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Contenuti del libro
Informazioni
“Montare il cinema” di Enrico Ghezzi ti porta dietro le quinte del cinema italiano degli anni ’60 e ’70 per scoprire una figura pazzesca, Franco “Kim” Arcalli. Questo libro non parla solo di tecnica, ma di come il montaggio cinematografico possa essere una vera e propria scrittura d’autore. Kim Arcalli non era solo un montatore, ma uno che alla moviola riscriveva i film, dando forma e ritmo a opere iconiche. Collaborando con registi come Bernardo Bertolucci, Liliana Cavani, Michelangelo Antonioni, Tinto Brass e altri, Arcalli ha rivoluzionato la struttura narrativa, usando un montaggio non lineare pieno di flashback e contrasti che ti costringe a stare attento. Era un autodidatta con una cultura immensa, capace di trasformare la pellicola e di trovare significati nascosti nel girato. Il libro esplora il suo ruolo cruciale, spesso poco riconosciuto, di sceneggiatore non ufficiale, il suo stile unico e la sua personalità complessa, mostrando come il lavoro del montatore sia fondamentale per dare vita e anima a un film. È la storia di un maestro irriducibile che ha lasciato un segno indelebile.Riassunto Breve
All’interno del testo allegato noterai alcuni titoli di capitoli che dovrai completamente ignorare. Ignora completamente la struttura in capitoli, e concentrati a fare un output unitario. Franco “Kim” Arcalli è una figura centrale nel cinema italiano degli anni Sessanta e Settanta, riconosciuto non solo come montatore tecnico, ma come un vero e proprio autore che riscrive i film in fase di post-produzione. Il suo lavoro trasforma il montaggio in un atto creativo profondo, paragonabile a una riscrittura della sceneggiatura. Arcalli collabora strettamente con registi importanti come Bernardo Bertolucci, Liliana Cavani, Tinto Brass, Giulio Questi, Luchino Visconti e Michelangelo Antonioni, influenzando in modo significativo la struttura narrativa e il ritmo delle loro opere. Il suo stile si distingue per l’uso non lineare del racconto, mescolando piani temporali e spaziali, inserendo flashback e sogni in una struttura complessa che rompe la narrazione tradizionale, creando un effetto di “ragnatela” dove le immagini si susseguono spesso per contrasto. Questo approccio richiede allo spettatore di ricostruire la logica interna del film. Utilizza tagli rapidi, scontri tra immagini e un uso personale della musica. A differenza di un montaggio basato sulla sottrazione per economia, Arcalli pratica un “cinema del dispendio”, utilizzando e reinventando tutto il materiale disponibile, inclusi scarti e provini, per trovare nuove letture e possibilità espressive nel materiale girato. La sua vasta cultura, che spazia dalla letteratura (come Bataille e Tanizaki) ai fumetti, dal cinema classico alla musica moderna, nutre il suo approccio e si riflette nel ritmo e nella costruzione visiva dei film. Il suo intervento è così incisivo da essere percepito come una “firma d’autore”, un potere sul materiale girato che, sebbene a volte controverso, è spesso accettato e valorizzato per la sua capacità di dare forma e vitalità al film. Arcalli estende questa influenza anche alla sceneggiatura, dove applica la sua visione narrativa basata sul montaggio e introduce temi specifici, a volte legati a un particolare erotismo influenzato da autori come Georges Bataille. Nonostante la sua influenza e le idee per progetti propri, non intraprende mai la regia di un film, forse preferendo l’intervento creativo alla moviola, dove può “dirigere” i film degli altri, trovando in questo ruolo collaborativo un modo per esprimersi senza le formalità accademiche e dando forma al materiale altrui. La sua figura incarna le contraddizioni di un ruolo essenziale ma spesso non riconosciuto, dimostrando come il montaggio possa essere un atto creativo profondo e personale, e rappresenta una lacuna significativa per il cinema italiano dopo la sua morte.Riassunto Lungo
1. Il montaggio come scrittura d’autore
Kim Arcalli ha cambiato il modo di vedere il montaggio nel cinema italiano tra gli anni Sessanta e Settanta. Per lui, montare un film non era solo un lavoro tecnico, ma un vero e proprio atto creativo, come scrivere una storia, capace di plasmare il significato finale dell’opera. Ha collaborato con registi importanti come Bertolucci, Cavani, Brass, Questi e Visconti. Il suo modo di montare ha influenzato in modo significativo la struttura narrativa delle loro opere, rendendo il montaggio una parte fondamentale del processo artistico.Il suo stile unico
Arcalli usava un modo di raccontare le storie che non seguiva l’ordine normale degli eventi. Mescolava momenti diversi del tempo e luoghi diversi, inserendo ricordi dal passato (flashback) o sogni. Questo creava una struttura complicata che rompeva il modo tradizionale di narrare, rendendo il film come una rete di immagini. Le immagini si accostavano spesso in modo inaspettato, anche per creare contrasto, e lo spettatore doveva fare uno sforzo per capire i collegamenti interni. Esempi chiari di questa tecnica si vedono in film importanti come “Il passo”, “Il portiere di notte” e “Il conformista”.Cultura e creatività nel montaggio
Il suo modo di lavorare veniva da una grande conoscenza di diverse forme d’arte e cultura. Leggeva autori come Bataille e Tanizaki, guardava fumetti, conosceva il cinema classico e ascoltava musica moderna. Tutta questa cultura si vedeva nel ritmo e nell’aspetto visivo dei film che montava. Il suo intervento era così forte e riconoscibile che molti lo consideravano una “firma d’autore”, quasi come quella del regista. Aveva un grande potere sul materiale girato e, anche se a volte questo creava discussioni, spesso veniva apprezzato perché dava forza e vita al film. Arcalli portava questa stessa visione basata sul montaggio anche quando lavorava alle sceneggiature, influenzando la storia fin dalle prime fasi.Se il montatore è un “autore”, chi è davvero il responsabile del film?
Il capitolo introduce l’idea affascinante di un montatore come “autore”, dotato di “grande potere” sul materiale filmico e capace di imporre una vera e propria “firma”. Tuttavia, questa prospettiva, pur riconoscendo l’indubbio talento di Arcalli, solleva interrogativi cruciali sulla natura collaborativa del cinema e sul ruolo tradizionalmente attribuito al regista come autore principale (la cosiddetta “teoria dell’autore”). Come si concilia l’impronta autoriale del montatore con la visione del regista? Il capitolo accenna a “discussioni”, ma non esplora a fondo le tensioni e i compromessi che inevitabilmente sorgono quando un collaboratore esercita un potere così significativo sul materiale girato dal regista. Per comprendere meglio questa dinamica, sarebbe utile approfondire la teoria del cinema, in particolare la teoria dell’autore, e studiare le specifiche collaborazioni tra Arcalli e i registi con cui ha lavorato, magari attraverso analisi critiche che esaminino il processo creativo congiunto e le eventuali frizioni.2. La Trasformazione della Pellicola
La figura del montatore cinematografico riceve spesso poca attenzione, sia in Italia che all’estero. Nonostante questa invisibilità, il montatore ha un potere notevole sul risultato finale di un film. È l’ultimo a lavorare sul materiale girato e le sue scelte influenzano profondamente la narrazione e il ritmo. Molti montatori, specialmente in America, scelgono poi di passare alla regia. Sfruttano la loro profonda conoscenza della struttura filmica e la vicinanza al processo produttivo. Meno frequente è invece il passaggio alla sceneggiatura per chi si occupa di montaggio.Il Montaggio come Riscrittura: L’Approccio di Kim (Franco Arcalli)
In questo panorama, Kim, pseudonimo di Franco Arcalli, rappresenta una figura particolare e influente. Anche se non era formalmente accreditato come sceneggiatore per molti film, il suo lavoro di montaggio andava ben oltre la semplice tecnica. Era un vero e proprio processo di riscrittura, un atto creativo che dava forma definitiva alla storia sullo schermo. Il suo stile si riconosceva per l’uso di tagli rapidi e decisi. Creava scontri inattesi tra le immagini e usava la musica in modo molto personale. Questo approccio è stato accostato per certi aspetti a quello di Pasolini.Il Cinema del Dispendio
A differenza di un approccio basato sulla sottrazione, dove si cerca l’economia narrativa eliminando il superfluo, Kim praticava un “cinema del dispendio”. Questo significa che utilizzava e reinventava tutto il materiale a sua disposizione. Non scartava nulla, inclusi provini e riprese che altri avrebbero considerato inutilizzabili. Questa attitudine trasformava il montaggio da un semplice assemblaggio tecnico a un’operazione complessa. Incorporava elementi che solitamente appartengono alla sceneggiatura e alla regia. Il suo lavoro dimostrava il potere nascosto del montatore di dare vita e forma definitiva alla pellicola. Riusciva a superare le intenzioni iniziali delle riprese e a imprimere una visione unica. La sua figura incarna le contraddizioni di un ruolo essenziale ma spesso non riconosciuto. Mostra come il montaggio possa essere un atto creativo profondo e personale.Ma se il montatore ha il potere di “riscrivere” il film e “superare le intenzioni iniziali”, chi è davvero l’autore dell’opera: il regista o chi taglia la pellicola?
Il capitolo mette giustamente in luce il ruolo cruciale e spesso sottovalutato del montatore, arrivando ad affermare che il suo lavoro può persino superare le intenzioni originarie delle riprese. Questa tesi, per quanto affascinante, solleva un interrogativo fondamentale sulla catena di comando e sulla vera autorialità nel processo cinematografico. Non viene chiarito come questa presunta capacità di “riscrittura” si concili con la visione del regista, che è tradizionalmente considerato il principale artefice del film. Per esplorare questa complessa dinamica e le tensioni creative che possono emergere tra le diverse figure professionali sul set e in sala di montaggio, è utile approfondire gli studi di teoria del cinema e le analisi del processo produttivo. Autori come André Bazin o David Bordwell hanno dedicato ampio spazio alla questione dell’autorialità e dei ruoli nel cinema.3. Lo sceneggiatore alla moviola
Franco Arcalli, conosciuto da tutti come Kim, è una figura fondamentale nel cinema italiano. La sua fama è legata soprattutto al suo lavoro di montatore. Non ha studiato cinema in modo tradizionale, ma ha imparato da solo. Nonostante questo, possedeva una cultura vastissima. Amava la musica jazz e rock e leggeva moltissimo. Questa grande cultura influenzava il suo modo di vedere il cinema. Per lui, il cinema era come una macchina capace di creare sogni. Era più interessato al mondo dei sogni e delle emozioni che alle storie raccontate in modo classico.Il “Sceneggiatore al Montaggio”
Arcalli lavorava a stretto contatto con molti registi importanti, come Tinto Brass, Giulio Questi e Bernardo Bertolucci. Il suo aiuto non era solo tecnico, non si limitava a tagliare e unire le scene. Il suo lavoro era una vera e propria riscrittura del film. Per questo veniva chiamato “sceneggiatore al montaggio”. Riusciva a trovare nuovi significati e modi di esprimersi nel materiale che i registi avevano girato. Non scartava mai nessuna ripresa, anche quelle che potevano sembrare inutili. Cercava sempre di dare valore a ogni singola inquadratura. Questo modo di lavorare portava una parte di improvvisazione e scoperta nella fase finale della lavorazione del film.Un Metodo Creativo
Il suo metodo era unico: guardava tutto il girato con attenzione, cercando possibilità che il regista magari non aveva visto. Era come se costruisse un nuovo film con i pezzi di quello vecchio. Questo approccio rendeva il montaggio non solo un passaggio tecnico, ma un momento cruciale per dare forma definitiva all’opera. La sua capacità di vedere oltre l’intenzione originale del regista lo rendeva un collaboratore prezioso e capace di sorprendere. Il film prendeva una nuova vita, spesso inaspettata, grazie al suo intervento creativo alla moviola.Il Cinema Pop degli Anni Sessanta
Negli anni Sessanta, Arcalli partecipò attivamente al movimento del cinema pop italiano. In questo periodo, prendeva i generi cinematografici classici, come il western o il giallo, e li trasformava in qualcosa di nuovo, spesso ironico e irriverente. Usava uno stile che veniva definito “kitsch”, un po’ esagerato e fuori dagli schemi. Questo suo modo di fare cinema non sempre piaceva alla critica ufficiale dell’epoca, che a volte lo giudicava negativamente. Nonostante le critiche, il suo lavoro contribuì a definire lo stile di quel particolare momento del cinema italiano.La Scelta di non Dirigere
Anche se aveva idee e contatti nel mondo del cinema, Arcalli non ha mai diretto un film tutto suo. Forse preferiva l’intervento creativo che poteva avere lavorando al montaggio. Alla moviola, poteva in un certo senso “dirigere” i film degli altri. Trovava in questo ruolo la libertà di esprimersi senza dover seguire le regole formali e accademiche della regia. Era un modo per lasciare il suo segno sull’opera senza dover affrontare tutte le responsabilità e le complessità legate alla direzione di un film dall’inizio alla fine.Personalità e L’eredità
La sua personalità era complessa. Era pieno di vitalità e energia creativa, ma aveva anche lati oscuri e tendenze che lo portavano a fare scelte dannose per sé stesso. Questi aspetti della sua vita erano in parte legati a problemi di salute che purtroppo lo portarono a una morte prematura. Nonostante la sua vita non sia stata lunga, la sua influenza sul cinema italiano è stata molto importante. Ha mostrato ai registi con cui lavorava nuove possibilità nel montaggio e nella costruzione delle storie, lasciando un segno duraturo.Si può davvero definire Arcalli un “inventore” del montaggio senza un confronto esplicito con i suoi contemporanei e la storia della disciplina?
Il capitolo, pur descrivendo con passione l’opera di Arcalli e le sue significative collaborazioni, presenta la sua figura come un “inventore” e un punto di riferimento quasi assoluto, senza però fornire il contesto comparativo necessario per valutare la reale portata della sua innovazione rispetto ad altri grandi montatori attivi nello stesso periodo, sia in Italia che all’estero. Per approfondire e contestualizzare adeguatamente il suo contributo, sarebbe fondamentale studiare la storia del montaggio cinematografico nel suo complesso, analizzando le tecniche e gli stili prevalenti prima e durante la sua carriera, e confrontando il suo lavoro con quello di altri maestri. Approfondire testi di teoria e storia del cinema, magari leggendo opere di critici e storici specializzati, aiuterebbe a collocare Arcalli nel panorama evolutivo della disciplina e a comprendere se il termine “inventore” sia una definizione accurata o una lode iperbolica.8. L’arte del montaggio e i progetti non realizzati
Franco Arcalli lavora a molti film, spesso come montatore e sceneggiatore. Il suo modo di lavorare si distingue per l’uso di strutture narrative che non seguono l’ordine normale degli eventi. Usa spesso i flashback, che spostano il racconto avanti e indietro nel tempo. Questo modo di montare si vede bene in film come Novecento e Una spirale di nebbia. Qui, il montaggio aiuta a mostrare meglio chi sono i personaggi o a creare un senso di disillusione.Collaborazioni importanti e film specifici
Arcalli collabora a lungo con registi come Bernardo Bertolucci ed Eriprando Visconti. Il suo lavoro influenza molto la forma finale dei loro film. Per esempio, in Novecento, aiuta a scrivere la sceneggiatura e a montare una versione più lunga del film, dando un suo punto di vista preciso. Nei film La orca e il suo seguito Oedipus orca, il montaggio diventa fondamentale. Arcalli esplora come si può usare di nuovo il materiale già girato per raccontare storie diverse.Progetti che non hanno visto la luce o sono stati cambiati
Arcalli lavora anche a progetti che alla fine non vengono realizzati o che subiscono grandi cambiamenti. L’idea iniziale per il film L’Italia s’è rotta, che all’inizio si chiamava Fichi d’india, prevedeva un finale triste, ma poi è stato trasformato in una commedia. Molte sue idee e sceneggiature non sono mai diventate film. Tra queste, ci sono adattamenti di opere di Moravia e progetti personali che affrontavano temi sociali o che usavano strutture narrative complesse basate sul montaggio, come un progetto chiamato Happening o un film sulla fuga di una madre.L’episodio di Dersu Uzala e altri interessi
Un fatto importante e discusso riguarda il film Dersu Uzala. Per la distribuzione in Italia, circa dieci minuti del film vengono tagliati. Arcalli partecipa a questa operazione, che crea polemiche perché sembrava una manipolazione di un’opera straniera. Il suo interesse non si ferma al cinema, ma si allarga anche al teatro e ai documentari. Questo dimostra che cercava sempre nuovi modi di esprimersi, concentrandosi sulla struttura e sul ritmo delle storie. La sua influenza si vede nel suo approccio al materiale dei film e nelle sue idee per racconti spesso complicati e diversi dal solito.Davvero il taglio di Dersu Uzala fu solo “manipolazione”, o il capitolo omette il contesto che potrebbe spiegare (o giustificare) l’intervento di Arcalli su un capolavoro?
Il capitolo accenna alla controversa riduzione di circa dieci minuti del film Dersu Uzala per la distribuzione italiana, definendola una “manipolazione”. Tuttavia, non fornisce un’analisi approfondita delle ragioni specifiche di tale taglio, del ruolo esatto di Arcalli in questa operazione, o del dibattito critico e commerciale che ne seguì. Per comprendere appieno questo episodio e valutare se si trattò effettivamente di una semplice manipolazione o di un’operazione complessa legata alle esigenze distributive o a visioni artistiche divergenti, sarebbe necessario esplorare la storia della distribuzione cinematografica in Italia, le politiche di adattamento dei film stranieri e le testimonianze dirette o indirette dei protagonisti, come quelle rintracciabili negli scritti di critica cinematografica dell’epoca o nelle biografie dei registi e montatori coinvolti.Abbiamo riassunto il possibile
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