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Contenuti del libro
Informazioni
“Nella camera oscura” di Susan Faludi ti porta dentro una storia pazzesca e super intima. Immagina di ricevere un’email da tuo padre, che non senti da anni, che ti dice che ora è una donna, Stefánie, e ti manda le sue foto dopo l’intervento in Thailandia. Questo è l’inizio del viaggio di Susan per capire chi fosse davvero suo padre, István, un uomo che ha vissuto mille vite: ebreo ungherese sopravvissuto all’Olocausto a Budapest, fotografo in Brasile, padre in America, e infine Stefánie. Il libro scava a fondo nel concetto di identità – non solo quella di genere, ma anche quella nazionale e religiosa, esplorando come la storia ungherese, i traumi passati e il bisogno di nascondersi abbiano plasmato la sua vita. È un racconto potente sulla memoria, sulle maschere che indossiamo e sul difficile rapporto tra padre e figlia, ambientato tra le strade di Budapest e i ricordi di una vita intera. Non è solo la storia di una transizione di genere, ma un’indagine complessa su cosa significa essere sé stessi in un mondo pieno di aspettative e segreti, un vero e proprio scavo nella camera oscura della storia familiare e personale.Riassunto Breve
Una persona comunica via email la decisione di smettere di impersonare un “macho aggressivo” e annuncia la transizione a Stefánie, inviando foto post-intervento dopo circa venticinque anni di assenza. In passato, questa persona era una figura patriarcale, appassionata di attività pratiche, spesso ritirata o incline a monologhi tecnici. La figlia, una giornalista, cerca un contatto e si reca a Budapest. La conversazione telefonica è dominata da dettagli tecnici dell’intervento e problemi burocratici, con difficoltà nella comunicazione personale. L’incontro a Budapest rivela la nuova identità visiva, ma persistono tratti familiari come lo sguardo e la propensione a parlare di dettagli pratici, come un camper. Le reazioni sociali e i commenti sulla percezione come “signora” evidenziano nuove dinamiche. Il passato in Ungheria, l’infanzia ebraica a Budapest prima della guerra e le esperienze traumatiche durante l’occupazione nazista emergono in frammenti. La professione di fotografo, con l’abilità nel ritocco e nella manipolazione delle immagini, è un elemento chiave, contrapponendosi al desiderio della figlia di “mostrare” la verità. Una casa a Budapest, fortificata e protetta, riflette un desiderio di sicurezza e esibizione, contenendo oggetti del passato maschile accanto a elementi della nuova identità femminile. Il cambio di nome da Friedman a Faludi indica un allontanamento dalle origini ebraiche per affermare un’identità ungherese. L’identità è complessa, un mix di scelta ed eredità storica, culturale, familiare. La “crisi d’identità” e il “totalismo” portano a negare aspetti indesiderati del passato per costruire una nuova coerenza. La nuova identità è presentata attraverso abiti, cosmetici e contenuti digitali, inclusi fotomontaggi e fantasie online di femminilizzazione forzata, che contrastano con l’immagine pubblica di “signora rispettabile”. C’è resistenza a confrontarsi con il passato; vecchie foto e luoghi sono evitati, insistendo che il sé precedente non esiste più. La storia ungherese è costruita su miti e traumi, come la perdita territoriale del Trianon. Figure di origine straniera hanno contribuito all’identità ungherese. Durante l’età dell’oro, gli ebrei ungheresi raggiunsero alta assimilazione, adottando nomi e costumi ungheresi, nascondendo l’identità ebraica. La transizione di genere si affianca a questa complessità storica, descritta come la scoperta di un ruolo più adatto dopo essersi sentito inadeguato nel ruolo maschile. Il passato è idealizzato, minimizzando l’antisemitismo. La visita all’appartamento d’infanzia rivela degrado e perdita, creando un contrasto tra memoria e realtà. La reazione intensa alla perdita e ai conflitti familiari irrisolti (divorzio, sentirsi “cacciato”) usa un linguaggio che richiama il trauma del Trianon, collegando frammentazione personale e storica. Le esperienze di transizione mostrano tensione tra bisogno di categorie definite e complessità dell’identità; alcuni si sentono a metà strada, desiderando fluidità ma subendo pressione sociale per un’identità chiara. Le prime autobiografie trans presentano la transizione come rinascita totale, cancellando il passato e adottando ruoli stereotipati, ignorando complessità psicologiche. Figure storiche come Harry Benjamin hanno imposto protocolli binari, mentre Magnus Hirschfeld sosteneva un continuum. La ricerca di un’unica identità definita ignora storia personale e traumi passati, come le persecuzioni subite come ebreo. L’Ungheria ha difficoltà a confrontarsi con il passato, specialmente l’Olocausto e la complicità nazionale. La storia ufficiale minimizza il ruolo ungherese nelle leggi antiebraiche, ghettizzazione e deportazioni. Questa reticenza nazionale si riflette a livello individuale; molti ebrei ungheresi svilupparono un “turbamento psicologico”, avversione per il proprio passato e comportamenti per nascondere l’identità ebraica. L’assimilazione non garantì sicurezza, poiché l’antisemitismo colpì gli ebrei assimilati visti come “nascosti”. Budapest moderna maschera cicatrici del passato. Il clima politico vede ascesa di estrema destra, nazionalismo esclusivo e intolleranza verso minoranze, inclusa la comunità transgender. Nonostante leggi di tutela, paura e discriminazione persistono, costringendo a nascondere aspetti dell’identità. La performance di identità, storica per la sopravvivenza ebraica e attuale per l’accettazione transgender, è una strategia per navigare una società non inclusiva e non riconciliata con la storia di persecuzione. La storia ungherese post-comunista ricostruisce un mito nazionale cristiano, marginalizzando la presenza ebraica. Censimenti mostrano quasi assenza di ebrei, molte famiglie nascondono origini. L’antisemitismo europeo e ungherese associava l’uomo ebreo a caratteristiche femminili, debolezza, devianza sessuale, in contrasto con l’idealizzata donna ebrea. Un giovane ebreo ungherese, István, cresce in questo contesto, fugge in Brasile nel 1948, luogo di mescolanza e rifugio da rigide categorie. Vive un periodo di libertà come fotografo e cineasta, esplorando il paese. Ottiene visto con falsificazioni. Lascia il Brasile per gli USA nel 1953, in parte per un legame sentimentale. Negli USA, tenta di conformarsi al modello del marito e padre americano, periodo segnato da crisi della mascolinità americana. Il matrimonio fallisce, il divorzio scatena violenza che riflette traumi passati, inclusa la rottura della famiglia d’origine durante la guerra. La lotta per identità e genere continua, culminando nella transizione in età avanzata, vista anche sullo sfondo storico della femminilizzazione dell’uomo ebreo nell’immaginario antisemita. La ricerca di identità stabile attraversa diverse fasi e paesi. La riattribuzione chirurgica di genere avviene in Thailandia, aggirando protocolli medici. Una valutazione psicologica che non raccomanda l’intervento viene scartata; se ne ottiene un’altra pagando extra. Si falsifica una lettera di raccomandazione. La data di nascita sul certificato chirurgico è alterata e poi modificata di nuovo per i documenti ufficiali. Una valutazione scartata descrive sviluppo psicosessuale disordinato, incertezza sull’identità oltre il genere, disarmonia dei desideri. Questa analisi complessa è rifiutata per una definizione più semplice e assoluta tramite l’intervento fisico. L’Ungheria affronta crisi di identità nazionale; partiti di destra e estremisti definiscono identità in opposizione a minoranze. Attacchi e discorsi d’odio si verificano. La ricerca di “pura” identità nazionale è una pseudo-soluzione a problemi economici e sociali. L’identità, personale e nazionale, è costruita e difesa manipolando la verità ed escludendo ciò che non si adatta alla narrazione desiderata. L’identità è ciò che la società accetta; conformarsi serve a evitare conflitti. Le relazioni familiari sono segnate da distanze. La famiglia Grünberger ha forti dissidi, specialmente tra padre e genitori. Il padre, István (Pista), cresce sentendosi trascurato e solo. I genitori appaiono emotivamente distanti. Il padre Jenő è freddo e critico, arrivando a diseredare Pista. Durante la Seconda Guerra Mondiale, Pista compie atti di coraggio per salvare genitori e altri ebrei, impersonando membri delle Croci Frecciate. Questa capacità di “recitare un ruolo” e “scamparla” (sopravvivere) diventa strategia fondamentale. Nonostante i salvataggi, il rapporto con i genitori rimane teso. La capacità di assumere identità diverse per sopravvivere si manifesta anche dopo. La transizione di genere è vista come altra forma di questa strategia, ma da donna non sente più di recitare, ma di essere sé stessa. L’accettazione come donna è più facile dell’accettazione come ungherese pur essendo ebreo. Il contesto ungherese attuale, con il governo che ridefinisce identità nazionale e memoria dell’Olocausto, evidenzia tensioni tra storia ufficiale e vissuto individuale. La visita alla sinagoga riformista Szim Salom, dove il padre si nascose, simboleggia ritorno e riconciliazione con le radici ebraiche. La benedizione dello Shabbat data dal padre alla figlia in sinagoga rappresenta connessione e trasmissione. La demenza manifesta un afflusso del passato, portando a galla traumi e identità represse. Un uomo anziano sviluppa paranoia e allucinazioni radicate nella sua storia, credendo di essere perseguitato da nazisti o Croci Frecciate. Viene ricoverato in ospedale ma evade, convinto che il personale non accetti la sua identità transgender o lo perseguiti perché ebreo. Trasforma l’esperienza in una bravata. Le allucinazioni diventano la sua realtà; vede spie, intrusi che modificano la sua identità online. I tentativi di assistenza sono respinti. Capire la sua mappa mentale e validare le sue percezioni diventa l’unico modo per comunicare. Viene ricoverato di nuovo dopo aver chiamato la polizia per un presunto piromane, ma viene portato via lui stesso. Muore in ospedale, in un reparto femminile. La causa del decesso non è chiara. Dopo la morte, la casa rivela strati di vita nascosta. In cantina, documenti ufficiali tracciano la storia familiare e le sue identità. In soffitta, chiusa a chiave, attrezzature fotografiche professionali e vecchi abiti da uomo, simboli di professioni e identità maschili messe via. La casa appare come un luogo dove pezzi di storia e identità sono stati rinchiusi. La vita è stata una ricerca continua per definire chi fosse: ebreo o cristiano, ungherese o americano, uomo o donna. La morte presenta l’unica divisione netta, l’unica coppia binaria in un’esistenza dove tutto il resto appare fuso e malleabile. Tra i suoi effetti personali in ospedale si trovano oggetti che richiamano identità femminile (orecchini di perle) e maschile (libro del bar mitzvah).Riassunto Lungo
1. Dietro l’immagine
Un padre comunica via email una decisione importante: non vuole più essere visto come un “macho aggressivo”. Annuncia la sua transizione a Stefánie e invia foto che la mostrano dopo un intervento chirurgico fatto in Thailandia. Questa email arriva dopo circa venticinque anni in cui i contatti con la figlia sono stati quasi inesistenti. Prima di questo cambiamento, il padre era una figura forte e autoritaria in famiglia, con passioni per le attività all’aperto e il bricolage. Spesso si chiudeva in sé o parlava a lungo di argomenti tecnici.Il tentativo di riconciliazione
La figlia, che fa la giornalista, prova a riavvicinarsi chiamando il padre prima di andarlo a trovare a Budapest. Lui è tornato a vivere lì dopo la fine del comunismo nel 1989. Durante la telefonata, il padre parla soprattutto di dettagli tecnici dell’operazione, di problemi con la burocrazia e si lamenta dei beni di famiglia che dice gli siano stati rubati in Ungheria. È difficile per loro parlare di cose più personali.L’incontro a Budapest
Quando si incontrano all’aeroporto di Budapest, la figlia vede per la prima volta il padre nella sua nuova identità di Stefánie. Nota i dettagli del suo aspetto e del suo modo di fare. Anche se fuori è cambiata, la figlia riconosce tratti familiari, come lo sguardo e l’abitudine di concentrarsi su cose pratiche e tecniche. Il padre commenta come le persone la trattino ora che è vista come una “signora”, mettendo in luce le nuove reazioni sociali che percepisce. Parla con entusiasmo del suo nuovo camper Volkswagen, un altro esempio della sua attenzione per i dettagli materiali.Un passato di immagini e maschere
Vengono alla luce frammenti del passato del padre in Ungheria: la sua infanzia ebraica a Budapest prima della guerra e le esperienze difficili vissute durante l’occupazione nazista. Un aspetto fondamentale della sua vita è la sua professione di fotografo. Era molto bravo a ritoccare e modificare le immagini per nascondere difetti o cambiare la realtà. Questa tendenza a “mascherare” e controllare come appare la realtà si scontra con il lavoro della figlia, che come giornalista cerca di “mostrare” e scoprire la verità.La transizione del padre è davvero solo l’ennesima “maschera” per nascondere la realtà, come suggerisce il contrasto con il lavoro della figlia?
Il capitolo mette in forte contrasto l’arte del padre, volta a manipolare l’immagine, con il mestiere della figlia, orientato alla ricerca della verità. Questo schema interpretativo rischia di appiattire la complessità di una transizione di genere, che per molti individui rappresenta l’esatto opposto di un mascheramento: un tentativo di allineare l’esteriorità con un’identità interiore profondamente sentita. Per comprendere meglio questa dinamica, sarebbe utile approfondire gli studi sulla psicologia dell’identità di genere e sulla sociologia delle transizioni, magari leggendo autori che trattano il tema dell’identità personale e sociale.2. La fortezza dell’identità costruita
Una casa sulle colline di Hegyvidék, a Budapest, si presenta come una vera e propria fortezza. È protetta da recinti robusti, sistemi di allarme sofisticati e cancelli sempre chiusi, trasmettendo un forte senso di sicurezza e isolamento. Questa enfasi sulla protezione si unisce a un desiderio di essere notati, visibile sia nell’architettura esterna che negli arredi interni. All’interno, la casa custodisce oggetti che raccontano storie diverse: da un lato, ci sono tracce di un passato maschile, come manuali tecnici e abiti da uomo, dall’altro, emergono elementi che definiscono una nuova identità femminile, creando un contrasto evidente. Questo contrasto evidente suggerisce fin da subito una storia complessa legata all’identità.Una nuova identità in costruzione
La persona che vive in questa casa ha compiuto un passo significativo nel definire la propria identità, cambiando il cognome da Friedman a Faludi. Questo cambiamento non è solo formale, ma simboleggia un netto distacco dalle origini ebraiche per abbracciare e affermare un’identità ungherese. L’identità stessa è un concetto profondamente dibattuto; ci si chiede quanto sia una scelta personale e quanto invece sia determinato dall’eredità storica, culturale e familiare che portiamo con noi. Lo psicologo Erik Erikson ha esplorato a fondo questi temi, descrivendo la “crisi d’identità” come un momento cruciale di ridefinizione. Erikson ha anche parlato del “totalismo”, un meccanismo psicologico che porta a negare o rifiutare gli aspetti del passato che non si adattano alla nuova immagine di sé che si vuole costruire, cercando una coerenza a volte forzata. Questo processo di negazione del passato sembra rispecchiarsi nel cambio di nome e nel desiderio di affermare una nuova appartenenza.L’immagine pubblica e le fantasie nascoste
La costruzione di questa nuova identità viene attivamente presentata e promossa, sia attraverso l’aspetto fisico che tramite i canali digitali. Vengono esibiti con cura abiti e cosmetici che definiscono l’immagine desiderata. Ma è soprattutto online che si manifesta in modo significativo questa nuova persona. Si trovano fotomontaggi dove il nuovo volto viene sovrapposto a corpi femminili diversi, e una vasta raccolta di fantasie digitali. Tra queste, spiccano narrazioni di femminilizzazione forzata, storie che spesso implicano temi di sottomissione e una trasformazione sessualizzata del sé. Questa dimensione digitale e le fantasie esplorate online sembrano creare una tensione o addirittura una contraddizione con l’immagine pubblica di “signora rispettabile” che la persona cerca di proiettare nella vita di tutti i giorni. La coesistenza di queste due sfere solleva interrogativi sulla completezza o frammentazione dell’identità presentata.Il confronto (evitato) con il passato
Parallelamente alla costruzione e all’esibizione della nuova identità, emerge una chiara resistenza a confrontarsi con il passato. Vecchie fotografie che ritraggono la vita precedente vengono evitate o minimizzate nella loro importanza. Anche i luoghi che un tempo erano significativi vengono liquidati come irrilevanti per la persona attuale. C’è un’insistenza quasi ossessiva sul fatto che il sé di prima non esista più, come se fosse stato completamente cancellato. Tutta l’attenzione viene focalizzata sulla nuova identità presente, quella che si è scelto di essere. Questa dinamica crea una tensione costante: da un lato, c’è il forte desiderio di mostrare al mondo questa nuova persona, con i suoi attributi e le sue scelte; dall’altro, c’è la necessità altrettanto forte di mantenere nascosti gli aspetti del passato, inclusi quelli che, paradossalmente, potrebbero aver contribuito in qualche modo alla formazione dell’identità attuale. Un episodio di violenza passato, legato alla difesa di un ruolo maschile nella casa, ad esempio, sembra far parte di quel passato che si cerca di non mostrare, in quanto stride con la presentazione attuale di sé.Affrontare la costruzione di una nuova identità, che include il passaggio da un’identità maschile a una femminile, usando concetti come ‘totalismo’ non ignora forse la specificità di tale percorso?
Il capitolo, pur citando Erikson, sembra applicare concetti generali di crisi d’identità e “totalismo” a una trasformazione che appare legata specificamente all’identità di genere. Questo approccio rischia di non cogliere le sfumature e le complessità proprie dei percorsi di transizione. Per approfondire, sarebbe utile esplorare la psicologia dell’identità di genere, i lavori sulla costruzione sociale del genere e le teorie che vanno oltre i modelli classici di sviluppo identitario, considerando autori che hanno discusso l’identità come performance o costruzione sociale.3. Le illusioni del passato
La storia ungherese è intessuta di miti e segnata da traumi profondi. Uno dei più significativi è la perdita di vasti territori e popolazione con il trattato del Trianon, spesso descritto come uno smembramento doloroso. Figure di origine straniera hanno giocato ruoli importanti, contribuendo a definire in modo complesso l’identità nazionale. C’è stato un periodo, chiamato ‘età dell’oro’, in cui gli ebrei ungheresi si sono ampiamente assimilati alla cultura dominante. Hanno dato un contributo notevole all’economia e alla vita culturale, spesso adottando nomi e usanze ungheresi per essere pienamente accettati. Tuttavia, questa assimilazione richiedeva di fatto di nascondere la propria identità ebraica.La ricerca di identità personale
La ricerca di una nuova identità, come quella legata alla transizione di genere del padre, si inserisce in questa complessa storia. La sua transizione è vista come la scoperta di un ruolo finalmente adatto, dopo essersi sentito a lungo inadeguato in un ruolo maschile. Il padre tende a idealizzare il passato, compresa l’età dell’oro e la sua casa d’infanzia, minimizzando aspetti negativi come l’antisemitismo. La visita all’appartamento dove ha trascorso l’infanzia rivela un luogo degradato e la perdita della proprietà familiare. Questo crea un forte contrasto tra il suo ricordo idealizzato e la dura realtà del presente. La sua reazione a questa perdita, e ai conflitti familiari irrisolti come il divorzio e il sentirsi allontanato da casa, è molto intensa. Usa un linguaggio che ricorda il trauma nazionale del Trianon, collegando così la sua frammentazione personale alla ferita storica del paese.La transizione di genere è davvero solo un’altra “identità recitata” o una “strategia” di adattamento, come suggerisce il capitolo?
Il capitolo stabilisce un legame diretto tra la capacità del protagonista di “recitare un ruolo” per sopravvivere durante la guerra e la sua successiva transizione di genere, definendo quest’ultima come “un’altra forma di questa strategia di cambiamento e adattamento”. Sebbene il testo specifichi che nella transizione di genere non si sente più di recitare ma di essere sé stesso, l’iniziale inquadramento come una continuazione della “strategia” di sopravvivenza rischia di semplificare eccessivamente la complessità dell’identità di genere e potrebbe essere percepito come riduttivo o persino patologizzante. Per comprendere meglio le sfumature di questa connessione e le differenze cruciali tra l’assunzione di un ruolo per necessità e l’affermazione della propria identità autentica, sarebbe utile approfondire gli studi sulla psicologia del trauma e sui meccanismi di coping, nonché le teorie sull’identità sociale e di genere. Autori come Erving Goffman, per la sua analisi della presentazione del sé nella vita quotidiana e dei ruoli sociali, e Judith Butler, per le sue riflessioni sulla performatività di genere, possono offrire prospettive diverse su come l’identità viene vissuta, espressa e talvolta “recitata”, distinguendo tra performance sociale e autenticità del sé.9. Confini dell’identità e l’ultima evasione
La demenza fa riemergere il passato, portando in superficie vecchi traumi e aspetti nascosti dell’identità. Un uomo anziano, che prima era lucido, inizia a mostrare segni di paranoia e allucinazioni legate alla sua storia personale. È convinto di essere perseguitato da figure del suo passato, come nazisti o membri delle Croci Frecciate, e vede intrusi nella sua casa. Questi episodi di paura lo portano a un primo ricovero in ospedale.La fuga e la realtà alterata
Nonostante il ricovero, l’uomo evade dall’ospedale, credendo che il personale non accetti la sua identità transgender o lo perseguiti in quanto ebreo. Trasforma questa fuga in una sorta di impresa coraggiosa. Le allucinazioni diventano la sua nuova realtà quotidiana. Vede spie ovunque e intrusi notturni che, a suo dire, copiano i suoi libri e alterano la sua identità online. Ogni tentativo di offrirgli assistenza o cure viene rifiutato con rabbia. L’unico modo per riuscire a comunicare con lui diventa cercare di capire la sua visione del mondo e dare valore alle sue percezioni.L’ultimo ricovero e la morte
Dopo aver chiamato la polizia per segnalare un presunto piromane nella sua cantina, l’uomo viene nuovamente ricoverato in ospedale. Questa volta, non fa ritorno a casa. Muore in ospedale, in un reparto femminile. Le circostanze esatte o la causa del suo decesso non vengono mai chiarite del tutto. Questo evento segna la fine di una vita complessa e tormentata, lasciando molte domande aperte sul suo percorso e sulle sue sofferenze interiori. La sua morte chiude un capitolo, ma apre la porta a nuove scoperte sul suo passato nascosto.Le scoperte nella casa
Dopo la sua scomparsa, l’esplorazione della sua casa rivela strati nascosti della sua esistenza. Nella cantina, vengono trovati documenti ufficiali come certificati di nascita, morte e matrimonio. Questi documenti permettono di ricostruire la storia della sua famiglia e le diverse identità che ha assunto nel tempo. Questi fogli ingialliti raccontano una storia di radici e appartenenze che si intrecciano e a volte si scontrano.Segreti in soffitta e l’identità
La soffitta, chiusa a chiave, custodisce altri segreti. Al suo interno, si scoprono attrezzature fotografiche professionali e una grande quantità di vecchi abiti da uomo. Questi oggetti sembrano simboleggiare professioni e identità maschili che sono state messe da parte o nascoste nel corso degli anni. La casa, con la sua cantina piena di documenti e la soffitta chiusa, appare come un luogo dove pezzi della sua storia e della sua vera identità sono stati confinati o dimenticati.Una vita alla ricerca di sé
Tutta la sua vita sembra essere stata una continua ricerca per definire chi fosse veramente. Ha navigato tra identità contrastanti: ebreo o cristiano, ungherese o americano, uomo o donna. Era un’esistenza in cui i confini apparivano fluidi e tutto sembrava potersi mescolare e cambiare forma. La morte si presenta come l’unica divisione netta, l’unica coppia binaria in un’esistenza dove ogni altra cosa è apparsa fusa e malleabile. Tra i suoi effetti personali trovati in ospedale, si trovano oggetti che richiamano sia la sua identità femminile, come orecchini di perle, sia quella maschile, come il libro del bar mitzvah.È sufficiente la scoperta di oggetti personali per definire una vita intera come una “continua ricerca per definire chi fosse veramente”, specialmente nel contesto della demenza?
Il capitolo presenta un’interpretazione suggestiva della vita del protagonista basata sui reperti trovati post-mortem, collegandola alla sua complessa identità e alla demenza. Tuttavia, attribuire un significato definitivo a oggetti e a un’intera esistenza, soprattutto quando la mente è alterata dalla malattia, rischia di semplificare eccessivamente la realtà. La demenza stessa può alterare la percezione del passato e del sé. Per esplorare meglio questa complessa intersezione tra identità, memoria, malattia neurologica e l’interpretazione postuma di una vita, sarebbe utile approfondire la psicologia della memoria e dell’identità, la neuropsicologia delle demenze e la sociologia degli oggetti e dello spazio domestico come riflesso del sé. Autori come Oliver Sacks o gli studi sulla material culture e l’identità potrebbero offrire prospettive più sfaccettate.Abbiamo riassunto il possibile
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