Contenuti del libro
Informazioni
“Osservazioni sui colori. Una grammatica del vedere” di Ludwig Wittgenstein, noto anche come “Remarks on Colour”, non è un trattato scientifico o psicologico, ma un’immersione nella logica dei concetti di colore. Wittgenstein ci guida attraverso la “grammatica dei colori”, esplorando come le parole che usiamo per descriverli prendano significato non dalla pura osservazione, ma dai nostri “giochi linguistici”, cioè dalle regole del loro uso nella vita di tutti i giorni. Il libro analizza le relazioni tra i colori e le strane difficoltà concettuali che incontriamo, come l’idea di un “bianco trasparente”, mostrando che queste non sono questioni di fisica o percezione, ma di come sono strutturati i nostri concetti. Attraverso esempi, come la percezione di chi soffre di acromatopsia, capiamo che i concetti di colore non sono fissi o universali, ma legati al nostro modo di vedere e di parlare. Non ci sono personaggi o ambientazioni narrative; il vero “luogo” è il linguaggio stesso e la nostra comprensione, e i “protagonisti” sono i concetti stessi e la nostra prassi nel usarli. È un’analisi concettuale brillante che sfida il modo in cui pensiamo alla percezione e al significato delle parole.Riassunto Breve
Il punto principale è che capire i colori non è solo una questione di come li vediamo fisicamente o di come funziona la nostra mente, ma soprattutto di come usiamo le parole per i colori. Il significato di parole come “rosso” o “blu” non viene da una definizione universale o da un’esperienza interna privata, ma dalle regole e dalle pratiche di come parliamo dei colori in una comunità, quello che viene chiamato “gioco linguistico”. Le relazioni tra colori possono essere basate sul contesto (come dire che un oggetto è più chiaro di un altro in una certa luce) o sul concetto (come la relazione tra diverse tonalità di blu). La classificazione dei colori, ad esempio se un colore è considerato primario o misto, è definita da queste regole d’uso delle parole, non solo dall’osservazione diretta. Ci sono combinazioni di colori che sembrano impossibili nel nostro modo di pensare i colori, come un verde che tende al rosso. Anche il fatto che persone diverse vedano i colori in modo diverso, come chi è daltonico, mostra che i concetti di colore non sono uguali per tutti e dipendono da come si vede e si usa il linguaggio. Le difficoltà che abbiamo a immaginare o descrivere certe cose, come un “bianco trasparente”, non sono problemi fisici o psicologici, ma riguardano la logica dei nostri concetti. La trasparenza e il colore hanno a che fare con come vediamo attraverso le cose e come la luce viene modificata, e l’idea di un mezzo “bianco trasparente” che non alteri i colori non si adatta alla nostra logica di un mezzo colorato che influisce sulla luce. L’obiettivo non è creare una teoria scientifica del colore, ma analizzare la logica dei concetti che usiamo. Il significato delle parole per i colori si trova nel loro uso pratico. Descrivere cosa si vede è diverso dal descrivere il comportamento di qualcuno che vede. La verità di un’affermazione come “Vedo un cerchio rosso” funziona in modo diverso da “Vedo (non sono cieco)”. L’essenza di qualcosa come la torbidità sta nel bianco; ciò che è trasparente e colorato non è torbido. Mescolare bianco a un colore sembra togliere qualcosa di colorato, e questo solleva domande se sia un fatto fisico o concettuale. L’analisi dei concetti di colore è concettuale e non può essere confermata o smentita dalla fisica. I concetti di colore si applicano in modi diversi a superfici, sostanze, luci e mezzi trasparenti. Il bianco e il nero hanno un ruolo speciale e si comportano in modo diverso dagli altri colori, soprattutto con la trasparenza e la luminosità. L’idea di un vetro bianco trasparente, simile a un vetro colorato trasparente, presenta difficoltà concettuali perché la logica è diversa. La capacità di distinguere e nominare i colori varia, e questa variazione non è per forza un difetto, ma può indicare modi diversi di pensare i colori. Capire un concetto di colore significa partecipare ai giochi linguistici associati. L’uso dei concetti è legato alle pratiche e ai giochi linguistici di una comunità. Persone con capacità diverse, come chi vede e chi è daltonico, partecipano a giochi linguistici diversi. Non si tratta di avere concetti giusti o sbagliati, ma di modi diversi di vivere e usare il linguaggio. Descrivere una capacità non significa averla o poterla insegnare. La comprensione di una tecnica non garantisce l’abilità di eseguirla. I concetti che le persone hanno mostrano cosa è importante per loro. La regolarità del linguaggio si riflette nella vita. Capire lo stato interno di un altro si basa sull’osservazione del comportamento e sull’uso condiviso delle espressioni. La certezza su uno stato interno o un evento esterno ha logiche d’uso diverse, ma entrambe rientrano nei giochi linguistici. Il “mondo della coscienza”, ciò che si vede o si sente, non è un regno separato da confrontare semplicemente con oggetti fisici. L’affermazione “Io vedo un albero” non è la descrizione di un fenomeno interno, ma ha un uso nel linguaggio legato al comportamento e alle circostanze esterne. La psicologia può descrivere le differenze di comportamento tra chi vede e chi è cieco, usando “vedere” come termine tecnico per certe reazioni osservabili. Ma l’uso comune di “vedere” o “cieco” si impara nella pratica quotidiana. Ci sono affermazioni che sembrano basate sull’esperienza ma la cui verità appare indiscutibile, fondamentali per altri giudizi. Il concetto di sapere non è uno stato psicologico, ma la sua logica è legata al suo uso nei diversi giochi linguistici. Il senso delle parole, anche per concetti astratti come la fede, deriva dalla pratica.Riassunto Lungo
1. La Grammatica dei Colori
Esistono diversi modi di mettere in relazione i colori. Alcune relazioni sono “esterne”, dipendono dal momento o dal contesto, come dire che un oggetto appare più chiaro di un altro in una certa luce. Altre relazioni sono “interne”, riguardano il concetto stesso del colore e non cambiano, come il rapporto tra diverse sfumature di uno stesso colore. Quando usiamo parole per i colori, come definire il “bianco puro”, ci basiamo su un’idea perfetta che nasce dall’uso di tutti i giorni. Analizzare questo uso raffinato può aiutarci a capire meglio come usiamo le parole dei colori nella pratica quotidiana. Classificare i colori, per esempio decidere se il verde sia un colore fondamentale o un misto, non si basa solo su ciò che vediamo subito, ma è definito da come usiamo le parole per i colori, cioè dalle regole del nostro linguaggio. Ci sono compiti specifici che ci chiedono di identificare o creare colori a metà strada tra due altri, come un verde che sembra un po’ giallo o un po’ blu. Tuttavia, un verde che non tende verso il giallo non è per forza un verde che tende verso il blu, e viceversa.
Concetti di colore ‘impossibili’ e percezione
Alcune combinazioni di colori, come immaginare un verde che sia anche un po’ rosso o un blu che tenda al giallo, sembrano impossibili all’interno del nostro modo di pensare i colori. L’esistenza di persone che percepiscono i colori in modo diverso, come chi non distingue certi colori (acromatopsia), dimostra che le nostre idee sui colori non sono uguali per tutti. Dipendono sia da come vediamo il mondo sia da come usiamo il linguaggio per descriverlo. Non esiste un modo universale per definire un colore se non facendo riferimento ai colori che siamo in grado di riconoscere e nominare.
La logica dei nostri concetti: l’esempio del ‘bianco trasparente’
La difficoltà che incontriamo nell’immaginare o descrivere un “bianco trasparente” non è un problema legato alla fisica o alla nostra mente, ma riguarda la logica interna delle nostre idee sui colori. L’idea di trasparenza o opacità è legata a come percepiamo lo spazio nelle immagini visive. Un materiale trasparente colorato cambia il colore di ciò che vediamo attraverso di esso. Un materiale “bianco trasparente”, per come lo immaginiamo, non dovrebbe alterare i colori visti attraverso, il che va contro l’idea stessa di un materiale colorato che in qualche modo interagisce con la luce e i colori.
L’obiettivo: analizzare la logica, non la scienza
Lo scopo non è costruire una teoria scientifica o psicologica su come vediamo i colori. L’obiettivo è piuttosto capire la logica che sta dietro ai nostri concetti di colore, analizzando come usiamo le parole. Il significato delle parole che usiamo per i colori si trova nel loro uso pratico nel linguaggio. Descrivere l’esperienza di vedere un colore è diverso dal descrivere il comportamento di una persona che reagisce a un colore, un comportamento che possiamo osservare dall’esterno. La validità di un’affermazione come “Vedo un cerchio rosso” segue regole logiche diverse da “Vedo (non sono cieco)”, sottolineando la specificità del linguaggio legato all’esperienza visiva del colore.
Affermare che la classificazione dei colori dipenda solo dalle regole del linguaggio non ignora forse decenni di ricerca sulla percezione visiva e la fisiologia del colore?
Il capitolo pone una forte enfasi sulla “logica del linguaggio” come fondamento dei nostri concetti di colore, distinguendo nettamente questa analisi dalla scienza della percezione. Tuttavia, questa separazione rischia di presentare un quadro incompleto. I concetti di colore non emergono nel vuoto linguistico, ma sono profondamente radicati nell’esperienza percettiva e nei meccanismi biologici della visione. Per comprendere appieno come si formano e funzionano i nostri concetti cromatici, è indispensabile integrare la prospettiva linguistica con le scoperte della psicologia della percezione, della neuroscienza e della scienza cognitiva, che studiano come il sistema visivo e il cervello elaborano i segnali luminosi e costruiscono la nostra esperienza del colore.2. Analisi Concettuale del Colore
Una superficie colorata ci dà l’impressione di una certa tonalità. Quando mescoliamo il bianco a un colore, sembra che ciò che è colorato venga rimosso, un effetto diverso da quello che si osserva con il giallo. Questo ci porta a chiederci se questa osservazione sia una questione fisica o piuttosto una questione concettuale, legata a come percepiamo e pensiamo i colori. C’è una forte tendenza a considerare questo aspetto come parte della fenomenologia, cioè lo studio di come le cose ci appaiono.Trasparenza e Torbidità
L’essenza della torbidità, o opacità, sembra risiedere nel bianco. Ciò che è trasparente, come il rosso o il giallo, non è torbido. La torbidità ha l’effetto di velare le forme, cancellando la distinzione tra luce e ombre. Il bianco, in questo contesto, sembra rimuovere l’oscurità. Pensiamo all’uso di lenti colorate per vedere meglio, ma non usiamo lenti torbide. Mescolare il bianco a un colore annulla la differenza tra chiaro e scuro, tra luce e ombra. Chi non nota o non comprende questa differenza non ha una percezione opposta, ma piuttosto una mancanza di una comprensione che potremmo considerare condivisa.La Sfida Filosofica dei Concetti di Colore
In filosofia, spesso cerchiamo un modo per rendere i problemi affrontabili e risolvibili. La difficoltà che incontriamo con i concetti legati al colore indica una certa incapacità di ordinarli in modo chiaro e coerente. Se proviamo a rappresentare la trasparenza attraverso un vetro colorato, otteniamo un’immagine complessa con molte sfumature e gradazioni diverse.L’Effetto della Luce sui Colori
Una luce rossa potrebbe aiutare a mantenere l’intensità dei colori, mentre una luce bianca potrebbe ridurla, anche se non parliamo comunemente di “luce bianca” in questo senso specifico. Se, sotto una certa illuminazione, tutto appare sbiadito o biancastro, non ne deduciamo automaticamente che la fonte luminosa sia bianca. L’analisi fenomenologica del colore è concettuale e, per sua natura, non può né confermare né contraddire le leggi della fisica.Colori e Fonti Luminose Ipotetiche
Considerando scenari ipotetici, la luce emessa da corpi incandescenti, siano essi bianchi o rossi, tende a far apparire le cose chiare o rossastre, con colori poco intensi. Sembra che solo una fonte luminosa che sia in qualche modo “invisibile” permetterebbe ai colori di manifestarsi in tutta la loro pienezza. Potremmo arrivare a supporre che i colori pieni appaiano solo in assenza di luce visibile o forse sotto una “luce nera”. Non osserviamo direttamente che i colori dei corpi che vediamo siano il risultato della luce che riflettono direttamente nei nostri occhi.Ma queste “analisi concettuali” sul colore e la luce, che sembrano ignorare come funzionano fisicamente le cose, non rischiano di perdersi in un idealismo fine a sé stesso?
Il capitolo solleva questioni interessanti sulla percezione del colore, ma alcune affermazioni, come quella che i colori pieni appaiano solo in assenza di luce visibile o che i colori dei corpi non siano il risultato della luce riflessa, si scontrano apertamente con le conoscenze consolidate in fisica e biologia della visione. Per affrontare questa apparente dicotomia e comprendere meglio il rapporto tra fenomenologia e realtà fisica, sarebbe utile approfondire discipline come l’ottica fisica, la fisiologia della percezione visiva e la filosofia della mente. Autori come Newton, Goethe, Wittgenstein e Merleau-Ponty hanno offerto prospettive molto diverse (e spesso in conflitto) su questi temi, e la loro lettura può aiutare a contestualizzare e valutare criticamente le affermazioni del capitolo.3. La Logica Intricata dei Concetti di Colore
I concetti di colore non sono semplici o univoci. Il significato di parole come “puro” o “saturo” non è immediatamente chiaro e si apprende attraverso l’uso in specifici contesti linguistici. Le affermazioni sui colori, come la loro chiarezza relativa, possono funzionare come regole logiche o descrizioni basate sull’esperienza, a seconda del loro impiego. Non esiste un unico concetto puro di colore, e questa complessità si manifesta nell’applicazione a diverse realtà visive come superfici, sostanze, luci e mezzi trasparenti.Il ruolo speciale del bianco e del nero
Il bianco e il nero hanno un ruolo particolare e si comportano in modo diverso dagli altri colori, specialmente in relazione alla trasparenza e alla luminosità. L’idea di un vetro bianco trasparente, analogo a un vetro colorato trasparente, presenta difficoltà concettuali. La logica dei concetti di colore è complessa e non si riduce a una semplice teoria o a una descrizione psicologica o fisica. Le difficoltà nel definire l’uguaglianza tra colori o nel confrontarli in contesti diversi evidenziano ulteriormente questa complessità e mostrano come il concetto non sia rigido.Percezione e linguaggio
La capacità di distinguere e nominare i colori varia tra le persone, come dimostra la cecità ai colori. Questa variazione non è necessariamente un difetto, ma può indicare diversi modi di concettualizzare i colori. La comprensione di un concetto di colore è strettamente legata alla capacità di partecipare ai giochi linguistici associati. Questo significa che imparare a usare i nomi dei colori e a descrivere le loro proprietà è fondamentale per padroneggiare il concetto stesso. La percezione individuale si intreccia così con l’uso condiviso del linguaggio.[/membership]Il capitolo descrive la logica dei concetti di colore come intricata e non riducibile a fisica o psicologia. Ma come si colloca questa “logica” linguistica rispetto alla realtà fisica e percettiva del colore?
Il capitolo pone l’accento sulla complessità dei concetti di colore, legandola all’uso linguistico e ai contesti specifici, e affermando che tale logica non è riducibile a spiegazioni puramente fisiche o psicologiche. Tuttavia, il colore è intrinsecamente un fenomeno legato alla fisica (la luce) e alla percezione biologica. Non si chiarisce a sufficienza come questa “logica” basata sul linguaggio si rapporti o interagisca con queste dimensioni fondamentali dell’esperienza del colore. Per approfondire questo nodo cruciale, sarebbe utile esplorare la filosofia del linguaggio, in particolare le idee di Ludwig Wittgenstein sui giochi linguistici, e confrontarle con gli studi sulla percezione del colore in psicologia e le basi fisiche dell’ottica.4. Concetti, Prassi e il Vedere
L’uso dei concetti è profondamente legato alle pratiche quotidiane e ai “giochi linguistici” che caratterizzano una comunità. Questo significa che persone con capacità o esperienze diverse, come chi vede e chi è affetto da acromatopsia o cecità, partecipano a modi di usare il linguaggio differenti. Non si tratta di stabilire se i concetti siano giusti o sbagliati in assoluto, ma piuttosto di riconoscere che esistono diverse “specie di calcolo”, ovvero modi distinti di vivere e interagire con il mondo attraverso il linguaggio. Queste differenze nell’uso dei concetti riflettono le diverse forme di vita e le attività che le persone svolgono.Descrivere non è Possedere
È importante distinguere tra la capacità di descrivere un’esperienza o un’abilità e il possederla realmente. Ad esempio, una persona affetta da acromatopsia può descrivere il processo attraverso cui ha scoperto di non vedere i colori, ma questa descrizione non le conferisce la capacità di vederli. Allo stesso modo, si può essere in grado di descrivere le regole del tennis o i passaggi per eseguire una moltiplicazione senza essere in grado di praticare lo sport o eseguire l’operazione matematica. La semplice comprensione intellettuale di una tecnica o di un’esperienza non garantisce l’abilità di eseguirla o viverla in prima persona.Linguaggio, Vita e Comprensione degli Altri
I concetti che le persone possiedono e utilizzano rivelano ciò che è considerato importante nella loro vita e nella loro comunità. La regolarità che osserviamo nell’uso del linguaggio riflette la regolarità delle nostre pratiche e della nostra esistenza. Comprendere lo stato interno di un’altra persona, come ad esempio l’essere arrabbiato, non si basa sull’accesso diretto a un suo stato mentale nascosto, ma piuttosto sull’osservazione del suo comportamento e sull’uso condiviso delle espressioni linguistiche associate a quel comportamento. La certezza che abbiamo riguardo a uno stato interno di un altro o a un evento esterno segue logiche d’uso diverse all’interno dei nostri giochi linguistici, ma entrambe le forme di certezza sono radicate nelle pratiche condivise.Il Concetto di “Vedere” e la Coscienza
Il “mondo della coscienza”, inteso come ciò che si vede o si sente in un dato momento, non è un regno separato di fenomeni interni da confrontare in modo semplice con gli oggetti fisici esterni. Affermare “Io vedo un albero” non è primariamente la descrizione di un’immagine o di un fenomeno che accade “dentro” la mente. Piuttosto, questa affermazione ha un uso specifico nel linguaggio che è strettamente legato al comportamento osservabile della persona e alle circostanze esterne in cui si trova. La psicologia può descrivere le differenze comportamentali tra chi vede e chi è cieco, trattando il termine “vedere” come un concetto tecnico legato a certe reazioni e comportamenti che possono essere osservati e studiati scientificamente. Tuttavia, l’uso comune e quotidiano delle parole “vedere” o “cieco” viene appreso nella pratica della vita di tutti i giorni, molto prima di poter distinguere formalmente tra le due condizioni in termini psicologici o scientifici.Sapere e la Prassi
Esistono alcune proposizioni che, pur sembrando descrivere fatti empirici sul mondo, appaiono così fondamentali da considerare la loro verità quasi inattaccabile; esse sono cruciali per la validità di molti altri giudizi che formuliamo. Il concetto di sapere non è uno stato psicologico interno, ma la sua logica e il suo significato derivano dal modo in cui viene impiegato nei diversi contesti e giochi linguistici. In generale, il senso delle parole, comprese quelle che si riferiscono a concetti astratti come la fede, trae origine e significato dalla prassi, cioè dalle azioni, dalle interazioni e dalle forme di vita in cui tali parole vengono utilizzate concretamente.Se il “vedere” è solo un concetto tecnico legato a reazioni e comportamenti osservabili, come si spiega la ricchezza e l’unicità dell’esperienza cosciente soggettiva?
Il capitolo, pur offrendo un’analisi penetrante dell’uso dei concetti nel linguaggio e nella prassi, sembra ridurre la comprensione di fenomeni come il “vedere” a un uso linguistico legato alla prassi e al comportamento osservabile. Questo approccio, che privilegia l’aspetto pubblico e intersoggettivo del linguaggio, rischia di trascurare o sminuire la dimensione privata e qualitativa dell’esperienza cosciente. Per esplorare questa problematica e cercare di colmare questa lacuna, è fondamentale confrontarsi con la filosofia della mente e le scienze cognitive, approfondendo il dibattito sulla natura della coscienza e sui “qualia”. Autori come Chalmers o Nagel offrono prospettive critiche su approcci che riducono l’esperienza soggettiva a mere funzioni o comportamenti.Abbiamo riassunto il possibile
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