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Contenuti del libro
Informazioni
“Non me la bevo. Godersi il vino consapevolmente senza marketing né mode” di Michele Fino è quel tipo di libro che ti fa guardare il bicchiere in modo diverso. Non è la solita guida, ma un viaggio super interessante nella storia e nel presente del vino, smontando un sacco di idee fatte. Fino ci racconta che il vino non è mai stato immutabile, ma si è sempre trasformato tra scienza, come con Pasteur e l’evoluzione dell’enologia, e le mode, tipo la ricerca del vino naturale che si contrappone alla standardizzazione. Ci fa capire che la distinzione tra vino contadino e industriale è più complessa di come ce l’hanno raccontata Soldati e Veronelli, e affronta senza giri di parole il tema vino e salute, spiegando perché l’alcol non fa bene, nonostante quello che si sente dire, basandosi su dati come quelli dell’OMS. Poi si addentra nel mondo delle regole, dalle denominazioni di origine italiane come DOC e DOP, nate sull’onda dei modelli francesi, fino alle norme europee sull’etichettatura del vino che chiedono più trasparenza. Non mancano storie affascinanti su come nomi come Champagne o Prosecco sono protetti (o meno) a livello internazionale, tra regole OMC e accordi bilaterali. Insomma, è un libro che ti dà gli strumenti per goderti il vino in modo più consapevole, capendo cosa c’è dietro ogni bottiglia, oltre il marketing e le mode passeggere.Riassunto Breve
Il vino non è un prodotto fermo nella tradizione ma cambia sempre, per via di scoperte scientifiche, esigenze pratiche e come va il mercato. Prima dell’Ottocento, fare il vino era difficile e il risultato non sempre buono. Poi è arrivato Pasteur che ha spiegato la fermentazione, aiutando a controllare meglio la produzione e a fare vini più stabili. Organizzazioni come l’OIV hanno diffuso tecniche moderne migliorando la qualità in tutto il mondo. Però, mentre alcuni puntano sulla standardizzazione, altri cercano vini “naturali”, che cambiano di più e sono legati al posto dove nascono, creando così un mercato diviso tra chi vuole vini uguali e sicuri e chi cerca qualcosa di unico. Anche l’America ha cambiato la storia del vino: le sue viti hanno portato malattie in Europa come la fillossera, ma dall’America sono arrivate anche le soluzioni, con viti resistenti per innestare quelle europee e, più di recente, con nuovi tipi di viti che resistono ai funghi e sono più facili da coltivare senza troppi trattamenti.C’è un dibattito tra chi vede il vino fatto dal contadino come migliore di quello industriale, un’idea resa famosa da persone come Soldati e Veronelli. Questa visione romantica preferisce il vino fatto a mano, legato al passato, e non si fida della tecnologia in agricoltura. Ma la qualità dipende da come si lavora, non solo se è fatto in modo “contadino” o “industriale”. Intanto, l’Europa mette regole, come l’Irlanda che vuole mettere etichette sulla salute per l’alcol. Questo non è contro il vino ma serve a informare sui rischi, come l’UE fa per proteggere sia il mercato che la salute. Le regole europee permettono ai paesi di agire su problemi di salute come l’alcolismo.Parlando di salute, non c’è prova scientifica che il vino faccia bene. L’alcol, anche nel vino, ha rischi. Anche se culturalmente il vino è importante, specialmente in paesi come l’Italia, questo non elimina i pericoli dell’alcol. L’Organizzazione Mondiale della Sanità dice che l’alcol è una sostanza che può creare dipendenza e causa malattie, anche bevendone poco, soprattutto aumenta il rischio di tumori. Alcuni studi sembrano dire che ci sono benefici, ma spesso sono capiti male e non bastano a dire che bere alcol fa bene, perché i rischi sono maggiori. Le nostre idee sul vino sono influenzate da quanto ci piace e dalla cultura, facendoci vedere solo gli aspetti positivi e ignorare i rischi. È meglio vedere il consumo di vino dentro uno stile di vita generale, riconoscendo che i benefici che sembrano esserci sono legati ad altre abitudini sane. Le politiche sulla salute dovrebbero informare bene e ridurre i rischi, senza dire che il vino fa bene.Le regole sulla qualità del vino in Italia, come DOC e DOCG, sono abbastanza nuove, nate negli ultimi sessant’anni, prendendo spunto da modelli francesi come Bordeaux e Borgogna che avevano già sistemi di protezione legati al territorio. L’Europa ha poi creato le categorie DOP e IGP, dove rientra anche il vino. Oltre a queste regole, è cresciuto l’interesse per vini biologici, biodinamici e naturali, visti come più sostenibili e genuini. I vini naturali, in particolare, non seguono certificazioni ma puntano su un lavoro minimo in cantina, influenzando un po’ tutto il settore a usare meno interventi. Il mercato è diventato più vario, con gente che cerca qualità, sostenibilità e diversi tipi di vino.Il commercio del vino nel mondo è gestito dall’OMC, che protegge i nomi legati a un territorio (indicazioni geografiche). Però, questa protezione è meno forte delle DOP europee. Per questo in America possono usare “Champagne” per vini fatti lì, grazie a vecchie regole che permettono usi già esistenti. Invece, per il Prosecco la situazione è diversa: in America non lo fanno, ma in paesi come Brasile o Argentina lo chiamavano “Prosecco” perché era il nome dell’uva. Dal 2009, in Europa “Prosecco” è diventato un nome protetto (DOP), non più solo il nome dell’uva (ora chiamata Glera), e si cerca di limitare l’uso di questo nome fuori dall’Italia con accordi. Dal 2023, nuove regole UE chiedono più trasparenza sulle etichette, con ingredienti e valori nutrizionali. Però in Italia, per certi vini, non è obbligatorio dire l’uva usata, il che non aiuta il consumatore. Sulla genuinità, le frodi sono vietate, ma ci sono pratiche legali in cantina per rendere il vino limpido o farlo durare di più. La limpidezza è sempre stata cercata. Queste pratiche non significano per forza che il vino sia di bassa qualità, che dipende soprattutto dall’uva. La trasparenza in etichetta serve a far scegliere meglio, senza pensare che un vino sia “naturale” o “artificiale” in generale.Riassunto Lungo
1. Il Vino in Trasformazione Costante
Un Mito da Sfatare: la Tradizione Immutabile
Si crede spesso che la produzione del vino segua una tradizione antica e immutabile nel tempo. In realtà, questa idea non corrisponde alla realtà dei fatti. La storia del vino dimostra che le tecniche di produzione e i gusti dei consumatori sono in continua evoluzione. Il vino non è mai stato prodotto sempre nello stesso modo, ma si è trasformato nel corso dei secoli a causa di diverse necessità, nuove scoperte scientifiche e cambiamenti nel mercato.Il Ruolo della Scienza e della Standardizzazione
Fino al XIX secolo, ottenere un vino di qualità costante era molto difficile. La situazione è cambiata radicalmente grazie al lavoro di Pasteur, che ha permesso di capire i meccanismi della fermentazione. Questa scoperta ha segnato l’inizio di una nuova era, in cui la produzione del vino è diventata più controllata e standardizzata. Organizzazioni internazionali come l’OIV hanno poi contribuito a diffondere queste nuove tecniche, migliorando la qualità media del vino in tutto il mondo.La Controtendenza dei Vini Naturali
Accanto alla tendenza alla standardizzazione, si è sviluppata anche una corrente opposta. Molti produttori e consumatori hanno iniziato a cercare vini “naturali”, percepiti come più autentici e legati al territorio d’origine. Questi vini valorizzano la diversità e l’imprevedibilità, rifiutando l’omogeneizzazione tipica dei vini prodotti con tecniche convenzionali. Oggi il mercato del vino è diviso tra chi cerca prodotti standardizzati e rassicuranti e chi invece preferisce vini unici e originali.L’Influenza Americana e le Nuove Soluzioni
Un altro momento cruciale nella storia del vino è stato l’arrivo delle viti americane in Europa. Queste viti hanno portato con sé malattie come l’oidio, la peronospora e la fillossera, che hanno devastato i vigneti europei nel corso dell’Ottocento. Tuttavia, proprio dagli Stati Uniti sono arrivate anche le soluzioni a questi problemi. Sono stati introdotti i portainnesti americani, resistenti alla fillossera, e più recentemente sono stati sviluppati i vitigni PIWI, anch’essi resistenti alle malattie fungine e più sostenibili dal punto di vista ambientale.Un Prodotto in Continua Evoluzione
Il vino è quindi un prodotto che cambia continuamente, influenzato dalla scienza, dall’economia e dalla cultura. Il dibattito tra tradizione e innovazione è sempre aperto e rappresenta uno degli aspetti fondamentali che definiscono il presente e il futuro del mondo del vino.Ma il capitolo non rischia di presentare un quadro eccessivamente dicotomico tra tradizione e innovazione, trascurando le sfumature intermedie e la complessità del rapporto tra questi due concetti nel mondo del vino?
Il capitolo descrive efficacemente l’evoluzione tecnica e scientifica della produzione vinicola, ma potrebbe beneficiare di una maggiore analisi delle dinamiche socio-culturali che influenzano la percezione e il consumo del vino. Per una comprensione più completa, sarebbe utile approfondire studi sociologici e antropologici sul cibo e sul vino, esplorando autori come Pierre Bourdieu, che ha analizzato le dinamiche sociali legate al gusto e al consumo, o Massimo Montanari, esperto di storia dell’alimentazione, per contestualizzare storicamente le trasformazioni del prodotto vino.2. Tra Mito del Vino Contadino e Regole Europee
Il Fascino del Vino Contadino
Spesso si discute del vino mettendo in contrasto due tipi di prodotto: quello fatto dai contadini e quello industriale. Questa distinzione è diventata popolare grazie a scrittori come Mario Soldati e Luigi Veronelli. Loro sostenevano che il vino fatto in modo artigianale, legato alle tradizioni e al lavoro manuale, fosse migliore del vino moderno, creato con tecniche scientifiche e prodotto dalle industrie. Questa idea romantica vede il vino contadino come più vero e autentico, mentre considera il vino industriale come qualcosa di uguale per tutti e di qualità inferiore.Oltre la Semplice Contrapposizione
Però, questa divisione tra vino contadino e industriale va guardata meglio. Dire che il vino contadino è sempre meglio spesso nasce dal desiderio di tornare al passato e dalla diffidenza verso le novità e la tecnologia applicata all’agricoltura e alla produzione di cibo. In realtà, ogni vino, che sia fatto in campagna o in fabbrica, è il risultato di un certo modo di lavorare. La qualità dipende da quanto bene questi metodi sono adatti al luogo e alle materie prime utilizzate.Le Normative Europee e la Salute
Insieme a questo discorso, si parla anche delle regole europee sul vino. Ad esempio, l’Irlanda ha proposto di mettere sulle etichette informazioni sui rischi per la salute legati all’alcol. Questa decisione è stata spesso capita male e usata per fare polemica. In realtà, non è un attacco al vino o al modo di mangiare mediterraneo, ma un modo per proteggere la salute pubblica, informando le persone sui possibili pericoli dell’alcol. L’Unione Europea ha il compito di proteggere sia il mercato unico che la salute dei cittadini, e questa norma irlandese va in quella direzione. Regole simili esistono già in altri paesi. L’Europa permette la libera circolazione dei prodotti, ma riconosce anche che ogni nazione può prendere misure specifiche per problemi di salute come l’alcolismo.Un Mondo del Vino Complesso
Il confronto tra vino contadino e industriale e la discussione sulle etichette europee mostrano quanto sia complesso il mondo del vino. In questo mondo si mescolano tradizioni culturali, idee sulla qualità, regole e la necessità di dare informazioni chiare ai consumatori.È davvero sufficiente liquidare la contrapposizione tra vino contadino e industriale come una semplice nostalgia del passato, ignorando le reali differenze in termini di sostenibilità ambientale e impatto socio-economico?
Il capitolo sembra minimizzare le preoccupazioni legate alla standardizzazione del vino industriale, riducendole a mera “diffidenza verso le novità”. Per rispondere a questa domanda, sarebbe utile approfondire studi sull’agricoltura sostenibile e l’economia delle piccole produzioni, magari leggendo autori come Carlo Petrini, che esplorano le implicazioni culturali ed ambientali delle scelte alimentari.3. Vino e Salute: Un’Analisi Oggettiva
Non è vero che il vino fa bene alla salute. Dal punto di vista scientifico, non ci sono prove a sostegno di questa idea. L’alcol, presente anche nel vino, non è una sostanza raccomandabile per la nostra salute. Infatti, l’alcol può avere effetti negativi sul corpo. Spesso, nella cultura comune, si pensa che il vino abbia delle proprietà speciali, ma in realtà è una bevanda alcolica come le altre. Contiene etanolo, una sostanza che può creare problemi al nostro organismo.Le persone fanno spesso cose che sanno essere rischiose per la salute, semplicemente perché sono piacevoli. Questo è un comportamento umano normale. Però, bere alcol è diverso da altre scelte sbagliate per la salute. Quando si beve alcol, si introduce direttamente nel corpo una sostanza dannosa. Le regole dello Stato dovrebbero tenere conto di questa differenza. Non bisogna proibire il consumo di alcol in modo eccessivo, perché sarebbe impossibile da fare rispettare. Però, è giusto che le persone siano consapevoli dei rischi e possano scegliere liberamente cosa fare.Il vino non è solo una bevanda alcolica come le altre. Ha un ruolo importante nella cultura. Da migliaia di anni, fa parte delle tradizioni sociali e religiose di molti popoli. Soprattutto nei paesi del Mediterraneo, il vino è molto legato alla storia e alla cultura. Per questo motivo, è difficile considerarlo solo come una bevanda alcolica qualsiasi. Però, se guardiamo alla salute, la sua importanza culturale non cancella i rischi che l’alcol comporta.L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dice che l’alcol è una sostanza che crea dipendenza e che può danneggiare la salute in molti modi. Bere alcol è legato a molte malattie e problemi. Anche bere poco alcol può essere rischioso, soprattutto per il rischio di tumori. Alcuni studi dicono che bere vino potrebbe avere dei benefici, come ridurre il rischio di diabete o proteggere il cuore. Però, questi studi vengono spesso interpretati male. Non vuol dire che bere alcol faccia bene alla salute. Anzi, i possibili benefici sono molto meno importanti dei rischi di ammalarsi di tumore e di altre malattie.A volte, pensiamo che il vino faccia bene perché siamo influenzati dalle nostre idee e abitudini. Il vino è legato alla nostra cultura e ci piace berlo. Per questo, tendiamo a credere di più agli studi che parlano dei benefici del vino e a non considerare quelli che parlano dei rischi. Per avere un’idea giusta, dobbiamo considerare il consumo di vino insieme ad altri aspetti della nostra vita, come lo stile di vita e l’alimentazione. Le culture del Mediterraneo, dove si beve vino, hanno anche altre abitudini sane, che possono spiegare i benefici che a volte vengono attribuiti al vino.Il vino ha un valore culturale e può essere bevuto con piacere e moderazione. Però, è importante sapere che non è una bevanda che fa bene alla salute. Le iniziative per la salute pubblica dovrebbero informare le persone sui rischi del consumo di alcol e aiutarle a fare scelte consapevoli. Non bisogna far credere che il vino abbia benefici per la salute che non sono dimostrati.Ma è davvero logico pensare che il sistema delle denominazioni, nato in Francia e poi adottato in Italia, abbia portato solo benefici al mondo del vino, senza creare nuove rigidità o esclusioni?
Il capitolo presenta l’evoluzione delle denominazioni come una storia di successo lineare, quasi teleologica, dimenticando che ogni sistema di regole porta con sé anche delle limitazioni e delle zone d’ombra. Per rispondere a questa domanda, sarebbe utile approfondire la storia economica e sociale delle denominazioni, analizzando criticamente il lavoro di autori come Pierre Bourdieu, che ha studiato come i campi sociali, inclusi quelli culturali ed economici, creino sistemi di valore e gerarchie, spesso implicite ed escludenti. Inoltre, una riflessione sulle teorie del valore e del mercato, come quelle proposte da autori come Karl Polanyi, potrebbe aiutare a comprendere meglio le dinamiche complesse che si nascondono dietro la facciata rassicurante delle denominazioni di origine.5. Nomi Geografici e Verità nel Bicchiere: Champagne, Prosecco e le Regole del Vino
Regolamentazione del commercio internazionale del vino
Il commercio internazionale del vino è regolato dall’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). L’OMC è nata nel 1995 dagli accordi del GATT. Un aspetto molto importante è la protezione della proprietà intellettuale, che include le indicazioni geografiche (IG). Secondo l’OMC, le indicazioni geografiche proteggono i nomi di prodotti legati a un territorio. La protezione delle indicazioni geografiche è però meno forte rispetto a quella delle Denominazioni di Origine Protetta (DOP) europee.La differenza di tutela tra indicazioni geografiche e DOP
Questa differenza spiega perché negli USA è permesso usare “Champagne” per vini californiani. L’accordo TRIPS dell’OMC prevede delle eccezioni per usi continuativi precedenti al 1994 o fatti “in buona fede”. Queste eccezioni permettono agli USA di continuare a usare “California Champagne” come termine semi-generico. Questo è possibile grazie a una “clausola del nonno” che protegge gli usi esistenti prima del 2006. Al contrario, in Europa, le DOP e le IGP impediscono che i nomi geografici diventino nomi generici.Il caso del Prosecco: da vitigno a DOP
La situazione del Prosecco è diversa. Negli USA non si produce “California Prosecco” perché l’uva Prosecco non veniva coltivata lì in passato. Invece, in Brasile, Argentina e Australia, gli emigranti italiani hanno continuato a chiamare “Prosecco” i vini fatti con l’uva Prosecco, considerando Prosecco come il nome dell’uva. Però, nel 2009, nell’UE, “Prosecco” è diventato una DOP, cioè un nome geografico protetto. Da quel momento, “Prosecco” non è più solo il nome di un vitigno, che ora si chiama Glera. L’Unione Europea ha stretto accordi con il MERCOSUR e ha provato a fare lo stesso con l’Australia per limitare l’uso del nome “Prosecco” fuori dall’Italia e proteggere la DOP.Nuove normative sull’etichettatura e trasparenza per il consumatore
Parallelamente, dal 2023, l’UE ha introdotto nuove regole per rendere più trasparenti le etichette del vino. Queste regole prevedono l’obbligo di indicare gli ingredienti e i valori nutrizionali. In Italia, però, c’è una situazione particolare: non è sempre obbligatorio indicare il vitigno sull’etichetta dei vini che non sono DOP o IGP. Questo vuol dire che le informazioni per il consumatore sono limitate. Questa situazione è diversa rispetto alla Francia, dove i “Vin de France” danno valore all’indicazione del vitigno.Genuinità del vino e pratiche enologiche
Infine, si parla di quanto sia genuino il vino. Le sofisticazioni e le frodi sono illegali. Però, ci sono anche pratiche enologiche legali, che servono a rendere il vino più limpido e a conservarlo meglio. La limpidezza è apprezzata da molto tempo, anche perché si pensava che un vino limpido si conservasse meglio. Esistono molte pratiche enologiche legali, ma non sono sempre necessarie e non significano che il vino sia di qualità inferiore. La qualità del vino dipende soprattutto dall’uva. La trasparenza in etichetta, con le nuove regole, vuole aiutare i consumatori a essere più consapevoli, senza fare generalizzazioni sulla “naturalità” o “artificialità” del vino.Ma la tutela europea del nome “Prosecco” è davvero una vittoria per il consumatore o una manovra protezionistica che limita la libera competizione e la trasparenza del mercato globale del vino?
Il capitolo presenta la trasformazione del Prosecco in DOP come un successo nella tutela dei nomi geografici e nella difesa del consumatore. Tuttavia, manca una prospettiva critica sulle implicazioni di tale protezione. È fondamentale considerare se questa rigida regolamentazione, pur proteggendo un nome e un territorio, non finisca per limitare l’innovazione e la competizione nel mercato globale del vino, e se i benefici per il consumatore siano reali o si traducano in un aumento dei prezzi e in una minore scelta. Per una visione più ampia, sarebbe utile approfondire le dinamiche del commercio internazionale e le teorie economiche sul protezionismo, consultando autori come Ha-Joon Chang.Abbiamo riassunto il possibile
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