Storia

L’uomo nero e le stragi. Dall’eccidio di Bologna alla Trattativa con la mafia. Il mistero del neofascista Paolo Bellini

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1. Il volto sul binario 1

La strage avvenuta alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980, che causò la morte di 85 persone e il ferimento di oltre 200, è tornata al centro dell’attenzione con nuove indagini a distanza di quarant’anni. Le sentenze emesse in precedenza avevano individuato come esecutori membri dei Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR), condannando Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini. Figure legate alla loggia massonica P2 e ai servizi segreti, tra cui Licio Gelli, Pietro Musumeci, Giuseppe Belmonte e Francesco Pazienza, erano state invece riconosciute colpevoli di depistaggio. La ricerca della verità completa e di eventuali altri responsabili non si è mai fermata.

Le nuove indagini e i sospetti

Nel 2020, la Procura generale di Bologna ha avviato una nuova fase processuale, chiedendo il rinvio a giudizio per ulteriori persone coinvolte a vario titolo. Tra i nuovi indagati spicca Paolo Bellini, un ex militante di Avanguardia Nazionale, ritenuto un esecutore materiale della strage che avrebbe agito in concorso con mandanti e finanziatori nel frattempo deceduti, come Licio Gelli e Umberto Ortolani. Altri individui sono stati accusati di aver partecipato ai depistaggi, tra cui Quintino Spella e Piergiorgio Segatel. Domenico Catracchia, invece, è stato indagato per aver fornito false informazioni durante le indagini. Questa nuova prospettiva cerca di fare luce su livelli di responsabilità finora non pienamente accertati.

La prova chiave: il filmato

Un elemento fondamentale che ha dato nuovo impulso alle indagini è il ritrovamento di un filmato in formato Super 8. Questo video, girato all’interno della stazione di Bologna il 2 agosto 1980 alle ore 10:13, appena dodici minuti prima dell’esplosione, è stato rinvenuto nell’archivio di Stato. Un fotogramma estratto dal filmato mostra un uomo le cui caratteristiche fisiche appaiono compatibili con quelle di Paolo Bellini all’epoca dei fatti. Questa immagine è considerata dagli inquirenti una prova di grande rilevanza, capace di collocare uno dei nuovi indagati sulla scena del crimine pochi istanti prima dell’attentato.

Mandanti, finanziatori e depistaggi

Le indagini si sono estese anche per cercare di identificare e provare il coinvolgimento di mandanti e fiancheggiatori. Sono emersi dettagli su possibili movimenti di denaro, quantificati in circa 5 milioni di dollari, che sarebbero transitati da conti riconducibili a figure come Gelli e Ortolani verso gli organizzatori dell’attentato e i gruppi neofascisti come i NAR. Vengono inoltre approfonditi i presunti depistaggi messi in atto per nascondere la verità. Tra questi, si citano l’omissione di un documento cruciale relativo a un conto svizzero di Gelli che conterrebbe riferimenti diretti a Bologna, e le dichiarazioni non veritiere rese da alcuni degli indagati nel corso degli anni. La posizione di Domenico Catracchia si lega alla gestione di immobili che sarebbero stati utilizzati da gruppi eversivi e a contatti con funzionari deviati dei servizi segreti.

La figura di Paolo Bellini

Paolo Bellini è una figura complessa con una lunga e controversa storia criminale. Il suo passato include diversi omicidi e legami accertati con ambienti dell’estrema destra eversiva. Nonostante questo, era stato inizialmente prosciolto dall’accusa per la strage di Bologna nel 1992, sebbene il suo alibi fosse stato oggetto di forti dubbi. La sua figura è caratterizzata da una notevole capacità di sfuggire alla giustizia, ricorrendo spesso a fughe e all’uso di false identità, dimostrando una notevole abilità nel districarsi in situazioni difficili. La sua vicenda personale si intreccia profondamente con il periodo storico degli anni di piombo in Italia, un’epoca segnata da una strategia della tensione caratterizzata da numerosi attentati e da un clima di violenza politica diffusa.

Davvero un singolo fotogramma, per quanto suggestivo, può essere la chiave definitiva per svelare i misteri irrisolti di una strage così complessa?
Il capitolo pone grande enfasi sul ritrovamento di un filmato e sull’identificazione di un soggetto in esso come elemento cardine delle nuove indagini. Tuttavia, la storia giudiziaria della strage di Bologna è costellata di prove, indizi e teorie che si sono sovrapposte e, a volte, contraddette nel corso di decenni. Concentrare l’attenzione su un singolo elemento, per quanto presentato come “prova chiave”, rischia di semplificare eccessivamente un quadro intricato che coinvolge depistaggi su vasta scala, apparati dello Stato deviati e responsabilità a più livelli. Per comprendere appieno la portata (o i limiti) di questa nuova prospettiva, è fondamentale conoscere la complessa vicenda processuale pregressa, le diverse piste investigative battute nel tempo e il contesto storico della strategia della tensione. Approfondire gli scritti di autori che hanno analizzato la storia dei servizi segreti italiani, della loggia P2 e delle inchieste sulla strage può fornire il contesto necessario per valutare criticamente il peso di ogni nuovo elemento probatorio.


2. Identità nascoste e misteri italiani

Una vita sotto falso nome

Tra il 1977 e il 1981, un uomo vive a Foligno usando il nome di Roberto Da Silva e un passaporto brasiliano ottenuto in Sudamerica. Si presenta come pilota e commerciante, frequentando gli ambienti della borghesia locale. Viaggia spesso tra l’Italia, l’Europa e il Sudamerica, mantenendo questa doppia vita. In realtà, dietro l’identità di Roberto Da Silva si nasconde Paolo Bellini, un estremista di destra italiano fuggito dal paese nel 1976. La sua fuga si inserisce nel contesto più ampio dell’Operazione Condor, un periodo in cui molti estremisti neri italiani trovarono rifugio in paesi del Sudamerica e in Spagna.

La scoperta della vera identità

Nel 1981, Bellini viene arrestato in Italia, inizialmente con l’accusa di furto di mobili antichi. Nonostante neghi con forza di essere Paolo Bellini, la sua vera identità viene definitivamente confermata. Il riconoscimento avviene grazie alle impronte digitali, che erano misteriosamente scomparse dagli archivi militari ma che riappaiono, permettendo il confronto. Con la conferma della sua identità, si apre un’indagine molto più ampia per scoprire chi lo abbia aiutato a fuggire dall’Italia e a mantenere per anni una falsa identità, permettendogli di vivere e viaggiare indisturbato.

Chi ha aiutato la fuga?

L’indagine per scoprire la rete di protezione di Bellini coinvolge diverse figure insospettabili. Vengono indagati e sospettati di favoreggiamento diverse persone, tra cui spiccano politici, un colonnello dell’esercito e persino due sacerdoti. Uno dei sacerdoti gestiva una comunità in Brasile, lo stesso luogo dove Bellini e sua moglie avevano soggiornato durante la latitanza. Le autorità cercano di capire l’estensione di questa rete e chi, negli anni, ha fornito a Bellini il supporto necessario per eludere la giustizia e vivere sotto falso nome.

Il legame con la strage di Bologna

Mentre si indaga sulla rete di fiancheggiatori di Bellini, le autorità lavorano anche sulla strage avvenuta alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980. Poco dopo l’attentato, il procuratore di Bologna dell’epoca, Ugo Sisti, viene trovato all’interno della proprietà del padre di Bellini. Sisti risulta essere iscritto alla loggia massonica P2 e in passato aveva avuto contatti con Bellini, quando questi usava ancora il nome di Roberto Da Silva. Sorgono immediatamente forti sospetti sul possibile ruolo del procuratore nell’aver facilitato la latitanza di Bellini e su un suo potenziale collegamento con la strage di Bologna.

Le indagini e i dubbi rimasti

Sulla base di identikit e testimonianze iniziali che sembrano collocarlo in città il giorno dell’attentato, Bellini viene indagato anche per la bomba di Bologna. Tuttavia, Bellini fornisce un alibi, affermando di trovarsi in un luogo diverso il giorno della strage. Le successive indagini e i processi portano all’assoluzione del procuratore Sisti dall’accusa di favoreggiamento e al proscioglimento di Bellini dall’accusa per la strage di Bologna. Nonostante gli esiti giudiziari, rimangono molti interrogativi irrisolti sulla rete di protezione che ha permesso a Bellini di sfuggire alla giustizia per anni, sui suoi legami con ambienti eversivi e forse anche con servizi segreti deviati, e sulle circostanze che gli hanno consentito di viaggiare liberamente anche dopo essere diventato un ricercato.

Come è possibile che una rete di protezione così estesa e potente sia rimasta impunita?
Il capitolo descrive una latitanza durata anni, facilitata da un’identità fittizia e da viaggi internazionali, suggerendo l’esistenza di una rete di supporto che coinvolgeva figure di alto profilo. Nonostante le indagini e i sospetti, che toccano persino un procuratore legato alla P2 e presente nella proprietà del padre del ricercato subito dopo una strage, il capitolo riporta assoluzioni e proscioglimenti. Questa discrepanza tra la gravità dei sospetti e gli esiti giudiziari lascia un vuoto esplicativo significativo. Per comprendere meglio come tali reti abbiano potuto operare e perché le indagini non abbiano portato a risultati più definitivi, è fondamentale approfondire la storia politica italiana degli anni ’70 e ’80, il contesto del terrorismo (sia nero che rosso), il ruolo dei servizi segreti (e le ipotesi di depistaggio), e la storia della loggia massonica P2. Utili per questo approfondimento possono essere gli scritti di autori che si sono occupati di questi temi, come Gherardo Colombo o Guido Salvini.


3. Nuove ombre sull’alibi e vecchie connessioni

Una svolta investigativa mette in forte discussione il proscioglimento di Paolo Bellini per la strage alla stazione di Bologna. La sua ex moglie ha fornito una nuova testimonianza cruciale, identificando Bellini in un filmato girato poco prima dell’esplosione. Ha riconosciuto non solo la sua figura, ma anche una catenina che lui indossava. Questa nuova dichiarazione cambia radicalmente la versione sull’alibi del 2 agosto 1980 che era stata fornita in precedenza da Bellini e dai suoi familiari. Secondo la nuova testimonianza, Bellini sarebbe arrivato a Rimini molto più tardi rispetto all’orario inizialmente dichiarato. Questa nuova tempistica rende di fatto impossibile la sua presenza al Passo del Tonale all’ora che era stata indicata nell’alibi originale.

Altri indizi e testimonianze

Altri elementi si aggiungono a questa nuova prospettiva. Un detenuto ha riferito che il fratello di Bellini, Guido, prima di morire, gli confidò dettagli sul coinvolgimento di Paolo nella strage, inclusa la fase del trasporto del materiale esplosivo. Inoltre, un’intercettazione che riguarda Carlo Maria Maggi, ex capo di Ordine Nuovo, contiene un riferimento significativo: si suggerisce che la bomba sia stata portata da un “aviere”. Questo dettaglio si lega in modo notevole alla passione e all’attività di Bellini nel campo del volo, aggiungendo un ulteriore elemento da considerare nelle indagini.

Attività sotto falso nome e contatti internazionali

Le indagini hanno riesaminato le attività di Bellini condotte utilizzando il falso nome di Roberto Da Silva. È emerso un dettaglio interessante: nel febbraio del 1980, Bellini si trovava nello stesso hotel a Bologna in cui alloggiava Thomas Kram, noto terrorista tedesco. Questa coincidenza ha sollevato interrogativi significativi, anche se la cosiddetta pista “palestinese” legata a Kram era stata precedentemente archiviata. La presenza di Bellini sotto un’identità fittizia in un contesto potenzialmente legato al terrorismo internazionale in un periodo così ravvicinato alla strage merita attenzione.

Legami con ambienti investigativi e rete di relazioni

Un ruolo che appare centrale nelle indagini sembra essere quello di Ugo Sisti, che all’epoca della strage ricopriva la carica di procuratore capo di Bologna. Sisti era anche amico intimo del padre di Bellini, stabilendo un legame personale tra le due famiglie. È stato scoperto che Sisti si trovava nell’hotel di proprietà della famiglia Bellini a Reggio Emilia solo poche ore dopo l’attentato. La sua giustificazione per questa presenza fu la necessità di “riordinare le idee”, una spiegazione che ha sollevato perplessità. Bellini stesso, in un momento successivo, ha rilasciato una dichiarazione significativa, affermando che i servizi segreti “erano di casa col dottor Sisti”, suggerendo una possibile vicinanza tra il procuratore e ambienti deviati dei servizi.

La rete di contatti e possibili coperture

Le indagini hanno anche portato alla luce una serie di contatti tra Bellini e altre figure rilevanti. Tra queste figurano Sergio Picciafuoco e Memo Vecchiotti. Quest’ultimo è stato indicato come un informatore dei servizi segreti, un dettaglio che acquista rilevanza nel quadro generale. Vecchiotti, in particolare, accompagnò l’avvocato Stefano Menicacci in diverse occasioni. Menicacci era a sua volta legato a Bellini tramite il senatore Cremisini, delineando una rete di conoscenze e influenze. Uno degli episodi che evidenzia questa rete è la visita di Vecchiotti e Menicacci a un giornale, seguita dalla successiva e inspiegabile sparizione di Vecchiotti da una caserma.

Indizi di un ruolo protetto

Questi elementi, presi nel loro complesso, suggeriscono l’esistenza di una rete complessa e potenzialmente protettiva intorno a Paolo Bellini. I suoi frequenti trasferimenti carcerari, spesso avvenuti sotto falso nome, e i suoi accertati legami con ambienti dell’estremismo di destra indicano un profilo che potrebbe aver goduto di protezioni o facilitazioni. Le indagini suggeriscono anche possibili legami con ambienti finanziari, aggiungendo un ulteriore livello di complessità al suo ruolo. Tutti questi indizi convergono nel suggerire un possibile ruolo protetto che necessita di ulteriori e approfonditi chiarimenti per essere pienamente compreso.

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Ma se le confessioni di Bellini sono così inaffidabili, come possiamo accettare la sua versione dei fatti, specialmente per un omicidio avvenuto decenni prima in un contesto diverso?
Il capitolo evidenzia giustamente i dubbi sulla credibilità di Bellini, citando le versioni mutevoli e la mancanza di riscontri oggettivi per i presunti complici. Tuttavia, la sua confessione sull’omicidio Campanile del 1975 è presentata come un elemento chiave, nonostante avvenga 30 anni dopo i fatti e in un contesto politico-eversivo molto diverso dalla criminalità organizzata degli anni ’90. Per comprendere meglio queste dinamiche e valutare criticamente la figura di Bellini, sarebbe utile approfondire la storia degli anni di piombo in Italia, la storia della ‘ndrangheta e i meccanismi legali di valutazione delle testimonianze dei collaboratori di giustizia. Autori come Nicola Gratteri per la ‘ndrangheta o storici che hanno studiato l’eversione politica degli anni ’70 possono offrire spunti cruciali.


7. L’Uomo Cerniera e le Ombre dello Stato

La strage avvenuta a Bologna il 2 agosto 1980 è stata definita una strage politica, legata agli apparati dello Stato. Le indagini più recenti e le motivazioni della sentenza che ha condannato Gilberto Cavallini mettono in luce il ruolo di Paolo Bellini. Bellini è indicato come uno degli esecutori materiali dell’attentato, agendo insieme ad altri. Le stesse indagini puntano il dito su Licio Gelli e Federico Umberto D’Amato come i mandanti, coloro che hanno ordinato la strage.

Chi è Paolo Bellini, l’Uomo Cerniera

Paolo Bellini è una figura centrale, soprannominato “uomo-cerniera”. Questo nome descrive la sua posizione di collegamento tra settori deviati degli apparati dello Stato e il mondo della criminalità organizzata. La sua capacità di muoversi tra questi due mondi lo rende un personaggio chiave per comprendere molte vicende oscure della storia italiana. Le sue azioni e i suoi legami sono considerati fondamentali per ricostruire la rete di complicità che ha permesso eventi come la strage di Bologna.

I Legami con il Procuratore Ugo Sisti

Un aspetto sorprendente che emerge è lo stretto rapporto tra Paolo Bellini e Ugo Sisti, che all’epoca della strage ricopriva la carica di procuratore capo a Bologna. Sisti frequentava abitualmente l’albergo di Aldo Bellini, padre di Paolo, e riceveva da lui informazioni sui detenuti. La notte stessa in cui avvenne la strage, Sisti si recò in quell’albergo, la Mucciatella, senza alcuna scorta e senza informare la Questura, scomparendo di fatto dalla circolazione per ore. Fu ritrovato lì il giorno seguente, proprio mentre le forze dell’ordine stavano perquisire la struttura alla ricerca di Paolo Bellini. Un comportamento così insolito per il responsabile delle indagini solleva molti interrogativi. Un altro episodio significativo che testimonia questi legami risale al 1978: un volo privato da Foligno a Roma per un incontro tra Sisti e l’allora Ministro dell’Interno Virginio Rognoni ebbe come pilota proprio Paolo Bellini, che usava il falso nome di Roberto Da Silva.

Anni di Latitanza e la Strategia della Collaborazione

Per anni, Paolo Bellini è stato un latitante, nascondendosi dietro il falso nome di Roberto Da Silva. Questo lungo periodo di fuga è stato possibile grazie a protezioni di altissimo livello, che evidentemente si adoperavano per far sparire ogni traccia della sua vera identità. Nonostante le sue confessioni su numerosi omicidi, Bellini ha ottenuto condanne relativamente leggere dopo essere diventato collaboratore di giustizia nel 1999. La sua collaborazione è caratterizzata da una strategia definita “teoria delle cartucce”, che consiste nel rivelare le informazioni poco alla volta. Il suo ruolo nella strage di Bologna e le sue future testimonianze sono considerate fondamentali per svelare molti misteri ancora irrisolti in Italia. La sua figura getta luce su una rete complessa che unisce il terrorismo di estrema destra, la criminalità organizzata come la mafia, e settori deviati degli apparati di sicurezza, citando organizzazioni come l’Aginter Press e la struttura clandestina nota come “Anello”.

Un Mistero Irrisolto: Maria Fresu

Oltre alle vicende legate a Bellini, la strage nasconde ancora altri enigmi. Uno di questi riguarda Maria Fresu, una delle persone che persero la vita nell’attentato. Nella bara destinata al suo corpo, furono trovati resti umani che non appartenevano a lei. Questo fatto solleva inquietanti domande sull’identità di quei resti sconosciuti e sulla possibilità che ci sia stata un’ottantaseiesima vittima della strage, mai identificata ufficialmente.

Ma le conclusioni del capitolo su esecutori e mandanti della strage di Bologna sono così definitive come vengono presentate?
Il capitolo presenta con sicurezza l’identificazione di Paolo Bellini come esecutore materiale e di Licio Gelli e Federico Umberto D’Amato come mandanti. Tuttavia, la ricostruzione storica e giudiziaria della strage è stata per decenni oggetto di aspre controversie e depistaggi. Affermare con tale nettezza queste responsabilità, pur basandosi su sentenze recenti, richiede un’analisi molto più approfondita del percorso processuale, delle prove specifiche e delle diverse interpretazioni che ancora oggi animano il dibattito. Per una comprensione critica, è indispensabile studiare la storia del terrorismo neofascista, le dinamiche dei servizi segreti deviati e le varie fasi delle indagini sulla strage. Approfondire il lavoro di autori che hanno analizzato a fondo questi temi, come De Lutiis o Fornari, e consultare le motivazioni complete delle sentenze può fornire il contesto necessario per valutare la solidità delle affermazioni del capitolo.


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