Contenuti del libro
Informazioni
“Parlo dunque sono. Istantanee sul linguaggio. Ediz. ampliata” di Andrea Moro è un viaggio pazzesco dentro la cosa più umana che c’è: il linguaggio. Non è solo un insieme di regole noiose, ma la struttura stessa del nostro pensiero, qualcosa che ci rende unici. Il libro esplora come la sintassi non sia casuale, ma una specie di armonia matematica, e come la nostra capacità di dare nomi sia quasi un superpotere. Si chiede se la grammatica universale sia scritta nel nostro DNA (la biologia del linguaggio è centrale qui!) e perché, nonostante la varietà linguistica (l’effetto Babele), ci siano universali linguistici che rendono tutte le lingue, dalla più comune alla più strana, fondamentalmente uguali e apprendibili da un bambino. Parla di cose assurde ma affascinanti come le lingue impossibili e di come studiare i problemi del linguaggio, tipo l’afasia, ci sveli la sua architettura interna. È un libro che ti fa pensare a quanto sia incredibile e misterioso il modo in cui usiamo le parole, unendo filosofia del linguaggio, neuroscienze e storia, dimostrando che capire il linguaggio umano significa capire un pezzo fondamentale di noi stessi, sfatando anche i pregiudizi linguistici che fanno credere che una lingua sia migliore di un’altra.Riassunto Breve
Il linguaggio umano è una struttura complessa e fondamentale per il pensiero e l’esistenza. Non è solo un mezzo per comunicare, ma modella la percezione della realtà, un po’ come la luce rende visibile ciò che altrimenti resterebbe nascosto. La capacità di dare nomi alle cose, un atto creativo e distintivo dell’uomo, richiede un sistema organizzato, un “dizionario” mentale. La struttura del linguaggio, la sintassi, non è casuale; le parole si combinano seguendo regole precise, un’armonia che si percepisce intuitivamente ed è essenziale per formare frasi e pensieri. Questa armonia tra elementi come nome e verbo è la base del discorso. La verità di una frase dipende dalla relazione tra i concetti che esprime, un principio legato alla struttura soggetto-predicato. Il verbo “essere” ha un ruolo speciale, non è un semplice predicato ma un elemento strutturale che lega e indica il tempo. Una parte della nostra capacità linguistica non si apprende, ma è innata, un’idea che si manifesta nella tensione tra regolarità (analogia) e eccezioni (anomalia) nel linguaggio. L’acquisizione del linguaggio può essere vista come la selezione di sintassi preesistenti nella mente. Esiste l’ipotesi di una grammatica universale, una struttura comune a tutte le lingue, che però non è solo un riflesso del mondo esterno; la negazione, ad esempio, mostra l’autonomia del linguaggio. Il linguaggio umano si distingue dalla comunicazione animale per la sua struttura sintattica e la ricorsività, la capacità di inserire frasi dentro altre frasi, creando messaggi infiniti. La sintassi si basa su relazioni strutturali, non solo sull’ordine lineare delle parole. Nel linguaggio convivono principi opposti come l’economia (brevità) e la ridondanza (ripetizione). Lo studio comparativo delle lingue rivela parentele e principi universali. Il linguaggio opera secondo leggi, rendendo la linguistica una scienza empirica, ma la sua complessità va oltre modelli meccanici. Gli elementi linguistici sono definiti dalle loro differenze all’interno di un sistema (strutturalismo). Anche apparenti anomalie, come l’uso del verbo “essere”, rivelano la complessità della struttura. Nonostante l’enorme varietà delle lingue (effetto Babele), si cercano classificazioni universali basate su ciò che rende una lingua apprendibile. Lo studio dei disturbi del linguaggio (afasia) e la genetica suggeriscono che il linguaggio è profondamente radicato nella biologia umana. La scienza linguistica descrive regolarità (universali di Greenberg) e cerca principi semplici dietro la complessità. La biologia del linguaggio è un paradosso, ma studi sull’afasia mostrano un periodo critico per l’apprendimento, suggerendo una base biologica non arbitraria. Le neuroscienze confermano che il cervello reagisce specificamente alla sintassi ricorsiva, unica dell’uomo. Questa base biologica impone “confini di Babele”, limiti strutturali che definiscono lo spazio delle lingue possibili e distinguono il linguaggio umano dalle macchine. Il sogno di una lingua universale, capace di ordinare il pensiero, è antico ma difficile da realizzare; tentativi di scomporre i significati non hanno avuto successo definitivo. Le macchine non sono vincolate dai “confini di Babele”, il che le rende diverse dal linguaggio umano. L’idea che una lingua sia superiore a un’altra è un pregiudizio (“pietramalismo”) privo di fondamento scientifico; tutte le lingue naturali sono ugualmente complesse per chi le apprende da bambino e attivano le stesse aree cerebrali. Le lingue artificiali che violano i principi universali vengono respinte dal cervello, confermando che i limiti linguistici sono naturali.Riassunto Lungo
1. L’Armonia del Linguaggio
L’esperienza fotografica come metafora
L’esperienza di scattare fotografie può insegnare principi importanti, validi sia per la scienza che per la vita di tutti i giorni. Quando si scelgono le foto da conservare, quando si decide in quale ordine mostrarle, e anche quando si considera il ruolo del caso, si crea una storia che ha un significato. Allo stesso modo, la scienza che funziona bene riflette la vita umana. Lo studio del linguaggio, che è un’attività tipicamente umana, ci aiuta a capire meglio noi stessi. Il linguaggio, come la luce, diventa importante quando interagisce con qualcosa, rendendo visibile ciò che altrimenti non potremmo vedere.L’importanza di dare i nomi alle cose
Nella cultura ebraica, la capacità di dare i nomi è vista come una caratteristica divina, un segno di indipendenza e creatività che definisce l’essere umano. Dare un nome non è un atto fatto a caso, ma una scelta che dà forma alla realtà che ci circonda. Per capire il mondo e interagire con esso, è fondamentale avere un sistema definito di nomi, simile a un dizionario.L’armonia del linguaggio secondo Platone
Platone introduce l’idea di armonia nel linguaggio, spiegando come le parole si uniscono tra loro in modo non casuale per formare frasi. Questa “armonia”, paragonabile a come i pezzi di un oggetto si incastrano tra loro, è la sintassi, una caratteristica matematica che fa parte del linguaggio. L’armonia tra il nome e il verbo è fondamentale, perché costituisce l’essenza del parlare e del pensare. Questa armonia si sente in modo naturale ed è molto forte, come una forza inevitabile che influenza il modo in cui vediamo e capiamo il mondo. In conclusione, il linguaggio è come la struttura principale su cui si basa il pensiero.Se la fotografia è una metafora utile per comprendere la complessità del linguaggio, perché il capitolo non esplora le ombre e le ambiguità che la fotografia stessa cattura, e che sono intrinseche al linguaggio?
Il capitolo introduce la fotografia come metafora per il linguaggio, ma si concentra sull’atto di ordinare e dare significato, trascurando un aspetto cruciale: la fotografia, come il linguaggio, è intrinsecamente ambigua e soggettiva. Se la fotografia può distorcere la realtà e catturare molteplici interpretazioni, allo stesso modo il linguaggio è spesso impreciso e aperto a fraintendimenti. Per comprendere appieno la natura complessa del linguaggio, sarebbe utile approfondire discipline come la semiotica e la filosofia del linguaggio, studiando autori come Roland Barthes e Jacques Derrida, che hanno esplorato le zone d’ombra e le molteplici stratificazioni di significato presenti sia nelle immagini che nelle parole.2. Analogia, Anomalia e Negazione: I Pilastri del Pensiero Linguistico
Verità e linguaggio
Il linguaggio e la verità sono collegati tra loro in modo profondo. Per capire se una frase è vera, bisogna guardare al rapporto tra gruppi di concetti. L’esempio delle rondini spiega bene questo principio. Aristotele aveva già capito questa cosa, e pensava che la verità di una frase dipendesse dalla sua struttura fondamentale, cioè dal rapporto tra soggetto e ciò che si dice del soggetto (predicato). In questo contesto, il verbo “essere” ha una funzione speciale: non è un normale predicato, ma serve per indicare il tempo e completare la struttura della frase.La competenza linguistica innata
Una parte della nostra capacità di usare il linguaggio non si impara studiando, ma è qualcosa che abbiamo dentro fin dalla nascita. Questa idea si vede nel contrasto tra analogia e anomalia nel linguaggio. Questo contrasto è un po’ come un dibattito più grande sulla natura della realtà. Imparare a parlare può essere visto come scegliere tra modi di organizzare le frasi che sono già presenti nella nostra mente, invece che costruire il linguaggio partendo da zero. Però, non è ancora chiaro come queste teorie sul linguaggio si collegano a quello che sappiamo sul cervello.Grammatica universale e negazione
L’idea di una grammatica universale dice che tutte le lingue hanno una struttura di base comune, anche se sembrano diverse. Ci si chiede se questa grammatica universale venga direttamente dal mondo esterno, dalla realtà che ci circonda. La negazione, che è una caratteristica importante del linguaggio, mette in dubbio questa idea. La negazione fa pensare che la grammatica non sia solo un riflesso del mondo reale, ma abbia una sua autonomia, una sua indipendenza. Anzi, la grammatica sembra essere più importante della percezione e del modo in cui organizziamo i movimenti. Per capire il linguaggio e il mondo, usiamo sia la logica che l’esperienza pratica, trovando un equilibrio tra questi due modi di conoscere.Ma se la grammatica è innata, come si concilia questa idea con la varietà e la mutevolezza delle lingue naturali che osserviamo nel mondo?
Il capitolo introduce l’idea di una competenza linguistica innata e di una grammatica universale, ma non affronta in modo esaustivo la questione della diversità linguistica. Se le strutture grammaticali fossero predeterminate nella mente umana, come si spiegano le innumerevoli differenze tra le lingue esistenti e la loro evoluzione nel tempo? Per rispondere a questa domanda, sarebbe utile esplorare le teorie di autori come Chomsky sulla grammatica generativa, approfondire gli studi sulla tipologia linguistica e la variazione dialettale, e considerare le prospettive della psicolinguistica e della neurolinguistica per comprendere meglio le basi cognitive e neurali del linguaggio.3. L’Architettura del Linguaggio: Sintassi, Storia e Comparazione
Il linguaggio umano è molto diverso dai modi in cui comunicano gli animali. Gli animali usano pochi segnali fissi per comunicare, mentre gli esseri umani possono creare un numero infinito di messaggi complessi grazie alla sintassi. La sintassi è la capacità di costruire frasi complesse, anche inserendo una frase dentro un’altra. Questa caratteristica si chiama ricorsività e rende il linguaggio umano molto potente ed espressivo.La Sintassi e la Ricorsività
La sintassi non si basa sulla posizione delle parole in una frase, ma sul legame strutturale che c’è tra di loro. Questo significa che possiamo capire frasi anche quando le parole che si riferiscono l’una all’altra sono lontane nella frase. La ricorsività è quindi fondamentale per il linguaggio umano, ma si ritrova anche in altre attività della mente come la matematica e la musica.Economia e Ridondanza nel Linguaggio
Nel linguaggio, ci sono due forze che lavorano insieme, anche se sembrano opposte. Da una parte c’è la tendenza a essere economici, cioè a usare espressioni brevi e concise. Dall’altra parte, c’è la ridondanza, cioè la ripetizione di informazioni, che serve a rendere il messaggio più chiaro e facile da capire. La grammatica di una lingua non serve solo a risparmiare parole, ma a trovare un equilibrio tra brevità e chiarezza, tra sintesi e ripetizione.La Comparazione Linguistica
Quando si confrontano lingue diverse, si scoprono legami inaspettati tra loro. Questo permette di ricostruire lingue antiche, anche se non esistono più. Confrontare le lingue, anche quelle ipotetiche, diventa quindi molto utile per capire le regole universali del linguaggio e cosa rende unico il linguaggio umano rispetto ad altri sistemi di comunicazione.Ma se i “confini di Babele” sono definiti dalla natura umana, come possiamo essere certi che le “lingue impossibili” siano tali per ragioni strutturali del linguaggio, e non semplicemente per limiti della nostra stessa comprensione?
Il capitolo introduce il concetto di “confini di Babele” per distinguere il linguaggio umano da quello artificiale, suggerendo che le macchine, non avendo tali confini, potrebbero superare i limiti umani nella comprensione e produzione linguistica. Tuttavia, la definizione stessa di “lingua impossibile” potrebbe essere antropocentrica, basata cioè sui limiti cognitivi umani più che su vincoli oggettivi del linguaggio. Per rispondere a questa domanda, sarebbe utile approfondire gli studi sulla filosofia del linguaggio e sulla linguistica teorica, in particolare le opere di autori come Noam Chomsky, che ha esplorato a fondo le strutture universali del linguaggio, e di studiosi che si occupano di intelligenza artificiale e linguaggio computazionale, per comprendere meglio i limiti e le potenzialità delle macchine in questo campo.8. L’Oscenità del Pietramalismo Linguistico
Il concetto di “oscenità linguistica” secondo Dante
Dante Alighieri definisce “osceno” il pensiero di chi crede che la propria lingua madre sia superiore alle altre. Questa idea nasce dalla convinzione che il luogo in cui si è nati sia il più bello del mondo. Dante, usando una metafora riferita agli abitanti di Pietramala, spiega che questo modo di pensare confonde l’amore per le proprie origini con una presunta superiorità della propria lingua.Per Dante, c’è una differenza importante tra le lingue volgari e la “grammatica”. Le lingue volgari sono quelle che si imparano naturalmente fin dalla nascita. La “grammatica” invece indica le lingue artificiali, come il latino, che si imparano attraverso lo studio. Dante riteneva che il volgare fosse superiore perché lo considerava naturale e universale. Secondo lui, anche se le lingue sembrano diverse tra loro, in realtà tutti gli esseri umani condividono una lingua fondamentale comune.
Tentativi storici di individuare la lingua primigenia
Nel corso della storia, molte persone sono state ossessionate dall’idea di trovare la lingua originale, la prima lingua parlata dall’umanità. Questa ossessione ha portato anche a esperimenti crudeli. Ad esempio, Erodoto, Fra Salimbene e Robert Lindsay hanno raccontato di esperimenti in cui bambini venivano isolati per vedere quale lingua avrebbero iniziato a parlare spontaneamente. Anche se questi esperimenti sono criticabili dal punto di vista etico, dimostrano quanto fosse forte l’interesse per scoprire una lingua originale e considerata migliore delle altre.La prospettiva scientifica moderna sull’uguaglianza delle lingue
La scienza moderna conferma l’intuizione di Dante sull’uguaglianza delle lingue. Studi di neurobiologia hanno dimostrato che tutte le lingue naturali attivano le stesse aree del cervello. Questo smentisce l’idea che esistano lingue superiori o inferiori per natura. Infatti, le lingue artificiali che non rispettano le regole universali del linguaggio vengono rifiutate dal cervello. Questo dimostra che i confini tra le lingue sono naturali e non creati in modo arbitrario.Nonostante queste scoperte scientifiche, continua a persistere l’idea sbagliata che alcune lingue siano più complesse, più musicali o più adatte al pensiero astratto di altre. Questi pregiudizi non hanno alcuna base scientifica. È importante sapere che tutte le lingue sono ugualmente complesse per chi le impara fin da bambino. Credere nella superiorità di una lingua può portare a conseguenze negative. Nella storia, teorie linguistiche sbagliate sono state usate per giustificare ideologie razziste e discriminazioni.
Manzoni sottolinea che il pensiero di Dante sul linguaggio, anche se non molto studiato, contiene intuizioni molto importanti. Per evitare di cadere nell’ “oscenità del pietramalismo linguistico”, come dice Dante, dobbiamo riconoscere che tutte le lingue sono uguali e dobbiamo eliminare i pregiudizi che le mettono in competizione tra loro.
Ma è davvero utile riesumare il concetto dantesco di “oscenità del pietramalismo linguistico” per affrontare le complesse dinamiche del pregiudizio linguistico contemporaneo, o rischiamo di semplificare eccessivamente un problema dalle radici storiche e sociali profonde?
Il capitolo sembra ancorarsi eccessivamente a una definizione dantesca, potenzialmente limitante per comprendere appieno la complessità del pregiudizio linguistico odierno. Per una disamina più esaustiva, sarebbe opportuno integrare prospettive sociolinguistiche contemporanee, esplorando autori come Rosina Lippi-Green, che in “English with an Accent” analizza le dinamiche del pregiudizio linguistico nella società moderna. Approfondire le opere di John McWhorter, come “The Power of Babel”, potrebbe offrire ulteriori strumenti per decostruire le gerarchie linguistiche. Infine, per una contestualizzazione storica del fenomeno, si suggerisce di consultare studi sulla storia delle idee linguistiche e sulla formazione delle ideologie linguistiche, come quelli di Deborah Cameron in “Verbal Hygiene”.Abbiamo riassunto il possibile
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