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Contenuti del libro
Informazioni
“Profugopoli. Quelli che si riempeno le tasche con il business degli immigrati” di Mario Giordano ti sbatte in faccia una realtà scomoda: l’emergenza immigrazione in Italia, che dovrebbe essere un’occasione di solidarietà, si è trasformata per tanti in un vero e proprio business dell’accoglienza. Questo libro scava a fondo, mostrando come soggetti di ogni tipo, da associazioni improbabili a grandi cooperative sociali e persino multinazionali, si siano buttati a capofitto nella gestione dei profughi, non per aiutarli, ma per riempirsi le tasche con i fondi pubblici destinati all’accoglienza. Si parla di hotel che diventano centri di accoglienza, di cooperative che fatturano come industrie, di bilanci opachi e soldi che finiscono chissà dove, anche in paradisi fiscali. Giordano non risparmia nessuno, raccontando storie che toccano diverse zone d’Italia, da Ferrara a Reggio Emilia, dalla Brianza a Mineo, il centro diventato simbolo degli scandali nell’accoglienza, con inchieste come Mafia Capitale che hanno svelato un sistema marcio fatto di corruzione e sfruttamento dei migranti. È un viaggio crudo nel lato oscuro del sistema di accoglienza profughi, dove l’oro dei migranti finisce nelle mani sbagliate, mostrando come l’avidità stia mettendo a rischio non solo la dignità delle persone, ma anche la nostra stessa civiltà.Riassunto Breve
L’immigrazione si presenta come una grande opportunità economica, attirando molti soggetti, anche senza esperienza specifica, interessati ai fondi pubblici per l’accoglienza. In un contesto di emergenza, i controlli diminuiscono e figure inaspettate come associazioni folkloristiche, imprese di pompe funebri o ditte di derattizzazione gestiscono fondi destinati ai migranti. Questa gestione improvvisata porta a problemi seri: i profughi sono spesso in strutture non adeguate, con poca igiene, cibo insufficiente e assistenza sanitaria carente, causando proteste. Nonostante i soldi dati dalle prefetture siano molti, i servizi rimangono scadenti. I bilanci di queste società sono spesso poco chiari, con capitali a volte in paradisi fiscali. L’obiettivo principale sembra essere il guadagno, non l’integrazione o il benessere dei migranti. L’emergenza diventa un affare per pochi, a danno di chi ha bisogno di aiuto vero. L’accoglienza è un settore che fa guadagnare diverse persone. Dietro l’idea di aiuto umanitario, c’è un sistema dove l’emergenza migratoria serve a fare soldi. Imprenditori di vari settori, anche senza esperienza sociale, entrano in questo business. Si vedono esempi come una finanziaria che crea una società per l’accoglienza per risolvere problemi economici, o un ex politico che usa le sue strutture turistiche. Imprenditori edili, società immobiliari e cooperative diversificano le loro attività includendo la gestione dei migranti, aumentando molto il fatturato. Questi operatori, a volte con sedi all’estero o con storie controverse, ottengono appalti pubblici. La qualità dell’accoglienza spesso non è la priorità rispetto al guadagno. Si trovano strutture non adatte, servizi mancanti e gestione poco trasparente, mentre i profitti delle aziende crescono molto. L’interesse economico è più forte della solidarietà, trasformando l’emergenza in un’opportunità di business senza scrupoli. Anche le cooperative sociali, nate per scopi sociali, si sono trasformate in vere aziende, specialmente nell’accoglienza. Questo sistema non è solo qualche caso isolato, ma sembra diffuso. Cooperative di vario tipo, che prima erano basate su idee e generosità, oggi hanno bilanci e strategie che seguono le regole del mercato, come marketing e monopolio. A Ferrara, la cooperativa Camelot vince quasi tutti gli appalti per i profughi, creando un monopolio che fa dubitare sulla trasparenza. A Reggio Emilia, la Dimora d’Abramo, nata in ambito religioso, è criticata perché sembra aver perso l’attenzione per i poveri, pensando più ai guadagni per i soci e agli investimenti immobiliari. In Brianza, consorzi come Comunità Brianza e CS&L fatturano come grandi industrie, ottenendo quasi tutti gli appalti e gestendo i profughi in posti troppo pieni. Anche in Emilia Romagna, cooperative come Cad, Aurora e Caleidos mostrano come l’accoglienza sia diventata un business che rende, a volte insieme ad altre attività come la gestione di canili. A livello nazionale, cooperative come Labirinto, Farsi Prossimo e Gus hanno visto crescere molto il loro fatturato grazie all’accoglienza, usando modelli di gestione aziendale moderni. Casi come Pane&Rose a Prato, Integra a Lecce e Maleventum a Benevento, nonostante problemi e polemiche, continuano a fare affari nel settore, mostrando una tendenza diffusa a usare l’emergenza immigrazione per migliorare i bilanci e aumentare i guadagni. La capacità di fare cose diverse e adattarsi al mercato, come mostrano Cooperarci, Faber e Olinda, è diventata una strategia importante per queste imprese sociali, che sembrano sempre più guidate solo dalla logica del business. Molti alberghi in Italia stanno cambiando quello che fanno, diventando centri per accogliere immigrati. Questo succede in tutta Italia, dalle città d’arte ai posti di vacanza famosi, soprattutto per motivi economici. Gli albergatori, con il turismo incerto, vedono nell’accoglienza dei richiedenti asilo un modo per avere entrate più sicure e a volte maggiori. Lo Stato dà soldi pubblici per ogni immigrato accolto, garantendo un guadagno fisso al giorno per la struttura. Questo sistema può aiutare gli alberghi in difficoltà, ma crea anche problemi. Si vede un passaggio dal turismo all’assistenza, con hotel che lasciano i turisti per dedicarsi solo all’accoglienza. Questo ha effetti negativi. Posti turistici che andavano bene vedono diminuire la loro importanza, con danni all’economia locale e all’immagine del posto. Anche la qualità dell’accoglienza può peggiorare, con strutture a volte non adatte e troppo piene. Inoltre, avere molti immigrati in posti non preparati può creare tensioni sociali e problemi di integrazione. Esempi si trovano in diverse regioni, dove hotel di ogni tipo, anche agriturismi e terme, hanno scelto di cambiare attività. Questo modello di business, anche se porta soldi subito agli albergatori, rischia di rovinare il futuro del turismo italiano e di trasformare l’accoglienza in un semplice affare economico, lontano dagli obiettivi di integrazione e solidarietà. La facilità di ottenere fondi pubblici crea una dipendenza che non spinge a cercare soluzioni migliori per il turismo e per gestire l’immigrazione in modo efficace e umano. L’emergenza immigrazione è un’occasione per guadagnare per tanti, dalle grandi aziende ai singoli. Questo business non è solo per alberghi e cooperative, ma attira molti che vogliono fare profitto. Grandi aziende come la francese Engie, con la sua controllata Gepsa, lavorano nell’accoglienza, usando strategie di prezzi bassi tipiche delle grandi imprese. Allo stesso tempo, l’emergenza crea nuovi lavori, come persone che diventano “albergatori di profughi” o figure nuove come gli “intermediari di ricoveri”. Il mercato degli affitti si adatta velocemente, con proprietari che trasformano case non vendute o edifici abbandonati in centri di accoglienza, spesso pagati con soldi pubblici. Anche chi occupa edifici illegalmente può trarre vantaggio, ottenendo contratti per gestire gli immigrati o sfruttandoli direttamente. Enti pubblici e assistenziali con problemi economici vedono nell’accoglienza un modo per sistemare i bilanci, a volte peggiorando la qualità dei servizi e la trasparenza nella gestione dei soldi. Si diffonde anche l’uso di migranti per lavori utili alla comunità senza pagarli, risparmiando per le amministrazioni ma potendo creare concorrenza sleale nel lavoro. Infine, i soldi pubblici per l’accoglienza, come i fondi SPRAR e quelli europei, diventano un’entrata per Comuni e associazioni, non sempre usati bene. Si vedono spese strane, come finanziare eventi locali o progetti di dubbia utilità, facendo sorgere domande su quanto aiutino davvero i migranti e su come vengono usati i soldi pubblici. Oltre all’opportunismo, nel sistema di accoglienza italiano ci sono anche persone disoneste e che sfruttano. Molte indagini della giustizia, da Mafia Capitale a quelle in Sicilia e Campania, mostrano una corruzione diffusa. Non sono solo problemi di organizzazione, ma un sistema pieno di corruzione, truffe e infiltrazioni criminali. Cooperative come Domus Caritatis e Tre Fontane, legate al gruppo La Cascina, appaiono in inchieste come Mafia Capitale, accusate di manipolare appalti e dividersi il business dell’accoglienza, trattando i migranti come merce. Il centro di Mineo, un simbolo di questo sistema sbagliato, è uno scandalo da 100 milioni di euro, con tangenti e gare truccate per favorire grandi gruppi di cooperative. Le indagini mostrano un quadro preoccupante: organizzazioni non profit che usano i soldi per l’accoglienza per arricchirsi, centri che sfruttano la debolezza dei migranti, e persino abusi sessuali da parte di persone religiose che lavorano nel settore. Nonostante scandali e divieti, molte cooperative coinvolte continuano a vincere appalti in tutta Italia, facendo sorgere domande sulla trasparenza e l’efficacia dei controlli. Il sistema di accoglienza, nato con buone intenzioni, diventa così un business che attira criminalità organizzata e speculatori di ogni tipo. La cosa più importante sembra diventare il guadagno, a danno della dignità e dei diritti dei migranti, trasformando l’emergenza umanitaria in un’occasione per guadagnare illegalmente e in modo disonesto. Si è mostrato lo sfruttamento dell’immigrazione in Italia, un sistema corrotto basato su avidità e sprechi. Oltre al business dell’accoglienza, c’è un problema più grande: la sopravvivenza della cultura e della civiltà europea. L’Europa si trova in una situazione di guerra non dichiarata, segnata dal terrorismo islamico. Di fronte a questa minaccia, la reazione è debole e tende a dare la colpa a sé stessi. Si cerca di giustificare il terrorismo dicendo che è colpa delle azioni occidentali, senza considerare che ha una sua ideologia. I terroristi non vogliono integrarsi, ma conquistare e sottomettere. Questo atteggiamento di auto-colpevolizzazione e di negazione della radice islamica del terrore ricorda gli errori degli anni Settanta con le Brigate Rosse, quando si esitava a riconoscere l’origine ideologica della violenza. Solo affrontando la verità sull’origine del terrorismo islamico, che si trova dentro moschee e ideologie specifiche, si può combatterlo bene. Allo stesso tempo, si assiste a un annullamento della cultura europea: si rifiuta il presepe, si tolgono simboli cristiani dai luoghi pubblici, si censurano opere d’arte per non offendere minoranze. Questo rifiuto delle proprie origini culturali rende la civiltà europea debole, pronta a cedere di fronte alla minaccia esterna. L’avidità e la ricerca del profitto nell’accoglienza fatta senza distinzioni contribuiscono ancora di più a questo processo di auto-distruzione, portando una civiltà vicino al crollo.Riassunto Lungo
1. La Nuova Eldorado dell’Accoglienza
L’Immigrazione come Opportunità Economica
L’immigrazione si presenta come una grande occasione per fare affari. Molte persone e organizzazioni senza esperienza specifica nel settore dell’accoglienza cercano di ottenere i finanziamenti pubblici destinati ai profughi. In questa situazione di emergenza, i controlli diventano meno rigidi e soggetti inaspettati si ritrovano a gestire l’accoglienza. Si vedono così associazioni folkloristiche, imprese di pompe funebri, scuole per odontotecnici, società di pesca sportiva e aziende di derattizzazione che si occupano di gestire i soldi pubblici per i migranti. Questa gestione improvvisata porta con sé molti problemi concreti per i profughi.Condizioni di Vita Inadeguate e Proteste
I profughi sono spesso ospitati in strutture che non vanno bene, dove mancano l’igiene e i servizi di base. Ci sono segnalazioni di alloggi in cattive condizioni, cibo che non basta e poca assistenza medica. Per questo motivo, gli immigrati protestano frequentemente, facendo sapere che le loro condizioni di vita sono inaccettabili. Nonostante le prefetture spendano molti soldi, i servizi per i profughi rimangono spesso di bassa qualità.Affari e Mancanza di Trasparenza
I bilanci di molte di queste società non sono chiari e spesso i soldi finiscono in paradisi fiscali. Sembra che l’obiettivo principale sia guadagnare, piuttosto che aiutare i migranti a integrarsi e a vivere bene. Così, l’emergenza immigrazione si trasforma in un business che rende ricco qualcuno, ma non aiuta chi avrebbe bisogno di vero aiuto e rispetto.Se il capitolo denuncia giustamente le speculazioni sull’accoglienza, non rischia di dipingere un quadro eccessivamente negativo, ignorando la complessità del fenomeno migratorio e la possibilità che esistano anche operatori onesti e soluzioni efficaci?
Il capitolo si concentra sugli aspetti negativi, ma per una comprensione più completa, sarebbe utile analizzare dati concreti sulla gestione dei fondi, valutare l’efficacia di diversi modelli di accoglienza e considerare le prospettive di chi opera nel settore con intenti positivi. Approfondimenti in sociologia delle migrazioni, economia sociale e studi sulla corruzione potrebbero arricchire l’analisi. Autori come Roberto Saviano, che ha indagato le zone d’ombra dell’economia italiana, potrebbero offrire spunti interessanti.2. Il Business dell’Accoglienza
L’accoglienza dei migranti è diventata un’attività che genera molti soldi per diverse persone che fanno impresa. Dietro l’apparenza di voler aiutare, si nasconde un sistema dove l’arrivo dei migranti viene usato per fare profitto. Si nota come persone che fanno affari in vari settori, come la finanza e le case, entrano nel business dell’accoglienza, anche se spesso non sanno nulla del lavoro sociale.Esempi di imprenditori nel settore dell’accoglienza
Per capire meglio, si può pensare a una società finanziaria di Milano. Questa società aveva problemi economici con delle case che non riusciva a vendere. Allora, ha creato un’impresa per accogliere i profughi e ha ottenuto subito tanti soldi dallo Stato. Un altro esempio è quello di un politico che non lavora più in politica. Questo politico ha trasformato i suoi alberghi in centri di accoglienza, guadagnando grazie all’emergenza migranti. Ancora, ci sono imprenditori che costruiscono case e società immobiliari che hanno iniziato a gestire anche l’accoglienza dei migranti. In questo modo, hanno aumentato di molto i loro guadagni in poco tempo.Criticità del sistema di accoglienza
Questi imprenditori, a volte con aziende nei paradisi fiscali o con storie poco chiare, ricevono appalti pubblici per gestire i centri di accoglienza. Spesso, la cosa più importante non è offrire una buona accoglienza, ma guadagnare. Si vedono casi di strutture che non vanno bene, servizi che mancano e gestioni poco trasparenti. Intanto, i guadagni delle aziende che si occupano di questo aumentano tantissimo. Così, l’interesse per il denaro diventa più importante della vera solidarietà, e l’emergenza delle persone che hanno bisogno si trasforma in un modo per fare affari senza scrupoli.Ma è davvero così sorprendente che l’accoglienza generi un business, o non è forse inevitabile che qualsiasi attività umana, inclusa la solidarietà, si intersechi con logiche economiche?
Il capitolo sembra suggerire che l’esistenza di un “business dell’accoglienza” sia di per sé un problema, quasi una deviazione da una presunta “vera” solidarietà. Tuttavia, in un sistema economico complesso, è raro trovare attività che siano completamente separate da dinamiche di mercato. Per rispondere alla domanda posta, sarebbe utile esplorare il campo dell’economia politica e della sociologia delle organizzazioni. Autori come Karl Polanyi, con i suoi studi sull’incastro dell’economia nella società, o Luc Boltanski e Ève Chiapello, analizzando le nuove forme del capitalismo, potrebbero offrire strumenti concettuali utili per comprendere meglio come le logiche economiche si intrecciano con le azioni sociali, inclusa l’accoglienza.Capitolo III: Re Mida del Sociale
La trasformazione delle cooperative sociali
Le cooperative sociali sono nate con l’obiettivo di creare valore sociale e mutualistico. Tuttavia, nel tempo, molte di queste realtà si sono evolute, trasformandosi in vere e proprie aziende. Questo cambiamento è particolarmente evidente nel settore dell’accoglienza degli immigrati, dove le cooperative sociali operano sempre più come imprese orientate al profitto. Questa trasformazione non rappresenta un fenomeno isolato o limitato a pochi casi di malaffare, ma appare invece un sistema diffuso e radicato nel settore. Le cooperative, sia quelle nate in contesti di area cattolica che quelle di area laica, un tempo considerate laboratori di idee e iniziative solidali, oggi mostrano bilanci e strategie aziendali che riflettono logiche tipiche del mercato, come il marketing, la governance aziendale, la tendenza al monopolio e la diversificazione dei servizi offerti.Monopolio e gestione degli appalti nel Ferrarese e Reggiano
Un esempio emblematico di questa tendenza si riscontra a Ferrara, dove la cooperativa Camelot si aggiudica sistematicamente la maggior parte degli appalti pubblici per la gestione dei servizi destinati ai richiedenti asilo e ai rifugiati. Questa concentrazione di appalti nelle mani di un unico soggetto crea una situazione di fatto monopolistica, sollevando interrogativi sulla trasparenza delle procedure di assegnazione e sulla reale concorrenza nel settore. Un altro caso significativo è quello della Dimora d’Abramo a Reggio Emilia. Questa cooperativa, originariamente fondata in ambito cattolico con una forte vocazione sociale, è stata oggetto di critiche da parte dei soci fondatori. Le accuse riguardano una presunta perdita di vista della missione originaria rivolta ai poveri e ai soggetti più vulnerabili, a favore di una maggiore attenzione alla distribuzione degli utili tra i soci e a investimenti di tipo immobiliare.Concentrazione e grandi numeri in Brianza e in Emilia Romagna
In Brianza, si osserva un fenomeno di concentrazione simile, con consorzi come Comunità Brianza e CS&L che raggiungono fatturati paragonabili a quelli di grandi industrie manifatturiere. Questi consorzi riescono ad ottenere la quasi totalità degli appalti per l’accoglienza dei migranti nel territorio, gestendo numeri elevatissimi di persone spesso in condizioni di sovraffollamento e con risorse limitate. Anche in Emilia Romagna, diverse cooperative come Cad, Aurora e Caleidos, pur mostrando in alcuni casi criticità gestionali e operative, rappresentano esempi di come il settore dell’accoglienza si sia trasformato in un business estremamente redditizio. In alcuni casi, l’attività di accoglienza viene affiancata ad altre attività economiche, come ad esempio la gestione di canili, in un’ottica di diversificazione del business.Crescita nazionale e strategie aziendali avanzate
A livello nazionale, alcune grandi cooperative come Labirinto, Farsi Prossimo e Gus rappresentano esempi di realtà che hanno visto una crescita esponenziale del proprio fatturato grazie all’espansione del settore dell’accoglienza. Queste organizzazioni adottano modelli di gestione aziendale sempre più sofisticati e avanzati, tipici delle imprese private. Anche in contesti territoriali diversi, come nel caso di Pane&Rose a Prato, Integra a Lecce e Maleventum a Benevento, si riscontra una tendenza simile. Nonostante in alcuni di questi casi siano emerse inadempienze contrattuali, polemiche e inchieste giudiziarie, queste cooperative continuano a operare e prosperare nel settore dell’accoglienza. Questo dimostra come la logica del profitto e la capacità di generare fatturato abbiano assunto un ruolo predominante, spesso a discapito della qualità dei servizi offerti e della tutela dei diritti dei soggetti più vulnerabili. La diversificazione dei servizi offerti e la capacità di adattarsi alle nuove esigenze del mercato e ai cambiamenti normativi sono diventate strategie aziendali fondamentali per queste imprese sociali. Realtà come Cooperarci, Faber e Olinda testimoniano come queste cooperative siano sempre più guidate da logiche di puro business, con l’obiettivo primario di massimizzare i profitti e consolidare la propria posizione di mercato nel settore dell’accoglienza.Se il capitolo denuncia la trasformazione del sistema di accoglienza in un business corrotto, non rischia di generalizzare eccessivamente, oscurando le realtà virtuose e gli operatori onesti che pure esistono nel settore?
Il capitolo presenta un quadro allarmante, ma concentrandosi prevalentemente sugli scandali, potrebbe involontariamente dare un’immagine incompleta. Per avere una visione più equilibrata, sarebbe utile integrare l’analisi con studi sociologici sul terzo settore e sull’economia sociale, per comprendere meglio la complessità del sistema di accoglienza e distinguere le mele marce dal resto del raccolto. Approfondimenti sui lavori di Diego Piacentini potrebbero essere utili per capire meglio le dinamiche del settore.5. Civiltà al Tramonto
La Minaccia del Terrorismo e la Debole Risposta Europea
Si vive in Europa un periodo di guerra non dichiarata, caratterizzato dal terrorismo islamico. Di fronte a questa grave minaccia, la reazione europea appare debole e piena di auto-colpevolizzazione. Spesso, si tende a giustificare il terrorismo come una conseguenza delle azioni dell’Occidente, senza considerare la sua vera natura ideologica. È importante capire che i terroristi non vogliono integrarsi, ma puntano alla conquista e alla sottomissione.L’Errore della Negazione Ideologica
Questo atteggiamento di auto-colpevolizzazione e di rifiuto di riconoscere le radici islamiche del terrorismo ricorda gli errori commessi negli anni Settanta con le Brigate Rosse. Anche allora, si esitava a identificare la matrice ideologica della violenza. Solo affrontando la verità sull’origine del terrorismo islamico, che si trova all’interno di specifiche moschee e ideologie, è possibile contrastarlo in modo efficace.Il Rinnegamento della Cultura Europea
Parallelamente alla minaccia terroristica, si assiste a un progressivo annullamento della cultura europea. Si rifiuta il presepe, si eliminano i simboli cristiani dagli spazi pubblici e si censurano opere d’arte per non offendere alcune minoranze. Questo rinnegamento delle proprie radici culturali rende la civiltà europea fragile e indifesa, esponendola al rischio di soccombere di fronte alle minacce esterne.La Cupidigia e l’Auto-distruzione
La ricerca del profitto nell’accoglienza indiscriminata, insieme alla cupidigia, contribuisce ulteriormente a questo processo di auto-distruzione. Lo sfruttamento dell’immigrazione in Italia, basato su un sistema corrotto e pieno di sprechi, è un esempio di come l’avidità stia portando la civiltà europea sull’orlo del collasso.La Speranza di Ribellione
Nonostante la grave situazione, rimane una speranza: una ribellione che possa invertire questa tendenza auto-distruttiva e salvare la civiltà europea dal tramonto.Ma è davvero corretto parlare di “civiltà al tramonto” per l’Europa, quando la storia è piena di trasformazioni e adattamenti culturali, e il concetto stesso di “civiltà europea” è tutt’altro che monolitico e immutabile?
Il capitolo dipinge un quadro fosco e definitivo, quasi apocalittico, della situazione europea. Tuttavia, la storia ci insegna che le civiltà sono entità dinamiche, in continua evoluzione, capaci di superare crisi e trasformazioni profonde. Per rispondere adeguatamente alla domanda posta dal titolo del capitolo, sarebbe utile esplorare la storia delle civiltà, leggendo autori come Fernand Braudel, per comprendere i cicli storici e le dinamiche di lungo periodo. Inoltre, un approccio sociologico, con autori come Zygmunt Bauman, potrebbe aiutare a decostruire il concetto di “cultura europea” e analizzarne le trasformazioni contemporanee in modo più articolato e meno allarmistico.Abbiamo riassunto il possibile
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