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Informazioni
“Lineamenti di Procedura Penale sintesi e ripasso” di Rocco Mela ti porta dentro il cuore del sistema giudiziario italiano, svelando come funziona davvero un processo penale. Non è solo una serie di regole, ma un percorso affascinante dove incontrerai figure chiave come il giudice, che decide in piena indipendenza, il pubblico ministero, che guida le indagini preliminari e sostiene l’accusa, l’imputato, che si difende, e il suo difensore. Seguiremo passo dopo passo le varie fasi: dalla notizia di reato che fa scattare le indagini, passando per l’udienza preliminare che filtra i casi, fino al dibattimento, il momento cruciale dove si formano le prove e si arriva alla sentenza. Capirai come si raccolgono e valutano le prove, cosa sono le misure cautelari che limitano la libertà, e come una sentenza diventa definitiva acquisendo l’autorità di cosa giudicata. Esploreremo anche le vie per contestare una decisione attraverso le impugnazioni, come l’appello e il ricorso in cassazione, e vedremo il ruolo della magistratura di sorveglianza nell’esecuzione penale. Questo libro è una guida chiara per orientarsi in un mondo complesso, pensata per chi vuole capire i meccanismi della giustizia penale senza perdersi nei dettagli.Riassunto Breve
Nel processo penale, il giudice è indipendente e soggetto solo alla legge, deve essere imparziale e ogni cittadino sa in anticipo chi lo giudicherà. La competenza del giudice si divide per materia, a seconda della gravità del reato, e per territorio, di solito dove è avvenuto il fatto. Esistono rimedi come l’astensione o la ricusazione se il giudice non è imparziale, o la rimessione se il problema riguarda l’intero ufficio giudiziario. Il Pubblico Ministero è un magistrato che non giudica ma rappresenta l’accusa, svolge le indagini, decide se chiedere l’archiviazione o il rinvio a giudizio, esercita l’azione penale e cura l’esecuzione delle sentenze. Le procure sono i suoi uffici, con strutture specifiche anche per i reati di mafia. Le prove sono fondamentali per la decisione del giudice e includono testimonianze, perizie, documenti, raccolte tramite ispezioni, perquisizioni, intercettazioni (queste ultime con autorizzazione del giudice). Oggi le parti hanno diritto a portare le prove, che il giudice valuta con libero convincimento, ma deve motivare la sua decisione. Ci sono limiti, come la valutazione degli indizi o delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Le misure cautelari limitano libertà o beni, sono disposte dal giudice nei casi previsti dalla legge e richiedono gravi indizi e specifiche esigenze (pericolo di fuga, inquinamento prove, reiterazione reati). Si dividono in personali (coercitive o interdittive) e reali (sequestri). Si applicano rispettando criteri di proporzionalità, adeguatezza e gradualità, con eccezioni per reati gravi o condizioni di salute particolari. Le misure si possono impugnare con riesame, appello o ricorso in Cassazione. Il processo inizia con le indagini preliminari guidate dal P.M. con l’aiuto della polizia giudiziaria, per raccogliere elementi utili a decidere sull’azione penale. Le indagini partono dalla notizia di reato, che può portare a procedimenti d’ufficio o a iniziativa di parte (querela). Le indagini hanno tempi definiti e possono includere atti investigativi specifici. Se una prova rischia di non essere più disponibile, si può chiedere un incidente probatorio al G.I.P. Alla fine delle indagini, il P.M. chiede l’archiviazione o il rinvio a giudizio. L’udienza preliminare davanti al G.U.P. serve da filtro per valutare la fondatezza dell’accusa; il G.U.P. decide con sentenza di non luogo a procedere o con decreto che dispone il giudizio. Il dibattimento è la fase centrale, pubblica, orale e con contraddittorio, dove si formano le prove tramite l’esame incrociato delle parti. Si conclude con la discussione finale e la decisione del giudice. Dopo il dibattimento, il giudice decide in camera di consiglio, leggendo il dispositivo della sentenza e depositando la motivazione. Le sentenze possono essere di proscioglimento (per non doversi procedere o assoluzione) o di condanna. Le impugnazioni permettono di contestare una sentenza e chiedere un nuovo giudizio, rispettando regole precise su chi può impugnare, i tempi e i motivi. Hanno effetti devolutivo, sospensivo ed estensivo. I mezzi ordinari sono l’appello e il ricorso in Cassazione, che impediscono alla sentenza di diventare definitiva. L’appello riesamina la decisione nei limiti dei motivi presentati, con il divieto di peggiorare la situazione dell’imputato appellante. Il ricorso in Cassazione controlla solo la corretta applicazione della legge, non riesamina i fatti, e può portare all’annullamento con o senza rinvio. Una sentenza diventa definitiva quando non è più impugnabile, acquisendo autorità di cosa giudicata, che la rende obbligatoria, eseguibile e impedisce un nuovo processo per lo stesso fatto. L’esecuzione delle sentenze spetta al P.M., ma interviene anche la magistratura di sorveglianza, composta dal magistrato di sorveglianza (controllo esecuzione, misure di sicurezza) e dal tribunale di sorveglianza (misure alternative al carcere). Il procedimento di sorveglianza si svolge senza pubblico e porta a decisioni (ordinanze) impugnabili in Cassazione.Riassunto Lungo
1. Le Figure Chiave del Processo Penale
Il giudice opera in piena indipendenza, soggetto unicamente alla legge, senza influenze esterne. È fondamentale che sia imparziale, ovvero che non abbia alcun interesse personale o legame con le parti coinvolte nel processo. Questo garantisce che la decisione finale si basi solo sui fatti e sul diritto. Ogni cittadino ha la certezza di essere giudicato da un giudice stabilito in anticipo dalla legge, secondo il principio del giudice naturale e precostituito, un pilastro della giustizia.La Competenza e l’Imparzialità del Giudice
L’autorità del giudice si suddivide in base alla competenza. La competenza per materia dipende dalla gravità del reato e dalla pena massima prevista dalla legge. Ad esempio, la Corte d’Assise è competente per i reati più gravi, quelli puniti con pene superiori ai 24 anni, mentre il giudice di pace si occupa dei reati meno gravi, espressamente elencati dalla legge. Il tribunale ha una competenza residuale, gestendo i casi che non rientrano nelle categorie precedenti: il tribunale monocratico per reati con pena fino a 10 anni e il tribunale collegiale per pene tra 10 e 24 anni. Esiste anche un tribunale specializzato per i minori tra i 14 e i 18 anni, composto da giudici esperti e onorari con competenze specifiche sull’età evolutiva. La competenza territoriale si basa generalmente sul luogo in cui il reato è stato commesso, anche se per alcuni reati, come l’omicidio, si considera il luogo dell’azione o dell’omissione. Per assicurare l’imparzialità, la legge prevede dei meccanismi nel caso in cui sorgano dubbi sulla posizione del giudice. Il giudice stesso ha il dovere di astenersi se si trova in una situazione che potrebbe comprometterne l’imparzialità. Le parti coinvolte nel processo, invece, possono chiedere la ricusazione del giudice, presentando motivi validi che ne mettano in discussione la terzietà. Se il sospetto di parzialità riguarda l’intero ufficio giudiziario di una certa zona, si può chiedere la rimessione del processo, che viene così spostato in un altro tribunale seguendo specifiche regole territoriali.Il Ruolo del Pubblico Ministero
Il Pubblico Ministero è un magistrato dello Stato, ma a differenza del giudice, non ha il potere di giudicare. Svolge un ruolo fondamentale e distinto, essendo presente per tutta la durata del processo penale. La sua attività inizia con le indagini, durante le quali raccoglie prove a carico e a discarico per ricostruire i fatti. Al termine di questa fase investigativa, il Pubblico Ministero valuta se chiedere l’archiviazione del caso, ritenendo che non ci siano elementi sufficienti per procedere, oppure se chiedere il rinvio a giudizio dell’indagato. La decisione di chiedere il rinvio a giudizio rappresenta l’esercizio dell’azione penale, un diritto che spetta esclusivamente al Pubblico Ministero. Una volta avviato il processo, il Pubblico Ministero assume il ruolo di parte pubblica, agendo per tutelare l’interesse generale dello Stato e della collettività, in contrapposizione all’imputato che è la parte privata. Dopo che la sentenza è diventata definitiva, il Pubblico Ministero ha anche il compito di assicurare che la decisione del giudice venga eseguita concretamente.Gli Uffici del Pubblico Ministero
Gli uffici in cui opera il Pubblico Ministero sono le procure. La procura della Repubblica ha sede presso ogni tribunale ed è guidata da un procuratore della Repubblica, affiancato da uno o più sostituti procuratori. Esiste poi la procura generale, che ha sede unicamente a Roma, presso la Corte di Cassazione, ed è composta da un procuratore generale e dai suoi sostituti. A partire dagli anni ’90, sono state istituite procure specializzate nella lotta contro la criminalità organizzata. In ogni distretto di corte d’appello si trova una procura distrettuale antimafia, che si occupa delle indagini sui reati di stampo mafioso a livello locale. Per coordinare queste indagini a livello nazionale e contrastare le organizzazioni criminali più complesse, è stata creata a Roma la procura nazionale antimafia, che ha funzioni di impulso e coordinamento rispetto alle procure distrettuali.Ma l’indipendenza e l’imparzialità del giudice, così idealmente descritte, resistono davvero alle pressioni esterne e alle dinamiche interne del sistema giudiziario?
Il capitolo presenta i principi cardine dell’indipendenza e dell’imparzialità del giudice, fondamentali per un processo equo, e accenna ai meccanismi previsti per garantirli, come l’astensione e la ricusazione. Tuttavia, non affronta in modo critico quanto questi strumenti siano effettivamente sufficienti a tutelare la terzietà del giudice di fronte a influenze di diversa natura, siano esse politiche, mediatiche o legate alle carriere interne alla magistratura. Per approfondire le reali sfide all’indipendenza giudiziaria e l’efficacia dei correttivi, è utile consultare studi di sociologia del diritto, analisi sulla politica giudiziaria e le opere di giuristi che hanno analizzato criticamente il funzionamento della giustizia, in particolare nel dibattito sulla separazione delle carriere.2. Strumenti di decisione e limitazioni nel processo penale
Le prove sono gli strumenti che permettono al giudice di prendere una decisione nel processo penale. Tra le prove più usate ci sono le testimonianze, le perizie fatte da esperti, le ricognizioni per riconoscere persone o cose, gli esperimenti per verificare fatti e i documenti. Per trovare queste prove si usano diversi mezzi, come le ispezioni dei luoghi, le perquisizioni per cercare oggetti o documenti e le intercettazioni telefoniche. È importante notare che solo le intercettazioni richiedono sempre l’autorizzazione di un giudice per via della loro invasività sulla privacy, mentre gli altri mezzi possono essere disposti direttamente dal Pubblico Ministero. In passato, la gestione delle prove era quasi interamente nelle mani del Pubblico Ministero e del giudice, ma oggi il diritto di presentare prove spetta a tutte le parti coinvolte nel processo, sia quelle private come l’imputato e il suo avvocato, sia quelle pubbliche come il Pubblico Ministero. Il giudice viene a conoscenza delle prove man mano che queste vengono presentate dalle parti durante il dibattimento. Solo in situazioni eccezionali, e solo alla fine del dibattimento se non riesce a decidere con le prove già acquisite, il giudice può cercare prove di sua iniziativa.Come si usano e si valutano le prove
Per decidere quali prove possono essere usate nel processo, il giudice segue regole precise. Una prova è ammessa solo se è utile a dimostrare i fatti legati al reato (pertinente) e se è stata raccolta in modo legale (legittima). Non sono ammesse prove che non servono a capire meglio i fatti (irrilevante) o che ripetono cose già dimostrate in modo chiaro (superflua). Una volta ammesse, per valutare le prove, il giudice applica il principio del libero convincimento, che significa che può valutare ogni prova in modo indipendente. Tuttavia, questo potere non è illimitato: il giudice ha l’obbligo di motivare la sua decisione nella sentenza, spiegando in modo chiaro quali prove ha considerato e perché le ha ritenute valide o meno. Questa motivazione è fondamentale perché permette alle parti di capire il ragionamento del giudice e, se non sono d’accordo, di contestare la decisione. La legge pone anche altri limiti specifici alla valutazione: ad esempio, non si può arrivare a una condanna o a un’assoluzione basandosi solo su indizi, a meno che questi non siano molto seri, precisi e concordanti tra loro. Allo stesso modo, le dichiarazioni di chi collabora con la giustizia vengono valutate con attenzione e devono essere confermate da altri elementi che ne dimostrino l’attendibilità.Le Misure Cautelari
Oltre alle prove, nel processo penale esistono strumenti che limitano la libertà di una persona o la disponibilità dei suoi beni: sono le misure cautelari. Queste misure sono permesse solo nei casi espressamente previsti dalla legge e possono essere applicate solo con un provvedimento di un giudice, come garantisce la Costituzione. In situazioni di urgenza, la polizia può limitare temporaneamente la libertà, ma deve informare subito il Pubblico Ministero entro 48 ore. A sua volta, il Pubblico Ministero deve chiedere al giudice di convalidare l’arresto o il fermo entro le successive 48 ore; se il giudice non convalida entro 96 ore dall’inizio della limitazione, la persona deve essere liberata. Le misure cautelari si dividono in due grandi categorie. Ci sono le misure personali, che limitano la libertà della persona; queste possono essere coercitive, come gli arresti domiciliari o la custodia in carcere, oppure interdittive, come la sospensione da un pubblico ufficio o da una professione. Ci sono poi le misure reali, che riguardano il patrimonio; l’esempio più comune è il sequestro, che può essere conservativo per assicurare il pagamento di debiti o preventivo per impedire che vengano commessi altri reati usando certi beni.Applicazione e durata delle Misure Cautelari
Per poter applicare una misura cautelare personale, sono necessari due presupposti fondamentali: devono esserci gravi indizi che la persona abbia commesso il reato e deve esistere almeno una delle esigenze cautelari previste dalla legge. Queste esigenze sono il pericolo che la persona possa fuggire, il rischio che inquini le prove o la possibilità che commetta altri reati. È il Pubblico Ministero a chiedere al giudice di applicare una misura, e il giudice decide quale sia la più adatta, ma non può mai disporre una misura più severa di quella richiesta. La scelta della misura segue criteri di proporzionalità alla gravità del fatto, adeguatezza all’esigenza specifica e gradualità, privilegiando sempre la misura meno pesante che sia sufficiente a tutelare le esigenze. Esistono alcune eccezioni importanti: ad esempio, la custodia in carcere può essere disposta anche solo con gravi indizi ed esigenze specifiche per reati molto gravi come quelli di mafia, mentre in altri casi non può essere applicata a donne incinte o con figli piccoli, o a persone malate terminali. Le misure cautelari non durano per sempre, ma hanno una durata massima stabilita dalla legge e cessano in ogni caso con la sentenza definitiva del processo. Chi è stato sottoposto ingiustamente a custodia cautelare ha diritto a chiedere un risarcimento.Come Contestare le Misure Cautelari
È possibile contestare la decisione del giudice che applica una misura cautelare. L’indagato ha diverse possibilità per farlo. Può chiedere il riesame dell’ordinanza entro 10 giorni, specialmente per le misure più restrittive come gli arresti domiciliari o il carcere; in questo caso, la richiesta va presentata al tribunale della libertà, che ha 10 giorni per decidere, e se non lo fa entro questo termine, la misura perde automaticamente efficacia. Per le altre misure, o se è il Pubblico Ministero a voler contestare, si può presentare appello, sempre entro 10 giorni, al tribunale della libertà, che in questo caso ha 20 giorni per decidere, ma senza che la misura decada se la decisione ritarda. Infine, contro le decisioni prese dal tribunale della libertà sul riesame o sull’appello, si può ricorrere in Cassazione entro 10 giorni; questa corte superiore controlla solo se la legge è stata applicata correttamente e decide entro 30 giorni, anche qui senza che la misura cautelare decada in caso di ritardo nella decisione.Ma se le misure cautelari limitano la libertà basandosi su semplici indizi ed esigenze, non si mina forse alla radice il principio di non colpevolezza?
Il capitolo descrive accuratamente il funzionamento delle misure cautelari, ma non affronta la questione fondamentale del loro impatto sul principio cardine del diritto penale: la presunzione di innocenza. Limitare la libertà personale o patrimoniale prima di una sentenza definitiva, basandosi su probabilità e rischi, solleva interrogativi profondi sull’equilibrio tra le esigenze dello Stato e i diritti dell’individuo. Per comprendere meglio questa tensione, è utile approfondire la filosofia del diritto penale e processuale, confrontando i sistemi giuridici e le loro diverse risposte a questo dilemma. Un autore da considerare per un’analisi critica di questi temi è Luigi Ferrajoli.3. L’Avvio e lo Svolgimento del Processo Penale
Il percorso della giustizia penale comincia con le indagini preliminari. Questo momento iniziale serve a raccogliere tutti gli elementi utili perché il Pubblico Ministero possa valutare se ci sono le basi per portare avanti l’accusa. È il Pubblico Ministero a dirigere queste ricerche, affiancato dalla polizia giudiziaria. È importante sapere che le indagini non sono ancora un atto giudiziario vero e proprio, anche se il Giudice per le Indagini Preliminari interviene in momenti specifici e alla fine di questa fase.La Notizia di Reato e Come Nasce un Caso
Tutto prende il via dalla notizia di reato, cioè quando si viene a conoscenza di un fatto che potrebbe essere un crimine. Il Pubblico Ministero e la polizia giudiziaria possono scoprire queste notizie da soli o riceverle da altri. Non tutti i crimini vengono trattati allo stesso modo: alcuni sono perseguiti d’ufficio, il che significa che il Pubblico Ministero agisce appena ne viene a conoscenza, perché riguardano un interesse pubblico generale. Altri, invece, richiedono che sia la persona che ha subito il danno a chiedere l’intervento della giustizia, come avviene con la querela. Questo accade per reati che toccano più da vicino l’interesse privato della persona offesa. La querela deve essere presentata entro tre mesi dal fatto e può essere ritirata, ma solo con il consenso della persona accusata.Lo Sviluppo delle Indagini
Quando il Pubblico Ministero riceve una notizia di reato, la registra ufficialmente. Da questo momento iniziano a decorrere i tempi previsti dalla legge per le indagini, che di solito durano sei mesi o un anno, ma possono essere allungati se necessario. La polizia giudiziaria ha poteri autonomi per compiere i primi passi, come identificare persone o raccogliere informazioni, anche se per gli indagati ci sono regole precise da rispettare. Possono anche effettuare perquisizioni e controlli urgenti, che spesso devono poi essere confermati dal Pubblico Ministero. Il Pubblico Ministero, dal canto suo, può svolgere interrogatori, chiedere l’aiuto di esperti per perizie specifiche, disporre fermi e sequestri. Alcuni degli atti investigativi compiuti in questa fase sono considerati “irripetibili” e possono essere utilizzati anche durante il processo vero e proprio. È importante sottolineare che anche la difesa ha la possibilità di svolgere proprie indagini per raccogliere elementi a favore dell’indagato.L’Incidente Probatorio: Mettere al Sicuro le Prove
Se c’è il rischio che una prova fondamentale possa non essere più disponibile in futuro, prima ancora che inizi il processo, si può chiedere al Giudice per le Indagini Preliminari di procedere con un incidente probatorio. Questo strumento permette di raccogliere quella specifica prova subito, seguendo però le stesse regole che si userebbero in dibattimento, con le parti (accusa e difesa) che possono fare domande incrociate. In questo modo, la prova viene “cristallizzata” e potrà essere usata nel processo anche se la sua fonte originale non fosse più accessibile.Dalle Indagini al Dibattimento: Le Fasi del Processo
Una volta terminate le indagini, il Pubblico Ministero prende una decisione: se ritiene che non ci siano prove sufficienti, chiede l’archiviazione del caso; se invece ritiene che ci siano elementi validi, chiede che l’imputato venga mandato a giudizio. A questo punto, il percorso si sposta all’udienza preliminare, che si svolge davanti al Giudice dell’Udienza Preliminare. È questo giudice a valutare se ci sono le condizioni per iniziare il processo vero e proprio o se è il caso di fermare tutto. Se si procede, la fase centrale è il dibattimento, il momento in cui le prove vengono presentate e discusse in aula, portando infine alla sentenza di primo grado. Questa sentenza non è necessariamente l’ultima parola: può essere contestata con l’appello, dando inizio al secondo grado di giudizio. Dopo l’appello, si può ancora ricorrere in Cassazione (il terzo grado), ma in questa fase la Corte non riesamina i fatti, si limita a controllare se la legge è stata applicata correttamente.Come può la Corte di Cassazione annullare una sentenza per “manifesta illogicità” della motivazione senza, per definizione, riesaminare i fatti?
Il capitolo illustra correttamente la distinzione tra appello e ricorso per cassazione, sottolineando che quest’ultimo si concentra esclusivamente sugli errori di diritto e non riesamina i fatti. Tuttavia, uno dei motivi di ricorso ammessi è la “manifesta illogicità” della motivazione. Questo punto cruciale non viene approfondito, lasciando aperta la questione di come un giudice di legittimità possa valutare l’illogicità di un ragionamento che si basa sull’analisi dei fatti, senza addentrarsi nel merito di tale analisi. Per comprendere le complesse dinamiche di questo controllo e il dibattito che ne deriva, è fondamentale studiare la giurisprudenza della Corte di Cassazione stessa e consultare opere di diritto processuale penale che trattano il tema dei vizi della motivazione e del sindacato di legittimità, come quelle di autori quali G. Ubertis o P. Tonini.7. La Forza della Sentenza e il Ruolo della Sorveglianza
Una sentenza penale diventa definitiva quando non è più possibile fare ricorso contro di essa, sia perché sono stati esauriti tutti i gradi di giudizio, sia perché sono scaduti i termini per presentare le impugnazioni. Una volta definitiva, questa sentenza acquisisce l’autorità di cosa giudicata, un principio fondamentale del diritto. La cosa giudicata ha effetti molto importanti: innanzitutto, la sentenza diventa obbligatoria per tutti, non solo per le parti coinvolte nel processo. Inoltre, può essere concretamente messa in pratica, cioè eseguita. Infine, e questo è un punto cruciale, impedisce che una persona già giudicata per un determinato fatto venga processata una seconda volta per lo stesso identico fatto. Se per un errore del sistema si arrivasse comunque a una seconda sentenza per lo stesso fatto, la legge stabilisce che si debba applicare solo quella che risulta più favorevole alla persona condannata.Chi esegue le sentenze
L’esecuzione delle sentenze in materia penale è compito del Pubblico Ministero, che è l’organo incaricato di portare avanti l’azione penale. Se la condanna prevede una pena detentiva, cioè il carcere, il Pubblico Ministero emette l’ordine di arresto per dare inizio all’esecuzione della pena. Tuttavia, la legge prevede un’eccezione per alcune situazioni. Se la pena da scontare non supera i tre anni, o i quattro anni nel caso in cui la persona condannata dipenda da sostanze stupefacenti o alcol, il Pubblico Ministero ha la facoltà di sospendere l’ordine di arresto. Questa sospensione serve a dare al condannato la possibilità di presentare una richiesta per ottenere una delle misure alternative alla detenzione in carcere, evitando così l’ingresso immediato in prigione in attesa della decisione su tale richiesta.Il ruolo della magistratura di sorveglianza
Nella fase di esecuzione delle sentenze penali, oltre al Pubblico Ministero, interviene un’altra figura fondamentale: la magistratura di sorveglianza. Questa è un organo giurisdizionale specializzato che si occupa di controllare e gestire l’applicazione concreta delle pene, soprattutto quelle detentive. La magistratura di sorveglianza è composta da due figure principali: il magistrato di sorveglianza e il tribunale di sorveglianza. Il magistrato di sorveglianza è un giudice singolo che ha il compito di controllare e verificare che l’esecuzione delle pene avvenga in modo corretto e nel rispetto dei diritti dei condannati. A tal fine, visita regolarmente le carceri, parla con i detenuti e dà pareri su diverse questioni, come ad esempio le richieste di grazia. Prende anche decisioni importanti, molte delle quali sono autorizzazioni necessarie per determinate attività o benefici. Le sue decisioni che hanno un valore di legge riguardano in particolare le misure di sicurezza, che vengono applicate a persone ritenute socialmente pericolose. Prima di applicare una misura di sicurezza, il magistrato deve valutare di nuovo se la persona è ancora pericolosa, attraverso un procedimento specifico al termine del quale decide se confermare, modificare o revocare la misura in base alla pericolosità attuale del soggetto.Il tribunale di sorveglianza
Accanto al magistrato singolo, opera il tribunale di sorveglianza, che è un organo collegiale formato da giudici togati e da esperti in materie come la psicologia, la criminologia, il servizio sociale e l’educazione. Questo tribunale ha un ruolo centrale e si occupa principalmente delle misure alternative al carcere, come l’affidamento in prova ai servizi sociali, la detenzione domiciliare o la semilibertà. È il primo giudice a decidere sull’applicazione di queste misure, valutando se il condannato ha i requisiti per scontare la pena fuori dal carcere o in forme meno restrittive. Inoltre, il tribunale di sorveglianza ha anche la funzione di giudice d’appello per le decisioni prese dal magistrato di sorveglianza in materia di misure di sicurezza, giudicando quindi sui ricorsi presentati contro le ordinanze del magistrato singolo.Come funziona il procedimento di sorveglianza
Per applicare sia le misure di sicurezza che le misure alternative al carcere si utilizza un particolare procedimento chiamato procedimento di sorveglianza. Questo procedimento si svolge in forma non pubblica, cioè senza l’accesso del pubblico. Può iniziare su richiesta della persona condannata interessata, del suo avvocato difensore, del Pubblico Ministero, o anche d’ufficio, cioè per iniziativa dello stesso giudice di sorveglianza. La prima fase consiste nel verificare la validità e l’ammissibilità della richiesta presentata. Successivamente, si procede a raccogliere tutte le informazioni necessarie per valutare la situazione del condannato e la sua idoneità alla misura richiesta. Viene quindi fissata un’udienza, a cui devono obbligatoriamente partecipare il Pubblico Ministero e l’avvocato del condannato, mentre il condannato stesso ha la facoltà di partecipare o meno. Durante l’udienza, un magistrato relatore presenta il caso e le parti discutono le loro posizioni. Al termine della discussione, il giudice o il collegio decide con un provvedimento chiamato ordinanza, che contiene la decisione sull’applicazione, modifica o revoca della misura. Contro questa ordinanza è possibile presentare ricorso alla Corte di Cassazione, che è l’ultimo grado di giudizio.Ma come si misura davvero la “pericolosità sociale”, e su quali basi scientifiche si fonda questa valutazione cruciale?
Il capitolo accenna alla valutazione della pericolosità sociale come presupposto per le misure di sicurezza, ma non ne esplora le complesse implicazioni. La criminologia e la psicologia giuridica dibattono da decenni sulla validità e l’affidabilità degli strumenti di valutazione del rischio di recidiva e della pericolosità. Per comprendere meglio questo aspetto controverso, sarebbe utile approfondire le metodologie di assessment del rischio (come gli strumenti attuariali vs. clinici) e le critiche mosse alla loro applicazione in contesti giudiziari. Autori come M. Foucault hanno analizzato criticamente il concetto di pericolosità e il suo ruolo nei sistemi di controllo sociale. Approfondire la criminologia clinica e la psicologia giuridica è essenziale per capire i limiti e le potenziali distorsioni di tali valutazioni.Abbiamo riassunto il possibile
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