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Contenuti del libro
Informazioni
“Moda e trasparenza. Regimi discorsivi e dialettiche tra sguardi” di Eleonora Chiais è un libro che ti fa vedere la moda con occhi diversi. Non è solo questione di vestiti, ma di trasparenza, intesa sia come la capacità di un tessuto di farsi attraversare dalla luce, sia come un modo di comunicare e di mostrarsi. Il punto di partenza è l’abbigliamento, che funziona da soglia tra il corpo e il mondo, giocando continuamente tra visibilità e invisibilità. Il libro esplora come lo sguardo, quello di chi vede e di chi è visto, sia fondamentale in questo gioco, influenzando concetti come il pudore e definendo le regole sociali del mostrarsi. Attraverso un percorso nella storia della moda, dagli anni Sessanta ai primi Duemila, si capisce come il rapporto tra corpo e vestito è cambiato, con l’arrivo del prêt-à-porter, l’evoluzione degli stili e fenomeni come la fast fashion o la slow fashion. È super interessante vedere come i social network e figure come gli influencer abbiano rivoluzionato la comunicazione della moda, rendendola più trasparente e mettendo il corpo individuale al centro. Anche spazi come le vetrine dei negozi vengono analizzati come luoghi chiave dove si manifesta il desiderio legato alla moda. Insomma, è un’analisi che va oltre l’estetica, indagando il senso profondo di come la moda, il corpo e lo sguardo si intrecciano nella nostra società.Riassunto Breve
La trasparenza si intende come la capacità di un corpo di farsi attraversare dalla luce, permettendo di vedere oltre, ed è anche un modo di vedere attraverso un filtro. L’abito funziona come una soglia sul corpo, creando un confine che regola l’accesso visivo e stabilisce un rapporto tra ciò che si vede e ciò che non si vede. Il vestito nasconde ma attira lo sguardo, rendendo visibile ciò che potenzialmente cela e collegando il corpo biologico a quello sociale. La trasparenza totale nel vestiario è rara; esistono gradi di semi-trasparenza o l’assenza di copertura, che non sono vuote di significato ma catalizzano lo sguardo sul corpo sottostante. La nudità è un significato, il vestito è un significante che dà senso al corpo. Il corpo vestito è un segno la cui desiderabilità può essere modulata da semi-trasparenze o assenze strategiche, scelte in base a cultura e contesto. Coprire il corpo serve anche a presentarlo come “soggetto puro”, capace di vedere senza essere visto. Il sistema dell’abbigliamento ha caratteristiche universali come la significatività e la stratificazione sociale, mentre la moda introduce un cambiamento ciclico basato sulla novità, diffusa per imitazione e differenziazione. La moda evidenzia zone del corpo, spesso erogene, che cambiano nel tempo secondo la teoria della “zona erogena mobile”. La messa in scena del corpo avviene per aggiunte (tessuti trasparenti) o sottrazioni (assenza di tessuto), e la posizione di queste modifiche sul corpo è cruciale per il significato. Il corpo, vestito, diventa una mappa.La visibilità è centrale nella logica vestimentaria. Il vestito copre ma permette una parziale trasparenza, creando una tensione tra nascondere e mostrare che varia nel tempo e nelle culture. L’analisi di questo rapporto si basa sui regimi di visibilità e sulle modalità dello sguardo. Il pudore è legato al vestire, ma è un concetto culturale che si definisce in opposizione all’impudicizia, emergendo quando c’è uno scarto dalla norma. La devianza vestimentaria è notata dalla comunità attraverso il concetto di pudore, che implica specifici “rapporti di visibilità”. Il vedere coinvolge chi vede e chi è visto, con diverse modalità (volere, dovere, sapere, potere) che definiscono ruoli. L’esercizio dello sguardo genera negoziazione e comunicazione bidirezionale; i soggetti hanno una “doppia competenza”. Le semi-trasparenze vestimentarie si collocano in questo campo di “fare sapere” e “fare credere”. La rivoluzione del nude-look ha messo in luce la dicotomia intimo/esibito. Gli occultamenti parziali seguono regole estetiche, bloccando lo sguardo per rimodellare la fisionomia in modo comunicativo, creando un “trasalimento” estetico.Anche la comunicazione della moda è cambiata. Prima dominio del giornalismo, ora i social network sono centrali, richiedendo trasparenza assoluta. Il linguaggio della moda è diventato intertestuale, con i destinatari che negoziano il senso. La trasparenza comunicativa aumenta: gli indumenti diventano linguaggio. I nuovi media permettono al destinatario di diventare emittente, rendendo la moda “mass-moda”. Le strategie comunicative sono trasparenti perché gli autori diventano testimonial di sé stessi, indossando i capi che propongono. Fashion blogger e influencer usano il corpo individuale come superficie significante trasparente tramite i social, mescolando pubblico e privato nella loro esistenza “onlife”.Nell’approccio del consumatore all’oggetto moda, lo sguardo è fondamentale. Il “desiderio di vedere” si manifesta nella vetrina del negozio, una “soglia del desiderio” che espone merce per indurre all’acquisto, creando desiderio nel passante che vede ma è separato. Le vetrine estetizzano e spettacolarizzano le merci, diventando punti d’attrazione urbana e mostrando i gusti dominanti. La trasparenza del vetro rende lo sguardo bidirezionale. Esistono vetrine trasparenti (mostrano l’interno, continuità con la strada), semi-trasparenti (vedo-non-vedo, distacco parziale) e opache (celano l’interno, creano universo parallelo, possono riflettere il passante o essere palcoscenici narrativi). La vetrina è un testo scenografico basato su un regime di sguardi.Negli anni Sessanta, la moda diventa di massa con il prêt-à-porter, mezzo di espressione personale. Si afferma un ideale di bellezza giovane e androgino. Designers introducono trasparenze e assenze (Transparent Look, Nude Look). Gli anni Settanta proseguono la tendenza naturale, corpo sano e atletico, liberazione del seno, maggiore visibilità. Il prêt-à-porter si consolida, emerge il Made in Italy. Gli anni Ottanta vedono edonismo, moda degli stili, centralità della forma fisica, biancheria intima visibile. Gli anni Novanta frammentano gli stili (supermodelle, grunge, heroin chic, minimalismo), moda globale, vintage, legame moda-economia. Il Duemila si apre con un settore globalizzato, influenzato da diverse culture, instabilità economica.Il mercato dei primi Duemila si rivolge a nuovi target come i single, portando a marketing personalizzato e un ritorno al “Made to measure”. Emerge il “new luxury”, che risponde a bisogni emotivi. Le generazioni differiscono: Baby Boomers cercano valore materiale, Millennium generation valore comunicativo e status (logomania). Dominante è la “fast fashion”, velocità nel tradurre tendenze, piccole produzioni, senso di scarsità, “massclusivity”, negozi che imitano l’estetica del lusso. La comunicazione si trasforma con i fashion blog (dal 2002), accelerando la diffusione e creando sovrapposizione tra chi usa la moda e chi ne parla. Il corpo diventa centrale nella comunicazione, rappresentando appropriazione personale. Contrariamente alle previsioni, si afferma la “comfortableness” e un lusso accessibile. Si riscopre il “nude look” e la centralità della pelle. Inizia la “moda etica” e la “slow fashion”. Il concetto di “Made in Italy” si ridefinisce. Il decennio è segnato dall’egemonia della personalità e dall’affermazione individuale.I modelli di visibilità e invisibilità sull’abito non cambiano sostanzialmente nel tempo (Anni Sessanta – primi Duemila), concentrandosi sulle zone erogene. La moda si adatta al corpo e allo sguardo. Il sistema comunicativo dello stile in questo periodo è seduttivo, basato su occultamento e rivelazione. A un livello più astratto, il legame tra moda e trasparenza cambia nella narrazione e nelle modalità comunicative. La comunicazione richiede interpretazione; percezione e valutazione dello sguardo sono fondamentali. I corpi, biologici e “corpi della moda”, sono oggetti che raffigurano uno “stato delle cose” plasmato dallo sguardo, diventando una mappa modellata da tracce sugli oggetti che presuppongono uno sguardo consapevole. L’interazione tra sguardo reale e virtuale, con il coinvolgimento dell’osservatore, è centrale. Il concetto di trasparenza nella moda cambia nel tempo, trasmettendo messaggi diversi a seconda del contesto. Modula l’espressività individuale e trasforma il corpo culturale in una superficie per una “scrittura” che modella il gusto sociale. La visibilità prodotta dalla moda è artificiale e culturale, creando stimolazioni che diventano più importanti delle sensazioni naturali e danno vita a proprie grammatiche. L’indumento veicola il grado di integrazione sociale. Il rivestimento del corpo è un modello sociale che riflette i comportamenti collettivi. La trasparenza è legata all’idea del visibile come paradigma della conoscenza, portando alla creazione di grammatiche per descrivere un mondo artificiale e mediato.Riassunto Lungo
1. L’Abito, la Trasparenza e il Corpo Svelato
La trasparenza significa che qualcosa lascia passare la luce, così si può vedere cosa c’è dietro. È anche un modo di vedere, come guardare attraverso un filtro. La parola viene dal latino e dal greco e ha a che fare con il vedere e l’apparire. Non si usa solo per le cose fisiche, ma anche per idee astratte.Il vestito come confine
I vestiti coprono il corpo e funzionano come un confine. Creano una barriera fisica che decide cosa si vede e cosa no. L’abito nasconde il corpo, ma allo stesso tempo attira l’attenzione su di sé, mostrando in un certo senso quello che voleva nascondere. Il vestito unisce il corpo fisico a come ci presentiamo nella società. È un limite che serve a contenere e separare.Cosa significano trasparenza e nudità
Quando si parla di vestiti, è difficile trovare una trasparenza totale. Ci sono piuttosto diversi livelli di semi-trasparenza o l’assenza completa di vestiti, cioè la nudità. Queste situazioni non sono senza importanza, anzi attirano lo sguardo e fanno capire che c’è un corpo sotto. La nudità, sia totale che parziale, ha un suo significato. Il vestito invece è ciò che dà questo significato al corpo. L’abito, in pratica, dà un senso al corpo.Il corpo vestito: un segno desiderabile?
Il corpo vestito è come un segnale. Può diventare più o meno desiderabile a seconda di quanto è trasparente o di quali parti sono scoperte. Decidere quali parti del corpo mostrare o nascondere non è casuale, ma dipende dalla cultura e dal periodo storico. Spesso il corpo nudo sembra meno desiderabile di quello coperto. Questo perché il vestito crea un limite da superare e segue regole sociali. Coprire il corpo serve anche a farlo apparire come chi guarda, non come chi viene guardato.Le regole universali del vestire e la moda
Ci sono alcune caratteristiche del vestire che valgono ovunque. Prima di tutto, ogni abito ha sempre un significato. Poi, questo significato cambia a seconda della posizione sociale di chi lo indossa. La moda, invece, porta un cambiamento continuo nel modo di vestire, basato sulla novità. Si diffonde perché le persone imitano chi considerano importante, ma anche perché cercano di distinguersi dagli altri.Come la moda mette in mostra il corpo
La moda mette in risalto alcune parti del corpo, spesso quelle considerate attraenti. Queste parti cambiano a seconda dei periodi e dei luoghi. Il corpo viene mostrato aggiungendo (come tessuti trasparenti) o togliendo (lasciando scoperte delle parti). Dove si fanno questi cambiamenti sul corpo è molto importante per capire il significato. Il corpo, grazie ai vestiti, diventa come una mappa. Il modo in cui le parti sono coperte o scoperte, e quanto sono trasparenti, dà un significato al corpo in quel momento storico.Se il corpo nudo “spesso sembra meno desiderabile di quello coperto”, non è forse un’osservazione culturalmente limitata, piuttosto che una regola universale sul desiderio?
Il capitolo presenta l’idea che il corpo vestito sia “un segno desiderabile” e che la nudità possa apparire meno attraente rispetto al corpo coperto, attribuendo ciò al vestito come “limite da superare” e alle regole sociali. Questa affermazione, pur valida in specifici contesti culturali e storici, rischia di generalizzare eccessivamente dinamiche complesse e profondamente radicate nelle convenzioni di una particolare società. Per esplorare la variabilità del desiderio e del significato del corpo nudo o vestito attraverso le epoche e le culture, sarebbe utile confrontarsi con studi di antropologia culturale e storia del costume. Autori come Roland Barthes o Michel Foucault hanno analizzato come i sistemi di segni (inclusi abiti e corpi) e le strutture di potere influenzino la percezione e il desiderio, offrendo strumenti critici per non confondere osservazioni specifiche con leggi universali.2. La Moda tra Sguardo, Corpo e Vetrine
La visibilità è un elemento centrale nel modo in cui ci vestiamo. Il vestito copre il corpo, ma allo stesso tempo ne permette una certa trasparenza, creando un gioco continuo tra ciò che viene nascosto e ciò che viene mostrato. Questa tensione cambia nel tempo e tra le diverse culture. Per capire meglio questo rapporto, si confrontano epoche diverse, prendendo come punto di riferimento l’idea che abbiamo del corpo oggi. Il modo in cui guardiamo e i sistemi di visibilità sono essenziali per questa analisi.Il Corpo e il Concetto di Pudore
Il concetto di pudore è strettamente legato al vestire. Tuttavia, l’antropologia culturale ci insegna che qualsiasi grado di vestizione può essere considerato pudico, a seconda di ciò a cui una società si abitua. Il pudore si definisce in contrasto con l’impudicizia e la spudoratezza. Questi concetti emergono quando c’è una differenza rispetto alla norma sociale, come nel caso di un abito molto trasparente che va contro l’idea comune di pudore. La comunità nota le deviazioni nel modo di vestire proprio attraverso il concetto di pudore.Lo Sguardo e la Comunicazione
Questo implica specifici “rapporti di visibilità”, che sono modi in cui la conoscenza viene comunicata tra le persone. Vedere implica sempre qualcuno che guarda e qualcuno che è guardato, e ci sono condizioni esterne che influenzano quanto bene si vede. Esistono diversi modi di guardare (volere vedere, dovere vedere, sapere vedere, potere vedere) che influenzano la relazione tra chi guarda e chi è guardato. Questi modi definiscono i ruoli e come le persone si presentano. Guardare e essere guardati genera una negoziazione e a volte anche conflitti, portando a una collaborazione visiva o a situazioni estreme come il voyeurismo (guardare di nascosto) e l’esibizionismo (mostrarsi eccessivamente). Nella vita di tutti i giorni, le persone possono essere sia osservatori che osservati contemporaneamente. La comunicazione visiva funziona in entrambe le direzioni; le persone hanno una “doppia capacità” che trasforma la relazione visiva in uno scambio in cui si “fa sapere” e si “fa credere”. Le semi-trasparenze nei vestiti si inseriscono proprio in questo scambio.Vestiti che Parlano: Trasparenze e Significato
La rivoluzione del “nude-look”, che ha reso visibile ciò che prima era nascosto, ha messo in evidenza la differenza tra intimo ed esibito, richiedendo una maggiore attenzione per capire il messaggio di un vestito. L’idea che “è necessario che si veda” o “non si veda” mostra come le regole siano cambiate. Il corpo nudo o la biancheria intima visibile sono considerate trasgressioni, come dire “non è necessario che non si veda”. Le coperture parziali, invece, seguono regole estetiche precise. Bloccano lo sguardo in certi punti per dare una nuova forma al corpo in modo che comunichi qualcosa. L’aspetto estetico di una copertura parziale sta nel passaggio “dalla cosa al suo senso”, creando interruzioni nello spazio visivo che generano una specie di “sorpresa” estetica.La Moda nell’Era Digitale
Anche il modo in cui la moda viene comunicata è cambiato radicalmente. Prima era un campo riservato ai giornalisti specializzati, mentre oggi i social network sono diventati centrali. La richiesta di trasparenza è diventata totale, favorita dalle nuove tecnologie e da un giornalismo in cui tutti possono partecipare. Il linguaggio della moda si è trasformato, diventando un sistema in cui i destinatari interpretano e negoziano il significato. La comunicazione è sempre più trasparente: gli abiti stessi diventano un linguaggio. I nuovi media permettono a chi riceve il messaggio di diventare a sua volta un mittente, trasformando la moda in “mass-moda”. Le strategie di comunicazione sono trasparenti perché gli autori stessi diventano i testimoni di ciò che propongono. Il social network funziona come un filtro che mostra “ciò che c’è dietro”.Influencer e Testimonial della Propria Vita
Fashion blogger e influencer diventano i testimonial di sé stessi, indossando i capi che suggeriscono. La moda che indossano esprime la loro personalità. Chi crea il messaggio di moda è allo stesso tempo chi lo invia e chi lo riceve. Reinterpretano il giornalismo tradizionale mostrando gli abiti nella loro vita di tutti i giorni, diventando testimonial del proprio stile. Il testimonial classico è un personaggio famoso che garantisce per un prodotto, usando la sua vita privata resa pubblica. I blogger e gli influencer usano una comunicazione in cui tutti partecipano, mettendo il proprio corpo al centro come una superficie che comunica in modo trasparente grazie ai social media. L’esistenza “onlife” di questi autori, che mescola vita online e offline, è trasparente.Le Vetrine: Soglie del Desiderio
Nel modo in cui il consumatore si avvicina a un oggetto di moda, lo sguardo è fondamentale. Il “desiderio di vedere” si manifesta nella vetrina del negozio, che è una vera e propria “soglia del desiderio”. Le vetrine, nate nell’Ottocento, mostrano la merce per invogliare all’acquisto. Creano un desiderio nel passante, che vede l’oggetto ma ne è separato. Le vetrine rendono la moda un’opera d’arte e trasformano il prodotto in uno spettacolo. Sono punti di attrazione nelle città e mostrano quali sono i gusti nel vestire più diffusi.Diversi Modi di Guardare attraverso il Vetro
La trasparenza del vetro rende lo sguardo nelle vetrine bidirezionale: si guarda dentro e si può essere guardati. Esistono tre tipi di vetrine in base alla loro trasparenza e al modo in cui permettono di guardare: trasparenti, semi-trasparenti e opache. Le vetrine trasparenti mostrano completamente l’interno del negozio, creando una continuità con la strada; chi compra diventa quasi un testimonial della sua scelta. Le vetrine semi-trasparenti usano il gioco del vedo-non-vedo, creando una separazione parziale e suggerendo che all’interno valgono regole diverse dalla strada, pur mantenendo un dialogo. Le vetrine opache nascondono completamente l’interno, creando un mondo separato che richiede una certa conoscenza per entrare. Possono riflettere chi guarda da fuori, permettendo un confronto con i manichini e un dialogo tra l’immagine riflessa e la propria identità. Le vetrine opache possono anche diventare palcoscenici per raccontare storie, come gli allestimenti di Natale, con lo scopo di nascondere e intrattenere. La vetrina è come un testo messo in scena, che si legge attraverso un particolare sistema di sguardi e visibilità.Ma questa “trasparenza totale” della moda nell’era digitale è davvero trasparenza, o una messa in scena del visibile?
Il capitolo descrive l’era digitale come un momento di “trasparenza totale” nella comunicazione della moda, dove i social network mostrerebbero “ciò che c’è dietro” e gli influencer sarebbero “testimonial della propria vita” in modo trasparente. Tuttavia, questa visione semplifica eccessivamente la complessità della comunicazione mediata e della costruzione dell’identità online. La “trasparenza” sui social media è spesso una performance curata, un’illusione attentamente costruita piuttosto che una rivelazione autentica. Per approfondire questa critica e comprendere meglio le dinamiche della comunicazione digitale e dell’industria degli influencer, sarebbe utile esplorare studi nel campo della sociologia dei media, della comunicazione digitale e dell’analisi del discorso, magari leggendo autori che si occupano di identità online e capitalismo della sorveglianza.3. Il corpo visibile e la moda che cambia
Gli anni Sessanta: La moda diventa di massa
Negli anni Sessanta la moda vive una grande trasformazione. Il prêt-à-porter prende il posto dell’alta moda come fenomeno principale, passando da un lusso per pochi a un prodotto accessibile a molti. La moda smette di essere solo un segno di distinzione sociale e diventa un modo per esprimere se stessi e comunicare la propria identità. Cambia anche l’ideale di bellezza femminile: si preferisce un aspetto più giovane, snello e quasi androgino, molto influenzato dalla cultura dei giovani. Stilisti come Courrèges e Saint Laurent osano mostrare il corpo in modi nuovi, usando tessuti trasparenti o creando abiti con “assenze” che rivelano la pelle, dando vita a look come il “Transparent Look” e il “Nude Look”. Anche la moda maschile si rinnova, scoprendo lo stile casual. Verso la fine del decennio, il movimento hippie porta un desiderio di ritorno alla natura e una ricerca di nudità vista come qualcosa di naturale e libero.Gli anni Settanta: Libertà e naturalezza
Negli anni Settanta, la ricerca di naturalezza prosegue. Il corpo ideale è quello sano e atletico, simbolo di vitalità. Si diffonde l’abitudine di non coprire il seno e il corpo diventa più visibile sia nell’abbigliamento di tutti i giorni sia in quello da spiaggia. La moda diventa più libera, accogliendo stili diversi e personali. Il prêt-à-porter si afferma definitivamente e l’Italia conquista un ruolo importante nel mondo della moda con il suo “Made in Italy”, grazie a stilisti che creano capi più pratici e adatti alla vita quotidiana. In questo periodo emerge anche il punk, un movimento che si oppone alle tendenze di moda dominanti.Gli anni Ottanta: Successo e immagine
Gli anni Ottanta sono caratterizzati da un forte desiderio di successo e da uno stile di vita edonistico, che si riflette pienamente nella moda. Gli abiti comunicano ambizione e attenzione all’immagine personale, spesso legata alla carriera. Nasce la “moda degli stili”, dove ogni marchio crea un’identità ben definita per rivolgersi a specifici gruppi di persone. La forma fisica diventa estremamente importante; il fitness esplode come fenomeno di massa e l’abbigliamento sportivo viene indossato anche fuori dalla palestra. Anche la biancheria intima non è più nascosta, ma diventa un elemento da mostrare.Gli anni Novanta e l’inizio del Duemila: Frammentazione e globalizzazione
Gli anni Novanta vedono una grande frammentazione degli stili. Accanto all’immagine di opulenza rappresentata dalle supermodelle, si affermano tendenze diverse come il grunge e l'”heroin chic”, che propongono modelli di bellezza alternativi e più crudi. Il minimalismo diventa una reazione all’eccesso degli anni precedenti, promuovendo linee pulite e colori neutri. La moda diventa sempre più un fenomeno globale e il vintage, ovvero l’uso di capi del passato, acquista grande importanza. Il legame tra moda ed economia si fa più stretto, e i direttori creativi diventano figure molto conosciute dal pubblico. Con l’inizio del Duemila, il settore della moda è ormai completamente globalizzato, influenzato da culture diverse, in particolare quella asiatica. L’instabilità economica che caratterizza questo periodo ha un impatto significativo sui consumi e sui processi produttivi dell’industria della moda.Ma come si concilia l’esaltazione dell’unicità individuale e del “fatto su misura” con l’esplosione della fast fashion e della logomania, fenomeni che spingono all’omologazione e al consumo di massa?
Il capitolo descrive efficacemente le diverse sfaccettature della moda nei primi anni Duemila, ponendo l’accento sulla centralità dell’individuo e sul desiderio di esprimere la propria unicità. Tuttavia, non approfondisce la potenziale frizione logica tra questa spinta all’individualizzazione (evidenziata dal “Made to measure” e dal “new luxury”) e l’affermarsi di tendenze come la fast fashion e la logomania, che sembrano invece orientate verso una rapida adozione di stili comuni e l’ostentazione di simboli di appartenenza a gruppi o status definiti dal brand. Per esplorare questa apparente contraddizione e capire meglio come l’individuo navighi tra la ricerca di distinzione e le pressioni all’omologazione nella società dei consumi, potrebbe essere utile consultare studi di sociologia del consumo e di semiotica della moda. Autori come Jean Baudrillard o Pierre Bourdieu hanno analizzato i meccanismi sociali e simbolici che sottendono le pratiche di consumo e l’uso degli oggetti (inclusi gli abiti) per costruire e comunicare identità e posizioni sociali.5. Il corpo visibile e il senso invisibile della moda
La moda gioca con ciò che si vede e ciò che si nasconde sul corpo. Tra gli Anni Sessanta e i primi Duemila, questo gioco si concentra soprattutto sulle zone considerate erogene, che sembrano essere universali. La moda si adatta al corpo e a chi guarda, non il contrario. Il sistema che regola lo stile in questo periodo funziona come un modo seduttivo per comunicare, basato sul nascondere e rivelare queste parti del corpo. A un livello più profondo, il legame tra moda e trasparenza cambia in modo importante.La moda come linguaggio e comunicazione
La trasparenza diventa fondamentale nel modo in cui la moda si racconta e comunica, modificando le sue regole. Comunicare attraverso la moda richiede interpretazione. La percezione e il giudizio di chi osserva sono essenziali. I corpi, sia quelli reali che quelli mostrati dalla moda, sono visti come superfici che raccontano qualcosa, modellate dallo sguardo. Sono come una mappa su cui vengono lasciate tracce che chi guarda deve interpretare. L’interazione tra lo sguardo reale e quello virtuale, con il coinvolgimento di chi osserva, è un punto centrale nel modo in cui ci vestiamo. Il concetto di trasparenza nella moda trasmette messaggi diversi a seconda del momento storico e del contesto. Questa caratteristica influenza il modo in cui le persone si esprimono attraverso i vestiti. Trasforma il corpo, inteso come “corpo culturale”, in una superficie su cui si “scrive” il gusto della società. La visibilità creata dalla moda non è naturale, ma artificiale e culturale. Crea stimoli che a volte contano più delle sensazioni naturali e genera regole proprie, quasi una sua “grammatica”. L’abito dice molto sul grado di integrazione sociale di una persona. Il modo in cui copriamo il corpo è un modello sociale che rispecchia i comportamenti di un gruppo. La trasparenza è legata all’idea che ciò che è visibile è ciò che conosciamo. Questo ha portato a creare linguaggi per descrivere un mondo che ormai è artificiale e filtrato dai media.Ma siamo sicuri che le zone erogene su cui la moda giocherebbe la sua seduzione siano davvero universali?
Il capitolo afferma che la moda tra gli Anni Sessanta e i primi Duemila si concentra su zone erogene che “sembrano essere universali”. Questa affermazione, presentata senza il dovuto approfondimento, rischia di semplificare eccessivamente un concetto complesso. La percezione delle zone erogene e la loro “visibilità” o “nascondimento” sono profondamente influenzate da fattori culturali, storici e sociali, variando enormemente tra diverse epoche e società. Assumere una loro universalità senza discuterne le basi o le possibili eccezioni indebolisce l’argomentazione sul legame tra moda, corpo e seduzione. Per esplorare a fondo questa tematica, sarebbe utile confrontarsi con studi di antropologia culturale e storia del corpo, magari leggendo autori come Michel Foucault o Mary Douglas, che hanno analizzato come il corpo e la sessualità siano costruzioni sociali e culturali, non mere realtà biologiche universali.Abbiamo riassunto il possibile
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