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Informazioni
“Paesaggi della memoria. Il trauma, lo spazio, la storia” di Patrizia Violi ti porta a esplorare un tema super interessante: come le società affrontano i loro passati più difficili, quelli segnati da eventi traumatici enormi. Il libro non vede la memoria come un semplice ricordo, ma come qualcosa di vivo, che viene continuamente riscritto e interpretato, soprattutto attraverso i luoghi fisici. Pensa ai “siti della memoria”, quei posti dove sono successi eventi terribili o dove si commemorano le vittime: non sono solo contenitori di storia, ma veri e propri attori che plasmano il nostro modo di ricordare. L’autrice analizza come questi “luoghi del trauma” intrecciano spazio e tempo, usando la semiotica per capire come comunicano, come evocano l’assenza delle vittime attraverso oggetti o installazioni artistiche, e come suscitano emozioni nei visitatori, bilanciando il rischio della spettacolarizzazione con la necessità di testimonianza. Vedrai esempi diversissimi: dal Museo per la Memoria di Ustica in Italia, un’installazione artistica potente che parla di assenza, ai memoriali in America Latina (Cile e Argentina) nati spesso dal basso, dalla società civile, che trasformano ex centri di detenzione in spazi aperti e di dibattito. Si guarda anche a come luoghi come Tuol Sleng in Cambogia o il Memorial Hall di Nanjing in Cina usano la memoria del trauma per costruire o rafforzare l’identità nazionale. Insomma, è un viaggio affascinante per capire come l’elaborazione del trauma collettivo passi inevitabilmente attraverso la creazione e la gestione di spazi che non solo ricordano il passato, ma influenzano il presente e proiettano visioni sul futuro.Riassunto Breve
La società di oggi presta molta attenzione alla memoria, soprattutto quella legata a eventi traumatici. Questa attenzione si vede in tante cose, come le commemorazioni e i musei dedicati. La memoria non è una copia esatta del passato, ma cambia sempre, influenzata dalla cultura e dall’identità di un gruppo. I luoghi dove sono successi eventi terribili, trasformati in memoriali, sono importanti per capire come funziona la memoria collettiva. Questi posti rendono il ricordo fisico, legandolo a un luogo. Non sono solo contenitori di memoria, ma la creano e la cambiano continuamente. Analizzando questi luoghi, si vede che il loro significato cambia nel tempo. Ci sono diversi modi per conservarli o trasformarli, che mostrano come una cultura affronta il trauma: si può lasciare tutto com’era, ricostruire, o usare l’arte. Questi siti aiutano a capire come una cultura elabora il trauma, cosa considera importante ricordare e come gestisce il suo passato difficile. La memoria del trauma è un sistema complicato e spesso con conflitti, e questi luoghi sono punti chiave che creano significati. I luoghi della memoria traumatica hanno diversi strati di tempo. C’è il tempo dell’evento, il tempo in cui si decide di fare un memoriale e il tempo in cui la società elabora quel ricordo. Queste differenze di tempo dipendono da come la società dà significato alle cose, ma anche dalla politica e dalla difficoltà di mettersi d’accordo su come ricordare. Questi luoghi, visti come testi, raccontano il trauma in modi diversi, usando come sono allestiti, i percorsi per i visitatori e come cercano di coinvolgere chi li visita. Alcuni siti mostrano il trauma come qualcosa finito nel passato, altri guardano al futuro, trasformando posti di dolore in spazi per la comunità. L’idea di cronotopo aiuta a capire come spazio e tempo si mescolano in questi luoghi, cambiando la percezione del tempo dell’evento. Ricordare non riguarda solo passato e presente, ma anche il futuro; quello che si desidera per il futuro influenza come si ricorda il passato, e viceversa. Il tempo della memoria non è dritto, ma fatto di come si ricostruisce il passato e si pensa al futuro. I luoghi che ricordano traumi collettivi sono importanti per il futuro di una società. Le scelte su come conservare e trasmettere la memoria sono sempre scelte sul futuro, che possono portare a fare pace o a interpretare il passato in modo ideologico. Il passato raccontato da questi luoghi serve a logiche del presente che guardano al futuro, influenzando come il trauma viene percepito. Lungi dall’essere solo uno specchio del passato, i luoghi della memoria creano il suo significato, mettendo in relazione presente, passato e futuro nella costruzione della memoria traumatica. I luoghi del trauma sono diversi dai musei normali perché li visitano sia le vittime che i turisti. Il loro significato nasce da quello che ci si fa dentro, come le commemorazioni o nuovi tipi di turismo. La storia di come un sito è nato è fondamentale per capirne il valore. Gli oggetti esposti, spesso cose semplici appartenute alle vittime, diventano importanti perché sono autentici e testimoniano il passato, diventando simboli. Anche le foto, specialmente i primi piani dei volti, diventano immagini simbolo del trauma, sollevando domande etiche sul mostrare certe immagini. Questi luoghi sono fatti per suscitare emozioni forti nei visitatori, a volte in modo spettacolare. Ci sono diverse strategie per coinvolgere il pubblico: l’empatia, l’identificazione con le vittime e l’uso di esperienze simboliche. L’empatia è centrale, ma può essere usata troppo o confusa con l’identificazione. L’identificazione fisica ed emotiva, anche se efficace, può essere complicata. Le esperienze simboliche sono un’alternativa, agendo sul corpo per suggerire il trauma in modo indiretto. Mostrare il dolore in modo spettacolare nei siti traumatici ha dei rischi, come perdere la sensibilità o stancarsi emotivamente. È importante trovare un equilibrio tra l’emozione e la comprensione per non rendere banale il messaggio della memoria e fare in modo che questi luoghi continuino a insegnare e testimoniare, promuovendo una memoria attiva e consapevole. Luoghi come il museo di Tuol Sleng in Cambogia e il Memorial Hall di Nanchino in Cina vanno oltre il semplice conservare il ricordo di un trauma. Sono sistemi complessi influenzati dalla globalizzazione e dalla politica nazionale. A Tuol Sleng, l’orrore è mostrato per colpire emotivamente e sensorialmente, con poche spiegazioni ma tante immagini potenti, come i ritratti delle vittime, per suscitare una reazione immediata. Il Memorial Hall di Nanchino, pur essendo grande e pieno di documenti, è soprattutto un monumento all’identità nazionale cinese. La storia del massacro serve a costruire un’idea di superiorità morale e resistenza del popolo cinese, capace di superare la tragedia e guardare a un futuro di pace. Entrambi i siti mostrano come i luoghi della memoria siano usati per costruire identità collettive. Mettono in scena il trauma per coinvolgere profondamente il visitatore, facendolo diventare testimone emotivo e trasmettendo messaggi ideologici per rafforzare le storie nazionali. Questi memoriali sono strumenti potenti per gestire le memorie post-traumatiche e creare identità nazionali nel mondo globalizzato. In America Latina, le dittature militari degli anni ’70 e ’80 hanno lasciato memorie difficili e contrastate. Cile e Argentina, in particolare, affrontano in modo simile la gestione dei luoghi legati a quel periodo. La transizione alla democrazia è complicata perché bisogna bilanciare giustizia e stabilità, con memorie divise e spesso opposte. A differenza di altri posti, la trasformazione dei luoghi di prigione in siti della memoria qui è voluta dalla società civile, non imposta dal governo. Questi spazi diventano luoghi di partecipazione popolare, diversi dai memoriali imponenti o dai musei solo sull’orrore. Diventano centri sociali, educativi e culturali aperti al presente e al futuro, oltre a conservare la memoria. Una cosa comune è che i luoghi del trauma sono sparsi nelle città, spesso posti normali come case private, usati dai militari per torturare. Questa dispersione, con la sua natura nascosta, rende difficile recuperare questi spazi come luoghi di memoria, ma mostra anche una strategia di terrore diffuso, dove ogni luogo poteva nascondere una minaccia. In Cile, Villa Grimaldi, diventata un “Parco della Pace”, rappresenta la scelta di prendere le distanze dal trauma, preferendo uno spazio aperto e pacifico al ricordo diretto dell’orrore. Questa scelta riflette la difficile transizione cilena, segnata dalla paura che un confronto troppo diretto con il passato potesse mettere in pericolo la fragile democrazia. Altri siti cileni, come Londres 38, Casa della Memoria José Domingo Cañas e Nido 20, recuperano la memoria attraverso le tracce e le testimonianze, spesso aggiungendo funzioni sociali e culturali attuali. In Argentina, il dibattito sull’ESMA (Escuela Superior de Mecánica de la Armada), un ex centro di detenzione, mostra diverse idee su come gestire questi luoghi. Si confrontano approcci basati sulla testimonianza, sulla performance e sul museo, riflettendo la tensione tra conservare il passato e guardare al futuro. La scelta finale per l’ESMA è stata quella di far convivere diverse funzioni e memorie, creando uno spazio complesso e aperto a molte interpretazioni, che riflette la natura non semplice della memoria traumatica argentina. Il Museo per la Memoria di Ustica a Bologna è un memoriale particolare, un’installazione artistica per ricordare le vittime del disastro aereo. Questo spazio va oltre l’idea tradizionale di museo, essendo un oggetto complesso che mescola museo, memoriale, arte e politica. Nato da un accordo difficile tra società e politica, il museo è una risposta civile a un caso legale non risolto, dove la società civile, tramite l’Associazione dei Parenti delle Vittime, si occupa di una memoria controversa. L’allestimento, curato da Christian Boltanski, trasforma la memoria traumatica in opera d’arte, creando emozione nei visitatori. Il percorso si concentra sul relitto dell’aereo, recuperato e ricostruito, che è il centro del trauma. Lo spazio è diviso in due livelli: sotto c’è il relitto, simbolo del passato e della morte, sopra i visitatori, che rappresentano il presente e la vita, in un gioco di visibilità e distanza. L’esperienza sensoriale è fondamentale: il visitatore è immerso in suoni e immagini, con 81 luci che pulsano e 81 specchi neri che diffondono sussurri, frammenti di vite immaginate per le vittime. Queste voci creano un forte impatto emotivo, evocando il presente interrotto delle vittime e mettendo in relazione il loro tempo con quello del visitatore, che diventa testimone consapevole. L’assenza delle vittime è una scelta artistica e politica precisa: non ci sono immagini o nomi, ma una presenza costante attraverso simboli. Gli specchi neri, al posto delle lapidi e dei volti, riflettono l’immagine del visitatore, spingendo all’empatia. Vicino al relitto, scatole nere nascondono gli oggetti personali delle vittime, presentati in un libro dato all’uscita, una traccia leggera di una perdita enorme. Fuori dal museo, il progetto “Il giardino della memoria” continua la commemorazione con eventi artistici, aprendo la memoria di Ustica a nuove forme e pubblici, superando la staticità del museo e proiettando la memoria verso il futuro. Il Museo di Ustica è quindi un luogo di sepoltura simbolica e di testimonianza civile, dove l’arte aiuta a elaborare il trauma e a mantenere viva la memoria collettiva.Riassunto Lungo
1. Siti della Memoria Traumatica
La società di oggi presta molta attenzione al ricordo, soprattutto quando si tratta di eventi brutti successi in passato. Questo interesse per la memoria si vede in molti modi, come le tante cerimonie per ricordare eventi passati e i musei che vengono aperti per raccontare questi fatti. È importante capire che la memoria non è una copia esatta di ciò che è successo, ma è un modo di interpretare e riscrivere continuamente il passato, influenzato dalla cultura e da quello in cui crediamo come gruppo.Cosa sono i siti del trauma
I siti del trauma sono luoghi speciali, come monumenti, che vengono costruiti proprio dove sono accaduti fatti terribili. Questi siti sono molto importanti per capire come funziona la memoria di un gruppo di persone. Essi danno una forma fisica al ricordo, fissando la memoria in luoghi reali e trasformando lo spazio in un modo per raccontare il passato. Non sono solo dei posti dove si conserva la memoria, ma sono dei veri e propri strumenti che creano memoria, aiutando a riscrivere e interpretare i traumi del passato.Come cambiano i siti del trauma nel tempo
Se si studia attentamente come sono fatti i siti del trauma, si scopre che questi luoghi cambiano significato e funzione nel tempo. I modi in cui questi luoghi vengono conservati o trasformati sono diversi e mostrano come le persone affrontano i traumi: si va dalla conservazione di tutto ciò che ricorda l’orrore, alla ricostruzione di come erano i luoghi in passato, fino all’uso dell’arte per esprimere il dolore.Perché sono importanti i siti del trauma
I siti del trauma ci aiutano a capire come una cultura elabora i traumi, quali valori associa al ricordo e come gestisce la memoria di gruppo. Questi siti ci offrono un punto di vista speciale per capire cosa succede nella società, mostrando i conflitti, l’importanza sociale del ricordo e i diversi modi in cui un gruppo di persone costruisce, cambia o dimentica il proprio passato doloroso. La memoria dei traumi è quindi un sistema complicato e pieno di contrasti, in cui i siti del trauma sono punti fondamentali che aiutano a capire e creare significati all’interno di un sistema ampio e in continua evoluzione.Ma se la memoria è una continua interpretazione e riscrittura, quanto sono ‘fissi’ e ‘oggettivi’ i siti del trauma nel plasmare la memoria collettiva, e non piuttosto il riflesso di interpretazioni contemporanee del trauma?
Il capitolo presenta i siti del trauma come strumenti attivi nella creazione della memoria collettiva. Tuttavia, se la memoria è intrinsecamente fluida e soggetta a reinterpretazioni, è necessario interrogarsi sul grado di influenza oggettiva che questi siti esercitano. Per rispondere a questa domanda, sarebbe utile approfondire gli studi sulla memoria collettiva di autori come Maurice Halbwachs, e le teorie sociologiche sulla costruzione sociale della realtà, per comprendere meglio come le interpretazioni del presente possano rimodellare la percezione dei luoghi e degli eventi passati.2. Spazi di Memoria: Tracce, Tempi e Narrazioni
I luoghi dedicati al ricordo di eventi traumatici mostrano diverse fasi temporali. C’è una differenza di tempo tra il momento in cui è avvenuto l’evento traumatico, il momento in cui il ricordo diventa ufficiale in un memoriale, e il tempo necessario per elaborare culturalmente quel passato. Queste differenze di tempo dipendono da processi sociali, da scelte politiche e dalla difficoltà di trovare un accordo su come ricordare questi eventi.Siti della memoria come testi
I siti della memoria possono essere analizzati come dei testi che comunicano significati su più livelli. Il racconto del trauma si costruisce attraverso diversi elementi: le scelte su cosa mostrare, i percorsi che i visitatori seguono e il modo in cui i visitatori vengono coinvolti. Questi elementi danno al trauma una dimensione temporale specifica. Alcuni siti presentano il trauma come un evento concluso nel passato. Altri siti, invece, guardano al futuro, trasformando i luoghi del dolore in spazi utili per la società.Il concetto di cronotopo
Il concetto di cronotopo è utile per capire come i siti della memoria uniscono spazio e tempo, modificando la percezione del tempo legato all’evento traumatico. Il ricordo non riguarda solo il passato e il presente, ma anche il futuro. Infatti, il futuro che si desidera influenza il modo in cui si ricorda il passato, e viceversa. La dimensione temporale della memoria non è lineare. È invece un insieme di ricostruzioni del passato e di aspettative per il futuro, che si influenzano a vicenda nel presente.Il ruolo dei siti della memoria
I siti dedicati ai traumi di una collettività hanno un ruolo molto importante nel futuro di una società. Le decisioni su come conservare e trasmettere la memoria implicano sempre una scelta sul futuro. Queste decisioni possono favorire la riconciliazione oppure dare spazio a interpretazioni ideologiche del passato. Il modo in cui i siti raccontano il passato risponde a logiche del presente orientate al futuro. Questo racconto influenza la percezione e il significato del trauma. I luoghi della memoria non sono semplici immagini del passato, ma diventano i creatori del suo significato, mettendo in discussione il rapporto tra passato, presente e futuro nella costruzione del ricordo di un trauma.Ma è davvero sufficiente parlare di “cronotopo” per comprendere appieno la complessità dei siti della memoria, o rischiamo di cadere in un eccessivo schematismo teorico?
Il capitolo introduce il concetto di cronotopo come strumento utile per analizzare i siti della memoria, ma non approfondisce adeguatamente come questo concetto si traduca in analisi concrete. Per rispondere a questa domanda, sarebbe utile esplorare in modo più dettagliato le teorie dello spazio e del tempo nelle scienze sociali, ad esempio attraverso gli studi di geografi e antropologi che si sono occupati di luoghi e memoria. Approfondire autori come Michel Foucault e Henri Lefebvre potrebbe fornire strumenti concettuali più affilati per comprendere le dinamiche spazio-temporali nei siti della memoria.3. Evocare l’Assenza: Siti del Trauma tra Memoria ed Emozione
I luoghi del trauma sono diversi dai musei tradizionali, soprattutto per le persone che li visitano. Infatti, questi siti sono frequentati sia da persone che hanno subito traumi, sia da turisti interessati a conoscere questi eventi. Il valore e il significato di questi luoghi nascono dalle attività che vi si svolgono, come le commemorazioni, ma anche nuove forme di turismo legate alla storia del sito stesso. Per capire appieno l’importanza di un sito del trauma, è quindi fondamentale conoscere la sua storia e come è nato.Oggetti e immagini: simboli del trauma
Nei siti del trauma, gli oggetti esposti sono spesso oggetti comuni appartenuti alle vittime. Questi oggetti diventano importanti perché sono autentici e possono testimoniare gli eventi passati. In questo modo, oggetti semplici si trasformano in simboli potenti, capaci di raccontare storie di sofferenza e perdita. Anche le fotografie, in particolare i primi piani dei volti delle persone, diventano immagini simbolo del trauma. Tuttavia, l’uso di queste fotografie solleva questioni etiche importanti, soprattutto riguardo al diritto di mostrare immagini così personali e dolorose.Coinvolgere il pubblico: emozioni ed empatia
Questi siti sono pensati appositamente per essere luoghi emotivi, capaci di suscitare sentimenti forti nei visitatori. Per raggiungere questo obiettivo, vengono spesso utilizzate esperienze che coinvolgono profondamente le persone, a volte anche con elementi che possono sembrare spettacolari. Esistono diverse strategie per coinvolgere il pubblico e suscitare emozioni:- Empatia: è una strategia centrale, che punta a far sentire i visitatori vicini alle vittime, anche se a volte si rischia di usarla troppo e di confonderla con l’identificazione.
- Identificazione: questa strategia cerca di far immedesimare il visitatore nelle vittime, sia fisicamente che emotivamente. Anche se può essere efficace, può anche creare problemi, come un coinvolgimento eccessivo o una reazione di rigetto.
- Esperienze simboliche: queste esperienze offrono un modo diverso per comunicare il trauma. Invece di mostrare direttamente la sofferenza, agiscono sul corpo e sulla mente dei visitatori in modo indiretto, suggerendo il trauma senza rappresentarlo in modo esplicito.
Il rischio della spettacolarizzazione
Mostrare il dolore in modo spettacolare nei siti del trauma può essere rischioso. Infatti, si potrebbe perdere la sensibilità verso la sofferenza altrui e si potrebbe provare una sorta di stanchezza emotiva di fronte a troppe immagini forti. Per questo motivo, è fondamentale trovare un equilibrio tra l’esperienza emotiva e la comprensione razionale di ciò che è accaduto. Solo così si può evitare di banalizzare il messaggio della memoria e fare in modo che questi siti continuino a svolgere il loro compito educativo e di testimonianza. L’obiettivo finale è promuovere una memoria attiva e consapevole, che ci aiuti a capire il passato per costruire un futuro migliore.Ma l’efficacia di questo approccio dal basso è sempre garantita, o rischia di lasciare delle zone d’ombra nella gestione della memoria collettiva?
Il capitolo descrive con efficacia l’emergere di spazi di memoria dal basso in America Latina, sottolineando il ruolo attivo della società civile. Tuttavia, si potrebbe interrogare maggiormente la reale portata e i limiti di questa autonomia dal potere statale. È sempre auspicabile e sufficiente che la memoria del trauma sia gestita principalmente dai cittadini, o questa dinamica rischia di marginalizzare alcune voci o prospettive? Per rispondere a questa domanda, sarebbe utile approfondire gli studi sulla sociologia della memoria e le dinamiche del potere nella costruzione della memoria collettiva, magari partendo dai lavori di autori come Pierre Nora o Maurice Halbwachs.Capitolo VII: Ustica: Un Museo per l’Assenza
Il Museo per la Memoria di Ustica a Bologna è un luogo speciale per ricordare le persone morte nel disastro aereo di Ustica. Non è un museo normale, ma un’installazione artistica. Il suo scopo è onorare le vittime della tragedia. Questo museo è più di un semplice museo: è un oggetto complesso che unisce aspetti museali, commemorativi, artistici e politici. È nato grazie a un accordo tra diverse forze sociali e politiche. Il museo vuole essere una risposta civile a un caso legale che non è mai stato risolto. In questo caso, i cittadini, attraverso l’associazione dei parenti delle vittime, si prendono cura di una memoria difficile e piena di interrogativi.L’allestimento artistico del museo
L’organizzazione del museo è stata curata dall’artista Christian Boltanski. Boltanski ha trasformato il ricordo doloroso in un’opera d’arte che coinvolge emotivamente i visitatori. Il percorso del museo si sviluppa intorno al relitto dell’aereo DC-9. Questo relitto è stato recuperato e ricostruito, e rappresenta il cuore del trauma, il simbolo principale della tragedia. Lo spazio del museo è diviso in due parti: in basso si trova il relitto, che rappresenta il passato e la morte. In alto, un camminamento permette ai visitatori di osservare il relitto. I visitatori rappresentano il presente e la vita, creando un contrasto tra chi guarda e ciò che è osservato, tra la vita e la morte.L’esperienza emotiva del visitatore
L’esperienza che il museo offre ai visitatori è soprattutto sensoriale. Chi visita il museo si trova immerso in un ambiente fatto di suoni e immagini. Ci sono 81 lampadine che si accendono e si spengono a ritmo, come un battito cardiaco. Ci sono anche 81 specchi neri che diffondono sussurri, voci basse. Questi suoni sono frammenti di vite immaginate per le vittime. Queste voci sono l’elemento più toccante dell’installazione. Evocano il presente delle vittime, un presente che è stato bruscamente interrotto. Questo crea un collegamento tra il tempo delle vittime e il tempo del visitatore, che diventa testimone della tragedia.L’assenza delle vittime come scelta artistica
La scelta di non mostrare direttamente le vittime è voluta, è una decisione sia artistica che politica. Nel museo non ci sono foto o nomi delle vittime. Invece, la loro presenza è suggerita attraverso simboli. Gli specchi neri, per esempio, sostituiscono le lapidi e i volti delle vittime. Questi specchi riflettono l’immagine del visitatore, spingendolo a identificarsi con le vittime e a provare empatia. Vicino al relitto, ci sono delle casse nere che contengono gli oggetti personali delle vittime. Anche questi oggetti sono presentati in modo particolare, senza un contesto preciso. Un libro-catalogo, consegnato all’uscita del museo, elenca questi oggetti, lasciando una traccia leggera di una perdita che non si può colmare.Il Giardino della Memoria e il futuro del ricordo
Oltre al museo vero e proprio, c’è anche il progetto “Il giardino della memoria”. Questo progetto allarga le iniziative per ricordare la tragedia di Ustica con eventi artistici. In questo modo, il ricordo di Ustica si apre a nuove forme di espressione e a un pubblico più ampio. Il museo non è quindi un luogo statico, ma un centro attivo che proietta la memoria verso il futuro. Il Museo di Ustica diventa così un luogo di sepoltura simbolica e di testimonianza civile. L’arte diventa uno strumento per affrontare il trauma collettivo e mantenere vivo il ricordo nel tempo.Ma se il museo è un luogo per l’assenza, non rischia di allontanare ulteriormente la possibilità di una presenza fattuale e storica delle vittime e della verità processuale?
Il capitolo descrive efficacemente come il museo di Ustica trasformi l’assenza in presenza attraverso l’arte, ma non si interroga sul potenziale rischio di questa scelta. Concentrandosi sull’esperienza emotiva e simbolica, si potrebbe trascurare l’importanza di una narrazione storica e fattuale più precisa. Per valutare appieno l’efficacia di questo approccio, sarebbe utile considerare le teorie sulla museologia contemporanea e il ruolo dei musei nella società, approfondendo autori come Georges Didi-Huberman, che ha riflettuto sul rapporto tra immagine, memoria e trauma.Abbiamo riassunto il possibile
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