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Contenuti del libro
Informazioni
“Note sul disastro. Cosa ci racconta il cambiamento climatico: reportage dal fronte” di Elizabeth Kolbert è un libro che ti prende e ti porta in giro per il mondo per toccare con mano gli effetti del cambiamento climatico. Non è un saggio noioso, ma un vero reportage climatico che ti fa vedere cosa sta succedendo, dal villaggio Inupiat di Shishmaref in Alaska, minacciato dallo scioglimento del ghiaccio artico e del permafrost, fino alla calotta glaciale della Groenlandia che si ritira a vista d’occhio. Kolbert esplora l’acidificazione degli oceani e il suo impatto sulla vita marina, l’industria delle sabbie bituminose in Canada e il dibattito sui combustibili fossili e le emissioni CO2. Ci mostra come i Paesi Bassi si preparano all’innalzamento del livello del mare con nuove forme di adattamento climatico, e ci ricorda che anche civiltà antiche come Akkad sono crollate per colpa del clima. Il libro parla anche delle sfide politiche, come il Protocollo di Kyoto, e di come siamo entrati nell’Antropocene, un’era dove l’uomo è la forza geologica dominante. È una lettura essenziale per capire la crisi climatica e perché la transizione verso energie rinnovabili e un minor impatto climatico è urgente.Riassunto Breve
L’attività umana sta cambiando il clima del pianeta in modi evidenti e rapidi. Nelle comunità artiche, come il villaggio Inupiat di Shishmaref in Alaska, si osservano direttamente gli effetti: il ghiaccio marino si forma più tardi e si scioglie prima, rendendo la caccia tradizionale pericolosa e causando erosione costiera che minaccia l’abitato, portando a considerare il trasferimento. Anche il permafrost artico si sta scongelando, liberando gas serra immagazzinati. Gli oceani assorbono una grande quantità dell’anidride carbonica emessa, diventando più acidi. Questo processo danneggia gravemente organismi marini che costruiscono conchiglie e scheletri, come pteropodi e coralli, mettendo a rischio interi ecosistemi e catene alimentari marine. La calotta glaciale della Groenlandia mostra un aumento dello scioglimento e una diminuzione delle nevicate, con l’acqua di fusione che accelera lo scorrimento del ghiaccio verso il mare, contribuendo all’innalzamento del livello globale. Le carote di ghiaccio rivelano come le temperature siano cambiate nel passato, ma il ritmo attuale del cambiamento è molto più veloce. La combustione di combustibili fossili, incluse fonti non convenzionali come le sabbie bituminose che generano emissioni più alte, è la causa principale dell’aumento di CO2 nell’atmosfera. La storia mostra che anche civiltà antiche, come l’Impero Akkadico, sono collassate a causa di prolungate siccità e cambiamenti climatici, un monito sulla vulnerabilità delle società . Di fronte a questi cambiamenti, alcuni paesi, come i Paesi Bassi, particolarmente esposti all’innalzamento del livello del mare, stanno adottando strategie di adattamento innovative, come fare “spazio per il fiume” e costruire case galleggianti, riconoscendo la necessità di convivere con l’acqua piuttosto che solo difendersi. A livello globale, gli sforzi per affrontare il problema, come il Protocollo di Kyoto per la riduzione delle emissioni, incontrano resistenze significative, in particolare da parte di grandi emettitori come gli Stati Uniti che non lo hanno ratificato, evidenziando le sfide della cooperazione internazionale. Sebbene esistano iniziative locali per ridurre le emissioni, senza un impegno globale coordinato, raggiungere obiettivi significativi nella lotta contro il riscaldamento globale risulta difficile.Riassunto Lungo
Capitolo 1: Shishmaref, Alaska
Il villaggio di Shishmaref si trova sull’isola di Sarichef, in Alaska, ed è abitato da una comunità Inupiat. La popolazione vive principalmente di caccia per sussistenza, con un focus sulla cattura di foche e altri animali locali. Negli ultimi decenni, i cacciatori hanno notato cambiamenti significativi nel ghiaccio marino, che si forma più tardi in autunno e si scioglie prima in primavera. Questi cambiamenti hanno reso la caccia sempre più pericolosa e hanno costretto gli abitanti a utilizzare barche invece di motoslitte. La bassa altitudine del villaggio lo rende particolarmente vulnerabile ai fenomeni atmosferici, come le tempeste e le onde alte.L’impatto del cambiamento climatico su Shishmaref
Nel 2002, i residenti hanno votato per trasferire l’intero villaggio sulla terraferma a causa dell’erosione e delle difficoltà crescenti legate al clima. Tuttavia, l’opinione sulla relocation è divisa; alcuni temono di perdere il legame con il mare, mentre altri vedono vantaggi nell’accesso a servizi moderni. La questione del cambiamento climatico è stata riconosciuta dagli scienziati sin dagli anni ’70. Uno studio della National Academy of Sciences ha confermato che l’aumento dei livelli di anidride carbonica porterà a cambiamenti climatici significativi.Le conseguenze globali del cambiamento climatico
Da allora, le emissioni globali di CO2 sono aumentate drasticamente e le temperature terrestri hanno continuato a salire. Gli eventi climatici estremi, come la fusione dei ghiacciai e l’acidificazione degli oceani, sono ora evidenti. In particolare, il permafrost dell’Artico rappresenta una preoccupazione crescente poiché funge da deposito di gas serra. Il riscaldamento del clima sta causando il disgelo del permafrost, liberando potenzialmente grandi quantità di metano e anidride carbonica nell’atmosfera. Le stime suggeriscono che ci siano circa 450 miliardi di tonnellate di carbonio immagazzinate nel permafrost globale.Le implicazioni per il futuro
Le osservazioni sul campo mostrano che la temperatura del permafrost sta aumentando e molte aree stanno già superando lo zero gradi Celsius. Questo riscaldamento non solo influisce sulle strutture costruite sulla superficie ma ha anche implicazioni globali per il clima. La situazione climatica attuale è caratterizzata da interazioni complesse tra attività umane e sistemi naturali. L’Antropocene è un termine usato per descrivere come l’umanità stia influenzando profondamente il pianeta su scala geologica. Le azioni intraprese ora determineranno non solo il futuro delle comunità come Shishmaref ma anche la salute del nostro ambiente globale.In che modo le azioni umane possono essere considerate come l’unica causa principale dei cambiamenti climatici e dell’Antropocene, quando esistono fattori naturali che potrebbero aver contribuito a questi fenomeni?
Il capitolo sembra attribuire la maggior parte della responsabilità dei cambiamenti climatici alle attività umane, ma non approfondisce a sufficienza il ruolo dei fattori naturali. Questo potrebbe essere visto come una semplificazione eccessiva di una questione complessa. Per avere una visione più completa, sarebbe utile approfondire la letteratura scientifica sui cambiamenti climatici, esaminando anche le ricerche che hanno indagato il contributo dei fattori naturali, come le variazioni solari o le eruzioni vulcaniche.Capitolo 2: Il mare che si oscura
Il capitolo analizza l’acidificazione degli oceani, un fenomeno causato dall’aumento della concentrazione di anidride carbonica (COâ‚‚) nell’atmosfera. Quando il COâ‚‚ si dissolve nell’acqua, produce acido carbonico, riducendo il pH dell’acqua e aumentando la sua acidità . Questo processo ha conseguenze devastanti per molte forme di vita marina, in particolare per gli organismi che costruiscono conchiglie e scheletri a base di carbonato di calcio. L’acidificazione degli oceani rappresenta una minaccia grave e crescente per la vita marina e gli ecosistemi globali. Le azioni necessarie per mitigare questo fenomeno richiedono una riduzione significativa delle emissioni di COâ‚‚.Cause e conseguenze dell’acidificazione
L’aumento della COâ‚‚ atmosferica è il principale responsabile dell’acidificazione degli oceani. Dall’inizio della rivoluzione industriale, l’umanità ha emesso circa 250 miliardi di tonnellate di carbonio, portando a un aumento della COâ‚‚ atmosferica a livelli storicamente elevati. Gli oceani hanno assorbito quasi la metà delle emissioni umane di COâ‚‚, causando un abbassamento del pH e un aumento dell’acidità dell’acqua. Questo processo ha un impatto negativo sulla capacità degli organismi marini di formare conchiglie e scheletri, compromettendo interi ecosistemi marini.Impatto sulla vita marina e sugli ecosistemi
L’acidificazione influisce negativamente sulla vita marina, in particolare sugli organismi calcificatori come i coralli e i pteropodi. I coralli, essenziali per la biodiversità marina, sono particolarmente vulnerabili all’acidificazione. La diminuzione della saturazione del carbonato rende difficile per i coralli crescere e mantenere le loro strutture. I pteropodi, piccoli organismi marini, sono sensibili ai cambiamenti chimici nelle acque e le loro conchiglie si dissolvono in condizioni di elevata acidità . Molti organismi calcificatori potrebbero affrontare l’estinzione se le attuali tendenze di acidificazione continuano, portando a una drastica modifica delle catene alimentari marine e alla perdita di biodiversità .Evidenze storiche e prospettive future
Analisi paleontologiche suggeriscono che eventi passati simili all’attuale acidificazione oceanica hanno portato a estinzioni massicce negli oceani. La velocità attuale del cambiamento supera quella di eventi storici significativi. La situazione è critica e richiede attenzione immediata per prevenire danni irreversibili agli oceani e alla biodiversità terrestre. Le azioni necessarie per mitigare questo fenomeno richiedono una riduzione significativa delle emissioni di COâ‚‚ e una gestione sostenibile degli ecosistemi marini.Il capitolo fornisce sufficienti dati storici per convalidare la correlazione tra le emissioni di COâ‚‚ e l’acidificazione degli oceani?
Il capitolo sembra offrire una visione generale della relazione tra emissioni di COâ‚‚ e acidificazione degli oceani, ma potrebbe essere più convincente se fornisse dati storici più dettagliati. Per comprendere meglio la correlazione tra emissioni di COâ‚‚ e acidificazione degli oceani, è utile approfondire alcune tematiche legate all’ecologia e alla chimica, e un buon libro per farlo è “Solvable” di Susan Solomon.Capitolo 3: Petrolio non convenzionale
Fort McMurray, situata in Alberta, è al centro dell’industria delle sabbie bituminose, una risorsa fondamentale per il Canada. Le sabbie bituminose si estendono per circa 57.000 miglia quadrate e contengono una miscela di idrocarburi pesanti chiamati bitume, che può essere trasformato in petrolio sintetico. Le riserve di bitume in Alberta sono stimate in 1,7 trilioni di barili, rendendo questa area la seconda più grande riserva di petrolio al mondo, dopo l’Arabia Saudita. La produzione di petrolio convenzionale è prevista in declino nei prossimi decenni, spingendo l’attenzione verso fonti non convenzionali come le sabbie bituminose. Queste possono essere estratte tramite metodi di estrazione a cielo aperto o tecniche in-situ come il SAGD (Steam Assisted Gravity Drainage), che richiede un notevole consumo energetico.L’industria delle sabbie bituminose
Negli ultimi anni, Fort McMurray ha visto un boom economico grazie agli investimenti da parte di grandi compagnie petrolifere. La produzione attuale supera un milione di barili al giorno e si prevede che raddoppi entro il 2010. Il Canada è diventato il principale fornitore di petrolio degli Stati Uniti, superando anche le nazioni del Golfo Persico. Tuttavia, l’estrazione del bitume comporta significativi impatti ambientali, tra cui la contaminazione delle acque e l’emissione di gas serra. I modelli climatici mostrano che tutte le forme di petrolio non convenzionali generano emissioni superiori rispetto al petrolio convenzionale. In particolare, le emissioni da sabbie bituminose sono tra il 15% e il 40% più alte rispetto a quelle del petrolio tradizionale.Sostenibilità e politiche governative
Il capitolo discute anche le sfide legate alla sostenibilità e alla necessità di politiche governative per affrontare le esternalità ambientali associate all’industria del petrolio. Si suggerisce la possibilità di introdurre tasse sul carbonio per incentivare pratiche più sostenibili e ridurre le emissioni. Parallelamente, viene presentata l’esperienza dell’isola danese di Samsø, che ha intrapreso un percorso verso la sostenibilità energetica attraverso l’uso delle energie rinnovabili. Gli abitanti hanno ridotto drasticamente l’uso dei combustibili fossili e oggi producono più energia da fonti rinnovabili rispetto a quella consumata. Questo esempio mostra come sia possibile raggiungere una maggiore sostenibilità energetica attraverso l’adozione di politiche e pratiche innovative.Come possiamo essere certi che le case galleggianti siano una soluzione pratica e sostenibile per affrontare le inondazioni causate dal cambiamento climatico?
Il capitolo presenta le case galleggianti come un esempio innovativo di adattamento ai cambiamenti climatici, ma non fornisce sufficienti informazioni sulla loro fattibilità e sostenibilità a lungo termine. Per approfondire l’argomento, potrebbe essere utile consultare studi sulla progettazione e la costruzione di abitazioni galleggianti. Inoltre, sarebbe interessante esplorare le opinioni di esperti in campo ambientale e urbanistico per avere una visione più completa delle sfide e delle opportunità offerte da questo tipo di soluzioni.Capitolo 7: Il giorno dopo Kyoto
Il Protocollo di Kyoto è entrato in vigore il 16 febbraio 2005, suscitando celebrazioni in diverse città del mondo. Tuttavia, gli Stati Uniti, il maggior emettitore di gas serra, hanno rifiutato di ratificare il protocollo, insieme all’Australia. La posizione dell’amministrazione Bush sulla questione del cambiamento climatico è stata espressa dall’Under Secretary of State per la Democrazia e gli Affari Globali, Paula Dobriansky, che ha affermato che l’amministrazione prende sul serio la questione, pur sostenendo approcci alternativi rispetto a quelli proposti dal protocollo. Negli anni ’90, il mondo ha iniziato a impegnarsi ufficialmente contro il cambiamento climatico con la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici. Gli Stati Uniti hanno firmato la convenzione, ma successivamente non sono riusciti a mantenere gli impegni di riduzione delle emissioni.Le negoziazioni e le critiche
Le negoziazioni culminarono nel Protocollo di Kyoto nel 1997, che stabiliva obiettivi vincolanti per i paesi industrializzati. Il protocollo ha affrontato resistenze significative negli Stati Uniti. Il Senato ha approvato una risoluzione che richiedeva che qualsiasi accordo sulla riduzione delle emissioni includesse anche obblighi per i paesi in via di sviluppo. Questo approccio è stato criticato come egoistico, poiché i paesi industrializzati hanno storicamente emesso più gas serra rispetto ai paesi in via di sviluppo. Sebbene la Clinton amministrazione avesse inizialmente supportato il Protocollo di Kyoto, non lo presentò mai al Senato per la ratifica.L’amministrazione Bush e la politica climatica
L’amministrazione Bush si distaccò ulteriormente dalla cooperazione internazionale sul clima e propose un focus su “intensità dei gas serra”, un concetto che misura le emissioni in relazione alla crescita economica piuttosto che ai livelli assoluti di emissione. Le politiche dell’amministrazione Bush sono state criticate come insufficienti e basate su misure volontarie. La mancanza di azioni concrete ha portato a un aumento delle emissioni negli Stati Uniti. Nel contesto internazionale, la ritirata degli Stati Uniti dai negoziati sul cambiamento climatico nel 2001 ha minacciato l’intero processo del Protocollo di Kyoto.Le iniziative locali e la cooperazione internazionale
In risposta alla mancanza di leadership federale, molte città americane hanno intrapreso iniziative locali per ridurre le proprie emissioni. Un esempio è Burlington, Vermont, dove il sindaco Peter Clavelle ha promosso campagne per l’efficienza energetica e la sostenibilità locale. I risultati mostrano che le azioni locali possono avere un impatto significativo sulle emissioni. Tuttavia, le politiche locali da sole non possono compensare le enormi emissioni provenienti da paesi come la Cina. Nonostante gli sforzi locali e nazionali per affrontare il cambiamento climatico, senza un impegno globale coordinato è difficile raggiungere obiettivi significativi nella lotta contro il riscaldamento globale. La situazione richiede una riflessione profonda sulle responsabilità condivise tra paesi sviluppati e in via di sviluppo e sull’importanza della cooperazione internazionale per affrontare una crisi ambientale crescente.Come può un singolo paese, come gli Stati Uniti, influenzare così drasticamente il processo di riduzione delle emissioni globali, e cosa possono fare gli altri paesi per controbilanciare questo impatto?
Il capitolo descrive come l’amministrazione Bush si sia ritirata dai negoziati sul cambiamento climatico e abbia rifiutato di ratificare il Protocollo di Kyoto, ma non fornisce abbastanza informazioni sulla portata globale delle emissioni e sul ruolo che gli altri paesi possono svolgere per ridurre l’impatto di questo ritiro. Per comprendere meglio questo argomento, è utile approfondire l’economia globale e le dinamiche della cooperazione internazionale.Abbiamo riassunto il possibile
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