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Contenuti del libro
Informazioni
“Morte di Adamo e altri racconti” di Elena Bono non è la solita raccolta di storie, ma un viaggio intenso che scava a fondo nel rapporto tra l’uomo e il divino, partendo dalle radici del peccato originale con la morte di Adamo e arrivando fino alla Passione di Cristo vista da angolazioni inaspettate. Il libro ci porta dalla Gerusalemme dove si prepara l’Ultima Cena, tra discepoli come Giovanni e Tommaso e figure toccanti come Abi il fattore, fino alla Roma imperiale, dove personaggi come Ponzio Pilato, sua moglie Claudia Procula, e filosofi come Seneca cercano di capire chi fosse quell’uomo crocifisso in Giudea e perché la sua storia sconvolga le loro vite e la loro ragione romana. Elena Bono esplora il peso del dolore universale, la colpa, e la difficoltà di accettare un Dio che si fa vittima, un agnello senza peccato, mettendo a confronto la fede semplice con gli interessi terreni e la logica del potere. È una lettura che ti fa riflettere su temi eterni, sulla ricerca di un cuore nuovo capace di vedere oltre le apparenze e sulla promessa divina che attraversa tutta la storia umana. Se cerchi libri di Elena Bono che uniscono profondità spirituale e narrazione coinvolgente, questo è sicuramente da scoprire.Riassunto Breve
Adamo muore dopo molti anni, interrogato da Dio sul sangue del figlio Abele. Riconosce la sua colpa e la somiglianza con Caino e Abele, uccidendo ed essendo ucciso nel nome di Dio. Dio promette un figlio, un agnello senza peccato, che sarà sacrificato su un albero per rinnovare la somiglianza e prendere i peccati. Questo figlio nascerà da donna e la sua carne e sangue saranno mangiati e bevuti. Adamo muore sotto un albero cresciuto da un ramo dell’Eden. Intanto, due discepoli cercano un luogo per la Pasqua a Gerusalemme e trovano un vecchio, Abi, che li guida a una proprietà in rovina. Abi, considerato pazzo, ha preparato una stanza con tavolo e coppe, aspettando il suo giovane padrone morto. Ha allevato un agnello come un figlio e lo ha dato per il sacrificio pasquale del suo Signore, non avendo soldi. Accende il fuoco con legno di cedro tenuto da parte. Le donne portano l’agnello arrostito. I bambini annunciano l’arrivo del Maestro, che giunge sulla soglia. Le reazioni agli eventi legati a un uomo di Nazareth mostrano una divisione. L’élite religiosa lo vede come una minaccia al potere e alla Legge, considerando i suoi atti magia pericolosa. Cercano di negare i fatti per proteggere reputazione e beni. La gente comune vede in lui una fonte di guarigione e aiuto pratico, ma la sua morte porta delusione e preoccupazioni economiche. Alcuni criticano il suo progetto di “regno” come irrealistico e dannoso per gli affari, preferendo concentrarsi su interessi materiali. Un uomo viene flagellato brutalmente dai soldati romani, nonostante il Procuratore lo dichiari innocente. La violenza è alimentata dalla folla e dalla mancanza di disciplina. Il Procuratore cede alle pressioni e lo consegna alla crocifissione, preferendo un brigante. L’uomo, ferito e vestito per scherno, viene esposto alla folla e portato alla crocifissione. Un gruppo di soldati sorveglia la tomba sigillata, ma la paura e la superstizione li portano ad addormentarsi, lasciando la tomba incustodita. A Roma, le autorità indagano sulla crocifissione di un uomo in Giudea per ordine di Pilato, a causa della diffusione della setta cristiana e della mancanza di documenti. Il senatore Trasea vede la setta come un pericolo politico. Seneca cerca di capire il fenomeno. Claudia, ex moglie di Pilato, presente in Giudea, viene interrogata. Afferma di non sapere molto, ma in privato rivela a Seneca che l’uomo era innocente e che Pilato si è suicidato a causa della vicenda. Il tormento di Claudia deriva dalla convinzione che l’uomo ucciso non sia morto, una realtà incomprensibile per la logica romana. La sparizione degli atti riflette l’impossibilità di inquadrare l’evento. Un profondo turbamento interiore colpisce una donna romana la notte dell’arresto del Galileo, con un dolore inspiegabile e la visione di un uomo sofferente. Tenta di avvertire il marito, Pilato, ma il messaggio è ignorato. Pilato affronta la situazione con calcolo politico, ritenendo il Galileo innocente ma “innocuo”, ma la pressione lo costringe a condannarlo. L’evento segna Pilato, che inizia un declino psicologico, ossessionato dalla domanda “Cos’è la verità?”. La donna vive angoscia e isolamento. La morte di una serva la spinge a cercare risposte. Un centurione presente alla crocifissione testimonia la sofferenza del Galileo e la sua convinzione che fosse il figlio di Dio, capace di perdonare, introducendo l’idea di “vedere con altri occhi” e di una bontà oltre le virtù conosciute. Questo porta la donna a considerare il dolore e la colpa come una condizione universale legata al Galileo, non un’esperienza individuale. La pace si trova nell’assumere il dolore di quell’uomo, che è il dolore del mondo. Prova senso di colpa per aver “rinnegato” il Galileo e cerca un “cuore diverso”. Si riporta che Pilato, mostrando l’uomo crocifisso, abbia detto “Ecco l’uomo”, provocando risa. L’aspetto martoriato contrasta con l’immagine di un dio. L’idea che quest’uomo sia il Figlio di Dio, Dio stesso, genera turbamento, implicando che l’umanità abbia ucciso Dio. La morte è avvenuta tramite sentenze legali, ma l’evento è percepito come una distorsione. La filosofia basata sulla dignità umana e divina trova difficile accettare un dio fatto zimbello. Il concetto di un innocente vittima espiatoria mette in discussione l’idea degli dei. Ci si interroga sulla natura del male. Non è certo se questa sofferenza possa cambiare il mondo. Per chi è legato a un pensiero stabilito, accettare questa realtà è impossibile. La morte di un innocente, ritenuto Dio, appare ingiusta. Un soldato descrive l’evento come “qualcosa più in là”, simile a Dio che usa il meglio senza risparmio. L’idea di un dio che si abbassa a tale condizione sembra irragionevole. La notizia della crocifissione di “Gesù Cristo” per sedizione, comunicata ufficialmente, provoca profondo disagio.Riassunto Lungo
1. La Preparazione Inattesa
Adamo è sul punto di morire dopo novecentotrenta anni. Dentro di lui, sente la voce di Dio che lo interroga sul sangue di Abele. Adamo giace nudo e sporco di sangue, percependo il corpo del figlio morto vicino a sé. Dio chiede chi ha commesso l’atto, spingendo Adamo a confessare. Inizia così un confronto intenso tra Adamo e Dio.Dio dice che Adamo è diventato simile a Lui nel desiderio di essere Dio, ma Adamo rimane in silenzio, paralizzato dalla paura. Dio insiste, notando le lacrime di Adamo che si mescolano al sangue del figlio. Adamo chiede a Dio perché lo ha creato. Dio risponde di averlo fatto a sua immagine per potersi contemplare e dialogare con lui. Adamo, allora, accusa Dio di averlo tentato. Dio desiderava che lo spirito di Adamo si donasse liberamente. Entrambi ricordano con dolore il paradiso perduto.Il sangue di Abele grida in silenzio, portando con sé il canto dell’agnello offerto in sacrificio. Adamo rivede i suoi figli, Abele e Caino, e urla che è stato il suo peccato a uccidere Abele, non voleva uccidere il figlio, ma Dio stesso. Riconosce di essere contemporaneamente Caino e Abele, inseguendo e accogliendo la somiglianza divina, uccidendo ed essendo ucciso in nome di Dio, senza alcuna speranza.Dio promette di dare il suo proprio figlio, l’agnello senza peccato, attraverso il quale la somiglianza con Dio sarà rinnovata. Questo figlio nascerà da una donna, sarà chiamato figlio di Adamo, e sarà ucciso su un albero come un sacrificio. La sua carne e il suo sangue saranno mangiati e bevuti. Egli prenderà su di sé i peccati e ristabilirà la giustizia. Sarà un segno di pace e speranza per l’umanità. Adamo grida che non ucciderà mai Dio. Lo Spirito di Dio si allontana da lui. Adamo prova compassione per Dio, che non può risparmiare il proprio figlio. Invoca il nome di Jahvè. Fuori dalla sua tenda, la sua discendenza si prostra in segno di rispetto. Eva annuncia che Adamo ha aperto gli occhi. I figli si radunano intorno a lui. Adamo si solleva con fatica, cerca con lo sguardo un albero, ma poi ricade. Eva ricorda un ramo che aveva portato dall’Eden, che era stato piantato ed era cresciuto diventando un albero sacro. Chiede che Adamo venga trasportato sotto quell’albero. Le molte persone presenti piangono la sua morte, mentre Eva piange in silenzio la propria morte e quella dei suoi figli. Adamo muore sotto l’albero, sentendo i rami caldi di sole e provando un forte impulso a salire verso l’alto.La Pasqua inattesa
Due discepoli, Giovanni e Tommaso, sono alla ricerca di un luogo dove poter celebrare la Pasqua a Gerusalemme. Incontrano un uomo anziano, di nome Abi, che sta trasportando un secchio d’acqua. Giovanni pensa subito che sia l’uomo che il Maestro aveva indicato loro, ma Tommaso ha dei dubbi a causa del luogo in cui si trovano e dell’ora tarda. Decidono comunque di seguire Abi fino a una proprietà che appare in rovina.Abi è un vecchio fattore, la cui mente sembra confusa. Racconta di aspettare da anni il ritorno del suo giovane padrone, che è morto, e per lui ha preparato una stanza per la cena della Pasqua. Mostra loro la stanza, dove c’è un tavolo apparecchiato con una coppa d’oro e dodici coppe fatte di ceramica. Ha anche preparato del pane e del vino speciale. Tommaso parla con le donne del luogo e scopre che Abi è considerato pazzo e che la proprietà è oggetto di dispute legali. Non c’è cibo per la Pasqua, solo un po’ di ricotta. Tommaso vuole andarsene, convinto che la casa sia impura e il vecchio fuori di sé. Giovanni, invece, vede nella fede di Abi e nella sua preparazione un segno sufficiente per il Maestro, credendo che il Signore possa usare qualsiasi cosa e che arrivi sempre in modo inaspettato.Abi riappare, piangendo per la perdita del suo agnello, che aveva allevato come se fosse un figlio. Spiega di averlo affidato alle donne perché lo portassero al Tempio come sacrificio per la Pasqua del suo Signore, non avendo denaro per comprarne un altro. Accende il fuoco usando legno di cedro che proviene da un albero colpito da un fulmine, anch’esso conservato per il Signore. Le donne tornano portando l’agnello arrostito. Abi lo mette sul fuoco, parlando dei suoi ricordi del padrone quando era bambino. Giovanni aggiunge del mirto all’haroseth e sull’agnello. I bambini annunciano l’arrivo. Il Maestro giunge sulla soglia della casa. Abi lo afferra, piangendo di gioia, dicendo che è tornato e che non deve più andarsene. Il Maestro gli pone una mano sul capo in segno di benedizione.Come si giustifica, sul piano narrativo e teologico, l’accostamento tra la morte allegorica di Adamo e la preparazione di una Pasqua specifica, e quale coerenza interna lega eventi così distanti e di natura diversa?
Il capitolo presenta due scene apparentemente slegate: la morte simbolica del primo uomo e un episodio legato alla Pasqua ebraica e all’arrivo di una figura messianica. La connessione tra questi eventi, separati da millenni e narrati con stili differenti (allegorico il primo, più narrativo il secondo), non emerge con chiarezza dal riassunto. Per comprendere meglio la possibile coerenza interna e la giustificazione teologica di tale accostamento, sarebbe utile approfondire la teologia cristiana del peccato originale e dell’espiazione, la tipologia biblica (che vede figure e eventi dell’Antico Testamento come prefigurazioni di quelli del Nuovo), e l’interpretazione della Pasqua ebraica in chiave cristiana. Autori come Agostino o Tommaso d’Aquino, o studi moderni di esegesi biblica e teologia sistematica, potrebbero fornire il contesto necessario per valutare la solidità di tale costruzione narrativa.2. Il Prezzo dei Miracoli
Gli eventi che ruotano attorno a un uomo di Nazareth, le sue azioni e la sua morte, provocano reazioni molto diverse nella società. Si crea una netta separazione tra i capi religiosi e le persone comuni. È chiaro fin da subito che entrambi i gruppi guardano a questi fatti pensando soprattutto ai propri vantaggi concreti. I loro pensieri e le loro preoccupazioni sono legati alla vita di tutti i giorni, ai beni materiali e alla posizione sociale. Non si concentrano tanto sul significato più profondo degli eventi, ma su come questi influenzano la loro situazione personale o di gruppo.La reazione dell’élite religiosa
I sacerdoti maggiori, tra cui spicca la figura dello zio Joachim, vedono quest’uomo come un “seduttore”. Credono che minacci l’ordine stabilito, la Legge e soprattutto la loro posizione di potere. Le sue azioni straordinarie sono considerate magia pericolosa che mette a rischio chiunque gli sia vicino. Queste persone temono le conseguenze politiche e sociali che potrebbero derivare dalle reazioni del Sinedrio e delle autorità romane. Per proteggere la reputazione e i beni della famiglia, cercano in ogni modo di negare o minimizzare ciò che è accaduto. Arrivano persino a manipolare le testimonianze e a offrire denaro al Tempio per dimostrare la loro fedeltà e allontanare ogni sospetto.La prospettiva della gente comune
La gente comune, come le donne di Cafarnao o la suocera di Pietro, all’inizio vede nell’uomo di Nazareth una fonte di guarigione e una speranza concreta per migliorare la propria vita. I miracoli sono apprezzati soprattutto per l’aiuto pratico che offrono. Tuttavia, quando si diffonde la notizia della sua crocifissione, subentra una grande delusione e ci si lamenta per la perdita di questo aiuto immediato. In questo contesto, emergono anche invidie tra le persone e preoccupazioni legate alla sopravvivenza economica e alla posizione sociale di ciascuno. Alcuni esprimono scetticismo sul suo progetto di “regno”, considerandolo irrealistico e dannoso per i propri affari. La pragmatica Rachele, ad esempio, critica l’uomo per non aver usato i suoi poteri per ottenere ricchezza e potere, preferendo invece concentrarsi sulla gestione della propria casa e sul commercio del pesce. In definitiva, le risposte a questi eventi sono guidate soprattutto da pensieri legati al potere, ai soldi, alla buona fama e ai bisogni di ogni giorno. Questo dimostra come gli interessi concreti siano spesso più importanti della comprensione spirituale o di una fede assoluta.Se le reazioni agli eventi di Nazareth furono guidate esclusivamente da interessi materiali e di potere, come sostiene il capitolo, come si spiega l’impatto duraturo e la diffusione di ciò che ne seguì?
Il capitolo offre una lettura degli eventi di Nazareth focalizzata sul calcolo pragmatico e sull’interesse personale come unica molla delle reazioni, sia dell’élite religiosa che della gente comune. Questa prospettiva, pur legittima nell’evidenziare certe dinamiche, appare riduttiva e non fornisce una spiegazione adeguata per la straordinaria risonanza e le conseguenze a lungo termine di quei fatti. Ignorare o minimizzare altre possibili motivazioni, come la speranza, la genuina ricerca spirituale, il dissenso verso l’ordine costituito per ragioni ideali, o persino il fanatismo, lascia un vuoto argomentativo. Per affrontare questa lacuna e comprendere meglio la complessità delle reazioni e le origini di un movimento di portata storica, sarebbe utile approfondire la storia della Giudea romana, le diverse correnti religiose e sociali dell’epoca, e le dinamiche di formazione dei movimenti collettivi. Letture di autori come E.P. Sanders, Geza Vermes o Rodney Stark possono offrire prospettive più ampie e sfaccettate.3. La Legge, la Folla e la Guardia Notturna
Un uomo viene sottoposto a una flagellazione di inaudita brutalità per mano dei soldati romani. Questa violenza si scatena nonostante il Procuratore romano lo avesse in precedenza dichiarato innocente da ogni accusa. La crudeltà del pestaggio è alimentata dalla furia che proviene dalla folla radunatasi all’esterno. A ciò si aggiunge una evidente mancanza di disciplina tra gli stessi soldati incaricati dell’esecuzione. Di fronte a questo eccesso, il centurione interviene per porre fine alla flagellazione. La situazione turba profondamente il centurione, poiché contrasta in modo lampante con i principi e la legge romana.Si manifesta un acceso conflitto tra l’autorità rappresentata dal Procuratore, che aveva riconosciuto l’innocenza dell’uomo, e le forti pressioni politiche e popolari. La folla, insieme alle autorità ebraiche, chiede con insistenza la condanna dell’uomo. Arrivano a preferire la liberazione di un noto brigante, di nome Barabba, al posto dell’uomo innocente. Il Procuratore, cedendo infine a queste pressanti richieste esterne, prende la decisione di consegnare l’uomo perché sia crocifisso. L’uomo, già gravemente ferito e debilitato dalla flagellazione subita, viene rivestito in modo beffardo. Gli mettono addosso un mantello di scherno e gli pongono sul capo una corona fatta di spine. In queste condizioni umilianti, viene mostrato alla folla prima di essere condotto verso il luogo dove avverrà la crocifissione.La Guardia alla Tomba
Dopo che gli eventi della crocifissione si sono compiuti, un gruppo di soldati romani riceve un nuovo e specifico incarico. Viene loro affidato il compito di sorvegliare la tomba dove l’uomo è stato deposto. La tomba è stata sigillata su ordine delle autorità ebraiche, che temono sviluppi inattesi. Durante il periodo in cui sono di guardia, i soldati iniziano a mostrare evidenti segni di paura. Appaiono preda della superstizione, influenzati da quanto accaduto di recente. Le notizie di un terremoto e le voci persistenti sulla possibile resurrezione dell’uomo contribuiscono ad accrescere il loro turbamento.La disciplina all’interno del gruppo di guardia comincia rapidamente a deteriorarsi. Emergono tensioni e conflitti interni tra i soldati, minando la loro coesione. Nonostante abbiano ricevuto un ordine chiaro e preciso di vigilare attentamente, i soldati non riescono a mantenere l’attenzione. Uno dopo l’altro, sopraffatti dalla stanchezza o dalla paura, finiscono per addormentarsi. La guardia alla tomba fallisce completamente nel suo scopo. Questo lascia la tomba incustodita, contravvenendo agli ordini ricevuti.Come può un’esperienza personale, forse mistica, fondare una comprensione universale del dolore e della colpa?
Il capitolo descrive una trasformazione interiore profonda, apparentemente innescata da un’esperienza soggettiva e da una testimonianza. Tuttavia, il passaggio da un sentire personale a una comprensione “universale” del dolore e della colpa, legata a una figura specifica, merita un’indagine più approfondita. Per esplorare le basi di tali affermazioni e i meccanismi che legano l’esperienza individuale alla costruzione di verità universali, si possono consultare testi nell’ambito della filosofia della religione, della psicologia del profondo e degli studi biblici, che offrono diverse prospettive sulla natura delle visioni, del dolore e del significato attribuito agli eventi storici e spirituali.6. La Croce e la Ragione Romana
Il Procuratore mostra l’uomo crocifisso, dicendo “Ecco l’uomo”. Questa scena provoca risa tra i presenti. L’aspetto dell’uomo, con spalle e volto martoriati, contrasta fortemente con l’immagine che ci si aspetterebbe per un dio. Eppure, esiste la convinzione che quest’uomo sia il Figlio di Dio, o addirittura Dio stesso. Questa idea genera un profondo turbamento, perché implica che l’umanità abbia ucciso Dio, sottoponendolo a umiliazioni estreme. Vivere con questa consapevolezza è una difficoltà enorme.La sfida alla ragione e alla filosofia
La filosofia, basata sulla dignità umana e divina, trova estremamente difficile accettare l’immagine di un dio fatto zimbello. Si tende a confrontare questa figura con eroi mitologici che, pur affrontando sofferenze, mantengono sempre una certa dignità. L’idea di un dio che si abbassa a una condizione così umile, apparentemente ignaro della dura realtà umana, sembra irragionevole a molti. Si crede che un dio possa provare pietà per gli uomini, ma non arrivare al punto di morire per loro. Per chi è legato a un pensiero già stabilito, accettare questa nuova realtà è semplicemente impossibile. Queste persone cercano di mantenere la propria serenità e la capacità di giudicare e disprezzare ciò che non capiscono. Si chiedono quale parte dell’uomo potrebbe mai desiderare un Dio che si è fatto svenare in quel modo.Tra legge umana, mistero del dolore e reazioni
La sua morte è avvenuta per mezzo di sentenze legali, sia religiose che civili, emesse da autorità riconosciute. Tuttavia, l’evento è percepito da alcuni come una distorsione della giustizia, priva di un vero fondamento. La morte di un innocente, ritenuto Dio, appare intrinsecamente ingiusta. Ci si interroga sulla natura del male e sulla sua forza distruttiva, capace di portare alla dilaniazione del giusto o persino di Dio stesso. Si riflette se questa sofferenza sia legata a una caduta in un’esistenza limitata e imperfetta. Non è certo se questa sofferenza possa cambiare il mondo in modo significativo, forse portando pace ad alcuni o rimanendo una costante e incomprensibile difficoltà. Un soldato descrive l’evento non come una “giustizia stretta”, ma come “qualcosa più in là”, simile a Dio che usa il meglio di sé senza risparmiarsi. La notizia della crocifissione di “Gesù Cristo” per sedizione viene comunicata tramite canali ufficiali, come una lettera del Procuratore. Questa comunicazione provoca profondo disagio e reazioni intense in chi la riceve, evidenziando l’impatto sconvolgente dell’evento.Davvero la “ragione romana” si riduce a un unico, rigido schema incapace di confrontarsi con l’idea di un dio sofferente e umiliato?
Il capitolo descrive la difficoltà della filosofia e della ragione romana nell’accettare l’immagine di un dio crocifisso, presentandola quasi come una reazione universale. Tuttavia, il panorama intellettuale e religioso del mondo romano era estremamente variegato, con diverse scuole filosofiche e culti che potevano avere approcci differenti al dolore, alla sofferenza e al concetto di divinità. Per approfondire questo aspetto e comprendere se la reazione descritta fosse l’unica o la prevalente, sarebbe utile esplorare la storia della filosofia romana, le diverse correnti di pensiero come lo Stoicismo o il Neoplatonismo, e i culti misterici che prevedevano spesso figure divine sofferenti o morenti. Letture di storici di Roma, filosofi dell’epoca e studiosi di religione comparata possono fornire il contesto necessario per valutare la presunta rigidità della “ragione romana” di fronte a un evento così sconvolgente.Abbiamo riassunto il possibile
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