Contenuti del libro
Informazioni
“Oltre l’inconscio dinamico. Pensieri per una psicoanalisi in sviluppo” di Franco Masi ti porta in un viaggio dentro la mente, ma non solo quella che conosciamo dalla psicoanalisi classica. L’autore esplora diversi modelli psicoanalitici, da Freud a Bion, per capire la sofferenza psichica che spesso nasce da relazioni precoci difficili o traumi infantili. Il libro sottolinea quanto sia cruciale la relazione analitica, non solo il vecchio concetto di transfert, per aiutare il paziente a trovare la sua verità psichica e sviluppare funzioni psichiche come il contenimento emotivo e la simbolizzazione. Ma la parte più interessante è quando si parla di patologie gravi, tipo gli stati borderline o la psicosi. Qui l’inconscio dinamico non basta più. Masi spiega che queste menti funzionano in modo diverso, a volte con un ritiro psichico infantile o trasformando tutto in pensieri-percezioni sensoriali, perdendo il pensiero simbolico. È un libro che spinge la psicoanalisi oltre i suoi confini tradizionali per capire davvero le menti più complesse e come aiutarle a svilupparsi.Riassunto Breve
La psicoanalisi usa diversi modelli per capire la mente, non teorie che si escludono a vicenda, ma visioni che si completano. Per capire perché una persona soffre, si guarda alla sua storia e all’ambiente in cui è cresciuta; le esperienze difficili o traumatiche da piccoli con i genitori influenzano molto lo sviluppo e possono creare problemi duraturi. Un bambino ha bisogno di relazioni di buona qualità, e la capacità di chi si prende cura di lui di capire e rispondere alle sue emozioni è fondamentale per una crescita sana. La relazione con l’analista è centrale nella cura, è un legame speciale che aiuta la mente a svilupparsi, soprattutto se da piccoli ci sono state mancanze. Questa relazione è una nuova esperienza che aiuta a costruire la persona, diversa dal ripetere solo schemi passati. L’analista aiuta il paziente a dare un senso alle sue esperienze emotive. La psicoanalisi cerca la verità interna della persona, quella emotiva e soggettiva, che è diversa dai fatti esterni e spesso è nascosta da difese; scoprirla aiuta a liberarsi da idee sbagliate su sé stessi. La durata dell’analisi non è fissa e per problemi molto complessi, come perversioni o psicosi, può durare a lungo perché si lavora su strutture mentali rigide che non permettono relazioni sane e si devono sviluppare capacità emotive e relazionali che non si sono formate da piccoli. Anche la vecchiaia presenta sfide, e la terapia può aiutare ad affrontare i cambiamenti e le perdite tipiche di quell’età. A volte i problemi vengono da un senso di colpa eccessivo o da un “Super-io” (la parte che ci dice cosa è giusto o sbagliato) che è diventato distruttivo a causa di traumi infantili. La perversione non è solo un comportamento sessuale, ma un modo di usare la fantasia e l’eccitamento per evitare relazioni vere, nascendo spesso da un isolamento infantile. Mentre il metodo tradizionale funziona bene per i problemi meno gravi (nevrosi) che riguardano conflitti nascosti, con pazienti che hanno problemi più seri (come traumi gravi, stati borderline o psicosi) la mente funziona in modo diverso. Questi pazienti fanno fatica a capire i propri stati emotivi o a usare i simboli; non riescono a “pensare i propri pensieri” in modo normale. Le loro manifestazioni interne, come i sogni o le fantasie, sono spesso concrete o sensoriali, non pensieri con un significato nascosto da interpretare. Invece di affrontare la realtà emotiva, creano realtà alternative, come perdersi in fantasie o ritirarsi nel corpo, che bloccano lo sviluppo e le relazioni. Questi problemi gravi non derivano da conflitti nascosti, ma da un danno alle funzioni mentali che ricevono ed elaborano le emozioni, funzioni che si sviluppano nelle prime relazioni. Nella psicosi, la mente sembra trasformarsi e funzionare più con i sensi che con i pensieri simbolici; le parole possono perdere il loro significato normale. Questo impedisce di dare un senso simbolico all’esperienza. Capire la psicosi significa anche capire come un bambino può ritirarsi dalla realtà relazionale in un mondo interno di fantasie sensoriali. Lavorare con questi pazienti richiede di andare oltre i metodi tradizionali e di aiutare a costruire le capacità mentali che mancano, riconoscendo che la loro mente funziona in modo alterato.Riassunto Lungo
1. Capire la Mente: Modelli, Origini e Cura
La psicoanalisi offre diverse prospettive per comprendere la mente umana e la sofferenza psichica. Queste non sono teorie universali che spiegano tutto, ma modelli che descrivono aspetti specifici del funzionamento psichico e possono coesistere, offrendo visioni complementari. Per capire veramente le difficoltà di una persona, è essenziale esaminare la sua storia e l’ambiente in cui è cresciuta. Le esperienze vissute nelle prime fasi della vita, specialmente quelle con i genitori o chi si è preso cura del bambino, sono fondamentali. Se queste esperienze sono state inadeguate o traumatiche, possono influenzare profondamente lo sviluppo e portare alla formazione di strutture psichiche problematiche.Le Radici della Sofferenza Nelle Prime Relazioni
La visione attuale considera il bambino capace di relazione fin dalla nascita. Uno sviluppo sano dipende dalla qualità dell’interazione con chi si prende cura di lui, in particolare dalla capacità della madre di accogliere e comprendere le sue emozioni. Quando questa risposta adeguata manca, la crescita psichica viene distorta, creando le basi per future sofferenze.Diversi Modelli per Vedere la Mente
Diversi modelli psicoanalitici offrono modi differenti per vedere e comprendere la mente e le sue difficoltà, partendo proprio da queste basi relazionali e storiche. Freud si concentra sulla rimozione dei conflitti inconsci. Klein descrive la scissione e proiezione di parti indesiderate del sé come meccanismi di difesa primitivi. Winnicott evidenzia l’importanza fondamentale della relazione madre-bambino per lo sviluppo di un vero sé autentico. Bion considera l’inconscio come una funzione capace di trasformare le esperienze emotive grezze in pensieri. Questi approcci non si escludono a vicenda, ma insieme ampliano enormemente la nostra comprensione della psiche umana e delle origini della sofferenza.Lo Scopo del Trattamento Psicoanalitico
L’analisi mira a comprendere la specifica psicopatologia del paziente, che è spesso profondamente legata ai fallimenti relazionali avvenuti nelle prime fasi della vita. Il lavoro analitico non si limita a scoprire contenuti inconsci nascosti, ma cerca di favorire lo sviluppo di funzioni psichiche che sono rimaste carenti a causa di quelle esperienze negative, come la capacità di contenere le emozioni difficili o di usare i simboli per pensare e comunicare. L’analista ha il compito cruciale di distinguere le parti sane della personalità del paziente dalle strutture patogene create dalle esperienze traumatiche o inadeguate. L’obiettivo principale è lavorare per trasformare queste strutture problematiche, aiutando così il paziente a sviluppare capacità emotive e relazionali più mature, resilienti e funzionali nella vita di tutti i giorni.Ma quanto sono scientificamente fondati questi modelli che tutto riconducono alle prime relazioni?
Il capitolo, pur offrendo una panoramica suggestiva dei modelli psicoanalitici e del ruolo delle prime esperienze, non affronta un nodo cruciale: la loro validazione scientifica. L’idea che la sofferenza derivi essenzialmente dai fallimenti relazionali precoci, sebbene potente, necessita di essere confrontata con le scoperte di altre discipline. Per arricchire la comprensione, è fondamentale esplorare la psicologia basata sull’evidenza, le neuroscienze cognitive e la genetica comportamentale, che offrono prospettive diverse sulle origini e la cura dei disturbi psichici. Approfondire autori che si dedicano alla ricerca empirica in psicopatologia o ai trattamenti validati scientificamente può fornire un quadro più equilibrato.2. La Relazione, la Verità e il Tempo dell’Analisi
Il legame nell’analisi
L’analisi si basa su un legame speciale tra chi analizza e chi è analizzato. Questo rapporto è fondamentale per la crescita interiore, perché rispecchia il bisogno umano di avere un’altra mente su cui poter contare. Non basta conoscere la tecnica; serve sensibilità per creare un legame unico e adatto a ogni persona. Questo legame comincia fin dal primo incontro, basato su come il paziente percepisce in modo non consapevole le risposte dell’analista, un po’ come avviene nel processo di attaccamento che si sviluppa da bambini. È un rapporto nuovo che si costruisce nel presente, diverso dal transfert, che invece tende a ripetere schemi del passato. È un’esperienza che aiuta a dare forma alla personalità, specialmente per chi ha vissuto mancanze affettive o traumi.L’analista, in questo contesto, è come una “nuova figura” che offre risposte intuitive e creative, non solo interpretazioni basate su quello che è già successo. Agisce come un “contenitore”, accogliendo le comunicazioni del paziente e aiutandolo a elaborarle per dargli un senso più pieno. A volte, il processo si blocca, creando un momento di “impasse”. Questo succede per difficoltà nel rapporto, spesso legate a questioni non risolte nell’analista stesso. L’impasse si supera quando chi analizza riconosce il problema nel rapporto e riesce a correggerlo.
La ricerca della verità interiore
Nell’analisi si cerca la verità interiore, che è personale e diversa per ognuno. Non è la verità dei fatti esterni o le semplici opinioni. Questa verità è spesso nascosta da meccanismi di difesa che la persona usa senza rendersene conto. L’analisi aiuta a trovare questa realtà dentro di sé, liberando la persona da ricordi sbagliati o da un’idea distorta di sé. È importante distinguere la fantasia, che a volte aiuta a crescere e immaginare cose nuove, dalla realtà concreta. La verità nell’analisi è la realtà delle emozioni e dei pensieri non consapevoli della persona. Si raggiunge diventando più consapevoli di sé e usando l’intuizione per capire cosa si prova veramente. Avere accesso alla propria verità interiore è fondamentale per crescere bene e stare in equilibrio emotivo.Quanto dura l’analisi?
La durata dell’analisi non è fissa e varia molto da persona a persona. Non c’è una data di fine stabilita in anticipo. Si può pensare che, per certi versi, il processo non finisca mai del tutto, perché la vita porta sempre nuove sfide e occasioni di crescita. Decidere quando finire dipende da diverse cose, tra cui quanto la persona si sente capace di affrontare la vita con le proprie forze e risorse interiori.L’analisi dura necessariamente più a lungo nei casi difficili, con problemi seri come perversioni o psicosi. Questi problemi creano modi di pensare e di stare in relazione molto rigidi e chiusi, che rendono difficile il cambiamento. Ci vuole molto tempo per liberare le parti sane della persona che sono rimaste bloccate e permettere lo sviluppo di capacità emotive e relazionali che non si sono potute formare da bambini. Questo lavoro richiede pazienza, tempo e la fiducia costante dell’analista nel suo modo di lavorare.
Ma come si distingue questa ‘verità interiore’ da una semplice costruzione narrativa o dall’influenza dell’analista?
Il capitolo definisce la verità interiore come realtà delle emozioni e dei pensieri non consapevoli, ma non chiarisce come questa “verità” possa essere oggettivamente validata o distinta da altre forme di costruzione del sé o di influenza relazionale. Per approfondire questa complessa questione, sarebbe utile confrontare questo approccio con altre discipline psicologiche che definiscono diversamente la “realtà” psichica, come le terapie cognitivo-comportamentali o quelle umanistiche. È inoltre fondamentale esplorare le diverse prospettive filosofiche sul concetto stesso di verità e soggettività.3. L’ombra interna e il tempo che resta
La vecchiaia è una fase della vita che porta con sé sfide specifiche. Si sperimenta la consapevolezza dei propri limiti, una crescente fragilità fisica e le perdite affettive. Questa età richiede un’elaborazione continua del processo di invecchiamento, che può essere vissuto come un trauma emotivo. Nonostante queste difficoltà, è possibile mantenere un senso di vitalità e trovare significato nella propria esistenza. Sebbene la psicoanalisi abbia mostrato storicamente scarso interesse per questa fase, l’esperienza clinica dimostra che la psicoterapia può essere di grande aiuto. Attraverso il supporto terapeutico, è possibile superare le crisi tipiche dell’età avanzata e affrontare i lutti, come la perdita di persone care o la conclusione della vita lavorativa.Le distorsioni del Super-io
Accanto alle sfide legate all’età, molte difficoltà psichiche derivano da distorsioni del Super-io, l’istanza interna che regola norme e divieti. Questo aspetto della personalità non agisce sempre in modo costruttivo, ma può trasformarsi in un “oggetto interno” distruttivo. In questo caso, attacca la parte sana della personalità e genera sensi di colpa eccessivi e immotivati. Un Super-io così patologico ha spesso origine da traumi emotivi vissuti precocemente, come la mancanza di risposte adeguate da parte dei genitori o esperienze di intrusione nella propria sfera emotiva. Queste esperienze precoci plasmano un Super-io interno che diventa fonte di sofferenza continua.La perversione come ritiro sessualizzato
La perversione si configura come una sorta di “ritiro sessualizzato”, una tecnica mentale che genera eccitamento. Questa dinamica nasce spesso da un isolamento vissuto durante l’infanzia e da una carenza di relazioni significative. Non si tratta semplicemente di un comportamento sessuale, ma di una fuga nella fantasia, dove il piacere viene separato dalle relazioni affettive autentiche. Il piacere perverso è spesso legato a dinamiche di potere e sottomissione, in cui l’individuo cerca di esercitare controllo. Questa struttura perversa, sostenuta da un nucleo focalizzato sull’eccitamento, tende a dominare la parte sana della persona. Il percorso terapeutico mira a portare alla consapevolezza queste dinamiche interne per permettere alla parte sana di rafforzarsi. L’obiettivo è favorire lo sviluppo di relazioni autentiche e un senso di vitalità genuino.Perché il capitolo si affida a un concetto teorico specifico e non universalmente accettato per spiegare un fenomeno complesso come il deficit simbolico nella psicosi?
Il capitolo introduce il concetto di “forclusione del Nome-del-Padre” come chiave per comprendere la difficoltà nell’uso dei simboli nella psicosi. Tuttavia, questa è una spiegazione derivata da una specifica scuola di pensiero psicoanalitico (quella lacaniana) e non rappresenta l’unico approccio scientifico o clinico al problema. Esistono altre prospettive, sia all’interno della psicoanalisi (ad esempio, quelle che enfatizzano i deficit nelle funzioni di pensiero o nella capacità di contenimento delle emozioni) sia al di fuori di essa (come gli approcci neuroscientifici o cognitivi), che offrono diverse interpretazioni e modelli esplicativi. Per ottenere un quadro più completo e critico, è fondamentale esplorare le diverse teorie sulla psicosi e sul deficit simbolico, confrontando autori come Bion, Klein, o approcci più legati alle neuroscienze cognitive.6. Oltre la Nevrosi: Comprendere la Psicosi e Ampliare la Psicoanalisi
La psicosi è un modo in cui la mente cambia la realtà in modo molto profondo, diverso da come succede nella nevrosi dove le cose vengono solo messe da parte. Questo cambiamento rende difficile capire cosa sta succedendo e non è facile tornare indietro. Studiare la psicosi serve a trovare modi specifici per aiutare chi ne soffre, perché questo disturbo cambia molto il modo di pensare e di capire il mondo. Si preferisce usare la parola “psicosi” invece di “schizofrenia” per ricordare che può essere un episodio singolo, che a volte si ripete ma altre volte rimane isolato.Le origini infantili: il ritiro psichico
La psicoanalisi classica, che si concentra sul mettere da parte i problemi e sui conflitti tipici della nevrosi, trova dei limiti quando lavora con persone che hanno una psicosi o un disturbo borderline, perché il loro problema riguarda la base stessa del loro modo di essere. Per capire la psicosi, è importante indagare come è iniziata nell’infanzia, specialmente pensando al concetto di “ritiro psichico”. Questo stato inizia da bambini e li porta a chiudersi in un mondo di fantasie fatte di sensazioni, separate dalla realtà e dalle relazioni con gli altri. Usano la mente per crearsi sensazioni piacevoli invece che per capire chi sono e cosa succede intorno a loro. Il ritiro psichico infantile è diverso dall’autismo e dall’ADHD per l’età in cui compare, perché non ci sono comportamenti ripetitivi e per il tipo di fantasie che il bambino crea.Lavorare con la psicosi e la supervisione
Quando si lavora con persone che hanno una psicosi, è fondamentale capire come si è manifestato il primo episodio e quanto influisce la parte psicotica profonda che c’è sempre. A volte, i sogni possono mostrare cose che sembrano deliri e che fanno capire che sta arrivando una crisi. Il modo in cui il paziente psicotico vede l’analista, chiamato transfert psicotico, non aiuta a cambiare come succede nella nevrosi, ma crea problemi perché mostra come il delirio rovina il rapporto con l’analista. Per questo, la supervisione per gli analisti deve guardare oltre i soliti modi di pensare per aiutare chi non ha una nevrosi. Serve capire la storia emotiva della persona, identificare quali parti della mente funzionano bene e quali no, e usare un modo di lavorare pensato apposta per chi ha un modo di pensare alterato. È molto importante esplorare quanto la parte psicotica possa attrarre e allo stesso tempo distruggere, perché la persona che ne soffre spesso non se ne rende conto. La psicoanalisi deve continuare a scoprire le parti sconosciute della mente, non solo quello che è stato dimenticato, per capire fino in fondo i problemi della mente più difficili.Ma siamo sicuri che il “ritiro psichico” infantile sia un concetto così definito e distinto da altre condizioni dello sviluppo?
Il capitolo pone il “ritiro psichico” infantile come elemento chiave per comprendere le origini della psicosi, distinguendolo da autismo e ADHD. Tuttavia, la chiarezza e l’unicità di questo concetto, e la sua netta separazione da altre problematiche precoci dello sviluppo (come quelle dello spettro autistico o legate a difficoltà di regolazione e attenzione), potrebbero non essere così universalmente accettate o facili da definire nella pratica clinica e nella ricerca. Per approfondire questa distinzione e la sua rilevanza, sarebbe utile esplorare la letteratura sulla psicopatologia dello sviluppo infantile, confrontando diverse prospettive teoriche e cliniche. Autori come Donald Winnicott, Melanie Klein o Wilfred Bion offrono spunti sulla vita psichica precoce e le sue difficoltà, ma è fondamentale integrare queste visioni con le attuali conoscenze derivanti dalla psicologia dello sviluppo e dalla neuropsichiatria infantile per comprendere meglio le complesse intersezioni tra diversi quadri clinici nella prima infanzia.Abbiamo riassunto il possibile
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