Economia e Business

Nove bugie sul lavoro

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Il libro sfida le convenzioni aziendali, rivelando l’inefficacia del feedback tradizionale e l’importanza di focalizzarsi sull’attenzione e sui punti di forza per stimolare la crescita. Esplora come l’amore per il lavoro, la competenza distintiva e l’ascolto attivo siano pilastri per un coinvolgimento profondo e una leadership autentica. Si scopre come il concetto di “momento” possa superare le limitazioni del potenziale astratto, guidando lo sviluppo di carriera. Si sottolinea il ruolo cruciale della collaborazione e del supporto reciproco nel raggiungimento di obiettivi ambiziosi.

1. L’Illusione del Feedback: Attenzione, non Critica, per la Crescita

È opinione comune pensare che dare e ricevere feedback sia fondamentale per lavorare meglio. Nelle aziende moderne, il feedback è visto come uno strumento indispensabile per far crescere le persone. Molti credono che i lavoratori, soprattutto i più giovani, abbiano bisogno di essere valutati di continuo per migliorare nel loro lavoro. Per questo motivo, sono nati molti sistemi di valutazione a 360 gradi e strumenti tecnologici per dare feedback in ogni momento.

L’errore di valutazione

Però, insistere troppo sul feedback, soprattutto su quello negativo, può essere sbagliato. Le persone tendono a giudicare le azioni degli altri pensando che dipendano dal loro carattere, senza considerare la situazione in cui si trovano. Questo modo di pensare ci porta a credere che il feedback negativo serva a correggere i difetti delle persone.

L’attenzione è più importante del feedback

In realtà, le persone non cercano tanto il feedback, ma soprattutto l’attenzione. Ad esempio, i social media come Snapchat dimostrano che le persone preferiscono piattaforme dove si sentono considerate e in contatto con gli altri, senza essere giudicate di continuo. Diversi studi sul comportamento umano e sul cervello dimostrano che l’attenzione positiva è molto più efficace di quella negativa per imparare e crescere. Concentrarsi sui punti di forza, invece che sugli errori, aiuta il cervello a essere più aperto e creativo, favorendo lo sviluppo personale.

Valorizzare i punti di forza

Quindi, invece di concentrarsi sugli sbagli, è meglio riconoscere e valorizzare ciò che funziona bene. Far notare i successi, anche piccoli, e parlarne con il gruppo di lavoro aiuta le persone a capire quali sono i loro punti di forza e a ripeterli. Quando un collega chiede consiglio, è più utile aiutarlo a trovare le soluzioni da solo, partendo dalle sue esperienze e idee, piuttosto che dargli soluzioni già pronte.

L’inaffidabilità delle valutazioni formali

Infine, i sistemi di valutazione formali, come i colloqui di valutazione e i punteggi, non sono strumenti molto affidabili. Quando valutiamo gli altri, siamo spesso influenzati da fattori personali e soggettivi, rendendo le valutazioni poco oggettive e difficili da confrontare. Mettere insieme più valutazioni non elimina questi errori. Perciò, per aiutare le persone a crescere e a lavorare meglio, è più utile dare attenzione positiva e valorizzare i punti di forza di ognuno, lasciando perdere l’idea di una valutazione oggettiva basata sul feedback tradizionale.

Ma siamo sicuri che l’attenzione indiscriminata sia sempre preferibile al feedback mirato e costruttivo, soprattutto in contesti che richiedono miglioramento continuo e performance elevate?
Il capitolo sembra suggerire una dicotomia netta tra attenzione e feedback, quasi fossero concetti opposti e mutuamente esclusivi. Tuttavia, non esplora a fondo se un approccio che integri attenzione positiva e feedback costruttivo, calibrato sulle specifiche esigenze e personalità, possa essere più efficace. Per rispondere a questa domanda, sarebbe utile approfondire studi sulla psicologia della motivazione e sulla comunicazione interpersonale, considerando autori come Daniel Goleman per l’intelligenza emotiva e Albert Bandura per l’autoefficacia, per capire come bilanciare rinforzo positivo e guida al miglioramento.


2. Oltre il Potenziale: Il Momento della Crescita

Le valutazioni delle performance e i giudizi sul talento spesso si basano su informazioni sbagliate, portando a conclusioni non corrette. Pensare di risolvere il problema delle informazioni sbagliate aggiungendone in gran quantità è un errore: più dati sbagliati non migliorano la situazione. Gli strumenti di valutazione, come i questionari sul coinvolgimento e i feedback a 360 gradi, non misurano quello che dicono di misurare. In realtà, mostrano soprattutto le preferenze personali di chi valuta, piuttosto che la vera situazione della persona valutata.

Dati validi

Le informazioni valide devono essere affidabili, capaci di cambiare e corrette. Affidabile significa che le informazioni misurano in modo costante quello che devono misurare. Capace di cambiare significa che le informazioni mostrano le normali differenze che esistono nella realtà. Corrette significa che le informazioni permettono di prevedere risultati veri e misurabili. I sistemi di valutazione tradizionali spesso non sono affidabili a causa del modo soggettivo in cui si valuta. In pratica, le valutazioni dipendono più da chi giudica che dalla persona giudicata.

Il problema del potenziale

L’idea di “potenziale” come caratteristica generale è problematica e non si può misurare in modo affidabile. Dividere le persone in categorie come “alto potenziale” e “basso potenziale” crea un sistema aziendale ingiusto e che toglie motivazione. Invece di concentrarsi sul potenziale astratto, è più utile considerare il “momento” di una persona. Questo “momento” mette insieme la “massa” (cioè chi sono le persone, cosa desiderano e cosa le appassiona) e la “velocità” (cioè le loro capacità e i risultati che hanno ottenuto).

Il concetto di momento

Il “momento” riconosce che tutti possono crescere e cambiare. Sposta l’attenzione dal “potenziale” fisso a un percorso dinamico e in continua evoluzione. Questo modo di vedere permette di parlare in modo più utile dello sviluppo di carriera, concentrandosi su chi è la persona e come può migliorare, invece di dare un giudizio inventato sul suo potenziale nascosto. L’obiettivo diventa quindi aiutare ogni persona a capire e gestire il proprio “momento” per dare il massimo e sentirsi realizzata nel lavoro.

Se il “momento” di una persona è definito da “massa” e “velocità”, come si misura la “massa” in modo oggettivo, considerando che include elementi soggettivi come desideri e passioni, che il capitolo stesso critica nelle valutazioni tradizionali?
Il capitolo propone il concetto di “momento” come alternativa al “potenziale”, sottolineando la necessità di superare le valutazioni soggettive. Tuttavia, la definizione di “massa” all’interno del “momento” sembra reintrodurre una dimensione soggettiva, basata su aspetti personali e difficilmente quantificabili come desideri e passioni. Per comprendere meglio come operazionalizzare il concetto di “momento” senza cadere nelle stesse trappole della soggettività critica, sarebbe utile esplorare le metodologie di valutazione basate sulle competenze e sugli obiettivi misurabili, approfondendo autori come W. Edwards Deming per la gestione della qualità e i sistemi di misurazione oggettiva, o Peter Drucker per la gestione per obiettivi.


3. Tessere l’Amore nel Lavoro

Si nota che i modelli teorici su cosa le persone dovrebbero provare nel lavoro spesso non corrispondono a ciò che si prova realmente. Per esempio, un medico molto bravo potrebbe amare la sfida tra la vita e la morte, ma non essere interessato alla guarigione dei pazienti. Questo dimostra che giudicare dall’esterno non serve: l’importante è che ognuno trovi soddisfazione e significato nel proprio lavoro.

L’importanza dell’amore nel lavoro

Molti desiderano trovare amore nel lavoro, ma spesso questa aspirazione è vista come impossibile. Anche se il consiglio di “fare ciò che si ama” sembra ottimo, può sembrare un privilegio in un mondo dove il lavoro è soprattutto una necessità. Però, è essenziale capire l’importanza dell’amore nel lavoro, non come un’idea romantica, ma come un elemento pratico che ha un grande impatto sulla vita lavorativa.Anche le aziende, pur pensando soprattutto a risultati e guadagni, in realtà sperano che i dipendenti amino il loro lavoro. Questo perché l’amore per il lavoro si traduce in molti vantaggi concreti: più produttività, più idee nuove, più capacità di superare i problemi e più collaborazione tra colleghi. Queste qualità, che nascono dall’amore per il lavoro, sono esattamente ciò che ogni capo vorrebbe per la propria squadra.

L’amore nel lavoro è personale

L’amore per il lavoro non è qualcosa che viene dato dall’azienda, ma è qualcosa che si scopre dentro di sé. Ognuno ha una sfera privata e personale che l’azienda non può controllare, ma che è fondamentale per sentirsi vivi e realizzati nel lavoro. Proprio da questa dimensione personale nascono le azioni più sorprendenti e il contributo unico che ognuno può dare.Diverse ricerche cliniche confermano quanto sia importante l’amore nel lavoro. È stato dimostrato che dedicare almeno il 20% del tempo del lavoro ad attività che ci piacciono riduce di molto il rischio di stress da lavoro, cioè il burnout. Il problema principale non è che il lavoro sia pesante, ma che è difficile riuscire a inserire attivamente questo amore nella routine di tutti i giorni.

Trovare i “fili rossi” nel lavoro

Un modo concreto per farlo è trovare i propri “fili rossi” nel lavoro. Cosa sono? Sono quelle attività che ci danno entusiasmo, ci fanno concentrare e ci rendono soddisfatti. Allo stesso tempo, è utile capire quali sono le attività “odiose”, quelle che ci fanno rimandare e ci lasciano insoddisfatti. L’obiettivo è fare in modo di avere sempre più “fili rossi” nel proprio lavoro, perché sono questi che ci danno forza. Questi “fili rossi” sono i nostri veri punti di forza, che non si misurano con i risultati, ma con la loro capacità di darci energia. Ognuno ha i suoi “fili rossi” speciali, che non dipendono dall’età o dal sesso, ma sono legati alla propria unicità. È compito di ognuno capire quali sono e intrecciarli nel proprio lavoro.Questo vale per tutta la vita, non solo per il lavoro. La vita è come un tessuto unico dove possiamo tessere i nostri “fili rossi”, che nascono dalle passioni del lavoro, dagli hobby, dalle relazioni con gli altri. Quindi, quando facciamo delle scelte nella vita, dovremmo sempre tenere presente questo: la nostra forza vitale viene dal dare importanza a come ci sentiamo rispetto a quello che facciamo ogni giorno. Invece di cercare un equilibrio tra lavoro e vita privata, è meglio cercare un equilibrio tra ciò che amiamo e ciò che non amiamo, facendo più cose che ci piacciono e meno cose che non ci piacciono. I “fili rossi” sono personali, veri e ci danno forza; se ci teniamo stretti a essi nei momenti difficili, possiamo riprenderci e crescere.

Il lavoro come scoperta di ciò che si ama

L’ideale sarebbe pensare al lavoro come a un modo per scoprire cosa ci piace veramente. Invece di vederlo solo come un modo per guadagnare, potremmo cambiare idea e mettere al centro la realizzazione personale attraverso il lavoro. Questo non diminuirebbe la produttività, anzi la aumenterebbe, e allo stesso tempo migliorerebbe il benessere e la capacità di affrontare le difficoltà.La storia del ballerino Sergei Polunin ci fa capire bene quanto sia importante seguire i propri “fili rossi”. Lui era bravissimo tecnicamente, ma non amava quello che faceva nel contesto rigido del Royal Ballet, e questo lo ha portato al burnout, cioè allo stress da lavoro. Solo quando ha ritrovato un aspetto del suo lavoro che amava, esibendosi in modo autentico e personale, Polunin ha ritrovato la passione e il successo. Questo esempio ci invita a considerare seriamente i nostri “fili rossi” per migliorare la nostra vita e anche quella degli altri, offrendo al mondo il nostro contributo unico. Ognuno è unico, e il valore di questa unicità sta proprio in quello che possiamo dare agli altri. Perciò, è fondamentale capire e coltivare ciò che amiamo, e condividerlo con gli altri. Prendere in mano la propria carriera significa proprio questo: tessere con attenzione i propri “fili rossi”, impegnandosi a mettere ciò che si ama nella propria vita professionale e personale.

Ma è davvero così semplice “tessere i fili rossi” in un mondo del lavoro spesso alienante e strutturato per la massima efficienza, non per la realizzazione personale?
Il capitolo presenta una visione ottimistica e forse eccessivamente semplificata del rapporto tra individuo e lavoro. L’idea di “tessere i fili rossi” suona bene, ma ignora le complesse dinamiche del mondo lavorativo contemporaneo, dove la pressione per la produttività e la standardizzazione dei processi spesso lascia poco spazio all’espressione personale e alla ricerca di attività intrinsecamente motivanti. Per una comprensione più critica e approfondita delle sfide legate alla ricerca di significato nel lavoro, sarebbe utile esplorare le teorie sociologiche sul lavoro alienato e le riflessioni di autori come Studs Terkel, che ha documentato le disillusioni e le frustrazioni di molti lavoratori nel mondo moderno.


4. Il Carisma della Competenza: Perché Seguiamo Chi Eccelle

La comune idea di leadership come un insieme di qualità astratte non funziona nella realtà. Infatti, la leadership vera non dipende tanto dalle caratteristiche di chi guida, ma dalla decisione di altre persone di seguirlo. Quindi, la domanda fondamentale è: per quale motivo scegliamo di seguire una persona?

La competenza come elemento chiave della leadership

La risposta è che siamo attratti dalla competenza specifica, da ciò che viene definito “spike”. Le persone seguono chi dimostra una grande capacità in un campo che considerano importante. Questa competenza genera fiducia nel futuro. Non è questione di carisma generico o di visioni vaghe, ma di percepire una capacità eccezionale in qualcosa di concreto e definito.

L’esempio di Martin Luther King Jr.

Un esempio chiaro è Martin Luther King Jr. La sua leadership non nasceva da un generico insieme di qualità, ma dalla sua abilità precisa di “creare momenti decisivi”. In altre parole, sapeva portare i problemi al punto critico, creando un senso di urgenza e di necessità di agire. Questa sua competenza specifica, più che la sua capacità oratoria o i sacrifici personali, era la vera forza della sua leadership.

I limiti dei modelli tradizionali di leadership

Al contrario, i corsi di formazione sulla leadership che si concentrano su elenchi di qualità generiche e concetti astratti non colgono questo aspetto fondamentale. Questi modelli ignorano quanto sia importante l’esperienza di chi segue e quanto la leadership sia un fatto umano e basato sulle relazioni.

La sfida per aspiranti leader

Per chi vuole diventare un leader, la cosa più importante non è accumulare competenze generiche, ma scoprire e sviluppare la propria unicità, il proprio “spike”. È questa competenza specifica, vera e profonda, che crea fiducia e spinge gli altri a seguirti, costruendo un legame emotivo che è la vera essenza della leadership.

Se la competenza specifica è la chiave della leadership, come si spiega il successo di leader in ambiti in cui la “competenza” è vaga, in continua evoluzione, o persino indefinibile a priori?
Il capitolo presenta un argomento interessante sulla competenza come fulcro della leadership, ma trascura di considerare contesti in cui la competenza specifica è difficile da definire o misurare. In settori innovativi, in situazioni di crisi inedite, o in movimenti sociali che nascono dal basso, la leadership potrebbe emergere non tanto da una competenza preesistente, quanto dalla capacità di apprendere rapidamente, di adattarsi, o di ispirare fiducia in condizioni di incertezza. Per ampliare la prospettiva, sarebbe utile esplorare le teorie sulla leadership adattiva e situazionale, approfondendo autori come Ronald Heifetz e James MacGregor Burns, che offrono modelli più complessi e sfumati del fenomeno della leadership.


5. Ascolto e Coinvolgimento: Un Legame Indissolubile

Il coinvolgimento nel team: una distinzione fondamentale

Le ricerche hanno evidenziato una differenza cruciale tra i membri di un gruppo di lavoro: da una parte ci sono i collaboratori molto partecipi, e dall’altra tutti gli altri. All’interno del gruppo più coinvolto, si distinguono persone definite “Pienamente Coinvolte”. Questi individui mostrano caratteristiche diverse rispetto ai colleghi “Non Pienamente Coinvolti”. Analizzando le risposte date a questionari a risposta aperta, si nota che i “Pienamente Coinvolti” esprimono un’opinione positiva, ottenendo un punteggio medio di 26 nell’ “Emotional Promoter Score”. Nelle loro risposte, emergono temi come l’eccellenza del team e l’ottimismo per il futuro. Al contrario, i “Non Pienamente Coinvolti” manifestano un’opinione negativa, con un punteggio medio di -16. Queste persone esprimono incertezza riguardo al futuro e frustrazione a causa di problemi burocratici interni.

L’importanza dell’attenzione del leader

Un elemento molto importante per aumentare la partecipazione è l’attenzione che il capo dedica ai membri del team. Si è visto che l’attenzione del leader ha un grande impatto sul livello di coinvolgimento dei collaboratori nel tempo. Sono importanti sia la frequenza che il tipo di attenzione. Qualsiasi forma di attenzione è meglio della mancanza di attenzione. Essere presenti spesso è più efficace che esserlo raramente. In particolare, l’attenzione che prevede una conversazione diretta è la più efficace.

Come l’attenzione del leader influenza il coinvolgimento

I dati raccolti mostrano che i membri del team che non ricevono attenzione dal responsabile dimostrano un calo del coinvolgimento. Chi riceve una qualsiasi forma di attenzione, anche solo un controllo online, mostra un leggero aumento della partecipazione. L’incremento maggiore si verifica però tra i membri del team che parlano regolarmente in modo diretto con il leader. Questo fa capire che parlare direttamente è il modo migliore per aumentare il coinvolgimento e ottenere un cambiamento positivo nel tempo. Questo vale sempre, indipendentemente dalle capacità comunicative del capo o dalla qualità della conversazione stessa. Quindi, l’attenzione costante e basata sul dialogo del leader è fondamentale per sviluppare e migliorare la partecipazione del team.

Ma siamo sicuri che “qualsiasi forma di attenzione” sia positiva, come afferma il capitolo, o non rischiamo di cadere in una pericolosa semplificazione?
Il capitolo sembra suggerire che l’attenzione del leader sia sempre e comunque benefica per il coinvolgimento del team, senza distinguere tra le diverse forme di attenzione. Trascura completamente la qualità dell’interazione e il tipo di attenzione fornita. Un’attenzione superficiale o, peggio, un controllo eccessivo e micromanaging, potrebbero non solo essere inefficaci, ma addirittura controproducenti, demotivando i collaboratori e minando la loro autonomia. Per una comprensione più approfondita, sarebbe utile esplorare le dinamiche della leadership autoritaria e permissiva, studiando autori come Kurt Lewin e i suoi lavori sugli stili di leadership.


6. Il Valore della Collaborazione

Il successo di ogni progetto dipende in modo cruciale dalla collaborazione. Quando si lavora insieme, mettendo in comune le proprie forze, si possono raggiungere traguardi significativi. Questo principio è valido in ogni ambito, e diventa particolarmente evidente quando si considera la creazione di un libro.

Elementi chiave della collaborazione

Per capire appieno il valore della collaborazione, è utile considerare otto aspetti fondamentali che definiscono il coinvolgimento in un contesto lavorativo. Questi aspetti si possono raggruppare in quattro categorie principali, che rappresentano i pilastri di una collaborazione efficace:
  • Scopo: La collaborazione permette di chiarire e condividere lo scopo del progetto, sia a livello generale che per il singolo individuo.
  • Eccellenza: Lavorare insieme stimola a dare il meglio di sé e a puntare all’eccellenza, sia nel contributo collettivo che in quello individuale.
  • Supporto: La collaborazione offre un sostegno reciproco tra i membri del team e tra singoli individui, creando un ambiente di lavoro positivo e incoraggiante.
  • Futuro: Collaborare permette di costruire una visione condivisa del futuro, sia per il progetto comune che per le aspirazioni personali di ciascuno.

La collaborazione nella creazione di un libro

La realizzazione di un libro è un esempio perfetto di come la collaborazione sia essenziale. Molte figure professionali contribuiscono al successo di un’opera letteraria. Editori, agenti e consulenti collaborano per definire e mettere a fuoco l’obiettivo del libro. Revisori e team editoriali lavorano insieme per raggiungere l’eccellenza in ogni dettaglio, dalla struttura dei capitoli alla scelta delle parole più appropriate. Ricercatori e analisti offrono un supporto indispensabile attraverso metodologie rigorose e analisi precise dei dati. Colleghi e mentori forniscono un sostegno prezioso durante tutto il percorso, condividendo esperienze e offrendo consigli utili. Infine, anche il supporto della famiglia gioca un ruolo fondamentale, aiutando a mantenere la fiducia e la motivazione necessarie per completare un progetto così impegnativo. Ogni contributo, anche quello che può sembrare meno importante, è in realtà fondamentale per il risultato finale. Il lavoro di squadra e il sostegno reciproco sono quindi elementi essenziali per raggiungere obiettivi importanti e ambiziosi.

Se la collaborazione è presentata come panacea per il successo, non si rischia di ignorare le dinamiche di potere e i conflitti che possono emergere in qualsiasi contesto collaborativo?
Il capitolo sembra promuovere una visione idilliaca della collaborazione, omettendo di considerare le sfide e le complessità inerenti al lavoro di gruppo. Non vengono infatti menzionate le dinamiche di potere, le possibili divergenze di opinione, o le difficoltà nella gestione dei conflitti che sono aspetti tutt’altro che marginali in qualsiasi attività collaborativa. Per una comprensione più completa, sarebbe utile approfondire studi sulla psicologia dei gruppi e sulla gestione dei conflitti, come quelli proposti da autori quali Sunstein, esperto nello studio delle dinamiche decisionali di gruppo, o Ury, specializzato in negoziazione e risoluzione dei conflitti.


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