vuole liberare. Il fascismo usa una “pedagogia di morte” per controllare le persone. Contro questo, strumenti come l’abecedario illustrato diventano un modo di resistere, insegnando non solo a leggere, ma a “imparare a vedere abissi dove sono luoghi comuni”, cioè a guardare la realtà dal punto di vista del conflitto e del cambiamento. L’abecedario unisce la lezione (*lectio*) al gioco (*delectatio*), stimolando la voglia di leggere e di smontare il linguaggio e il mondo. L’arte di Brecht si basa sull’ingenuità, intesa come apertura e piacere di imparare e scoprire. L’ingenuità fa vedere i corpi e i gesti come sono, mostrando i rapporti di potere. Questo sguardo ingenuo, come quello di Charlot, può diventare pensiero critico e azione, mostrando come la debolezza può diventare forza. Walter Benjamin parla di “illuminazione profana”, un’esperienza che rompe le abitudini e fa vedere legami inaspettati tra le cose. Questa illuminazione è legata al montaggio, che scompone e ricompone le immagini, creando nuovi significati storici. L’immaginazione, vista come costruzione e montaggio, permette di “rivedere le immagini” e “ripensare la storia”, andando oltre la semplice documentazione per arrivare a una conoscenza più profonda. La posizione del bambino davanti alle immagini, che le vive e le usa liberamente, è un esempio di questa politica dell’immaginazione.Riassunto Lungo
1. La Guerra Esposta: Montaggio e Straniamento nell’Esilio di Brecht
Brecht, costretto a vivere lontano dalla sua patria dal 1933, ha trasformato questa esperienza difficile in un modo speciale di guardare il mondo e di lavorare. La sua condizione di esiliato gli ha dato un punto di vista unico, permettendogli di essere vicino agli eventi storici ma anche di mantenere la distanza necessaria per capirli meglio. Questo punto di vista è diventato fondamentale per il suo progetto di “esporre la guerra”. Nel suo Diario di lavoro, Brecht non si limita a raccontare la sua vita personale. Anzi, usa questo spazio per mettere a confronto le sue esperienze individuali con i grandi fatti della storia mondiale, raccogliendo ritagli di giornale e appunti per analizzare la realtà.La tecnica del montaggio visivo
Questa ricerca si concretizza in un’opera importante: L’Abicì della guerra. Si tratta di un libro che raccoglie tante fotografie della Seconda Guerra Mondiale. Ogni immagine è accompagnata da una breve poesia, chiamata “fotoepigramma”. Il modo in cui Brecht mette insieme queste foto e questi testi non segue un ordine normale, come un racconto. Invece, crea delle interruzioni e accosta immagini e parole in modo inaspettato. Questo serve a mostrare le contraddizioni della guerra e a far vedere le strutture nascoste dietro il conflitto, quelle che di solito non si vedono subito. Le foto, spesso crude, mostrano soldati, persone comuni, città distrutte e armi. I versi che le accompagnano aiutano a scoprire significati più profondi o a farci porre domande importanti su quello che vediamo.L’effetto dello straniamento
Lo scopo principale di questa tecnica è creare un effetto particolare, chiamato “straniamento”. Le immagini della guerra, che purtroppo potremmo considerare familiari o normali, appaiono all’improvviso diverse, quasi sconosciute. Non le diamo più per scontate. Questo ci permette di guardare la realtà con occhi nuovi e di capirla in modo diverso. “Leggere le immagini” in questo modo, usando il montaggio e l’effetto di estranezza, diventa uno strumento potente per capire criticamente quello che succede. Ci aiuta a vedere i legami tra la società e la politica che stanno alla base degli eventi storici e che definiscono la vita delle persone in tempo di guerra.Davvero il montaggio e lo straniamento, così come descritti, garantiscono automaticamente la comprensione critica delle ‘strutture nascoste’ della guerra?
Il capitolo descrive efficacemente le tecniche utilizzate da Brecht ne L’Abicì della guerra e il loro scopo dichiarato di produrre straniamento e comprensione critica. Tuttavia, non approfondisce a sufficienza il dibattito sull’effettiva ricezione di tali tecniche e se l’effetto desiderato sia universale o dipenda dalla preparazione o dalla sensibilità del lettore/spettatore. Per esplorare meglio questa complessità, sarebbe utile considerare gli studi sulla teoria della ricezione e approfondire il lavoro di autori come Roman Jakobson o Sergej Eisenstein, che hanno analizzato gli effetti strutturali e percettivi del montaggio in contesti diversi, e Viktor Shklovsky per il concetto di straniamento nella teoria letteraria.2. L’Arte di Smontare la Realtà
Il montaggio è una tecnica che permette di vedere come le cose possono apparire diverse da ciò che sembrano di primo acchito. Crea una nuova disposizione della realtà accostando elementi diversi. Questa pratica è molto chiara nel Diario di lavoro di Brecht, dove vengono messi vicini oggetti di uso comune e immagini di guerra, oppure figure potenti e scene di sofferenza. Questo accostamento inatteso rivela connessioni sorprendenti, a volte dure e brutali. Non è solo una semplice composizione di pezzi, ma un modo per raccontare la storia mostrando le rotture e i contrasti al suo interno.Il montaggio crea conoscenza
Usare il montaggio è un gesto fondamentale che genera conoscenza. Non presenta le cose in un ordine logico o narrativo tradizionale, ma le “dispone” in modo da far emergere le loro differenze e i loro conflitti. È un’arte che scompone l’ordine stabilito per mostrare quanto la realtà sia fatta di elementi diversi e spesso in contraddizione tra loro. Questo modo di fare arte si lega all’idea di dialettica, intesa non come la ricerca di un punto d’incontro finale, ma come il modo per mostrare le contraddizioni che rimangono aperte. La “dialettica del montatore” rivela la verità mettendo disordine, rendendo più difficile una comprensione lineare e mostrando che la realtà cambia continuamente.Montaggio contro il realismo tradizionale
Questa tecnica si distingue nettamente da un certo tipo di realismo che cerca di dare un “riflesso obiettivo” del mondo. Il montaggio, al contrario, “rende problematico il reale”, cioè mette in luce le sue difficoltà e le sue contraddizioni interne attraverso il modo critico in cui dispone gli elementi. L’arte, in questo senso, non mostra la politica schierandosi apertamente con un’idea precisa, ma “prendendo posizione” attraverso la critica e lo spostamento delle cose dal loro posto abituale. Walter Benjamin descrive questo approccio come un “carattere distruttivo” che apre nuovi spazi e permette all’artista di essere un “produttore” che trasforma i mezzi con cui si esprime, unendo ad esempio testo e immagine per creare una nuova comprensione della politica.Ma questa “arte di smontare la realtà” non rischia di costruire una verità soggettiva, o peggio, manipolata, anziché rivelare quella oggettiva?
Il capitolo descrive il montaggio come uno strumento capace di generare conoscenza e svelare le contraddizioni intrinseche del reale attraverso l’accostamento di elementi disparati. Tuttavia, la scelta di quali elementi accostare e il modo in cui vengono disposti sono frutto di una decisione autoriale. Questo processo, per sua natura, introduce un filtro interpretativo che potrebbe non solo “rendere problematico il reale”, ma anche distorcerlo o presentare una visione parziale e costruita. Per esplorare a fondo questa tensione tra rivelazione e costruzione, sarebbe opportuno confrontarsi con gli studi sulla teoria della rappresentazione, la critica delle ideologie e la filosofia del linguaggio, considerando il contributo di autori che hanno analizzato come le forme espressive influenzino la percezione della realtà.3. Rimontare la storia spezzata
La storia non è una linea retta che va avanti, ma un insieme complicato di eventi che si scontrano e si mescolano. Per capirla davvero, si possono prendere i suoi pezzi, smontarli e poi rimontarli, come in un puzzle. Questo modo di fare, chiamato montaggio, fa vedere che in ogni momento del presente ci sono in realtà tempi diversi che convivono, cose del passato che non sono ancora finite. È un modo di pensare e di agire, sia nella filosofia che nella politica, che fa emergere le differenze e le cose che del passato sono rimaste vive oggi. Non è solo uno stile nuovo, ma una maniera profonda di affrontare la storia, andando a vedere cosa c’è “prima” della semplice cronaca per capirne tutta la complessità.Il montaggio nell’arte
L’arte usa spesso il montaggio per mostrare che il tempo non è unico. Un esempio importante è il lavoro di Bertolt Brecht. Lui univa elementi diversi, come fotografie vere e testi di poesie, creando quelle che chiamava “fotoepigrammi”. Questo mescolare cose diverse rende meno netti i confini tra le arti. Questo tipo di montaggio serve spesso a dare un significato più profondo, mostrando la storia come una “storia di sofferenza”, piena di dolori e distruzioni (Leidensgeschichte).Il significato delle immagini di dolore
Questa allegoria storica non è qualcosa che sta fuori dal tempo, ma è legata in modo forte al presente. Ci fa vedere quanto gli eventi storici abbiano un peso politico ed emotivo oggi. Immagini che mostrano dolore e distruzione, come un teschio o un lamento, diventano dei simboli potenti. Quando questi simboli vengono messi insieme ad altri testi o a riferimenti culturali, creano quella che viene chiamata una “dialettica dell’arresto”: ti fermano, ti fanno pensare. In questo modo, la sofferenza (pathos) si trasforma in una forza critica che spinge a capire e a reagire.Voce a ciò che non si sente
Per dare spazio a quello che nella storia di solito non viene raccontato, si usano tecniche come il “lirismo documentario” e uno stile epico. Questo stile ha ritmi non regolari e delle pause che attirano l’attenzione. L’epos, inteso come un tempo verbale che coglie l’evento nel momento in cui accade (l’aoristo), ferma l’evento nella sua forza iniziale, un passato che è ancora presente nella memoria, diverso dalla semplice successione cronologica. Questo modo di fare permette di avere una “presa di posizione” critica sulla realtà, che non è la stessa cosa di schierarsi semplicemente per un partito o un’idea fissa. Le emozioni, viste come parte della storia e della politica, sono fondamentali per formare una coscienza che sa guardare in modo critico e che è pronta a lottare per la comprensione.[/membership]Se la storia è solo una ‘storia di sofferenza’ (Leidensgeschichte), come si può evitare che il ‘montaggio’ diventi una mera collezione di orrori, perdendo di vista altre dimensioni dell’esperienza umana e le complessità che non si riducono al solo dolore?
Il capitolo giustamente sottolinea il peso della sofferenza nella storia e il suo potenziale critico. Tuttavia, concentrarsi quasi esclusivamente sulla ‘storia di sofferenza’ e sulle immagini di dolore, pur potente, rischia di offrire una visione parziale. La storia umana è intessuta anche di processi sociali, economici, politici complessi, di momenti di progresso, di resistenza attiva che non si esaurisce nel lamento, e di strutture di potere che vanno analizzate oltre il puro impatto emotivo. Per comprendere appieno la complessità del passato e del presente, è utile integrare questa prospettiva con approcci che studiano le strutture profonde della società e dell’economia, come quelli offerti dalla sociologia storica o da diverse scuole di storiografia che analizzano i processi di lunga durata. Autori come Fernand Braudel o Michel Foucault possono offrire strumenti concettuali per guardare alla storia al di là della sola dimensione del pathos.4. L’Abicì della Guerra e la Visione Ingenua
La Kriegsfibel di Bertolt Brecht, il cui nome unisce le parole “guerra” (Krieg) e “abecedario” (Fibel), si propone come uno strumento pensato per le generazioni future. Attraverso un insieme di immagini e poesie, mostra la dura realtà della guerra, dalla figura di Hitler al dolore profondo delle vittime. Brecht crede che la poesia debba avere un ruolo attivo, sia nell’educare che nel guidare l’azione, stimolando il pensiero critico invece di indurre passività o sogni. Per raggiungere questo scopo, usa ritmi non regolari che mantengono alta l’attenzione del lettore, spingendolo a riflettere sul mondo in cui vive e sulla sua storia.Educare a Vedere Oltre le Apparenze
Il campo dell’educazione è visto come un luogo di scontro tra forze che cercano di controllare le persone e quelle che puntano alla loro libertà. Il fascismo, in particolare, promuove un’educazione che porta alla sottomissione, una vera e propria “pedagogia di morte”. Contro questa visione, strumenti semplici come l’abecedario illustrato diventano un modo per resistere. Non insegnano solo a leggere le parole, ma a “imparare a vedere abissi dove gli altri vedono solo cose normali”, cioè a guardare la realtà con uno sguardo critico, capace di riconoscere i conflitti e le possibilità di cambiamento. L’abecedario diventa così uno strumento che unisce l’insegnamento (lectio) al piacere (delectatio), incoraggiando la voglia di leggere e la capacità di analizzare a fondo sia il linguaggio che il mondo.L’Ingenuità come Sguardo Critico
L’arte di Brecht si basa su un’idea di “ingenuità”, intesa non come mancanza di intelligenza, ma come apertura verso la complessità e un piacere genuino nello scoprire e capire. Questo sguardo ingenuo permette di osservare i corpi e i gesti nella loro semplice concretezza, rivelando così le dinamiche di potere e controllo spesso nascoste. Come accade con il personaggio di Charlot nei film di Chaplin, questa apparente debolezza o semplicità visiva può trasformarsi in un pensiero profondo e in un’azione capace di cambiare le cose, dimostrando come ciò che sembra fragile possa diventare una grande forza.L’Illuminazione che Rompe le Abitudini
Walter Benjamin approfondisce il concetto di “illuminazione profana”. Questa è un’esperienza che, a volte anche attraverso momenti di grande intensità o stravolgimento, rompe i modi abituali in cui percepiamo le cose e ci fa scoprire legami inaspettati tra elementi diversi della realtà. Questa illuminazione è strettamente legata alla tecnica del montaggio, che scompone immagini o idee per poi ricombinarle, creando nuove connessioni e significati che riguardano la storia e la società. L’immaginazione, vista come la capacità di costruire e unire elementi, permette di “rivedere le immagini” che ci circondano e di “ripensare la storia”, andando oltre la semplice descrizione dei fatti per raggiungere una conoscenza più profonda e capace di trasformare la nostra visione. La posizione di un bambino di fronte alle immagini, che le osserva, le manipola e le vive liberamente, è un esempio perfetto di questa capacità di usare l’immaginazione in modo attivo e critico.Ma l’illuminazione ‘profana’ di Benjamin, spesso descritta come un lampo che spezza l’abitudine, si concilia davvero con la paziente ‘ingenuità’ e l’educazione graduale proposte come strumenti di resistenza?
Il capitolo accosta concetti potenti come l’illuminazione improvvisa e la visione critica coltivata nel tempo, ma la tensione tra un’esperienza quasi mistica di rottura e un processo educativo che richiede costanza e “piacere” nello scoprire meriterebbe maggiore approfondimento. Per esplorare questa relazione complessa, sarebbe utile confrontarsi direttamente con il pensiero di Walter Benjamin, in particolare i suoi scritti sul montaggio e sulla percezione, e con le teorie della pedagogia critica che analizzano i tempi e i modi dell’apprendimento emancipatorio.Abbiamo riassunto il possibile
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