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RISPOSTA: “Perché i poeti. La parola necessaria” di Eugenio Mazzarella ci porta in un viaggio affascinante nel cuore della poesia e del suo ruolo fondamentale nella nostra esistenza. Il libro esplora come la parola, e in particolare la poesia, sia la vera forza che dà forma al nostro mondo e a noi stessi, permettendoci di nominare la realtà e, così facendo, di trovare la nostra identità. Dalle origini del linguaggio, dove la poesia è vista come una “poiesi originaria” che rivela l’essenza delle cose, fino alla crisi della modernità, segnata dal “punto di Archimede” galileiano che ha spostato l’uomo dal centro dell’universo, Mazzarella ci guida attraverso un’analisi profonda. Attraverso le riflessioni su pensatori come Qohélet, che descrive un mondo privo di sapore, e Leopardi, che trasforma il disincanto in poesia come rifugio, il libro sottolinea come la lirica diventi uno spazio essenziale per l’io per esprimere la propria esistenza in un universo a volte indifferente. In questo percorso, la poesia non è solo un genere letterario, ma l’atto stesso di “fare il mondo” attraverso il linguaggio, un’esperienza che permette all’io lirico di custodire e dare significato alla vita, anche di fronte al nulla. È un invito a riscoprire la potenza della parola necessaria.Riassunto Breve
La parola ha un potere fondamentale: dà forma al mondo e permette all’essere umano di riconoscersi. La poesia, intesa come la sostanza stessa della parola, è ciò che custodisce questa capacità di nominare e, quindi, di creare il mondo. Non è un semplice strumento, ma un evento che trasforma l’uomo in linguaggio e il mondo attraverso la parola stessa. Nominando le cose, la poesia ne rivela l’essenza, conferendo loro un’identità. La poesia non si limita a descrivere, ma “sente e vede” il suo stesso miracolo, celebrando o curando attraverso la parola. La lirica, in particolare, è vista come la forma più pura di poesia, capace di esprimere l’essenza dell’uomo nel suo stare al mondo e di cogliere il senso profondo delle cose, a differenza della filosofia che tende a razionalizzare. La poesia custodisce la meraviglia del proprio essere nel mondo, il mistero del “chi sono io?”. I poeti hanno il compito di dare voce a questo silenzio, di dare forma alla presenza delle cose e di sé stessi, perché stare al mondo significa avere la parola per nominare, misurare e sostenere la realtà.La scoperta del telescopio ha spostato l’uomo dal centro dell’universo, creando una crisi delle certezze e un senso di frammentazione. L’universo è apparso infinito e senza un centro, minando la posizione dell’uomo. La poesia moderna riflette questa perdita di un centro stabile, con la “nuova filosofia” che mette tutto in dubbio e dissolve i legami sociali. L’io poetico si trova di fronte a un universo disincantato, dove la città diventa lo spazio esistenziale dell’alienazione. La risposta della poesia moderna è la ricerca di autonomia nella parola, con la “poesia pura” che crea un proprio mondo autonomo, ma che lascia l’io intrappolato nella solitudine. Nonostante ciò, emerge la necessità di ricostruire un legame con il mondo, di trovare un nuovo centro che metta in relazione sé e il mondo. La poesia diventa così un modo per “stare nella voce”, per esprimere la propria esistenza in un universo muto, cercando di dare un senso al proprio cammino, aggrappandosi ai ricordi e alla propria vita, anche di fronte all’incertezza.Il pensiero di Qohélet descrive un mondo effimero, dove tutto è “nulla” e la vita è un ciclo senza progresso o significato. L’universo è freddo, il vento gira senza meta, e non c’è comunione tra gli esseri. Anche la sapienza non offre consolazione, poiché la vita è vista come un’inutile fatica. Qohélet non trova speranza né nella vita terrena né in un aldilà; Dio è presente ma distante. La vita è un enigma, un inganno della materia. Qohélet svuota le tradizioni, riducendo tutto a convenienza, e la sua unica consolazione è il piacere effimero dei beni terreni. La vera novità, la nascita, è ciò che Qohélet non riesce a cogliere, rimanendo prigioniero di un presente già vissuto.Il percorso di Leopardi segna il passaggio da una poesia basata sull’immaginazione a una più filosofica e introspettiva. La perdita delle illusioni e l’incontro con il “Vero negativo”, la consapevolezza della sofferenza e del nulla, diventano centrali. La natura umana è caratterizzata da un desiderio inappagato, un’aspirazione all’infinito in un mondo limitato, generando un senso di scontentezza perenne. In questo contesto, la poesia diventa il mezzo attraverso cui l’io lirico esprime e elabora il sentimento del nulla. La poesia lirica offre una via d’uscita dai “disperati affetti”, permettendo di concepire l’infinito e di trovare un’appartenenza nel cosmo. Attraverso l’immaginazione, la poesia diventa una “sensazione dell’intelligenza” che, pur riconoscendo la mortalità, consente di “sentire infinitamente”, trasformando la disperazione in una forma di consolazione, un “naufragare dolce” in cui l’io si abbandona al tutto, trovando un’eco nell’infinito. La poesia, quindi, non elimina il dolore, ma offre un modo per affrontarlo, permettendo di “fare” la vita attraverso la parola.La poesia è l’essenza stessa del linguaggio, il modo in cui il mondo si costituisce e si rivela. È un evento primordiale in cui l’essere prende forma attraverso la parola, e la poesia è la sua custode. Non è un genere letterario, ma l’atto di “fare il mondo” attraverso il linguaggio, un’azione che permette all’io di emergere e connettersi con l’essere. Il “lirico” rappresenta l’apice di questo processo, il momento in cui l’io, attraverso un’intensa esperienza interiore, coglie e esprime la totalità del mondo. Non è uno sfogo personale, ma una forma di conoscenza che unisce sentimento e forma, un’intuizione universale che si manifesta nella parola. L’io lirico non è isolato, ma parte di un tutto, un tramite attraverso cui il mondo si rivela. La storia della poesia mostra un progressivo interiorizzarsi di questa funzione, passando da un ordine imposto da voci esterne a un’espressione che nasce dall’interno. La lirica moderna, pur nella sua apparente solitudine, continua questa ricerca di un senso profondo, cercando di dare voce alla “statura vera delle cose” anche in un’epoca di “povertà di mondo”. La poesia lirica, quindi, non è un ripiegamento su sé stessa, ma un modo per salvare e dare significato a ciò che accade, un’esperienza che permette all’io di ritrovarsi nel mondo.Riassunto Lungo
1. La Parola che dà Forma al Mondo
L’Essenza della Parola e la Creazione del Mondo
L’essere, il mondo e noi stessi esistono grazie alla parola. Nominare il mondo significa riconoscerlo e, in questo processo, trovare il proprio io. La poesia, intesa come la sostanza stessa della parola, è ciò che custodisce questa istituzione linguistica del mondo.La Poesia come “Poiesi Originaria”
La poesia non è uno strumento, ma un evento che permette all’uomo di diventare linguaggio, trasformando il mondo attraverso la parola. Questo la rende una “poiesi originaria”. Nominando le cose, la poesia rivela la loro essenza, conferendo loro un’identità attraverso la parola. La poesia, quindi, non si limita a descrivere, ma “sente e vede” sé stessa nel suo miracolo, celebrando o curando attraverso la parola.La Lirica e la Profondità dell’Essere
La lirica è considerata la forma più pura di poesia, poiché esprime l’essenza dell’uomo nel suo stare al mondo. La poesia è un’esperienza che permette di cogliere il senso profondo delle cose, a differenza della filosofia che tende a razionalizzare. L’incontro con il mistero del proprio essere nel mondo, la meraviglia del “chi sono io?” e “cos’è questo?”, è custodito dalla poesia.Il Ruolo del Poeta nel Dare Voce alla Realtà
I poeti hanno il compito di dare voce a questo silenzio, di dare forma alla presenza delle cose e di sé stessi. Stare al mondo significa avere la parola per nominare, misurare e sostenere la realtà. La poesia custodisce questa capacità umana fondamentale.Se la parola “crea” il mondo, come si spiegano le diverse interpretazioni e le contraddizioni nella comprensione della realtà, e come si concilia questa “poiesi originaria” con le scoperte scientifiche che spesso smentiscono le percezioni comuni?
Il capitolo postula una connessione diretta e quasi magica tra la parola, la poesia e la creazione della realtà, presentando la poesia come una “poiesi originaria” che rivela l’essenza delle cose. Tuttavia, questa visione rischia di trascurare la complessità dei processi cognitivi e sociali che plasmano la nostra comprensione del mondo. Per approfondire la questione, sarebbe utile esplorare le teorie dell’epistemologia, il dibattito tra realismo e antirealismo, e le neuroscienze cognitive che studiano come il cervello elabora il linguaggio e la percezione. Autori come Ludwig Wittgenstein, con le sue riflessioni sul linguaggio e sul significato, o Humberto Maturana e Francisco Varela, con le loro teorie sulla biologia del conoscere e sull’autopoiesi, potrebbero offrire spunti preziosi per comprendere meglio il rapporto tra linguaggio, percezione e realtà.La Rivoluzione Scientifica e la Crisi delle Certezze
La scoperta del telescopio da parte di Galileo Galilei ha segnato un punto di svolta fondamentale, modificando la nostra prospettiva sull’universo. Ci ha spostati dal centro di tutto a un punto esterno, un “punto di Archimede”. Questo cambiamento ha innescato una profonda crisi nelle certezze che l’umanità aveva da sempre. Pensatori come Hannah Arendt hanno analizzato come l’universo, prima percepito come ordinato e con un centro preciso, si sia rivelato infinito e privo di un punto focale. Questa scoperta ha messo in discussione il ruolo dell’uomo e la sua comprensione del mondo.La Poesia Moderna e la Frammentazione dell’Io
La poesia moderna, a partire da John Donne, ha iniziato a riflettere questa nuova realtà frammentata, caratterizzata da una perdita di stabilità. La “nuova filosofia” ha messo in dubbio ogni cosa, indebolendo i legami sociali e la coesione del mondo. L’io che parla nella poesia si è trovato di fronte a un universo disincantato, dove la natura stessa poteva apparire ostile o semplicemente indifferente. In questo nuovo scenario, la città è emersa come lo spazio esistenziale principale, un luogo dove le interazioni sono spesso superficiali e l’individuo si sente alienato. La magia e l’incanto del mondo naturale sono stati sostituiti dalla logica della meccanica e del commercio.La Ricerca di Autonomia nella Parola e i suoi Limiti
Di fronte a questa condizione, la poesia moderna ha cercato una via d’uscita attraverso l’autonomia della parola. La “poesia pura”, come definita da Hugo Friedrich, si è concentrata sul linguaggio stesso, creando mondi autonomi e distaccandosi dalla realtà concreta. Tuttavia, questa fuga nella parola non ha risolto la crisi dell’io, che è rimasto isolato, incapace di trovare un significato o un vero posto nel mondo.Ricostruire un Legame: Affrontare la Realtà con Strumenti Nuovi
Nonostante la frammentazione e la disillusione, emerge con forza la necessità di ristabilire un legame con il mondo. Questo significa “edificare la propria città”, un compito che richiede coraggio e la capacità di affrontare la realtà con determinazione. L’analogia con Neemia che ricostruisce le mura di Gerusalemme sottolinea l’importanza di agire con pragmatismo e forza. L’io lirico, pur nella sua solitudine, è chiamato a trovare un nuovo centro, un punto di riferimento che lo connetta con ciò che lo circonda.La Poesia come Modo di Esistere e di Dare Senso
La poesia diventa così un modo per “stare nella voce”, per affermare la propria esistenza in un universo che appare silenzioso e indifferente. Anche nel vuoto e nella disillusione, la poesia si sforza di custodire la memoria e di trovare un senso nel “verde memorabile” della vita. L’io lirico, come un viaggiatore che si muove dal “punto di Archimede”, cerca di dare significato al proprio percorso, aggrappandosi ai ricordi e alla propria esistenza, anche di fronte all’incertezza futura e alla possibilità del nulla. La poesia rappresenta un tentativo di costruire un ponte verso un significato, un modo per “bere la propria vita” e, forse, trovare l’acqua della Vita.È davvero la “nuova filosofia” o la frammentazione dell’io a giustificare la ricerca di autonomia nella parola, o non si tratta piuttosto di una fuga dalle responsabilità sociali e politiche che la nuova realtà imponeva?
Il capitolo collega la crisi delle certezze innescata dalla Rivoluzione Scientifica alla frammentazione dell’io nella poesia moderna, suggerendo che la “poesia pura” sia una risposta a questa condizione. Tuttavia, questa interpretazione potrebbe trascurare la possibilità che la focalizzazione sul linguaggio sia una strategia per evitare un confronto diretto con le problematiche sociali e politiche emergenti. Per approfondire questa prospettiva, sarebbe utile esplorare le opere di pensatori che hanno analizzato il rapporto tra arte, società e impegno civile, come ad esempio Antonio Gramsci, e confrontare l’idea di “poesia pura” con movimenti artistici che hanno invece cercato un’integrazione più diretta con la realtà sociale.Il Pensiero di Qohélet: Un Universo Effimero
La Visione del Nulla
Il pensiero di Qohélet si concentra sull’idea che tutto sia “havel havalim”, un soffio, un vapore, un nulla. Questa visione nasce dall’osservazione della realtà, dove ogni cosa è transitoria e destinata a scomparire. La vita stessa viene descritta come un ciclo incessante di nascita e morte, privo di un progresso o di un significato profondo. L’autore nota come Qohélet anticipi una concezione dell’universo simile a quella moderna, in cui la materia è inerte e la vita un evento quasi casuale, senza un disegno superiore.Un Cosmo Freddo e Isolato
La descrizione dell’universo secondo Qohélet è quella di un luogo freddo. Il sole sorge stanco e il vento gira senza una meta precisa, diventando simbolo di un eterno agitarsi nel vuoto. In questo scenario, non esiste una vera connessione tra le persone, né tra l’uomo e la natura; ogni individuo è isolato nel proprio destino. Anche la ricerca della saggezza non porta conforto, poiché la vita è percepita come una fatica inutile, una semplice attesa di quel nulla che rappresenta l’unica certezza.L’Assenza di Speranza e la Distanza Divina
Qohélet non trova speranza né nella vita terrena né in un possibile aldilà. Dio è presente, ma appare distante, un creatore che ha stabilito le leggi dell’universo ma non può più intervenire per correggerle. Questo lascia l’uomo senza alcuna traccia tangibile dell’agire divino. La vita si presenta come un enigma, un’illogicità, dato che si nasce solo per morire, e si è costretti a esserne consapevoli. Questa prospettiva pessimistica, che richiama il pan-meccanicismo moderno, considera la vita stessa la vera fonte di scandalo, un inganno creato dalla materia.Tradizione Svuotata e il Godimento Terreno
L’autore sottolinea come Qohélet, pur essendo legato alle tradizioni, le svuoti dall’interno, riducendo tutto a una questione di convenienza e utilità personale. La sua “pietà” è rivolta unicamente a sé stesso, impedendogli di andare oltre il proprio io. L’unica consolazione rimasta è il godimento dei beni terreni, un piacere fugace in un universo privo di senso. La vera novità, il “novum”, risiede invece nell’atto della nascita, nell’esperienza del nuovo che Qohélet non riesce a cogliere, rimanendo intrappolato in un presente già vissuto e destinato a svanire. La sua visione è una “miscredenza ontologica”, un modo di vedere il mondo in cui il nulla è l’unica realtà certa.Ma se la poesia diventa un “rifugio” dal “Vero negativo”, non si rischia di trasformare l’arte in una mera fuga dalla realtà, piuttosto che uno strumento per comprenderla e trasformarla?
Il capitolo descrive la poesia leopardiana come un’elaborazione del nulla e un mezzo di consolazione di fronte alla sofferenza esistenziale. Tuttavia, questa interpretazione potrebbe suggerire una visione della poesia come mero palliativo, una sorta di autoinganno consolatorio. Per esplorare più a fondo questa tensione, sarebbe utile confrontare l’approccio di Leopardi con quello di altri pensatori che hanno affrontato il rapporto tra arte, verità e sofferenza. Si consiglia di approfondire le opere di Friedrich Nietzsche, in particolare la sua riflessione sull’arte come affermazione della vita anche di fronte al dolore, e di Arthur Schopenhauer, per comprendere la sua visione pessimistica dell’esistenza e il ruolo dell’arte come momentaneo sollievo. Inoltre, un’analisi delle correnti filosofiche esistenzialiste potrebbe offrire ulteriori spunti di riflessione sulla capacità dell’arte di confrontarsi con l’assurdità dell’esistenza.2. Il Linguaggio come Fondamento del Mondo e l’Io Lirico come sua Custodia
La Poesia come Creazione del Mondo
La poesia è il cuore del linguaggio, il modo in cui il mondo nasce e si mostra. Non si tratta solo di parole, ma di un momento fondamentale in cui l’esistenza prende forma attraverso il dire. Questa “verità di parola” è la base di tutto, e la poesia ha il compito di custodirla. In questo senso, la poesia non è un genere letterario, ma l’azione di “creare il mondo” con il linguaggio, un’attività che permette all’io di emergere e di connettersi con l’essere.L’Io Lirico: Conoscenza e Unità
Il “lirico” rappresenta il culmine di questo processo. È il momento in cui l’io, attraverso un’esperienza profonda, riesce a comprendere ed esprimere la totalità del mondo. Non è una semplice espressione di sentimenti personali, ma una forma di conoscenza che unisce emozione e forma. È un’intuizione universale che si manifesta nella parola. L’io lirico, quindi, non è isolato, ma è parte di un tutto, un canale attraverso cui il mondo si rivela.Evoluzione della Poesia e Ricerca di Significato
La storia della poesia, dall’epica alla lirica, mostra come questa funzione sia diventata sempre più interiore. Si è passati da un ordine imposto da voci esterne, come nell’ipotesi della “mente bicamerale”, a un’espressione che nasce dall’interno, un dialogo tra l’io e il mondo. La poesia moderna, anche nella sua apparente solitudine, continua questa ricerca di un senso profondo. Cerca di esprimere la “vera dimensione delle cose” anche in un’epoca in cui il mondo sembra impoverito di significato. La poesia lirica, pertanto, non è un ripiegamento su sé stessa, ma un modo per salvare e dare senso a ciò che accade. È un’esperienza che permette all’io di ritrovarsi nel mondo.Se la poesia è l’azione di “creare il mondo” e l’io lirico è il suo custode, come si concilia questa visione con le evidenze neuroscientifiche che suggeriscono che la percezione della realtà sia un processo attivo e costruttivo del cervello, piuttosto che una rivelazione di un “essere” preesistente?
Il capitolo postula la poesia come fondamento ontologico del mondo e l’io lirico come sua espressione e custodia, suggerendo una sorta di primato del linguaggio e dell’esperienza soggettiva nella costituzione della realtà. Tuttavia, questa prospettiva potrebbe beneficiare di un confronto più esplicito con le attuali ricerche nel campo delle neuroscienze cognitive e della psicologia della percezione. Per approfondire, sarebbe utile esplorare testi che indagano la natura della coscienza e della percezione, come quelli che trattano dei modelli predittivi del cervello o delle teorie dell’embodied cognition. Autori come Anil Seth o Francisco Varela potrebbero offrire spunti preziosi per comprendere come il nostro cervello costruisce attivamente la nostra esperienza del mondo, mettendo in dialogo la dimensione lirica con le basi biologiche della nostra interazione con la realtà.Abbiamo riassunto il possibile
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