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Contenuti del libro
Informazioni
“Oltre la sfera pubblica. Lo spazio della politica nell’Europa moderna” di Massimo Rospocher è un libro che ti fa guardare in modo nuovo a come funzionava la politica e la comunicazione in Europa, dal Rinascimento fino al Novecento. Dimentica l’idea che la sfera pubblica fosse solo un salotto borghese dove si discuteva razionalmente. Questo libro ti porta nelle piazze rinascimentali, dove l’oralità politica fatta di “fama” e “rumore” si scontrava col potere, e ti mostra come le notizie circolassero tra élite, spie e gente comune in un complesso triangolo di informazioni e potere nella prima età moderna. Scoprirai che l’opinione pubblica non era solo dibattito, ma anche tacito consenso e “umori” collettivi, forme di comunicazione non verbale potentissime. Il libro analizza come teorie classiche sulla sfera pubblica non bastino a spiegare questa realtà complessa, fatta di diverse “sfere” (colta, religiosa, popolare) che interagivano con la censura e i media emergenti come la stampa. Infine, esplora la trasformazione dello spazio pubblico con l’arrivo della società di massa e dei nuovi media come la televisione, che ha cambiato la politica in spettacolo e ha dato vita alla “democrazia dell’audience”. È un viaggio affascinante nello spazio della politica, visto non come un luogo unico, ma come un campo di forze dinamico e in continua evoluzione.Riassunto Breve
La sfera pubblica e l’opinione collettiva si presentano come fenomeni complessi e stratificati, che vanno oltre una semplice idea di dibattito razionale. Già nella piazza rinascimentale, spazio centrale e dinamico, la comunicazione politica avviene attraverso l’oralità, con termini come “fama” e “rumore”, affiancando scrittura e stampa. La piazza è un luogo di incontro tra potere istituzionale e voce popolare, un’arena di negoziazione e dissenso dove le autorità cercano controllo ma l’oralità diffusa sfugge a una completa razionalizzazione. La comunicazione politica nella prima età moderna si articola su tre livelli: le autorità di governo, che gestiscono informazioni con segretezza; l’arena politica di gruppi in competizione che manipolano e diffondono notizie riservate; e la maggioranza della popolazione, che accede e rielabora le notizie in spazi quotidiani, spesso per scopi pratici. Questi livelli interagiscono costantemente, mostrando la comunicazione come elemento centrale di contatto e conflitto. L’opinione collettiva non si limita alla discussione verbale; esiste una “legge dell’opinione” basata su un tacito consenso, abitudini e costumi locali che guidano il comportamento con la forza di una norma implicita, distinta dalle opinioni espresse verbalmente. Questo aspetto non discorsivo, simile agli “umori” o all'”economia morale”, è fondamentale per capire i legami sociali e politici. L’analisi della sfera pubblica può anche avvenire attraverso la teoria dei sistemi, che la vede come l’ambiente in cui i sistemi sociali si osservano reciprocamente. L’opinione pubblica politica è la comunicazione sull’osservazione del sistema politico dall’esterno. Questo approccio permette di riconoscere l’esistenza di molteplici sfere pubbliche, legate all’emergere di diversi sottosistemi funzionali, connesse tra loro. I media, in particolare la stampa, giocano un ruolo cruciale nel rendere la comunicazione pubblica stabile e accessibile. La visione della sfera pubblica legata all’emergere di una critica borghese contro lo Stato assoluto, sebbene influente, semplifica la realtà storica. La rappresentanza e la partecipazione politica nell’antico regime erano più articolate, e i dibattiti coinvolgevano diverse forze. L’opinione pubblica può anche essere vista come opaca e manipolata, basata su stereotipi, non solo su conoscenza razionale. La sua origine si trova nei dibattiti politici sulla sovranità e le azioni di governo. L’analisi storica mostra l’esistenza di sfere pubbliche distinte e in competizione, come quelle colta, religiosa e popolare, che non si conformano a un unico modello borghese razionale. La censura statale è un elemento strutturale che interagisce con queste sfere. Tra il XIX e il XX secolo, lo spazio pubblico si trasforma, passando da luogo di opinione critica a luogo di rappresentazione, con l’allargamento del suffragio, l’azione dei partiti di massa e lo sviluppo di uno “spazio pubblico virtuale” tramite i nuovi media. I regimi totalitari sfruttano i media per una sfera pubblica totalizzante basata sull’immagine. La televisione, in particolare, trasforma la politica in spettacolo e porta a una “democrazia dell’audience”, dove il giudizio si basa sull’osservazione visiva del leader, rendendo più labile la distinzione tra pubblico e privato.Riassunto Lungo
1. La piazza rinascimentale tra voce e potere
La piazza nell’Italia del Rinascimento è un centro vitale per la comunicazione politica e per la formazione di un dibattito pubblico. Lontano dall’essere solo un palcoscenico per mostrare il potere, è uno spazio dinamico e attivamente usato da diversi gruppi sociali. Funge da punto cruciale dove il potere formale del “palazzo” (le istituzioni che governano) incontra la “voce” informale del popolo. Questo crea un’arena di interazione, negoziazione e talvolta disaccordo.La Forza della Voce Popolare
L’oralità, espressa attraverso termini come “fama”, “rumore”, e “mormoratione”, è fondamentale nella vita politica, affiancando la scrittura e la stampa. Questa circolazione orale avviene non solo nelle assemblee ufficiali, ma anche in luoghi quotidiani come strade, taverne e botteghe, costruendo un linguaggio politico ricco e sfaccettato. Le autorità riconoscono l’importanza di questa voce popolare; persino i membri della nobiltà sono incoraggiati a frequentare la piazza per percepire gli umori del pubblico.Il Controllo dello Spazio e della Voce
Mantenere il controllo sulla piazza e su ciò che viene detto oralmente è considerato essenziale per la stabilità del potere. Le autorità si impegnano per portare ordine e controllo in questo spazio. Sorvegliano attentamente l’area pubblica e reprimono le voci di dissenso, a volte con punizioni severe. Manifestazioni di dissenso orale o scritto, come i libelli affissi, si verificano ripetutamente e rappresentano una preoccupazione costante per chi detiene il potere.Uno Spazio Ambivalente
La piazza è un luogo segnato da una costante tensione e da forti contrasti. Serve come palcoscenico per il potere ufficiale, ma permette anche riunioni spontanee e dibattiti pubblici. Allo stesso tempo, è soggetta a una stretta sorveglianza e al controllo da parte delle autorità. La sua natura complessa mostra l’interazione continua tra governanti e governati, modellata dalla comunicazione e dall’uso dello spazio fisico.Se la piazza rinascimentale era uno spazio “attivamente usato da diversi gruppi sociali”, quali erano esattamente questi gruppi e come interagivano con la dinamica di “voce” e “potere”?
Il capitolo, pur riconoscendo l’uso della piazza da parte di “diversi gruppi sociali”, non specifica quali fossero questi gruppi né come le loro interazioni specifiche modellassero lo spazio pubblico e la comunicazione politica, concentrandosi principalmente sul generico “popolo” e sul “palazzo”. Per colmare questa lacuna, sarebbe utile esplorare studi di storia sociale e storia urbana che analizzino il ruolo di categorie specifiche – come mercanti, artigiani, donne, o membri del clero – nella vita cittadina rinascimentale. Autori come Richard Goldthwaite o Samuel Cohn offrono prospettive che potrebbero arricchire la comprensione di questi attori.2. Il triangolo delle notizie e del potere
La comunicazione politica nei primi secoli dell’età moderna è più complessa di quanto si possa pensare. Non è solo una discussione pubblica come descritto da alcuni studiosi, né un semplice controllo dall’alto da parte del potere. Esiste invece un modello che vede l’interazione di tre livelli diversi, ma strettamente collegati tra loro.Il Livello delle Autorità di Governo
Il primo di questi livelli è quello di chi governa. Qui, comunicare è fondamentale per prendere decisioni. Questo avviene durante riunioni e assemblee, attraverso dibattiti interni. Gestire le informazioni richiede una struttura organizzata e molte risorse. La regola principale è la segretezza, perché si pensa che sia necessaria per mantenere il controllo e l’immagine del potere. Nonostante questo desiderio di riservatezza, le informazioni non restano mai completamente nascoste.L’Arena Politica
Il secondo livello è uno spazio di confronto, dove diversi gruppi lottano per ottenere potere e informazioni. Non è un gruppo unico, ma include persone importanti escluse dal governo, chi di mestiere raccoglie notizie (come gli intelligencers), rappresentanti di altri paesi e figure influenti, anche donne. Le informazioni riservate spesso escono da questo livello e viaggiano attraverso canali privati. Si usano diari, lettere, incontri in salotti o luoghi pubblici di ritrovo, come accadeva nel broglio a Venezia. Diffondere notizie è uno strumento chiave nella competizione tra questi gruppi.La Maggioranza della Popolazione
Il terzo livello riguarda la maggior parte delle persone, che non partecipa alle istituzioni ufficiali. Anche se escluse formalmente, queste persone ricevono notizie e le discutono. La comunicazione a questo livello è spesso a voce e avviene in luoghi aperti a tutti o semi-privati, come mercati, negozi (farmacie, barbieri) e per strada. Le notizie qui hanno spesso un valore pratico, legate alla vita di tutti i giorni, al lavoro e alla sopravvivenza. Documenti come i rapporti della polizia o le lettere dei mercanti confermano che le notizie circolavano ampiamente tra la gente comune.L’Interazione tra i Livelli
Questi tre livelli non sono separati, ma si influenzano continuamente. Chi governa cerca di controllare come le notizie circolano, mentre i gruppi nell’arena politica manipolano e diffondono le informazioni per i loro scopi. La gente comune riceve queste notizie, ne parla e le usa, a volte non accettando la versione ufficiale presentata dal potere. La comunicazione è quindi al centro della vita politica, fatta di scambi e scontri, tentativi di manipolazione e forme di resistenza.È sufficiente “non accettare la versione ufficiale” per parlare di vera e propria “resistenza” politica?
Il capitolo descrive la maggioranza della popolazione come destinataria di notizie che discute e a volte non accetta. Definire questo semplice dissenso passivo o la circolazione di versioni alternative come “resistenza” politica richiede una definizione molto ampia e potenzialmente fuorviante del termine. Per comprendere meglio le forme di agenzia e potenziale opposizione delle classi popolari nell’età moderna, sarebbe utile approfondire gli studi sulla cultura popolare, sulla circolazione delle voci e sulla formazione dell’opinione pubblica non ufficiale. Autori come Peter Burke o Carlo Ginzburg offrono spunti su come le informazioni venivano recepite, reinterpretate e talvolta sovvertite al di fuori dei canali controllati dal potere.3. L’opinione che non ha bisogno di parole
La visione più diffusa definisce l’opinione pubblica come un fenomeno razionale e critico, nato dalla discussione pubblica, soprattutto nel Settecento. Questa idea, influenzata dal modello di Habermas, tende a non considerare altre forme di opinione collettiva. Un punto debole di questa visione è l’esclusione della “legge dell’opinione” descritta da John Locke.L’opinione secondo Locke: un consenso tacito
Locke considera questa legge la più universale e forte, basata su un “segreto e tacito consenso” che esiste dentro diverse società e gruppi. Questa opinione non nasce dal dibattito pubblico, ma si forma attraverso abitudini e costumi locali che stabiliscono cosa è approvato o biasimato. Osservazioni di chi ha studiato culture diverse, come Léry sui Tupinamba o Vespucci, mostrano come le regole sociali e morali possano fondarsi su tradizioni non espresse a parole (nomos), che guidano il comportamento di tutti con la forza di una legge non scritta.La critica di Habermas e le visioni alternative
Habermas vede l’opinione basata sul consenso tacito come un “pregiudizio”, non considerandola opinione “pubblica” nel senso di un giudizio formato razionalmente attraverso il confronto. Questa distinzione ha portato gli storici a concentrarsi soprattutto sulle forme di opinione pubblica espresse a parole e basate sul pensiero critico, lasciando da parte la dimensione non verbale e consensuale. Modelli diversi, come la “spirale del silenzio” di Noelle-Neumann, suggeriscono che esprimere pubblicamente un’opinione dipenda spesso dalla paura di sentirsi isolati e si basi su un accordo silenzioso.Umori e nomos: la forza delle disposizioni collettive
Autori come Machiavelli distinguono tra opinioni espresse a parole (“fama”, “rumore”) e disposizioni collettive più profonde e non negoziabili chiamate “umori”. Questi “umori” agiscono come una forza che stabilisce regole implicite (nomos) accanto alla parola (logos). Queste opinioni non dette, basate sulle abitudini, simili al concetto di “economia morale”, sono essenziali per capire i legami sociali e politici. Offrono una visione più completa di come si è formata storicamente l’opinione pubblica, andando oltre un modello che si basa solo sulla ragione e sul dibattito.Davvero la semplice constatazione di sfere pubbliche multiple ‘smonta’ il modello di Habermas, o ne rivela piuttosto la sua natura di tipo ideale?
Il capitolo presenta l’esistenza di diverse sfere pubbliche a Berlino nel Settecento come prova dell’insufficienza del modello habermasiano, che si concentrerebbe su un’unica sfera borghese e razionale. Tuttavia, la forza della critica potrebbe non risiedere tanto nella mera pluralità delle sfere (un aspetto che molti studi successivi a Habermas hanno evidenziato e dibattuto), quanto piuttosto nella capacità di dimostrare che nessuna di queste sfere corrispondeva pienamente all’ideale normativo di una discussione pubblica razionale e critica verso lo Stato, così come delineato da Habermas. Per valutare la portata di questa critica, è fondamentale approfondire la teoria stessa della sfera pubblica proposta da Habermas, comprendendone le premesse filosofiche e sociologiche, e confrontarla con le analisi storiche specifiche. È utile leggere direttamente l’autore in questione e considerare gli studi successivi che hanno discusso, criticato o ampliato il suo modello, introducendo concetti come le “controsfere pubbliche” o analizzando la dimensione non-borghese e non-razionale della comunicazione pubblica. Approfondire la storia sociale e culturale del Settecento, oltre a quella politica, può fornire il contesto necessario per capire se le sfere descritte nel capitolo rappresentino eccezioni, integrazioni o vere e proprie smentite del modello teorico.7. Dalla Critica alla Scena Pubblica: L’Evoluzione dello Spazio Condiviso
La trasformazione dello spazio pubblico Lo spazio pubblico cambia profondamente tra il XIX e il XX secolo. Inizialmente, si lega all’idea di opinione, cioè il giudizio ragionato di persone informate, reso possibile dalla diffusione della stampa e dalla discussione aperta. Questo permetteva di criticare chi deteneva il potere e rendeva necessario il consenso per governare in modo legittimo. Con l’allargarsi del diritto di voto e la nascita della società di massa, lo spazio pubblico si apre a molte più persone. Si comincia a occupare questo spazio con manifestazioni, rituali politici e azioni dei partiti politici, che diventano importanti nel mobilitare grandi gruppi di persone. Allo stesso tempo, i nuovi mezzi come giornali, radio e cinema creano uno “spazio pubblico virtuale”. Questi strumenti non solo raccontano gli eventi, ma aiutano a costruire la dimensione pubblica, rendendola accessibile anche a chi non è presente fisicamente.Spazio pubblico nei regimi e nello Stato sociale
I regimi totalitari del Novecento usano in modo massiccio questi mezzi di comunicazione. Vogliono politicizzare ogni aspetto della vita e creano uno spazio pubblico che controlla tutto, basato sull’immagine forte del capo. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, con lo sviluppo dello Stato sociale, cambia l’idea di democrazia. Ora la democrazia è vista soprattutto come la garanzia di benessere e opportunità per i cittadini da parte dello Stato. Questo crea un nuovo tipo di spazio pubblico, più legato alla protezione offerta dallo Stato.L’impatto della televisione e la democrazia dell’audience
La televisione, soprattutto dagli anni Sessanta in poi, trasforma ancora di più lo spazio pubblico. Rende più simili i modi di parlare e i comportamenti delle persone. La politica si trasforma in uno spettacolo, con le campagne elettorali che diventano show influenzati dalle regole della pubblicità. Nasce una “democrazia dell’audience”, dove le persone giudicano i leader più in base a come li vedono e se sembrano affidabili, piuttosto che sulla base di un giudizio critico e ragionato come in passato. La linea che separa la vita pubblica da quella privata diventa sempre più sottile e confusa.Ma eravamo davvero così “ragionevoli” e “informati” nel XIX secolo, o il capitolo idealizza un po’ troppo lo spazio pubblico pre-massificato?
Il capitolo descrive una parabola dello spazio pubblico che sembra muovere da un’età dell’oro del “giudizio ragionato” verso una “democrazia dell’audience” basata sull’immagine. Tuttavia, l’idea di un dibattito pubblico ottocentesco universalmente informato e razionale potrebbe non tenere conto delle profonde disuguaglianze sociali e dell’accesso limitato all’informazione e alla discussione critica che caratterizzavano quell’epoca. Per comprendere meglio la complessità di questa transizione e sfidare questa potenziale idealizzazione, è utile approfondire gli studi sulla storia sociale dei media, la sociologia della cultura e le teorie critiche della sfera pubblica. Autori come Jürgen Habermas, che ha teorizzato la sfera pubblica borghese, ma anche i suoi critici che ne hanno evidenziato i limiti storici e sociali, come Pierre Bourdieu, possono offrire prospettive più sfaccettate.Abbiamo riassunto il possibile
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