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Contenuti del libro
Informazioni
“Nel nome della croce. La distruzione cristiana del mondo classico” di Catherine Nixey ti porta nell’Impero Romano tardo per raccontare una storia diversa da quella che potresti conoscere. Non è un racconto di transizione pacifica, ma di un vero e proprio scontro tra il vivace paganismo romano, con i suoi templi, statue e filosofie, e l’ascesa del cristianesimo antico, una fede che vedeva il mondo come un campo di battaglia spirituale contro i demoni. Il libro esplora come, specialmente dopo l’era di Costantino, i cristiani, da perseguitati (anche se meno sistematicamente di quanto si pensi) divennero persecutori. Vedrai come vescovi e monaci guidarono la distruzione di templi pagani e statue, come ad Alessandria o Atene, e come la soppressione della filosofia classica e la censura dei libri antichi cambiarono per sempre il panorama culturale. È una storia di intolleranza religiosa crescente, di una nuova moralità basata sulla paura e sul controllo, e di come, nel nome della salvezza eterna, si giustificò la violenza e la coercizione per sradicare le vecchie credenze e imporre una nuova verità. Un libro che fa riflettere su quanto del mondo classico sia andato perduto in questo passaggio.Riassunto Breve
La transizione dall’Impero Romano pagano a quello cristiano non fu un processo pacifico o inevitabile, ma un periodo di conflitto intenso e imposizione da parte dei cristiani una volta ottenuto il potere. Per i primi cristiani, il mondo è un campo di battaglia spirituale dove i demoni, entità reali e numerose, cercano di rovinare l’umanità e si manifestano nelle religioni tradizionali romane, viste come opere demoniache da evitare a ogni costo. Questa visione porta a una forte intolleranza verso le altre fedi; permettere pratiche diverse non è libertà ma crudeltà, poiché condanna le anime alla dannazione eterna, e costringere qualcuno alla vera fede è visto come un atto d’amore. Intellettuali romani criticano il cristianesimo come irrazionale e basato su fede cieca, ma i cristiani rispondono distruggendo testi critici. La narrazione cristiana tradizionale sulle persecuzioni romane non corrisponde pienamente ai fatti storici; persecuzioni sistematiche furono rare nei primi secoli. Fonti non cristiane mostrano funzionari romani che considerano i cristiani una seccatura che disturba la pace, non nemici religiosi da sterminare, come nella lettera di Plinio a Traiano dove si stabilisce che i cristiani non devono essere attivamente ricercati. Molti ufficiali romani cercano di persuadere i cristiani a sacrificare per salvarli dalla condanna, vedendo la loro ostinazione come follia. D’altra parte, molti cristiani cercano attivamente il martirio per gloria eterna e perdono dei peccati, un comportamento visto con disgusto da non cristiani e alcuni cristiani. Il numero effettivo di martiri è limitato, concentrato in poche brevi fasi. La situazione cambia radicalmente dopo l’ascesa di imperatori cristiani come Costantino. La tolleranza romana non viene ricambiata. Il cristianesimo riceve ampio sostegno statale e le nuove leggi cristiane iniziano a proibire i culti pagani, a volte con la pena di morte. L’imperatore ordina la rimozione delle statue dai templi pagani, viste come oggetti sacri e dimore di demoni, per finanziare la Chiesa e umiliare gli antichi culti. Vescovi e monaci guidano attivamente la distruzione di templi, altari e statue, spesso con violenza. La violenza si manifesta anche contro le persone; gruppi come i parabolani ad Alessandria diventano una milizia al servizio del vescovo, responsabili di attacchi contro ebrei e non cristiani, culminando nell’omicidio della filosofa Ipazia. La transizione religiosa avviene in un clima di paura e intolleranza, non di spontanea adesione. L’ascesa del cristianesimo porta un cambiamento profondo nel rapporto con la cultura classica. La letteratura pagana, ricca di riferimenti a molteplici dèi, sesso e filosofie diverse, viene vista come pericolosa e demoniaca. Molti autori cristiani esprimono forte ostilità verso la filosofia e la letteratura pagana, promuovendo l’ignoranza come virtù. Questa ostilità porta a pratiche di censura e distruzione di libri considerati eretici o pagani; molti manoscritti classici vengono persi o raschiati via. Il tono della letteratura cambia, scomparendo la satira vivace e il dibattito filosofico aperto, emergendo sermoni e manuali morali basati sulla paura del giudizio divino e sulla condanna dei piaceri terreni. La franchezza sessuale del mondo classico viene censurata. Il concetto romano di godere il giorno, *Carpe Diem*, si contrappone alla morale cristiana che promuove modestia, controllo dei desideri e rifiuto delle indulgenze mondane. L’ideale ascetico cristiano implica un distacco radicale dalla vita mondana e dai piaceri del corpo. La moralità si sposta sul controllo dei pensieri e dei desideri, considerati peccaminosi anche senza azione. La Chiesa afferma la superiorità della legge divina su quella romana. La violenza contro pagani o cristiani peccatori è giustificata come un atto al servizio di Dio per salvare le anime. La sorveglianza reciproca e l’informazione alle autorità ecclesiastiche diventano strumenti di correzione spirituale. Le punizioni, anche fisiche, sono presentate come forme di misericordia per evitare castighi peggiori nell’aldilà. La coercizione e la violenza vengono giustificate da alcuni leader cristiani come strumenti necessari per la salvezza spirituale, una “crudeltà misericordiosa” per allontanare le persone dall’errore. Agostino di Ippona sostiene l’uso della forza, anche da parte dello Stato, per riportare gli eretici alla vera fede. L’imposizione dell’ortodossia si manifesta anche a livello imperiale attraverso leggi restrittive. Nel 529 d.C., l’imperatore Giustiniano emana un codice di leggi che limita l’attività dei non cristiani, culminando nella chiusura dell’Accademia di Atene, un centro storico di filosofia pagana. I filosofi pagani vengono perseguitati o costretti a fuggire. Le leggi imperiali mirano a eliminare il paganesimo e l’eresia, consolidando il cristianesimo come unica religione permessa. La forza dello Stato si unisce all’autorità religiosa per definire e imporre la verità, limitando la libertà di pensiero e pratica religiosa non conforme.Riassunto Lungo
1. La Nuova Guerra Spirituale di Roma
Nel tardo Impero romano, la vita pubblica è caratterizzata da un lusso sfrenato e una diffusa indulgenza, ben visibili negli sfarzosi bagni termali e nei banchetti sontuosi che animano la vita delle élite. Questo stile di vita mondano si pone in netto contrasto con la scelta radicale dell’ascesi, abbracciata da figure come sant’Antonio, che rinuncia a ogni bene materiale per ritirarsi nell’isolamento più estremo. Per questi primi cristiani, infatti, il mondo intero è percepito come un vasto campo di battaglia spirituale, dove le forze di Dio e quelle di Satana si scontrano continuamente per il dominio sulle anime umane. In questa lotta incessante, i demoni giocano un ruolo centrale, considerati entità reali e innumerevoli, la cui unica missione è rovinare l’umanità e allontanarla dalla salvezza divina. Essi non agiscono solo su vasta scala, ma cercano di tentare gli individui con pensieri impuri e si manifestano in varie forme per ingannare e corrompere.La visione cristiana del mondo e i demoni
I monaci, in particolare, si dedicano a combattere attivamente questi attacchi spirituali, studiando e catalogando le diverse manifestazioni e tentazioni demoniache per sviluppare metodi efficaci di resistenza, spesso trovando guida e forza nei passaggi biblici. In questa visione, le religioni tradizionali romane, con i loro pantheon di dèi e i loro elaborati riti, non sono considerate semplici credenze diverse, ma vere e proprie opere dei demoni, create appositamente per nutrirsi dei sacrifici offerti e allontanare le anime umane dalla vera fede in Cristo. Di conseguenza, tutto ciò che è legato al paganesimo, anche in minima parte, è visto come una fonte di pericolosa contaminazione spirituale da cui è indispensabile tenersi lontani, anche a costo di affrontare severe persecuzioni o persino il martirio. L’idea di un mondo intriso della presenza e dell’azione dei demoni definisce profondamente la percezione cristiana della realtà quotidiana e delle interazioni sociali. Ogni aspetto della vita che non sia esplicitamente orientato verso Dio può essere un varco per l’influenza maligna, rendendo la vigilanza spirituale una necessità costante.Le critiche degli intellettuali romani
Mentre il cristianesimo si diffonde, la sua natura e le sue dottrine attirano le critiche di importanti intellettuali del mondo romano, figure di spicco come il celebre medico Galeno e il filosofo Celso. Questi pensatori esprimono un forte scetticismo, considerando la fede cristiana irrazionale e priva di basi solide, fondata unicamente su una credulità cieca piuttosto che su argomentazioni razionali o prove empiriche. Essi tendono a vedere i cristiani come persone poco istruite, che disprezzano la ricerca della saggezza filosofica e che rivolgono il loro messaggio principalmente ai ceti più umili e agli emarginati della società romana. Celso, in particolare, nel suo scritto ‘Il Discorso Vero’, attacca frontalmente le dottrine centrali del cristianesimo, come la nascita verginale di Gesù e la sua resurrezione, definendole assurde, biologicamente impossibili o semplici rielaborazioni di miti e leggende più antiche già presenti nel mondo greco-romano. In questo contesto di dibattito intellettuale, anche teorie filosofiche alternative all’esistenza di un creatore divino, come la teoria atomica che spiegava l’origine e il funzionamento del mondo attraverso il movimento di particelle materiali, rappresentano per i pensatori cristiani un pensiero rivale da combattere e confutare con determinazione.La risposta cristiana: intolleranza e distruzione
Di fronte a queste critiche esterne e alla presenza di una pluralità di credenze religiose nel vasto Impero, la risposta della comunità cristiana si consolida in una posizione di marcata intolleranza verso le altre fedi. Secondo la prospettiva cristiana emergente, permettere agli individui di seguire credenze diverse dalla vera via non è affatto un atto di libertà o rispetto, ma piuttosto una forma di crudeltà, poiché significa condannare le loro anime alla dannazione eterna dopo la morte terrena. In questa logica, l’atto di costringere qualcuno ad abbandonare la propria religione per abbracciare la fede cristiana non è percepito come una violenza o una coercizione, ma al contrario come un supremo atto di amore, finalizzato a salvare l’anima dal terribile destino che l’attende altrimenti. Questa intransigenza si manifesta anche nella pratica di distruggere attivamente testi e scritti considerati critici nei confronti del cristianesimo o portatori di idee percepite come eretiche o dannose per la fede, nel tentativo di eliminare ogni traccia di pensiero concorrente. La Chiesa avanza con la ferma e inequivocabile convinzione di rappresentare l’unica e sola via corretta verso la salvezza divina, rifiutando categoricamente l’idea che popoli o nazioni diverse possano legittimamente possedere tradizioni religiose o leggi di venerazione proprie e valide.Come si può presentare la visione cristiana delle religioni romane come “opere dei demoni” senza contestualizzarla come una specifica interpretazione teologica polemica?
Il capitolo descrive la visione del mondo dei primi cristiani, inclusa la convinzione che le religioni tradizionali romane fossero creazioni demoniache. Tuttavia, presentare questa credenza senza sottolineare che si tratta di una interpretazione teologica interna del cristianesimo primitivo, piuttosto che una descrizione storica neutrale delle religioni romane, può creare confusione nel lettore. Fornire un contesto più ampio su come le diverse religioni interagivano e si percepivano reciprocamente nell’antichità, e su come la storiografia moderna approccia le fonti teologiche come espressioni di fede piuttosto che come fatti storici oggettivi sulla natura delle divinità altrui, aiuterebbe a chiarire questo punto. Per approfondire, si possono esplorare studi sulla storia delle religioni antiche, in particolare il politeismo romano e le sue interazioni con i culti monoteistici emergenti. Autori come Peter Brown o Robin Lane Fox offrono prospettive utili su questo periodo e sulle dinamiche tra le diverse fedi.2. Il Mito dei Martiri e la Reale Politica Romana
La narrazione tradizionale sulle persecuzioni romane contro i cristiani spesso non coincide con la realtà storica. È vero che l’imperatore Nerone perseguitò i cristiani dopo il grande incendio di Roma nel 64 d.C., utilizzandoli come capro espiatorio per mantenere l’ordine pubblico. Tuttavia, nei primi 250 anni del cristianesimo, le persecuzioni sistematiche e diffuse a livello imperiale furono eventi rari piuttosto che la norma.La visione romana: pragmatismo e fastidio, non sterminio
Le fonti storiche non cristiane offrono una prospettiva diversa. Ad esempio, la corrispondenza tra Plinio il Giovane, governatore della Bitinia, e l’imperatore Traiano, mostra che le autorità romane vedevano i cristiani più come una fonte di disturbo per la pace provinciale e i culti tradizionali che come veri nemici religiosi da annientare. Plinio, confrontato con un gran numero di accusati, chiede a Traiano come comportarsi, descrivendo i cristiani come “in pericolo” e manifestando una certa riluttanza a giustiziarli indiscriminatamente. La risposta di Traiano è improntata al pragmatismo: stabilisce che i cristiani non devono essere ricercati attivamente (“Conquirendi non sunt”) e che le denunce anonime sono inaccettabili, indicando una politica di moderazione e non di sterminio.Gli ufficiali romani e l’ostinazione cristiana
Molti racconti cristiani stessi confermano che gli ufficiali romani spesso cercavano di convincere i cristiani a compiere un semplice atto simbolico, come sacrificare agli dèi o all’imperatore. Questo non era fatto per dannarli, ma per offrire loro una via d’uscita dalla condanna, proponendo compromessi o concedendo tempo per riflettere. Le autorità romane tendevano a considerare l’ostinazione dei cristiani nel rifiutare questi atti come una forma di follia o testardaggine irragionevole, piuttosto che come una minaccia religiosa esistenziale.Il desiderio di martirio tra i cristiani
Dall’altra parte, esisteva un numero significativo di cristiani che non solo accettavano la possibilità del martirio, ma lo cercavano attivamente. Il martirio era visto come una via privilegiata per raggiungere la gloria eterna e come un mezzo potente per ottenere il perdono dei peccati. Questa prospettiva offriva benefici sociali e spirituali, rendendo il martirio attraente anche per categorie come donne e schiavi, che potevano così ottenere una forma di riconoscimento e uguaglianza spirituale. Alcuni, come i circoncellioni, arrivavano addirittura al suicidio per conseguire il martirio, un comportamento che suscitava disgusto sia tra i non cristiani sia in alcuni settori della comunità cristiana stessa.Il numero effettivo dei martiri e le fasi di persecuzione
Contrariamente alla percezione comune, il numero effettivo di cristiani che subirono il martirio fu relativamente limitato. Le stime storiche parlano di centinaia, non di migliaia, di individui. Queste morti si concentrarono in poche, brevi fasi di persecuzione orchestrate a livello imperiale, come quelle sotto gli imperatori Decio, Valeriano e la cosiddetta Grande Persecuzione sotto Diocleziano. Per la maggior parte del tempo, la politica generale del governo imperiale nei confronti dei cristiani fu quella di lasciarli in pace, a meno che non creassero disordini o rifiutassero apertamente di rispettare le leggi e le tradizioni romane quando esplicitamente richiesto.L’inversione di ruoli dopo Costantino
La situazione cambiò radicalmente con l’ascesa al potere di imperatori che aderirono al cristianesimo, in particolare Costantino. La tolleranza che il governo romano aveva mostrato verso il cristianesimo per gran parte dei primi secoli non fu ricambiata una volta che i cristiani ottennero il potere. Le nuove leggi promulgate dagli imperatori cristiani iniziarono a proibire i culti pagani. In alcuni casi, chi continuava a praticare sacrifici pagani poteva essere punito con la pena di morte. Un esempio emblematico di questa inversione di ruoli fu la distruzione del magnifico tempio di Serapide ad Alessandria nel 392 d.C. Una folla di cristiani, guidata dal vescovo Teofilo, rase al suolo il tempio, un atto che comportò anche la perdita di una vasta biblioteca ad esso associata. Questo evento fu percepito dai pagani come un atto di puro vandalismo e cupidigia, segnando l’inizio di un’era in cui la tolleranza religiosa divenne un privilegio riservato alla religione di stato.Davvero la “reale politica romana” fu solo “pragmatismo e fastidio”, e la successiva intolleranza cristiana una semplice “inversione di ruoli”?
Il capitolo, pur offrendo un’utile correzione alla narrazione tradizionale, rischia di semplificare eccessivamente le dinamiche in gioco. La politica romana verso i culti non era monolitica e poteva variare significativamente, e l’intolleranza cristiana post-Costantino fu un fenomeno complesso, legato all’affermazione di una religione di stato e alla repressione delle eresie interne oltre che dei culti pagani. Per approfondire queste sfumature, è consigliabile esplorare gli studi sulla storia della tarda antichità e la storia delle religioni, consultando opere di autori come Peter Brown o Robin Lane Fox.3. Quando le statue cadono
Dopo la conversione dell’imperatore Costantino, il cristianesimo riceve un forte sostegno dallo stato, che include finanziamenti e privilegi speciali. L’Editto di Milano proclama la libertà religiosa, ma nella pratica questa dichiarazione viene presto disattesa. Costantino inizia a promuovere attivamente la nuova fede, spesso a discapito delle religioni tradizionali. L’imperatore ordina la rimozione delle statue dai templi pagani. Questo viene fatto in parte per ottenere fondi per la Chiesa e la nuova capitale Costantinopoli, e in parte per umiliare gli antichi culti. Queste statue non sono viste solo come opere d’arte, ma come oggetti sacri, e la loro rimozione è considerata un sacrilegio. La distruzione è giustificata dalla credenza cristiana che gli idoli siano dimore di demoni, seguendo gli insegnamenti biblici che invitano a distruggere gli altari e le immagini delle altre divinità.Leggi severe e violenza contro persone e luoghi sacri
Le leggi imperiali diventano sempre più severe contro le pratiche pagane nel corso del IV secolo. Sacrifici agli dei, tentativi di divinazione e la venerazione di immagini vengono proibiti, con punizioni che possono arrivare fino alla condanna a morte. Vescovi e monaci, come Teofilo, Marcello, Martino e Benedetto, guidano attivamente la distruzione di templi, altari e statue. Spesso questi atti avvengono con violenza e persino con manifestazioni di giubilo. Queste azioni non sono casi isolati, ma fanno parte di una campagna diffusa e apertamente incoraggiata dalle autorità religiose e imperiali. La violenza si manifesta anche contro le persone. Gruppi come i parabolani ad Alessandria, inizialmente incaricati di assistere i malati, si trasformano in una vera e propria milizia al servizio del vescovo Cirillo. Essi sono responsabili di attacchi contro ebrei e non cristiani. La loro violenza culmina nell’omicidio brutale della filosofa Ipazia, un atto che mostra la brutalità di quel periodo.La vera storia dietro la conversione
Mentre alcuni storici successivi hanno presentato la transizione al cristianesimo come un processo pacifico o come un cambiamento inevitabile dovuto alla presunta debolezza del paganesimo, le fonti scritte da persone che hanno vissuto quell’epoca e le prove archeologiche raccontano una storia diversa. Queste testimonianze mostrano un quadro fatto di persecuzione, distruzione forzata e conversioni imposte. La rapida trasformazione religiosa dell’impero, che vede una minoranza cristiana diventare una vasta maggioranza in meno di un secolo, non avviene per spontanea adesione. Si verifica invece in un clima dominato dalla paura e da una forte intolleranza verso le credenze diverse, evidenziando la natura coercitiva di questo cambiamento storico.Ma questa visione ascetica e di rifiuto dei piaceri terreni è l’unica possibile o l’unica storicamente attestata nel cristianesimo?
Il capitolo offre una sintesi efficace di una corrente di pensiero, ma rischia di semplificare eccessivamente la complessità della storia cristiana. La visione del rapporto tra fede e vita terrena non è stata monolitica. Esistono, e sono esistite, diverse interpretazioni e sfumature. Per approfondire, è fondamentale studiare la storia del cristianesimo e la patristica, leggendo autori come Agostino o Tommaso d’Aquino, che offrono prospettive più articolate sul valore del creato e dei beni terreni.10. La Verità Imposta e la Fine della Filosofia
Alcuni leader cristiani giustificano l’uso della forza e della violenza, considerandole strumenti necessari per la salvezza spirituale. Chiamano questa pratica “crudeltà misericordiosa”, vista come un gesto d’amore per allontanare le persone dall’errore e dal peccato, garantendo così la loro salvezza eterna. Figure come Scenute in Egitto agiscono con decisione contro pagani ed eretici, distruggendo simboli e proprietà. Impongono anche regole severe nelle comunità monastiche per mantenere disciplina e ortodossia. Agostino di Ippona appoggia l’uso della forza, anche da parte dello Stato, per riportare gli eretici, come i Donatisti, alla vera fede. Cita il Vangelo (“costringili a entrare”) e sostiene che la punizione terrena è un piccolo prezzo per evitare la dannazione eterna. Lo scopo è la correzione e la salvezza, non la distruzione fine a se stessa.L’intervento dello Stato e la fine della filosofia pagana
L’imposizione dell’ortodossia si estende anche a livello imperiale attraverso leggi sempre più severe. Nel 529 d.C., l’imperatore Giustiniano emana un codice di leggi che limita fortemente le attività dei non cristiani. Questo porta alla chiusura dell’Accademia di Atene, un luogo storico di filosofia pagana. La chiusura segna un momento simbolico nella fine della filosofia pagana classica sotto il potere cristiano. I filosofi pagani vengono perseguitati o costretti a fuggire, trovando rifugio temporaneo in luoghi come la Persia. Le leggi imperiali mirano a eliminare paganesimo ed eresia, rendendo il cristianesimo l’unica religione permessa nell’Impero. Anche se istituzioni come l’Accademia chiudono ufficialmente, alcune forme di studio filosofico continuano in altri contesti, spesso in segreto o adattandosi. La forza dello Stato si unisce all’autorità religiosa per decidere e imporre la verità, limitando la libertà di pensiero e le pratiche religiose non conformi.Ma è davvero “salvezza” quella imposta con la forza e la violenza?
Il capitolo descrive come alcuni leader cristiani e lo Stato giustificassero l’uso della coercizione, persino violenta, in nome della “salvezza” e dell’ortodossia. Questo solleva interrogativi cruciali sulla compatibilità tra fede, libertà individuale e l’uso del potere per imporre una “verità”. Per comprendere meglio le implicazioni etiche e filosofiche di tale approccio, sarebbe utile approfondire la filosofia morale e politica, oltre alla storia del pensiero cristiano e tardoantico. Autori come Agostino stesso, ma anche pensatori che hanno criticato o analizzato il rapporto tra potere e religione, possono offrire prospettive essenziali.Abbiamo riassunto il possibile
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