Contenuti del libro
Informazioni
“Peter F. Drucker sulla leadership pratica” di Peter Drucker è un libro che ti catapulta direttamente nelle trasformazioni pazzesche degli anni Novanta, spiegandoti come l’economia mondiale stia cambiando faccia e cosa significa tutto questo per le aziende e chi le guida. Drucker non si ferma alla superficie, ma scava a fondo, mostrandoti come la vera fonte della ricchezza non sia più la terra o il lavoro manuale, ma l’economia della conoscenza, dove l’innovazione e la produttività, specialmente nel lavoro della conoscenza e nei servizi, diventano le chiavi per sopravvivere e crescere. Ti porta in giro per il mondo, dagli Stati Uniti al Giappone, dall’Europa all’America Latina, analizzando strategie transnazionali, l’importanza degli investimenti esteri rispetto al commercio, e come le aziende debbano ripensare tutto, dalla governance aziendale alla gestione dei costi, dalla ricerca e sviluppo aziendale alle strategie competitive in mercati globali sempre più segmentati per stile di vita e non solo per reddito. È una guida pratica su come affrontare la ristrutturazione aziendale, sviluppare una leadership efficace e adattarsi a un mondo del lavoro in cui i lavori blue-collar diminuiscono e quelli legati alla conoscenza esplodono, offrendo spunti concreti di Peter Drucker management per navigare queste acque agitate e trasformare le sfide in opportunità.Riassunto Breve
Negli anni Novanta l’economia mondiale si trasforma radicalmente, allontanandosi dai modelli tradizionali e spingendo verso una maggiore reciprocità nelle relazioni internazionali e la formazione di blocchi commerciali, un cambiamento che richiede nuove forme di integrazione e cooperazione tra nazioni con culture diverse. Le aziende si integrano sempre più nell’economia globale attraverso alleanze strategiche come joint venture e consorzi, superando i limiti dei modelli multinazionali classici, spinte dalla necessità di risorse finanziarie condivise, dalla crescente complessità tecnologica e dalla rapida evoluzione dei mercati. Le imprese affrontano ristrutturazioni profonde, riducendo i livelli gestionali e delocalizzando il lavoro, esternalizzando funzioni non strategiche per migliorare l’efficienza e concentrarsi sulle competenze chiave; la dimensione aziendale diventa una scelta strategica dettata dalla funzione e dal mercato, abbandonando l’idea che “grande è meglio”. La governance aziendale è messa in discussione, con un rinnovato focus sulla performance e la legittimità del management; l’azionariato si evolve, con un ruolo crescente dei fondi pensione e la necessità di bilanciare gli interessi a breve termine degli investitori con la creazione di valore a lungo termine. La politica internazionale assume un ruolo primario, superando le dinamiche economiche interne, con la fine della Guerra Fredda e l’emergere di nuove sfide globali che richiedono azioni concertate e transnazionali. La vera fonte della ricchezza è la conoscenza, la cui applicazione a compiti noti aumenta la produttività e a nuove attività genera innovazione, diventando il motore della creazione di ricchezza; in un paese sviluppato, la conoscenza è essenziale per un tenore di vita dignitoso. L’economia del futuro deve integrare la dimensione nazionale e quella mondiale, considerando l’economia globale come un sistema unitario, dove produttività e innovazione guidano le decisioni economiche. Per mantenere una posizione di leadership in un mercato sviluppato, le imprese devono operare a livello transnazionale, investendo in ricerca, sviluppo, produzione e commercializzazione in diverse aree del mondo, una strategia che si rivela una difesa efficace contro i rischi valutari e che richiede concentrazione e specializzazione. Il commercio internazionale rallenta, mentre gli investimenti internazionali crescono esponenzialmente, diventando il motore principale dell’economia globale; le aziende investono all’estero per sostenere le esportazioni, creare mercati affidabili e competere a livello multinazionale, con la presenza produttiva locale fondamentale per mantenere la sensibilità al mercato e la competitività. La delocalizzazione per ridurre i costi del lavoro è un fattore secondario e destinato a perdere importanza; la vera forza trainante degli investimenti esteri sono le risorse umane qualificate. Manca un quadro normativo internazionale adeguato per governare questa nuova realtà guidata dagli investimenti. Il successo esportativo statunitense degli anni Ottanta risiede nella differenziazione dei prodotti, nell’alto valore aggiunto basato sulla conoscenza e nell’orientamento a mercati ben definiti; aziende medie e specializzate emergono come protagoniste, focalizzandosi su prodotti specifici e competenze distintive, con la gestione efficace del rischio di cambio come competenza cruciale. Il costo della manodopera operaia perde progressivamente importanza come fattore competitivo, mentre produttività, qualità, design e innovazione diventano leve competitive primarie, spingendo le imprese a localizzare la produzione vicino ai mercati di sbocco e intensificando la competizione nei paesi sviluppati basata sulla capacità manageriale e sull’innovazione. Per i paesi in via di sviluppo, si prospetta la necessità di individuare nuovi modelli di crescita economica. In Europa, l’integrazione del mercato unico pone le imprese di fronte a scelte strategiche decisive, muovendosi verso una logica paneuropea e stringendo alleanze transnazionali. Le trattative commerciali con il Giappone richiedono un cambio di prospettiva, concentrandosi sui servizi e sulla salvaguardia delle esportazioni agricole, riconoscendo che il successo economico giapponese si fonda su un costo del capitale basso derivante da politiche di incentivazione al risparmio. Il deficit commerciale statunitense non dipende dalla mancanza di competitività industriale o da importazioni eccessive, ma dal crollo dell’economia mondiale di cibo e materie prime e dalla depressione economica dell’America Latina, il cui rilancio come mercato è cruciale. Il successo delle maquiladoras in Messico dimostra un modello di integrazione economica vantaggioso. La sfida cruciale per le economie sviluppate è aumentare la produttività nei settori del lavoro della conoscenza e dei servizi, ridefinendo i compiti e concentrandosi sul “cosa” e il “perché” del lavoro. Il mondo del lavoro subisce trasformazioni radicali, con un declino inarrestabile dei lavori blue-collar nei paesi sviluppati e una crescita delle professioni legate alla conoscenza, spostando il focus dai sindacati ai titoli di studio. Le rigide regole sindacali e le descrizioni del lavoro eccessivamente specifiche rappresentano un freno alla produttività. Nei paesi ex-comunisti, la transizione verso un’economia di mercato è complicata dalla mancanza di competenze manageriali adeguate e da una cultura gestionale inadatta. Le economie moderne affrontano ostacoli significativi legati al lavoro e alla gestione, come la disoccupazione nascosta in Cina e la trasformazione nella gestione aziendale americana con strutture gerarchiche appiattite e instabilità lavorativa per i manager. La capacità di un manager di gestire efficacemente il proprio superiore diventa cruciale. L’industria automobilistica statunitense perde quote di mercato a causa di una teoria di mercato obsoleta basata sulla segmentazione socioeconomica, mentre il mercato si è evoluto verso una segmentazione basata sullo “stile di vita”, interpretata dalle aziende giapponesi che adottano nuove strategie competitive come la riduzione del ciclo di vita dei prodotti e la gestione a zero difetti. I canali di distribuzione e i luoghi d’acquisto sono in rapida trasformazione, richiedendo alle aziende di osservare direttamente il mercato. I cambiamenti nella cultura aziendale richiedono di concentrarsi sul cambiamento dei comportamenti, definendo i risultati desiderati e individuando dove l’organizzazione già eccelle. Per ridurre i costi in modo permanente, è necessario ristrutturare il lavoro, eliminando operazioni intere non necessarie. Le organizzazioni non profit sono all’avanguardia nella gestione, specialmente nella strategia, nell’efficacia del consiglio di amministrazione e nella motivazione dei lavoratori della conoscenza, insegnando alle aziende l’importanza di una missione chiara, della formazione continua, della responsabilità e della valutazione delle prestazioni. Nelle organizzazioni non profit americane, la struttura di governo richiede chiarezza e operatività, con consiglio e dirigente che collaborano come colleghi con compiti complementari e obiettivi comuni; la valutazione regolare delle performance è fondamentale. Nel settore profit, l’ascesa dei fondi pensione ha portato a una concentrazione della proprietà azionaria e a una pressione per risultati a breve termine, dannosa per gli investimenti a lungo termine; si propone di massimizzare la capacità dell’impresa di produrre ricchezza nel tempo, integrando obiettivi a breve e lungo termine. Il marketing efficace si basa sulla comprensione profonda del mercato e dei bisogni del cliente, adattandosi ai cambiamenti demografici e alle nuove esigenze dei consumatori; le aziende di medie dimensioni diventano il motore dell’economia, mentre le grandi imprese devono focalizzarsi sul mercato, innovare costantemente e decentralizzare. La misurazione della performance aziendale non può limitarsi ai profitti a breve termine, ma deve monitorare indicatori chiave come la posizione di mercato, l’innovazione, la produttività, la liquidità e la redditività. La spesa in ricerca e sviluppo non è più un indicatore diretto di successo; l’efficacia dipende dalla strategia, emergendo da team interfunzionali e orientandosi al business. Si osserva una crescente tendenza all’esternalizzazione di attività di supporto. Per ottenere risultati concreti dalla ricerca, è fondamentale seguire principi chiave come l’innovazione continua, l’integrazione con altre funzioni e l’abbandono di progetti obsoleti. Le alleanze aziendali rappresentano una strategia in crescita per l’espansione internazionale e la diversificazione tecnologica, ma richiedono obiettivi chiari e meccanismi di risoluzione delle dispute. Il capitalismo aziendale è in crisi a causa dell’enfasi sugli utili immediati spinta dagli investitori istituzionali, che mina gli investimenti a lungo termine. Emerge una nuova teoria della produzione industriale basata sul Controllo Statistico della Qualità, una nuova contabilità industriale, l’organizzazione modulare della fabbrica e la progettazione dei sistemi come processo integrato. L’economia mondiale si trasforma da un sistema basato sul libero scambio o protezionismo a uno fondato sulla reciprocità, caratterizzato da una crescente integrazione transnazionale guidata dagli investimenti e da una transizione verso una società basata sulla conoscenza, dove l’innovazione e l’imprenditorialità diventano essenziali per la sopravvivenza.Riassunto Lungo
1. Le Trasformazioni Inevitabili degli Anni Novanta
I cambiamenti economici e sociali degli anni ’90
Negli anni ’90, l’economia e la società hanno iniziato a cambiare profondamente. Questi cambiamenti hanno avuto un forte impatto sulle aziende, modificando il modo in cui operavano e si organizzavano. A livello mondiale, i vecchi modelli economici hanno iniziato a scomparire, lasciando spazio a una maggiore collaborazione tra i paesi e alla nascita di grandi gruppi commerciali. Questo cambiamento è stato in parte causato dalla crescita economica del Giappone, che ha spinto le nazioni a trovare nuove forme di collaborazione, anche tra paesi con culture molto diverse.La crescente integrazione delle aziende a livello globale
Le aziende hanno iniziato a collaborare sempre di più tra loro a livello internazionale. Per farlo, hanno creato alleanze strategiche, come società comuni (joint venture) e gruppi di imprese (consorzi). Queste collaborazioni hanno permesso alle aziende di superare i limiti dei modelli aziendali tradizionali, che spesso operavano solo all’interno dei propri confini nazionali. Questa tendenza è stata favorita da diversi fattori: la necessità di condividere i costi, la complessità delle nuove tecnologie che richiedeva la collaborazione di diverse competenze, e la rapida evoluzione dei mercati che spingeva le aziende a essere più flessibili e adattabili.Riorganizzazione interna e nuove strategie aziendali
Le aziende hanno dovuto cambiare profondamente la loro organizzazione interna. Hanno ridotto il numero di livelli manageriali, semplificando la struttura interna. Inoltre, hanno iniziato a spostare alcune attività produttive in paesi dove il costo del lavoro era inferiore. Si è diffusa la pratica di affidare all’esterno alcune funzioni considerate non fondamentali, come ad esempio la logistica o i servizi informatici. Questo ha permesso alle aziende di diventare più efficienti e di concentrarsi sulle attività principali. La dimensione dell’azienda non è stata più vista come un vantaggio automatico; le aziende hanno capito che la dimensione ideale dipende dal tipo di attività svolta e dal mercato di riferimento. L’idea che “grande è sempre meglio” è stata quindi abbandonata.Nuova attenzione alla gestione aziendale e agli azionisti
Anche il modo in cui le aziende venivano gestite è cambiato. Si è iniziato a dare molta più importanza ai risultati concreti e alla capacità dei manager di guidare l’azienda in modo efficace. Gli azionisti hanno assunto un ruolo più importante, soprattutto con la crescita dei fondi pensione che investivano in borsa. È diventato quindi necessario trovare un equilibrio tra gli interessi a breve termine degli investitori, che spesso cercano profitti immediati, e la necessità di creare valore per l’azienda nel lungo periodo, tenendo conto anche degli interessi di tutti coloro che sono coinvolti nell’attività aziendale, come dipendenti, clienti e fornitori.Il ruolo crescente della politica internazionale
Infine, la politica internazionale ha iniziato a influenzare sempre di più l’economia, superando a volte l’importanza delle politiche economiche nazionali. La fine della Guerra Fredda e l’emergere di problemi globali come il cambiamento climatico e il terrorismo hanno richiesto una maggiore collaborazione tra i paesi. L’attenzione si è quindi spostata dalle politiche economiche dei singoli stati alle politiche internazionali, con la necessità di azioni comuni per affrontare le sfide globali. Queste tendenze, già evidenti negli anni ’90, hanno delineato un futuro in cui le aziende si sono trovate a operare in un contesto economico, sociale e politico in continua e rapida evoluzione.L’analisi del capitolo non rischia di presentare le trasformazioni degli anni ’90 come una risposta univoca e necessaria, trascurando le molteplici alternative e i dibattiti dell’epoca?
Il capitolo descrive i cambiamenti degli anni ’90 come una serie di adattamenti quasi obbligati al contesto internazionale, ma questa narrazione potrebbe risultare eccessivamente deterministica. Per comprendere appieno le dinamiche di quel periodo, sarebbe utile esplorare le diverse scuole di pensiero economico e manageriale che si confrontavano allora, e considerare autori come Peter Drucker o Philip Kotler, che pur interpretando le trasformazioni in atto, offrono prospettive più articolate e sfumate sulle scelte strategiche e organizzative delle imprese.2. L’Ascesa dell’Economia Transnazionale e della Conoscenza
Negli ultimi secoli, l’economia ha cercato di capire da dove viene la ricchezza. All’inizio si pensava che la ricchezza dipendesse da quanti soldi si avevano per comprare, poi si è pensato alla natura e alla terra, e infine al lavoro delle persone. Questa ultima idea ha dato inizio all’economia come disciplina di studio, ma non era abbastanza precisa per capire bene e prevedere cosa sarebbe successo. Così, l’economia moderna si è divisa, concentrandosi solo sui beni materiali e dimenticando il valore delle persone, allontanandosi così dalla gente comune.La Conoscenza come Fonte di Ricchezza
Karl Marx ha provato a rimettere al centro il valore delle persone con la sua teoria del valore-lavoro, ma anche questa teoria non funzionava bene. Oggi si è capito che la vera fonte della ricchezza è la conoscenza. Usare la conoscenza per fare cose che già si conoscono aumenta la produzione, mentre usarla per cose nuove crea innovazione. Quindi, la conoscenza è ciò che fa crescere la ricchezza.In passato, imparare un mestiere si faceva con la pratica e stando vicino a chi già lo sapeva fare, ma nel Novecento si è capito che la formazione poteva insegnare le competenze più velocemente. Oggi, in un paese ricco, avere conoscenza è fondamentale per vivere bene. L’economia, che una volta era modesta e incerta, è diventata troppo sicura di sé e rigida, pensando di poter controllare tutto con delle semplici politiche, come dare più soldi alle persone o cambiare la quantità di moneta. Però, queste teorie non hanno funzionato e si basavano su idee sbagliate, come pensare che uno stato potesse controllare l’economia del proprio paese da solo, senza considerare gli altri paesi.L’Economia Globale e la Strategia Transnazionale
L’economia del futuro deve unire la dimensione nazionale e quella mondiale, vedendo l’economia di tutto il mondo come un sistema unico. Le decisioni economiche devono essere guidate dalla capacità di produrre di più e di creare cose nuove: guadagni ottenuti danneggiando questi aspetti sono sbagliati e distruggono la ricchezza. La conoscenza applicata al lavoro delle persone è la chiave per un’economia che sia davvero per le persone e che crei valore, dando strumenti concreti per capire se l’economia sta andando nella direzione giusta e se è solida.Per essere al primo posto in un mercato ricco, le aziende devono lavorare in tutto il mondo, investendo in ricerca, sviluppo, produzione e vendita in diverse parti del globo. Questo spiega perché aumentano gli investimenti diretti all’estero e le collaborazioni tra aziende di diverse dimensioni in tutto il mondo. La tecnologia che si diffonde in tutto il mondo e la velocità con cui le informazioni viaggiano rendono necessario essere presenti con la produzione nei mercati più importanti per essere competitivi, soprattutto quando i valori delle monete cambiano molto rapidamente. La strategia di essere presenti in molti paesi, diventata importante negli anni ’80 a causa dei cambiamenti di valore del dollaro, si dimostra un buon modo per proteggersi dai rischi legati alle monete. Le aziende che hanno saputo diventare internazionali hanno dimostrato di essere più forti e di crescere di più. Questa strategia richiede di concentrarsi e specializzarsi, non di fare un po’ di tutto, ed è la strada giusta per le aziende che vogliono essere leader nel mondo sviluppato.Il Ruolo Crescente degli Investimenti Internazionali
Il commercio tra nazioni sta rallentando, mentre gli investimenti internazionali crescono molto rapidamente, diventando la cosa più importante per l’economia mondiale. Gli investimenti, che prima venivano dopo il commercio, ora vengono prima e lo influenzano. Le aziende investono in altri paesi per aiutare le esportazioni, creare mercati sicuri e competere a livello internazionale. Essere presenti con la produzione direttamente sul posto è fondamentale per capire bene cosa vuole il mercato ed essere competitivi. Spostare la produzione in altri paesi solo per pagare meno i lavoratori è meno importante e diventerà sempre meno rilevante. La vera ragione principale per cui si investe all’estero sono le persone preparate: investire in altri paesi crea domanda di lavoro qualificato anche nel paese da cui parte l’investimento. L’economia mondiale è sempre più guidata dagli investimenti e meno dal commercio, ma mancano teorie e leggi giuste per gestire questa nuova situazione. È urgente creare regole internazionali per gli investimenti, che tengano conto anche di cosa succede in caso di guerre, riconoscendo che l’interdipendenza economica tra i paesi è fondamentale per riprendersi dopo una guerra. In questo nuovo scenario, i valori delle monete, le tasse e le leggi diventano più importanti dei salari e delle tasse sulle merci che passano le frontiere.È davvero la conoscenza l’unica fonte di ricchezza, o stiamo semplificando eccessivamente la complessità dei fattori economici?
Il capitolo presenta una visione lineare della storia del pensiero economico, culminando nella知识经济 come panacea. Tuttavia, ridurre la ricchezza unicamente alla conoscenza potrebbe essere riduttivo. Per comprendere meglio le diverse sfaccettature della creazione di valore, sarebbe utile esplorare le teorie economiche di autori come David Ricardo e Joseph Schumpeter, che offrono prospettive più articolate sulle fonti della ricchezza e sull’innovazione.3. Lezioni dal Boom: Mercati Globali e Nuove Strategie Competitive
L’Inatteso Successo delle Esportazioni Americane negli Anni Ottanta
Negli anni Ottanta, l’economia degli Stati Uniti ha sperimentato un aumento notevole delle esportazioni nel settore manifatturiero. Questo incremento ha rappresentato un evento inatteso, che ha dato nuovo slancio all’espansione economica e ha evitato una grave crisi. Un aspetto importante di questo successo è la sua natura diversificata. Infatti, ha riguardato sia prodotti tecnologicamente avanzati sia beni più tradizionali. Inoltre, aziende di varie dimensioni hanno contribuito a questo risultato positivo.Fattori Chiave del Boom Esportativo
La ragione principale di questo boom è stata la capacità di differenziare i prodotti. Un altro fattore cruciale è stato l’alto valore aggiunto di questi prodotti, basato sulla conoscenza e sull’esperienza. Le aziende si sono concentrate su mercati ben definiti, spesso costituiti da clienti che già conoscevano o che avevano caratteristiche simili a quelli del mercato interno. È interessante notare che la dimensione dell’azienda non è stata fondamentale. Aziende di medie dimensioni e specializzate hanno giocato un ruolo di primo piano, concentrandosi su prodotti specifici e competenze particolari. Infine, la gestione efficace del rischio legato ai cambi di valuta si è dimostrata una competenza essenziale per avere successo nei mercati internazionali.Il Cambiamento dei Fattori Competitivi e le Strategie Aziendali
Parallelamente, il costo della manodopera operaia ha iniziato a diventare meno importante come elemento per competere. Invece, sono diventati più importanti fattori come la produttività, la qualità dei prodotti, il design e la capacità di innovare. Le aziende americane e giapponesi sono state le prime a ridurre l’importanza dei costi legati alla manodopera meno specializzata, e l’Europa sta seguendo questa direzione. Questa tendenza sta spingendo le aziende a produrre vicino ai mercati dove vendono i loro prodotti. Di conseguenza, la competizione nei paesi sviluppati non si basa più principalmente sui salari bassi, ma sulla bravura dei manager e sulla capacità di innovare. Per i paesi in via di sviluppo, si presenta la necessità di trovare nuovi modi per crescere economicamente, magari concentrandosi sul mercato interno e sullo sviluppo di nuove imprese locali.L’Integrazione Europea e le Scelte Strategiche per le Imprese
In Europa, la creazione di un mercato unico ha messo le aziende di fronte a importanti decisioni strategiche. Nonostante ci fossero incertezze politiche, le aziende hanno iniziato a pensare in termini di mercato europeo nel suo complesso. Hanno riorganizzato le loro attività e creato collaborazioni con aziende di altri paesi europei. Si sta creando una situazione in cui le aziende europee competono sia tra di loro, sia con aziende di altre nazioni. Per questo motivo, è fondamentale che le aziende definiscano chiaramente la propria strategia per affrontare questo scenario in continua evoluzione. La capacità di adattarsi a un mercato mondiale sempre più collegato e competitivo è diventata fondamentale per avere successo in futuro.Ma questa “nuova teoria della produzione industriale” è davvero così nuova e universalmente accettata come viene presentata?
Il capitolo introduce una “nuova teoria della produzione industriale” basata su quattro principi, suggerendo una rottura netta con il passato. Tuttavia, manca una contestualizzazione critica di questa teoria. È fondamentale interrogarsi se questi principi siano realmente innovativi o se rappresentino piuttosto un’evoluzione di concetti già esistenti. Per rispondere a questa domanda, è utile approfondire la storia del pensiero manageriale e le teorie organizzative, studiando autori che hanno analizzato l’evoluzione dei modelli produttivi e le loro implicazioni socio-economiche.15. L’Economia Mondiale Trasformata
La Trasformazione dell’Economia Mondiale
L’economia mondiale sta cambiando profondamente. Si sta passando da un sistema basato sul libero scambio o sul protezionismo a un sistema che si fonda sulla reciprocità. Questo significa che si creano dei gruppi di nazioni, come l’Unione Europea, che collaborano per essere più forti nel mondo. La reciprocità vuol dire che ogni gruppo di nazioni dovrebbe dare alle aziende degli altri gruppi lo stesso accesso al proprio mercato interno. In pratica, se un’azienda europea vuole vendere in America, le aziende americane dovrebbero avere la stessa possibilità di vendere in Europa. Questo nuovo modo di fare economia è sempre più internazionale, ma non si basa tanto sullo scambio di prodotti.L’Importanza degli Investimenti Diretti e della Conoscenza
Oggi, la cosa più importante sono gli investimenti. Le aziende che vogliono essere leader devono investire direttamente nei paesi più importanti. Essere vicini al mercato e avere sedi locali è diventato fondamentale. Allo stesso tempo, la società sta diventando sempre più basata sulla conoscenza. Questo vuol dire che le informazioni e le competenze specialistiche sono diventate le risorse più preziose. Le aziende che funzionano meglio sono quelle capaci di usare bene le informazioni, con meno capi e più comunicazione tra tutti i livelli, anche dai dipendenti verso i dirigenti.Innovazione, Imprenditorialità e Nuove Competenze Manageriali
Per sopravvivere in questo mondo che cambia, le aziende devono essere innovative e avere spirito imprenditoriale. Devono essere capaci di abbandonare quello che è vecchio e non serve più, per fare spazio alle novità. L’innovazione non è solo un’idea geniale improvvisa, ma un lavoro costante per trovare nuove opportunità nei cambiamenti della popolazione, della società e della tecnologia. I manager, per guidare le aziende in questo periodo difficile, devono imparare cose nuove. Devono saper guardare fuori dalla propria azienda, capire di quali informazioni hanno bisogno e creare sistemi per imparare continuamente. La cosa più importante è essere capaci di cambiare velocemente e sfruttare le nuove occasioni che si presentano.Ma è davvero la “reciprocità” la chiave di volta, e la conoscenza e l’innovazione le uniche risorse preziose, o stiamo semplificando eccessivamente una realtà economica globale ben più complessa e sfaccettata?
Il capitolo presenta una visione lineare e forse un po’ semplicistica delle dinamiche economiche mondiali. Per rispondere a questa domanda, è utile approfondire discipline come l’economia politica internazionale e la sociologia economica, che offrono strumenti concettuali per analizzare le dinamiche di potere e le disuguaglianze nel sistema economico globale. Approfondire autori che criticano le visioni eccessivamente ottimistiche del libero mercato e della globalizzazione potrebbe fornire una prospettiva più completa.Abbiamo riassunto il possibile
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