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Contenuti del libro
Informazioni
“Oltre il cristianesimo. Da Eckhart a Le Saux” di Marco Vannini è un libro che ti prende e ti porta in un viaggio pazzesco oltre le solite idee di religione. Vannini esplora come la vera spiritualità, quella che porta a una gioia interiore profonda e alla beatitudine, non sia roba da cercare fuori o in un Dio lontano, ma si trovi dentro di noi, liberandoci dall’ego, che lui vede come la radice di tutti i casini. Il libro non si ferma al cristianesimo, ma fa ponti incredibili tra mistici occidentali come Eckhart o figure più recenti come Le Saux, e le vie spirituali dell’Oriente, tipo quelle che trovi in India con il Brahmanismo o nel Buddhismo. Parla di come la conoscenza di sé sia la chiave per capire che il nostro vero “io sono” è tutt’uno con l’Essere universale, quello che alcuni chiamano Dio, ma che qui viene visto più come puro spirito o l’Assoluto, non un personaggio con cui parlare. Viene fuori anche l’idea affascinante dell’ateismo mistico, che non nega Dio per noia, ma perché l’esperienza diretta dello spirito supera ogni concetto o immagine religiosa, che sono visti come idoli. È un invito a lasciare andare le credenze e le forme dualistiche per abbracciare l’unità e la libertà che si trovano nel presente, nel distacco radicale.Riassunto Breve
La ricerca della verità e della gioia profonda si basa sul distacco da se stessi, cioè dalla volontà personale e dall’attaccamento all’ego. L’ego è visto come la causa di ogni problema e non ha una vera esistenza, essendo solo un insieme di pensieri e desideri che cambiano sempre. Quando ci si libera dall’ego, si ottiene il controllo su di sé e si diventa davvero liberi. Questo porta a una gioia interiore profonda, uno stato di beatitudine che non è un’emozione passeggera, ma uno stato dell’essere che appare quando scompare il senso di essere separati dagli altri e dalla realtà. L’anima umana ha una parte spirituale, una specie di scintilla, che è la stessa essenza divina. Conoscere veramente se stessi significa fare esperienza di questa parte profonda, che è una cosa sola con la parte profonda di Dio. Dio non è qualcosa fuori di noi o un oggetto da conoscere, ma puro spirito, l’Assoluto senza forma. L’unione con il divino avviene quando l’anima si libera dalla sua natura creata, dall’ego, e diventa spirito. In questo stato, anima e Dio sono un’unica realtà, senza differenze. La grazia è il processo che libera l’anima dall’ego, permettendole di essere spirito con Dio. La vera conoscenza libera proprio perché aiuta a distaccarsi, mostrando che l’ego è un’illusione. La beatitudine è l’essere stesso, la luce che c’è quando l’ego sparisce. Non c’è niente da aggiungere o togliere a questa luce. La pace si trova nell’essere in Dio, che è l’essere stesso. Dire che Dio è solo un’esperienza interiore o uno stato d’animo è sbagliato, così come dire che una parola umana è “parola di Dio”. La mistica, intesa come esperienza straordinaria di Dio, è considerata la peggiore bestemmia perché usa il concetto di Dio per descrivere un’esperienza umana di grande valore. L’onestà richiede di riconoscere queste esperienze come proprie, affrontando l’idea che “Dio non esiste” e la paura del nulla. L’idea di un Dio esterno, separato dall’uomo, è una costruzione umana, una teologia che serve a giustificare la volontà umana; questo Dio-oggetto è un idolo. La vera mistica è silenzio e riservatezza, non perché non ci siano cose importanti da dire, ma perché parlare significa definire, limitare, appropriarsi, negando la realtà di un essere che non si può possedere. Non si può parlare di un’esperienza che è sia divina che umana, assoluta e limitata. Non si può fare un discorso su Dio, nemmeno dire che è spirito, perché le parole lo renderebbero finito. Dio è Parola (Logos) che esiste solo quando viene generata, quando si diventa quella Parola. “Dio diventa completamente me, e io completamente Dio”. Generare Dio significa che Dio nasce nell’anima, non come una cosa, ma come spirito (il Logos, il Figlio). Questo succede quando l’anima si rivolge alla luce eterna, amando e pensando Dio. Si diventa ciò che si pensa e si ama. Amore qui significa distacco, fine di ogni passione, apertura all’essere infinito senza volere niente di specifico. Pensiero è senza immagini, pensiero del Bene assoluto, libero e distaccato. Spirito è l’unione perfetta di pensiero puro e amore puro. La grazia è nell’intelletto, nel Logos, che è spirito. Generare il Logos significa conoscere Dio e l’uomo come spirito, un essere che si muove, vita che si manifesta in tre modi. L’esperienza dello spirito ha tre momenti: pensare l’Assoluto come luce indipendente che scioglie ogni credenza; capire di essere l’assoluto in se stessi (soggettività); e lo spirito come movimento reciproco tra divino e umano. La Trinità è questa descrizione, non un dogma o un mistero. Riconoscere il limite nell’Assoluto è distacco e umiltà, un atto di verità che riporta all’umano. Negare che ciò che sembra avere valore supremo sia assoluto (“Dio non esiste”) è onorare Dio; il divino nasce in questo riportare all’umano, ma muore se si cerca di afferrarlo. Rendere lo spirito una “cosa” è bestemmia. Dio è spirito, e la negazione è fondamentale. La consapevolezza del limite è negazione; lo spirito è negazione della negazione. Lo spirito non ha uno scopo esterno, non prende per sé, supera la divisione tra divino e umano nel silenzio dell’Uno. Lì c’è unità e libertà, il principio della vita è dentro di noi. La vita dello spirito è un passaggio reciproco, una generazione gioiosa. Dio “diventa” nell’uomo che si svuota e “smette di essere” nella sua diversità. Senza questo scambio, Dio è un idolo. Il primato del Figlio significa rifiutare ogni forma di religione positiva e ogni pretesa di conoscere Dio, che sono idolatria. La vita di ogni giorno diventa divina nel negare, nel non possedere. Il divino si offre all’uomo distaccato, povero in spirito, per cui tutto è luce, il presente è eterno, tutto è pieno di Dio. Dire “Dio è spirito” è un passo verso il non credere (come dice Nietzsche). Questo è l’ateismo mistico. Non nega un Dio-oggetto come fanno gli ateismi comuni, ma nasce dall’esperienza di Dio come spirito, la parte più profonda di noi stessi. È “ateo” perché elimina le idee di Dio e le religioni. Ancora più in profondità, la realtà di Dio-spirito dipende dalla “morte dell’anima”, la distruzione dell’ego. “Senza di me Dio non può vivere”. La morte del Dio-ente e la manifestazione dello spirito sono la stessa cosa. L’ateismo mistico è esperienza di unità, senza diversità, beatitudine. Il divino è presente in noi. La differenza tra la paura del nulla e la beatitudine dell’essere l’essere dipende dall’essere legati all’ego. Nel distacco, le domande spariscono; si è, non si conosce. Si diventa ciò che si ama. Amando l’Amore stesso, si diventa l’Amore, l’essere. L’amore è assoluto, non rimanda a nient’altro. Non c’è più un “io”, una “creatura”, un “Dio”, ma solo un unico amore, una sola luce. “Dio” esiste con la creatura; se la creatura scompare, scompare “Dio”. La cosa migliore per l’anima è il nulla libero. Dio vuole che l’anima perda Dio. Amando si diventa l’amore, cioè l’essere. L’amore è ciò che si è, non qualcosa che si prova. Finita l’egoità, c’è una trasformazione profonda nel vero essere, spirito. La ricerca spirituale in India punta all’interiorità e a capire l’Uno. La via principale è il distacco dal desiderio di avere o essere, sia per cose materiali che spirituali. Questo distacco non è stare fermi, ma un controllo che viene dalla conoscenza. Una conoscenza più profonda si ottiene distinguendo le cose che legano l’anima al mondo. Questa chiarezza mentale porta beatitudine e la percezione dell’anima come pura luce. Il brahmanesimo dice che lo spirito individuale è lo stesso spirito universale. Conoscere il proprio sé profondo significa conoscere tutta la realtà, inclusa la divinità. Adorare un dio separato da sé è ignoranza. Capire questa unità porta liberazione e felicità. Tutto ciò che si ama è amato per amore dello spirito. Pensare a una realtà separata dallo spirito crea divisione, dolore e sentirsi estranei. La salvezza è conoscenza, che è capire l’unità e rifiutare l’idea del male. Chi vede solo tante cose diverse va incontro alla morte. La vera realtà è un’essenza sottile che è dappertutto, e l’individuo è identico a essa. La Bhagavad Gita insegna che lo spirito che è in tutto l’universo è eterno. Le cose esistono nell’essere divino e non possono smettere di esistere. La realtà che vediamo con i sensi è temporanea, ma il principio spirituale è eterno. Capire questo richiede il distacco dall’ego. La saggezza si ottiene liberandosi dai desideri e dall’idea di merito e ricompensa, superando gli opposti come bene e male. Il distacco dai risultati delle azioni porta a una condizione etica superiore. L’attaccamento genera desiderio, rabbia e confusione. Il saggio controlla i sensi e vede l’unità in tutti gli esseri. La fede rivolta all’Assoluto porta alla conoscenza di Dio e all’unione con Lui. L’attaccamento all’ego è l’ostacolo principale. Il buddhismo, come una riforma del brahmanesimo, mette al primo posto la conoscenza e il distacco per eliminare la sofferenza. L’origine del dolore è l’illusione di un sé separato e l’attaccamento che ne deriva. La liberazione si ottiene con la “giusta attenzione” e la meditazione, che portano a capire che la realtà è fatta di pensiero. La vigilanza è fondamentale per superare la distrazione che porta alla sofferenza. Il nirvāna è la fine della mente e della divisione tra soggetto e oggetto, un’esperienza di unità e pace. La dottrina dell’impermanenza e del non-sé mostra che ogni cosa dipende dalle altre. Capire questa interdipendenza libera dal dolore e genera compassione e benevolenza verso tutti. Superare le idee e i concetti che creano divisioni, come essere e non essere, è fondamentale per la libertà. La liberazione si trova nel presente, non in un altro luogo o tempo. L’attaccamento all’io e a ciò che è mio è la radice del male. La ricerca più importante è la conoscenza di sé, che porta a conoscere Dio. Incontrare se stessi richiede di togliersi tutto ciò che è esterno e non essenziale, raggiungendo una nudità interiore. Identificarsi con il corpo o con i pensieri e desideri che cambiano crea un “io” finto, qualcosa che non esiste veramente ed è causa di sofferenza. La liberazione avviene riconoscendo che il vero “io” non è questo sé definito, ma un “io sono” assoluto, una pura consapevolezza di esistere che si trova oltre il tempo e lo spazio, nella profondità della sorgente. Questa esperienza dell’essere, non toccata dalle condizioni del corpo o dal cambiamento, è la stessa realtà che di solito si attribuisce a Dio. L’esperienza mistica, come quella descritta nelle Upanishad o vissuta da persone come Ramana Maharshi, Eckhart e Gesù, rivela questa non-dualità: l’io profondo è una cosa sola con l’Essere divino. Gesù stesso ha espresso questa unità dicendo “Io e il Padre siamo uno” o “Prima che Abramo fosse, io sono”. Le religioni, specialmente il cristianesimo e l’ebraismo storici, spesso distorcono questo messaggio concentrandosi su storie, dogmi, riti e l’idea di un Dio “altro” rispetto all’uomo. La teologia, con le sue formule e immagini, impedisce l’esperienza diretta dell’Assoluto. La salvezza non si trova nel tempo o in un futuro, ma nel capire chi si è veramente nel presente eterno. Il vero cammino spirituale richiede un distacco totale dall’ego e da ogni legame, incluse le forme religiose e le immagini di Dio. L’esperienza dell’Assoluto è un abbandono totale, una resa che porta alla pace e alla beatitudine, superando ogni divisione, anche quella tra chi cerca e ciò che è cercato. Il messaggio di Gesù, nella sua essenza, è questa liberazione dalla religione e il risveglio all’Io Sono che è il nome che salva di Cristo e di ogni essere cosciente. La riflessione sulla somiglianza tra spiritualità orientale e occidentale non è un caso isolato. Pensatori in Europa, come Simone Weil e Maria Zambrano, hanno esplorato idee simili. Secondo Simone Weil, l’idea biblica di un Dio separato dall’essere è la causa dello sradicamento e giustifica la menzogna. La verità non è qualcosa da possedere, ma da essere. La divisione (Dio/uomo, uomo/uomo) è la base del male e della sofferenza. La società vive in questa menzogna, cercando realizzazione nelle cose esterne e nel futuro, invece che nell’essere presente. Riscoprire la filosofia greca e la mistica è visto come una via per una rinascita spirituale. Maria Zambrano considera la mistica l’opposto della religione. La mistica implica la “morte dell’anima”, l’annullamento dell’ego per fare spazio allo spirito. L’esperienza di Cristo è l’unione con Dio nello spirito. La religione, con la sua teologia e morale, ha tradito questa esperienza originale. Teologia e morale sono viste come prodotti dell’amore per se stessi, da superare. Dove c’è spirito, c’è libertà, non regole. La mistica è l’esperienza diretta dell’Uno, qui e ora. Il passaggio all’esperienza spirituale orientale, come quella indiana, rappresenta il superamento della divisione. Il Rinascimento ebbe l’occasione di unire mistica e studio dei testi per riscoprire il vero messaggio di Gesù: rinunciare a se stessi porta allo spirito e alla beatitudine presente. Persone come Erasmo capirono questo, ma furono perseguitate. Oggi, il cristianesimo si basa sulla credenza e sulle storie, non sull’esperienza, mostrando una “minorità intellettuale” e spirituale. Simile al paganesimo alla fine, manca la capacità di comunicare ciò che non si è. La beatitudine portata da Cristo è già dentro l’uomo stesso, nell'”uomo nobile”. La liberazione e la pace sono presenti qui e ora, nel riconoscere chi si è veramente.Riassunto Lungo
1. La Via del Distacco e la Gioia Interiore
L’insegnamento centrale per arrivare alla verità eterna e alla beatitudine è il distacco da se stessi. Questo significa rinunciare alla propria volontà e all’attaccamento all’ego, che viene visto come la causa di ogni male e falsità. L’ego non esiste veramente, è solo un insieme sempre diverso di pensieri e desideri che cambiano continuamente. Quando ci si libera dall’ego, si riesce a dominare se stessi e si diventa davvero liberi. Questa libertà porta a una gioia profonda dentro di sé, chiamata beatitudine, che non è una semplice emozione passeggera, ma uno stato dell’essere. La beatitudine si manifesta quando non si sente più di essere un individuo separato dagli altri.L’Essenza dell’Anima e la Natura del Divino
L’anima umana ha dentro di sé una parte spirituale profonda, una scintilla, che è la stessa cosa dell’essenza divina. Conoscere veramente se stessi vuol dire fare esperienza di questa parte profonda, che è unita alla parte profonda di Dio. Dio non è qualcosa fuori di noi o un oggetto che si può conoscere, ma è puro spirito, l’Assoluto che non ha forma né limiti definiti. L’anima può unirsi al divino quando si libera dalla sua natura creata, cioè dall’ego, e diventa spirito. In questo stato, l’anima e Dio sono un’unica realtà, senza nessuna distinzione tra loro.L’Unione e la Grazia
La grazia è il processo che aiuta l’anima a liberarsi dall’ego, permettendole di diventare uno spirito solo con Dio. La conoscenza vera libera proprio perché ci aiuta a distaccarci, mostrandoci che l’ego è solo un’illusione. Quando l’anima si spoglia di ciò che è creato e diventa spirito, si unisce completamente a Dio, che è spirito puro. Questa unione non è un avvicinamento, ma la realizzazione di una realtà che è già presente in potenza nell’anima.La Beatitudine e la Pace
La beatitudine è l’essere stesso, è la luce che c’è quando l’ego scompare del tutto. Non c’è niente da aggiungere o da togliere a questa luce, perché è completa in sé. La pace vera si trova nello stare in Dio, che è l’essere stesso in modo pieno e perfetto.Se l’ego “non esiste veramente”, come può essere la “causa di ogni male e falsità”?
Il capitolo afferma che l’ego non ha esistenza reale, pur identificandolo come la radice di ogni problema. Questa apparente contraddizione logica merita un approfondimento. Per esplorare come qualcosa di inesistente possa avere effetti causali e per confrontare questa visione dell’ego con altre prospettive, è utile considerare gli studi sulla filosofia della mente e le diverse scuole di psicologia. Autori come Sigmund Freud o Carl Jung hanno sviluppato teorie influenti sull’ego e la sua funzione, mentre filosofi come David Hume hanno messo in discussione la nozione di un sé unitario e permanente.2. La Nascita dello Spirito nel Silenzio
Definire Dio solo come un’esperienza interiore o uno stato d’animo non è corretto; è come una bestemmia. Allo stesso modo, non è vero dire che ciò che viene dall’uomo sia “parola di Dio”. L’esperienza mistica, se intesa come un incontro eccezionale e separato con Dio, è la forma più alta di questa mancanza di onestà. Usa l’idea di Dio per descrivere un’esperienza umana, per quanto preziosa. È più sincero riconoscere queste esperienze come nostre, affrontando anche il pensiero che “Dio non esiste” e la paura che ne deriva.Il Silenzio della Vera Mistica
L’idea di Dio come qualcosa di esterno, separato da noi, è una nostra creazione, una teologia che serve a giustificare quello che vogliamo noi. Questo Dio visto come un oggetto è un idolo. La vera esperienza profonda del divino è fatta di silenzio e riservatezza. Non è silenzio perché non ci siano cose straordinarie da dire, ma perché parlare significa dare una definizione, mettere dei limiti, cercare di possedere. Questo nega la realtà di un essere che non può essere posseduto. Non si può descrivere a parole l’esperienza di qualcosa che è allo stesso tempo divino e umano, infinito e limitato.Dio Nasce nell’Anima Come Spirito
Non si può fare un discorso su Dio, nemmeno dire che è spirito, perché le parole lo renderebbero finito. Dio è Parola, il Logos, che esiste solo quando viene generata, quando la si vive dentro di sé. Si dice: “Dio diventa completamente me, e io completamente Dio”. Generare Dio significa che Dio nasce dentro l’anima. Non nasce come una cosa, ma come spirito, che è il Logos, il Figlio. Questo accade quando l’anima si rivolge verso la luce eterna, amando e pensando Dio. Diventiamo ciò che pensiamo e amiamo.Amore Puro e Pensiero Puro
In questo contesto, amore significa distacco, la fine di ogni desiderio o passione terrena. È un’apertura verso l’essere infinito, senza volere possedere nulla. Pensiero significa pensare senza usare immagini o rappresentazioni. È il pensiero del Bene assoluto, libero e senza attaccamenti. Lo spirito è l’unione perfetta e inseparabile di questo pensiero puro e di questo amore puro. La grazia, la presenza divina, si trova nell’intelletto, nel Logos, che è spirito. Generare il Logos dentro di sé significa conoscere Dio e l’uomo come spirito, un essere sempre in movimento, una vita che si esprime in tre modi diversi.Il Movimento dello Spirito e la Negazione
L’esperienza dello spirito si manifesta in tre momenti. Il primo è il pensiero dell’Assoluto come una luce indipendente, una realtà che esiste di per sé. Questo pensiero dissolve ogni vecchia credenza. Il secondo momento è la consapevolezza di essere noi stessi quell’assoluto, di essere la soggettività profonda. Il terzo momento è lo spirito come il movimento continuo e reciproco tra il divino e l’umano. La Trinità è solo una descrizione schematica di questo movimento, non un dogma rigido o un mistero insondabile. Riconoscere che il finito è presente nell’Assoluto richiede distacco e umiltà. È un atto di verità che ci riporta alla nostra condizione umana. Negare l’assolutezza di ciò che consideriamo il valore più alto (“Dio non esiste”) è in realtà un modo per onorare il vero divino. Il divino nasce proprio in questo atto di riportare tutto all’umano, ma muore se cerchiamo di afferrarlo o definirlo. Trasformare lo spirito in una “cosa” è come una bestemmia.Lo Spirito è Negazione della Negazione
Dio è spirito, e la negazione è una parte essenziale di questa realtà. La consapevolezza dei nostri limiti, del finito, è una forma di negazione. Lo spirito è la negazione di questa negazione, il superamento del limite. Lo spirito non ha uno scopo esterno da raggiungere, non cerca di possedere nulla. Supera la separazione tra divino e umano nel silenzio dell’Uno. In questo silenzio c’è unità e libertà. Il principio della vita, lo spirito, è dentro di noi. La vita dello spirito è un passaggio continuo e reciproco, una generazione gioiosa. Dio “diventa” nell’uomo che si svuota di sé e “disviene” (torna a non essere) nella sua separazione. Senza questo movimento continuo, Dio diventa un idolo, una statua immobile.Il Divino nella Vita Quotidiana
Il primato del Figlio, del Logos generato, significa rifiutare ogni forma di religione basata su regole positive o pretese di conoscere Dio dall’esterno. Queste sono forme di idolatria. La vita di tutti i giorni diventa divina quando viviamo nel negare l’attaccamento, nello svuotarci di noi stessi. Il divino si offre all’uomo che è distaccato, povero dentro, per il quale ogni cosa è luce. Per chi vive così, il presente è eterno e ogni cosa è piena della presenza divina.L’Ateismo Mistico
Dire “Dio è spirito” è un passo che porta verso l’incredulità, come ha intuito Nietzsche. Questo è l’ateismo mistico. Non è l’ateismo comune che nega l’esistenza di un Dio visto come un oggetto esterno. Nasce invece dall’esperienza profonda di Dio come spirito, come la soggettività più intima. È “ateo” perché elimina tutte le immagini che ci facciamo di Dio e tutte le religioni basate su quelle immagini. Ancora più profondamente, la realtà di Dio come spirito dipende dalla “morte dell’anima”, dall’annientamento dell’ego, del nostro io separato. Si dice: “Senza di me, Dio non può vivere”. La fine del Dio visto come un’entità esterna e il manifestarsi dello spirito sono un unico atto.Dall’Ego all’Essere: Unità e Trasformazione
L’ateismo mistico è un’esperienza di unità totale, senza alcuna separazione. È beatitudine. La differenza tra la paura del nulla e la gioia di essere l’essere dipende dal nostro attaccamento all’ego. Quando ci distacchiamo, le domande spariscono. Semplicemente si è, non si cerca di conoscere. Si diventa ciò che si ama. Amando l’Amore stesso, si diventa l’Amore, che è l’essere. L’amore è assoluto, non dipende da nient’altro. Non c’è più un “io”, una “creatura”, un “Dio” separati, ma solo un unico amore, un’unica luce. “Dio” esiste finché c’è la creatura separata; quando la creatura scompare nel distacco, scompare anche il “Dio” separato. La cosa migliore per l’anima è il libero nulla, lo svuotamento totale. Dio desidera che l’anima perda l’idea di un Dio esterno. Amando si diventa l’amore, cioè l’essere stesso. L’amore non è qualcosa che si prova, ma ciò che si è. Quando l’ego finisce, avviene una trasformazione profonda nel vero essere, che è spirito.Quando si afferma che ‘Dio è spirito’ porta all”ateismo mistico’, non si sta forse giocando con le parole, ridefinendo concetti consolidati?
Il capitolo opera una ridefinizione radicale di concetti centrali come “Dio” e “ateismo”, legandoli a un’esperienza interiore di svuotamento e unità. Questo approccio, pur potente nella sua coerenza interna, solleva la questione di quanto tale linguaggio sia comunicabile e verificabile al di fuori del contesto esperienziale descritto. Per approfondire la complessità di questi temi e confrontare l’argomentazione del capitolo con altre prospettive, si possono esplorare le opere di mistici come Meister Eckhart, le correnti della Teologia Negativa e alcuni aspetti del Pensiero Idealista tedesco.3. La Via della Conoscenza e del Distacco
La ricerca spirituale in India porta a esplorare l’interiorità e a comprendere l’unità fondamentale di ogni cosa. Il percorso principale per raggiungere questa comprensione è il distacco. Questo significa liberarsi dal desiderio di possedere o di essere, sia che si tratti di beni materiali o di stati spirituali. Il distacco non porta all’inazione, ma è piuttosto una forma di controllo che nasce da una profonda conoscenza. Quando si ottiene una conoscenza più chiara, si riesce a distinguere gli elementi che legano l’anima alle cose esteriori. Questa chiarezza mentale dona una grande gioia interiore e permette di percepire l’anima come una luce pura e brillante.L’Unità secondo il Brahmanesimo
Il brahmanesimo insegna che lo spirito individuale, chiamato ātman, è identico allo spirito universale, chiamato brahman. Capire il proprio sé più profondo significa quindi conoscere tutta la realtà, inclusa la divinità stessa. Secondo questa visione, venerare un dio come qualcosa di separato dal proprio sé interiore è segno di ignoranza. Comprendere questa unità porta alla liberazione e a una felicità duratura. Tutto ciò che si ama è amato, in realtà, per amore di questo spirito universale che è in ogni cosa. Pensare che esista una realtà separata dallo spirito crea una divisione, che è fonte di dolore e di sentirsi estranei a se stessi e al mondo. La salvezza non è altro che questa conoscenza: la comprensione dell’unità di tutto e il rifiuto dei pensieri negativi o malvagi che creano separazione. Chi vede solo le molte cose separate, senza percepirne l’unità, continua a sperimentare sofferenza e limitazione. La vera realtà è un’essenza molto sottile che pervade ogni cosa, e la persona individuale è una sola cosa con essa; questo concetto è espresso con la frase “tu sei quello” (tat tvam asi).La Via del Distacco nella Bhagavad Gita
La Bhagavad Gita spiega che lo spirito è eterno e si trova ovunque nell’universo. Le cose esistono all’interno dell’essere divino e per questo non possono mai cessare di esistere veramente. La realtà che percepiamo con i sensi è mutevole e temporanea, ma il principio spirituale che la sostiene è eterno e immutabile. Per comprendere questa verità profonda, è necessario liberarsi dall’attaccamento all’ego, cioè all’idea di un sé separato e indipendente. La vera saggezza si raggiunge abbandonando i desideri e smettendo di agire pensando a un merito o a una ricompensa. Questo significa superare le distinzioni tra opposti come bene e male, giusto e sbagliato, in un’ottica di distacco dai risultati delle proprie azioni. Questo distacco porta a un modo di vivere eticamente superiore. L’attaccamento, al contrario, genera desideri incessanti, rabbia e confusione mentale. La persona saggia riesce a controllare i propri sensi e vede l’unità spirituale in tutti gli esseri. Avere fede nell’Assoluto, inteso come la realtà ultima e unificatrice, conduce alla conoscenza profonda di Dio e all’unione con Lui. L’ostacolo più grande in questo percorso è proprio l’attaccamento all’idea di un “io” separato.Conoscenza e Consapevolezza nel Buddhismo
Il buddhismo, nato come una revisione di alcune idee del brahmanesimo, mette l’accento sulla conoscenza e sul distacco come strumenti fondamentali per eliminare la sofferenza. La causa principale del dolore, secondo il buddhismo, è l’illusione di avere un sé separato e permanente, e l’attaccamento che deriva da questa convinzione errata. La liberazione dalla sofferenza si ottiene attraverso la “retta consapevolezza” e la meditazione, pratiche che portano a capire che la realtà che percepiamo è costruita dalla nostra mente e dai nostri pensieri. Essere vigili e attenti è cruciale per superare la distrazione che porta alla sofferenza. Il nirvāna è descritto come l’estinzione del pensiero dualistico (la separazione tra chi osserva e ciò che viene osservato) e della mente che crea illusioni; è un’esperienza di profonda unità e pace interiore. Le dottrine dell’impermanenza (anicca), che insegna che tutto cambia continuamente, e della non-sostanzialità del sé (anattā), che rivela che non esiste un “io” fisso e separato, mostrano che ogni fenomeno esiste solo in relazione con gli altri. Comprendere questa interdipendenza libera dal dolore e fa nascere spontaneamente compassione e benevolenza verso tutti gli esseri. Superare le idee fisse e i concetti che creano divisioni, come l’idea di “essere” o “non essere”, è essenziale per raggiungere la libertà interiore. La liberazione non è qualcosa da cercare in un luogo lontano o in un futuro, ma si trova qui e ora, nel presente. L’attaccamento all’idea di un “io” e di ciò che è “mio” è la radice di ogni male e sofferenza.Affermare che le religioni organizzate distorcano il messaggio essenziale e che il “vero sé” sia un “io sono” universale non rischia di essere una generalizzazione eccessiva che ignora la complessità delle fedi e le diverse interpretazioni del divino?
Il capitolo presenta una visione forte e unitaria del percorso spirituale e del “vero sé”, criticando le forme religiose esteriori come ostacoli. Tuttavia, questa prospettiva, pur valida in certi contesti mistici, tende a semplificare eccessivamente la ricchezza e la varietà delle tradizioni religiose, che spesso contengono al loro interno percorsi contemplativi e mistici non duali, accanto a pratiche rituali e dogmatiche. Inoltre, l’identificazione diretta dell’esperienza mistica dell'”io sono” con l’essenza divina universale è un’interpretazione specifica che non trova consenso unanime né in teologia né in filosofia, dove esistono dibattiti profondi sulla natura dell’io, della coscienza e del rapporto tra finito e infinito. Per esplorare queste sfumature e confrontare diverse visioni, sarebbe utile approfondire lo studio della teologia comparata, della filosofia della religione e della storia delle religioni, magari leggendo autori come Karen Armstrong, Martin Buber o Paul Tillich, che offrono prospettive diverse sul rapporto tra l’uomo, il divino e le forme della fede.5. La menzogna della separazione e la via interiore
Molti pensatori hanno esplorato il legame tra spiritualità orientale e occidentale, notando come l’idea di una separazione profonda (tra Dio e l’uomo, o tra gli uomini stessi) sia alla base di molti problemi. Questa riflessione non è un caso isolato, ma è stata affrontata anche da importanti figure europee come Simone Weil e Maria Zambrano, che hanno indagato temi simili partendo da prospettive diverse ma convergenti sull’importanza dell’esperienza interiore.La critica al dualismo secondo Simone Weil
Simone Weil vedeva l’idea di un Dio separato dall’essere come la causa principale del sentirsi sradicati e come una giustificazione per la menzogna. Per lei, la verità non è qualcosa che si possiede, ma qualcosa che si è. Il dualismo, cioè la divisione (tra Dio e l’uomo, tra uomo e uomo), è la causa fondamentale del male e della sofferenza nel mondo. La società moderna vive immersa in questa menzogna, cercando soddisfazione e realizzazione nelle cose esterne o in un futuro lontano, invece che nell’essere presenti qui e ora. Riscoprire la filosofia greca e la mistica è una strada importante per una rinascita spirituale profonda che permetta di superare questa condizione di sradicamento.L’esperienza mistica secondo Maria Zambrano
Maria Zambrano distingue nettamente la mistica dalla religione tradizionale. La mistica, nel suo pensiero, implica una vera e propria “morte dell’anima”, che significa l’annullamento dell’ego, del proprio “io” separato, per lasciare spazio all’esperienza dello spirito. L’esperienza di Cristo è vista come l’unione diretta con Dio attraverso lo spirito, un’esperienza profonda e trasformativa. La religione, con le sue regole, teologie e morali, avrebbe tradito questa esperienza originale e profonda, allontanandosi dalla sua essenza più autentica. Teologia e morale sono considerate il risultato dell’amore per sé stessi, qualcosa che bisogna superare per progredire spiritualmente e accedere a una dimensione di maggiore verità. Dove c’è lo spirito, c’è vera libertà, non un insieme di regole da seguire rigidamente. La mistica è l’incontro diretto e immediato con l’Uno, che accade nel presente, qui e ora, al di là di dogmi e precetti.Superare la separazione e la via della presenza
Passare a un’esperienza spirituale come quella proposta da alcune tradizioni orientali, in particolare quella indiana, significa superare definitivamente l’idea del dualismo, riconoscendo l’unità fondamentale di tutto ciò che esiste. Il Rinascimento, in Europa, ebbe una grande occasione: unire lo studio dei testi antichi (la filologia) con l’esperienza mistica per riscoprire il vero messaggio di Gesù. Questo messaggio era chiaro: rinunciare al proprio “io” separato porta all’esperienza dello spirito e a una beatitudine che si vive nel presente, non in un futuro ultraterreno. Figure come Erasmo da Rotterdam compresero profondamente questa verità e cercarono di diffonderla, ma per questo furono perseguitate dalle istituzioni religiose del tempo, che vedevano in queste idee una minaccia al proprio potere e alla propria dottrina.Beatitudine e riconoscimento di sé
Oggi, la spiritualità, specialmente quella cristiana, sembra spesso basarsi più sulla credenza e sui miti che sull’esperienza diretta e vissuta della verità interiore. Questo porta a una sorta di “minorità” intellettuale e spirituale, un’incapacità di comunicare in modo autentico ciò che non si è sperimentato personalmente. Come nel paganesimo alla fine del suo ciclo, manca la capacità di trasmettere una conoscenza profonda e trasformante. La beatitudine che Cristo ha indicato non è qualcosa di esterno o futuro da guadagnare, ma è già presente nell’uomo stesso, in quello che viene chiamato l'”uomo nobile”, la sua essenza più pura e autentica. La vera liberazione e la pace profonda non si trovano cercando fuori, ma riconoscendo chi si è veramente, scoprendo la propria natura spirituale qui e ora.Come si può liquidare teologia e morale come mero “amore per sé stessi”, ignorando il loro ruolo potenziale nel guidare la pratica spirituale e nel costruire la comunità, aspetti spesso intrecciati con le esperienze mistiche stesse?
Il capitolo propone una netta dicotomia tra mistica ed esperienza religiosa tradizionale, riducendo quest’ultima a un insieme di regole e dogmi frutto dell’ego. Questa visione, seppur polemica, rischia di semplificare eccessivamente la complessità delle tradizioni spirituali. Teologia e morale, in molteplici contesti, non sono solo espressioni di auto-centratura, ma tentativi di dare forma e direzione al cammino interiore e alla vita collettiva dei credenti, fungendo talvolta da ponte verso l’esperienza mistica piuttosto che da ostacolo. Per un’analisi più completa del rapporto tra mistica e religione istituzionalizzata, sarebbe utile esplorare la storia delle religioni, la filosofia della religione e la sociologia delle credenze. Autori come Mircea Eliade, Émile Durkheim, o studiosi delle diverse correnti mistiche all’interno delle grandi religioni storiche possono offrire spunti per comprendere le funzioni e le dinamiche delle strutture religiose al di là della mera contrapposizione con l’esperienza interiore.Abbiamo riassunto il possibile
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