Letteratura

Non sparate sul regista. Bestiario del cinema americano

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1. Archetipi cinematografici e figure prevedibili

Nel cinema, alcune figure ritornano costantemente, incarnando funzioni narrative precise. L’uomo del lucernario, ad esempio, è inspiegabilmente attratto dalle sparatorie e si espone al pericolo sui tetti, andando incontro a una fine spettacolare. Al contrario, il “fesso dietro le vetrate” è una vittima designata a causa della sua ingenuità. La donna incinta, invece, attira disastri: il suo parto coincide sempre con eventi catastrofici, aumentando la tensione. L’industriale cinico, figura profondamente odiosa, rappresenta l’avidità capitalista, mettendo il profitto davanti alla sicurezza e causando tragedie, soprattutto al mare. Il tassista fatalista, nelle sue diverse varianti, è noto per la sua inettitudine e rassegnazione, ostacolando l’eroe sia in situazioni romantiche che d’azione. Infine, il profilatore di serial killer, figura emersa negli anni ’90, appare saccente e incompreso, creando profili complicati in un contesto poliziesco spesso superficiale. Questi personaggi mostrano come il cinema utilizzi figure prevedibili per veicolare messaggi o creare specifici effetti narrativi, anche a discapito della credibilità.

2. Figure Tipiche del Cinema Poliziesco Americano

Negli Stati Uniti, la figura del barista filosofo offre una prospettiva diversa sul ruolo del bar, trasformandolo da semplice luogo di passaggio a spazio di riflessione. A differenza dell’Italia, dove il bar è spesso associato alla rapidità e a conversazioni superficiali, in America può diventare un punto di riferimento per chi cerca risposte a domande esistenziali. Il barista filosofo, con la sua saggezza, guida i clienti attraverso i loro dubbi, offrendo spunti di riflessione. Un altro personaggio chiave è l’assaggiatore di droga, figura centrale nelle trattative illecite. In luoghi isolati, durante le negoziazioni tra venditori e acquirenti, l’assaggiatore valuta la qualità della merce. La sua figura, avvolta nel mistero, è fondamentale per garantire la purezza della droga. Lo spacciatore sudamericano, invece, si distingue per la sua ostentazione di ricchezza. Nonostante l’apparenza e i modi, la sua attività criminale è evidente. Nei film, l’eroe si confronta spesso con il magistrato non collaborativo, un ostacolo che raramente convalida gli arresti. Questo personaggio può essere rassegnato, nascosto dietro formalismi legali, o astioso, ostacolando attivamente la giustizia. Infine, i poliziotti della disciplinare, figure sgradevoli, indagano sull’eroe con accuse pretestuose. La loro tecnica inquisitoria è aggressiva, mirata a incastrare il protagonista, generando un conflitto personale contro l’eroe.

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10. La Fabbrica dei Cliché

Nei film americani, i rapitori commettono errori ingenui, come scegliere vittime con parenti esperti nel combattimento o inviare registrazioni piene di indizi. Questi nastri, spediti da indirizzi falsi, contengono rumori di fondo che un detective, di solito chiamato Jack, decifra per trovare l’ostaggio. Un ronzio o una campana diventano chiavi per risolvere casi complessi, mostrando l’ingenuità dei criminali e la fortuna dell’eroe. I naufragi seguono schemi simili. Si passa dalla tempesta alla calma di una spiaggia tropicale, dove l’eroe appare illeso e muscoloso. Questo ignora la realtà di un naufragio, sollevando dubbi sulla rappresentazione realistica di tali eventi. Gli inseguimenti a piedi offrono altri luoghi comuni: fughe su scale mobili, condotti di aerazione che portano alla salvezza e inseguimenti sui tetti dei treni, dove l’eroe evita ostacoli con facilità. Il finale con tuffo vede l’eroe emergere indenne da acque profonde, mentre gli inseguitori rinunciano a seguirlo. Gli inseguimenti nei quartieri residenziali si ripetono, con mogli stereotipate e fughe attraverso cortili che rivelano un’America nascosta. Il cliché del rapimento con richiesta di riscatto tramite cabine telefoniche mostra un eroe con una conoscenza topografica incredibile e la capacità di superare ostacoli assurdi per rispondere in tempo. La versione moderna, con il cellulare, mantiene l’assurdità delle situazioni e l’invincibilità dell’eroe. I film nei ghetti presentano personaggi e trame ripetitive: lo spacciatore giovane, il poliziotto nero, il capo banda, il bambino vittima e la madre disperata. Questi film, pur volendo rappresentare realtà difficili, cadono in cliché, offrendo una visione prevedibile della vita nel ghetto, dove la redenzione è rara.

11. Verità cinematografiche e realtà

La macchina della verità, spesso usata nei film polizieschi, è in realtà uno strumento inaffidabile. Sembra un vecchio oggetto tecnologico, un insieme di apparecchiature obsolete, eppure pretende di svelare la verità. Nei film, la macchina viene usata in momenti chiave, anche se la sua efficacia è dubbia. I personaggi più furbi, infatti, riescono a ingannarla facilmente. Il cinema, in generale, tende a distorcere la realtà, creando situazioni poco credibili. Ad esempio, in un vero commissariato, provocare la polizia non farebbe apparire un avvocato all’improvviso. Al contrario, porterebbe a conseguenze immediate. Allo stesso modo, un diplomatico non può evitare la legge solo grazie al suo passaporto. Un altro esempio è l’idea che gridare “mi hanno tagliato i freni!” risolva un problema all’auto. Altre inesattezze riguardano le capsule di cianuro, le auto che esplodono e le bande di motociclisti, spesso mostrate in modo meno pericoloso di quanto siano. Anche la donna perfetta, sia nel corpo che nella mente, è una figura irreale. Così come la competizione tra polizia e FBI per i casi più importanti. Infine, aprire una porta chiusa con una carta di credito è un’illusione, come la garanzia di un lieto fine. La vita reale, infatti, è molto diversa dalle semplificazioni del cinema.

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