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RISPOSTA: “Platone. Alla ricerca della sapienza segreta” di Giovanni Reale ci porta in un viaggio affascinante attraverso il pensiero di uno dei filosofi più influenti di sempre, esplorando la sua transizione dalla cultura orale alla scrittura e la rivoluzione che ha segnato. Il libro ci immerge nell’antica Grecia, un’epoca in cui la poesia era il veicolo principale della conoscenza, per poi analizzare come l’introduzione dell’alfabeto abbia cambiato tutto. Al centro di questa trasformazione epocale troviamo Platone, che con la sua dialettica ha ridefinito la comunicazione filosofica, passando dalla “mimesi” poetica alla ricerca della verità attraverso il dialogo. Reale ci guida attraverso i concetti chiave del pensiero platonico, come la “seconda navigazione” verso le Idee, il ruolo centrale della Bellezza e del Bene, e l’importanza della contemplazione come fondamento dell’essere e dell’anima. Scopriremo come Platone, pur criticando la scrittura, ne abbia anticipato i principi ermeneutici, creando un modello di comprensione che ancora oggi ci interpella. Preparati a un’immersione profonda nella sapienza segreta di Platone, un percorso che unisce mito e ragione per svelare la vera realtà.Riassunto Breve
Il passaggio dalla cultura orale a quella scritta nell’antica Grecia ha segnato una profonda trasformazione, con Platone che si pone al centro di questo cambiamento, criticando la poesia orale tradizionale per la sua natura mimetica e la dipendenza dall’opinione, ma valorizzando un’oralità più razionale, quella dialettica. L’alfabetizzazione, inizialmente lenta, si diffuse a partire dalla seconda metà del V secolo a.C., liberando energie psichiche che favorirono l’astrazione e il pensiero concettuale. Filosofi come Senofane e Parmenide iniziarono a usare la poesia per esprimere idee nuove, mentre Socrate perfezionò l’oralità dialettica attraverso il dialogo e la maieutica, spostando il focus dalle immagini ai concetti. Platone, pur riconoscendo il valore della scrittura se usata correttamente, riteneva che la vera comunicazione filosofica, quella che trasmette concetti essenziali, dovesse avvenire oralmente, attraverso un dialogo continuo tra maestro e discepolo. La scrittura, per lui, era un’immagine sbiadita della parola viva, incapace di imprimere la conoscenza nell’anima come faceva il dialogo serio. Le “dottrine non scritte”, considerate di maggior valore, richiedevano un tirocinio e un dialogo prolungato, processi che la scrittura non poteva replicare. La poesia, se riformata e ispirata da principi etici e filosofici, poteva invece avere una funzione educativa, plasmando le anime con valori corretti, e i dialoghi platonici stessi rappresentano un esempio di questa nuova poesia filosofica. Il pensiero di Platone sull’astrazione, o *aphairesis*, non implica una separazione dal reale, ma un processo di “sottrazione” per cogliere l’essenza delle cose, mirando all’Uno, la “Misura suprema”, che ordina l’universo. L’Eros, inteso come forza mediatrice, guida verso la bellezza, vista come manifestazione del Bene, attraverso una “scala” che ascende dalla bellezza dei corpi a quella assoluta, connettendosi alla dialettica nel cogliere l’Uno. La contemplazione (*theoria*) è centrale nella filosofia greca, un modo di vivere che nutre l’anima e determina la qualità della vita, portando ordine e armonia. La struttura dell’anima, paragonata a un carro alato, richiede la guida della ragione per mantenere l’equilibrio tra le forze irrazionali. L’anima umana, immortale e intelligibile, è distinta dal corpo, considerato una prigione. La virtù è vista come un principio di ordine interiore, che porta unità nella molteplicità e attua la giusta misura, riflettendo l’armonia del cosmo. Platone riconosce anche l’uguaglianza tra uomo e donna in termini di doti e opportunità. Il mito, lungi dall’essere inferiore al logos, è un complemento necessario per esprimere aspetti della realtà legati alla vita, al divenire e all’anima, fungendo da “pensare per immagini” che si affianca al “pensare per concetti”. I dialoghi platonici, definiti “poesia filosofica”, utilizzano il mito strategicamente per affrontare temi complessi come la giustizia e il bene, e la loro struttura riflette il “circolo ermeneutico”, stimolando il lettore a un’interpretazione profonda e attiva, anticipando concetti dell’ermeneutica moderna.Riassunto Lungo
1. Il Passaggio dall’Oralità alla Scrittura e la Rivoluzione Platonica
L’Era dell’Oralità nella Grecia Antica
Fino al V secolo a.C., la cultura greca antica era profondamente legata all’oralità. La poesia giocava un ruolo centrale, essendo il principale mezzo per tramandare conoscenze, valori e tradizioni. In questo contesto, il poeta era visto come una figura educativa, un custode del sapere condiviso dalla comunità. Questo sistema si basava sulla memoria e sulla “mimesi”, ovvero l’imitazione, che caratterizzava la trasmissione culturale.L’Avvento della Scrittura
L’introduzione dell’alfabeto, iniziata intorno all’VIII secolo a.C., fu un processo graduale. Inizialmente, la scrittura venne impiegata per scopi più pratici. Tuttavia, fu solo nella seconda metà del V secolo a.C. che si assistette a una diffusione più ampia dell’alfabetizzazione, iniziando a cambiare il modo in cui le informazioni venivano conservate e condivise.Platone e il Conflitto tra Oralità e Scrittura
Platone si trovò a vivere in un periodo di grande trasformazione culturale, segnato dallo scontro tra la tradizione orale e la crescente importanza della scrittura. Pur riconoscendo il valore della poesia orale, Platone ne criticava la natura imitativa e la sua tendenza a basarsi sull’opinione piuttosto che sulla vera conoscenza. Secondo la sua visione, la poesia, imitando altre imitazioni, si allontanava dalla verità e incoraggiava la parte più irrazionale dell’animo umano.La Difesa dell’Oralità Dialettica
Nonostante le sue riserve sulla poesia e sulla cultura orale legata alla “mimesi”, Platone non era contrario all’oralità in sé. Al contrario, egli sosteneva un’altra forma di oralità: quella “dialettica”. Questa si manifestava nel dialogo filosofico, uno strumento ritenuto più efficace per la ricerca della verità. Questa distinzione è cruciale per capire la posizione di Platone, che da un lato criticava la poesia tradizionale, dall’altro valorizzava un tipo di comunicazione orale più razionale e orientato alla filosofia.I Limiti della Scrittura e la Ricerca della Verità
Platone evidenziò anche i limiti intrinseci della scrittura, sottolineando come questa nuova tecnologia necessitasse di un accompagnamento per garantire una corretta interpretazione. Pertanto, Platone non si schierò semplicemente a favore della scrittura contro l’oralità. Egli, piuttosto, cercava il mezzo comunicativo più adatto alla trasmissione del sapere filosofico. Privilegiò l’oralità dialettica come strumento più potente per raggiungere la verità. La sua opera segnò un punto di svolta, inaugurando un’era intellettuale che dava maggiore importanza al pensiero concettuale e alla riflessione razionale.Se Platone critica la poesia per la sua natura imitativa e la sua distanza dalla verità, come può la sua “oralità dialettica”, che si basa sul dialogo e sull’interazione, non correre il rischio di essere essa stessa una forma di mimesi del pensiero, anziché la verità pura?
Il capitolo presenta una dicotomia tra oralità poetica e oralità dialettica, attribuendo a quest’ultima una superiorità intrinseca nella ricerca della verità. Tuttavia, la natura stessa del dialogo, per quanto razionale, implica una rappresentazione e una mediazione del pensiero, che potrebbero essere interpretate come una forma di imitazione, seppur più sofisticata. Per comprendere meglio questa distinzione e le potenziali criticità, sarebbe utile approfondire gli studi sulla teoria delle idee di Platone, focalizzandosi in particolare sul concetto di “Forma” e sulla sua relazione con il mondo sensibile. Inoltre, l’analisi delle opere di Aristotele, che critica il dualismo platonico e propone un approccio più empirico alla conoscenza, potrebbe fornire un contrappunto prezioso per valutare la solidità dell’argomentazione del capitolo. Infine, uno studio sulla retorica e sulla dialettica nell’antica Grecia, analizzando le tecniche persuasive e le strutture argomentative utilizzate dai filosofi, potrebbe chiarire i confini tra la trasmissione della verità e la sua rappresentazione.2. Dalla Poesia alla Dialettica: L’Evoluzione della Comunicazione Filosofica
La nascita della filosofia e la nuova oralità
L’idea che la filosofia sia nata grazie all’invenzione della scrittura è un po’ sbagliata. In realtà, con la nascita della filosofia è emersa una nuova forma di comunicazione orale, diversa da quella poetica e basata sull’imitazione. Questa nuova oralità, chiamata “dialettica”, è stata fondamentale per lo sviluppo del pensiero filosofico. Prima, con l’oralità poetica, le parole venivano usate per creare immagini vivide nella mente degli ascoltatori, aiutando la memoria. La scrittura ha aggiunto la vista come mezzo di conservazione, liberando energia psichica che poteva essere usata per riflettere. Questo ha aperto la strada all’astrazione.I presocratici e il nuovo linguaggio filosofico
I filosofi presocratici, come Senofane e Parmenide, hanno iniziato a usare la poesia per esprimere idee nuove e astratte, criticando i contenuti tradizionali. Hanno creato un nuovo linguaggio e una nuova sintassi, pur rimanendo nell’ambito dell’oralità. Parmenide, ad esempio, ha introdotto concetti come l’essere e il principio di non contraddizione, rivoluzionando il modo di pensare.Socrate e il perfezionamento della dialettica
Socrate ha poi perfezionato questa “oralità dialettica” attraverso il dialogo, la confutazione e la maieutica. Il suo metodo mirava a stimolare il pensiero astratto, portando a un passaggio da un pensiero basato sulle immagini a uno basato sui concetti.Platone: scrittura e oralità nel dialogo
Platone, nel suo dialogo Fedro, esplora il rapporto tra scrittura e oralità. Sebbene riconosca il valore della scrittura e ne definisca le regole per un uso corretto (basate sulla dialettica e sulla conoscenza dell’anima), afferma che la vera comunicazione filosofica, quella che trasmette i concetti più importanti, deve avvenire attraverso l’oralità dialettica. Chi affida tutto ai testi scritti, secondo Platone, non è un vero filosofo.Le regole platoniche per una scrittura efficace
Le regole per scrivere bene, teorizzate da Platone, includono la conoscenza profonda dell’argomento, la capacità di definire e dividere le idee (dialettica) e la comprensione della natura dell’anima per adattare il discorso all’interlocutore. Questo approccio spiega anche la struttura dei suoi dialoghi, dove i titoli spesso riflettono l’interlocutore principale, suggerendo che il contenuto è adattato alla sua capacità di comprensione.L’evoluzione dell’oralità dialettica, iniziata con i presocratici e perfezionata da Socrate e Platone, ha creato il terreno fertile per il pensiero filosofico astratto. La scrittura, pur utile, rimane uno strumento secondario rispetto alla forza viva del dialogo filosofico.Se la scrittura, come suggerisce Platone, è un “farmaco” che indebolisce la memoria e l’anima, come si concilia questo con l’affermazione che la scrittura ha liberato energia psichica per l’astrazione e ha permesso la nascita del pensiero filosofico astratto? Non vi è una contraddizione intrinseca nell’argomentazione che la scrittura sia al contempo dannosa e propulsiva per il pensiero filosofico?
Il capitolo presenta una potenziale dissonanza tra la critica platonica alla scrittura come indebolimento della memoria e la sua funzione emancipatrice per l’astrazione filosofica. Per chiarire questa apparente antinomia, sarebbe utile approfondire il pensiero di Platone sulla retorica e sulla dialettica, distinguendo tra un uso improprio della scrittura e un suo potenziale valore educativo. Un’analisi più dettagliata del Fedro e di altri dialoghi platonici, nonché un confronto con le teorie sulla memoria e sull’apprendimento nell’antica Grecia, potrebbero fornire il contesto necessario. Si consiglia di esplorare le opere di Platone stesso, concentrandosi sui dialoghi che trattano della scrittura e della conoscenza, e di consultare studi critici che analizzino la complessità del suo pensiero in merito.La scrittura e il dialogo: il pensiero di Platone
I limiti della scrittura rispetto al dialogo orale
Platone, nei suoi scritti come il Fedro e la Lettera VII, evidenzia come la scrittura non possa mai eguagliare il dialogo parlato, specialmente quando si tratta di trasmettere idee complesse. La parola scritta viene descritta come un’immagine sbiadita della parola viva, incapace di rispondere a domande o di difendere se stessa. Chi si affida solo alla scrittura rischia di acquisire una mera apparenza di sapere, accumulando opinioni senza una vera comprensione. La scrittura è considerata quasi un gioco, mentre l’oralità dialettica, quella che avviene in presenza di un maestro e un allievo, è vista come un’attività seria, capace di imprimere la conoscenza direttamente nell’anima.Le “dottrine non scritte” e la necessità del dialogo
Le idee che Platone riteneva più importanti, le cosiddette “dottrine non scritte”, non potevano essere comunicate efficacemente attraverso i libri. Queste conoscenze richiedevano un lungo percorso di apprendimento e un dialogo costante tra maestro e discepolo, un processo che la scrittura non era in grado di replicare. Platone stesso ammetteva che, se avesse creduto che la scrittura fosse adatta a trasmettere questi concetti, lo avrebbe fatto, ma era convinto che solo pochi sarebbero stati in grado di coglierne il vero significato, mentre la maggior parte avrebbe potuto fraintenderle o sentirsi presuntuosa.La poesia riformata come strumento educativo
Pur criticando la scrittura come mezzo per la conoscenza profonda, Platone riconosce un valore alla poesia, a patto che questa venga riformata. La poesia, se ispirata da principi etici e filosofici, può svolgere una funzione educativa, guidando le anime dei giovani verso valori corretti. I suoi stessi dialoghi rappresentano un esempio di questa nuova forma di poesia, che unisce la profondità filosofica alla bellezza letteraria, creando un legame tra il mondo dell’oralità e quello della scrittura. La vera poesia, secondo Platone, è quella che nasce dalla ricerca della verità e che riesce a esprimere sia il comico che il tragico, diventando così uno strumento fondamentale per la formazione.Se il mito è un “pensare per immagini” indispensabile al logos, come si concilia questa visione con la pretesa di una conoscenza filosofica oggettiva e universale, soprattutto quando si parla di “rischio di credere” piuttosto che di certezza razionale?
Il capitolo presenta il mito come un complemento necessario della ragione, capace di esprimere aspetti della realtà sfuggenti al logos astratto. Tuttavia, l’enfasi sul “pensare per immagini” e sul “rischio di credere” solleva interrogativi sulla solidità epistemologica di tale approccio. Se la filosofia platonica si basa su narrazioni verosimili piuttosto che su dimostrazioni rigorose, come possiamo distinguere un mito filosoficamente valido da una mera finzione? Per approfondire questo aspetto, sarebbe utile esplorare le critiche mosse da Aristotele alla teoria delle Idee e le diverse interpretazioni del rapporto tra mito e ragione nella storia della filosofia, magari consultando testi che analizzano il pensiero di Platone da prospettive ermeneutiche o analitiche.5. Platone e la comprensione dei testi
L’eredità di Platone nella lettura
La visione di Platone sulla scrittura, spesso interpretata come una resistenza alla diffusione dei libri, in realtà anticipa principi fondamentali dell’ermeneutica moderna. Lungi dall’essere un semplice “conservatore” contrario ai libri, Platone, con i suoi dialoghi, ha creato un modello di comprensione che supera la mera lettura.Il dialogo come strumento di conoscenza
I dialoghi platonici non sono semplici scritti, ma strumenti che ricreano l’oralità del dibattito, spingendo chi legge a interrogarsi e a cercare risposte. Questa struttura, fatta di domande e risposte, rispecchia il “circolo ermeneutico”: un processo in cui la comprensione di un testo si basa sulle conoscenze già possedute, e a sua volta il testo arricchisce tali conoscenze.Interpretazione profonda e “dottrine non scritte”
Platone stesso, con i suoi “passi di omissione” e un linguaggio allusivo, incoraggiava i suoi allievi a un’interpretazione più profonda, legata alle “dottrine non scritte”. Questo metodo, che richiede un coinvolgimento attivo del lettore e un dialogo costante tra ciò che è scritto e ciò che è detto, dimostra che Platone non si limitava a scrivere, ma creava un sistema di pensiero aperto, dove la comprensione è un processo vivo e in continua evoluzione. La sua filosofia, incentrata sull’Idea del Bene, si presenta come un pensiero unito e coerente, ma al tempo stesso flessibile e aperto a nuovi sviluppi. Platone, dunque, non è un autore superato, ma un pensatore che ha saputo anticipare le sfide della comunicazione e della comprensione dei testi, anticipando temi centrali dell’ermeneutica.Se l’ermeneutica moderna trae fondamento dall’interpretazione dei dialoghi platonici, come si concilia questo con la nota critica platonica alla scrittura, che egli stesso definiva “un’ombra di un’ombra”?
Il capitolo suggerisce un’anticipazione di principi ermeneutici moderni da parte di Platone, interpretando la sua critica alla scrittura non come un rifiuto, ma come un invito a una comprensione più profonda. Tuttavia, questa lettura sembra trascurare la potenziale contraddizione intrinseca tra la sua avversione per la parola scritta come veicolo di conoscenza “vera” e la sua presunta eredità nell’ermeneutica, che si basa proprio sull’interpretazione dei testi scritti. Per colmare questa lacuna, sarebbe utile approfondire gli studi sull’ermeneutica, con particolare attenzione alle correnti che indagano le origini filosofiche dell’interpretazione testuale, e confrontare le interpretazioni di Platone con quelle di pensatori come Gadamer o Ricoeur, che hanno analizzato il rapporto tra oralità e scrittura nella trasmissione del sapere. Inoltre, un’analisi più dettagliata delle “dottrine non scritte” e del loro rapporto con gli scritti platonici potrebbe chiarire la natura del “dialogo” che il capitolo attribuisce alla lettura dei suoi dialoghi.Abbiamo riassunto il possibile
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