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Contenuti del libro
Informazioni
ti fa vedere la storia degli Stati Uniti in un modo che non ti aspetti. Non è solo la solita storia dell’espansione verso ovest, ma racconta di un vero e proprio impero americano, fatto di territori d’oltremare come le Filippine, Puerto Rico, Hawaii e Alaska, spesso dimenticati o trattati diversamente. Il libro esplora come l’espansione degli Stati Uniti sia stata caotica e contraddittoria, partendo dai pionieri fino ad arrivare alle isole del Pacifico. Poi, con la Seconda Guerra Mondiale e l’avanzata della tecnologia, l’impero cambia pelle: non più controllo diretto dei territori, ma un’influenza globale basata su basi militari sparse ovunque, logistica e standardizzazione, dall’inglese ai segnali stradali. Immerwahr chiama questo “impero puntillista” o “invisibile”, mostrando come la tecnologia abbia reso meno importante il territorio fisico, ma non abbia eliminato lo sfruttamento e le ingiustizie, come quelle viste nella guerra ispano-americana o nelle fabbriche di Saipan. È un viaggio affascinante che collega la conquista del continente alla globalizzazione di oggi, facendoti capire quanto la storia degli Stati Uniti sia legata a questi luoghi lontani e alle persone che li abitano.Riassunto Breve
L’espansione degli Stati Uniti si manifesta in modo complesso e non lineare. Inizialmente, i fondatori mirano a un’espansione controllata, ma la rapida crescita demografica spinge a un movimento verso ovest più disordinato, trasformando i territori in stati a un ritmo accelerato. I territori d’oltremare, invece, vengono spesso trascurati economicamente e amministrativamente. La Seconda Guerra Mondiale cambia radicalmente questa situazione, portando i territori del Pacifico come Hawai’i e Alaska in prima linea e rendendoli zone militarizzate. Durante la guerra, si verificano violazioni dei diritti civili, come la legge marziale e gli internamenti, ma le popolazioni locali dimostrano lealtà e contribuiscono allo sforzo bellico. La guerra segna la fine dell’impero coloniale formale degli Stati Uniti, con le Filippine che ottengono l’indipendenza e Alaska e Hawai’i che diventano stati, ma contemporaneamente afferma l’influenza globale americana. Questo nuovo potere si basa su una vasta rete logistica e su basi militari sparse per il mondo. Le innovazioni tecnologiche, come i materiali sintetici, l’aviazione e le comunicazioni radio, riducono la necessità di controllare direttamente i territori per risorse o posizioni strategiche, rendendo la logistica e la capacità di spostare rapidamente persone e merci più importanti del possesso territoriale. Gli Stati Uniti diffondono i propri standard industriali e la lingua inglese a livello globale, creando un’interdipendenza e facilitando la propria influenza. L’impero assume una forma “puntillista”, con piccole basi strategiche su isole o in posizioni chiave che diventano centri di proiezione del potere, generando però tensioni e diventando bersagli. L’espansione americana ha anche un lato oscuro, caratterizzato dallo sfruttamento economico, come nelle isole del guano o nelle fabbriche di Saipan, e dalla negazione dei diritti. Le decisioni della Corte Suprema nei “Casi Insulari” stabiliscono che la Costituzione non si applica pienamente ai territori, mantenendo i loro abitanti in una condizione di inferiorità giuridica. La guerra nelle Filippine si trasforma in un conflitto brutale, e modelli di controllo indiretto vengono applicati in altre aree come Cuba. Ideali americani, come la pianificazione urbana della “Città Bianca”, vengono esportati nelle colonie, come a Manila, ma spesso i piani non tengono conto del benessere e dei diritti delle popolazioni locali, come dimostra la crisi sanitaria a Puerto Rico e gli atteggiamenti razzisti di alcuni funzionari, alimentando il risentimento e la lotta per l’autodeterminazione.Riassunto Lungo
1. L’Impero Dimenticato
La crescita degli Stati Uniti, spesso percepita come una progressione inarrestabile verso ovest, ha origini articolate e piene di contraddizioni. I padri fondatori, pur puntando all’espansione, ambivano a un controllo ferreo, considerando i territori come entità subalterne, non come futuri stati equivalenti. Personaggi come Daniel Boone, inizialmente guardati con diffidenza dai fondatori, si trasformarono in emblemi di un’espansione senza freni, che oltrepassò l’idea di un progresso misurato e circoscritto.Crescita demografica e trasformazione dei territori
La crescita della popolazione, sorprendentemente veloce, mandò all’aria i piani iniziali. La popolazione si moltiplicava al doppio ogni quarto di secolo, mutando l’espansione in un’ondata incontrollabile. Ciò condusse a una celere evoluzione dei territori in stati, e gli occupanti non autorizzati si tramutarono in pionieri, protagonisti di una nazione in ascesa.I territori d’oltremare: tra abbandono e guerra
Malgrado questa crescita, i territori al di là del mare rimasero spesso in secondo piano. La loro rilevanza economica era esigua e il governo non stanziò fondi per infrastrutture o amministrazione. La Grande Depressione palesò questa negligenza, con le colonie che patirono gli effetti delle politiche protezionistiche della madrepatria. La guerra nel Pacifico, però, portò i territori in prima linea, con le Hawaii e l’Alaska che si trasformarono in zone di guerra militarizzate.Legge marziale e lealtà
La legge marziale nelle Hawaii e la detenzione degli aleutini in Alaska, come pure dei giapponesi nelle Filippine, svelarono una realtà amara: i diritti civili potevano essere messi da parte in nome della sicurezza. Malgrado queste iniquità, le popolazioni dei territori del Pacifico mostrarono una fedeltà straordinaria, supportando economicamente la guerra e arruolandosi nell’esercito. Il loro impegno, sovente trascurato, fu essenziale per la protezione e il successo degli Stati Uniti.Se i padri fondatori ambivano a un controllo ferreo, come mai la crescita demografica è stata così “sorprendentemente veloce” da sfuggire al loro controllo, e perché questo stesso controllo non è stato esercitato sui territori d’oltremare, tanto da lasciarli in uno stato di “abbandono”?
Il capitolo presenta una contraddizione: da un lato, si afferma che i padri fondatori degli Stati Uniti desideravano un’espansione controllata e gerarchica, dall’altro, si descrive una crescita demografica incontrollata che ha trasformato radicalmente i territori in stati. Inoltre, i territori d’oltremare sono stati trascurati, in contrasto con l’idea di un controllo ferreo. Per comprendere meglio queste apparenti contraddizioni, sarebbe utile approfondire le dinamiche demografiche dell’epoca, magari attraverso gli studi di demografia storica di Massimo Livi Bacci. Inoltre, per capire le politiche adottate nei confronti dei territori d’oltremare, si potrebbe esplorare la storia del colonialismo e dell’imperialismo, con particolare attenzione alle teorie di Edward Said sull’orientalismo e di John A. Hobson sull’imperialismo economico.2. La Fine dell’Impero e l’Ascesa Globale
La Seconda Guerra Mondiale ebbe inizio con l’attacco a Pearl Harbor e si espanse rapidamente nel Pacifico, coinvolgendo le colonie degli alleati. Le Filippine subirono un attacco devastante a causa dell’inattività di MacArthur, che portò alla perdita di molti aerei. Nonostante la fame e le malattie, la resistenza filippina non si arrese all’avanzata giapponese che travolse le colonie occidentali. La promessa di Roosevelt di liberare le Filippine si rivelò vaga e i filippini si sentirono abbandonati, mentre gli Stati Uniti davano priorità al teatro europeo.Trasformazione in Potenza Globale
Il conflitto trasformò gli Stati Uniti in una potenza logistica globale, con basi sparse in tutto il mondo. Questo sistema di basi, insieme alla produzione industriale, permise agli Stati Uniti di proiettare il proprio potere senza la necessità di un impero coloniale tradizionale. La guerra portò anche a una maggiore consapevolezza globale, con nuove proiezioni cartografiche che evidenziavano le rotte aeree e la vicinanza tra i continenti, favorendo una visione del mondo interconnessa.Decolonizzazione e Nuovi Stati
Dopo la guerra, gli Stati Uniti si trovarono a gestire un vasto impero, ma un movimento anti-imperialista globale e la pressione interna portarono alla decolonizzazione. Le Filippine ottennero l’indipendenza, e l’esercito statunitense si ritirò, nonostante le preoccupazioni per la stabilità della regione. L’Alaska e le Hawaii divennero stati, segnando un passo importante contro il razzismo. La guerra portò alla fine dell’impero coloniale statunitense, ma anche all’affermazione della sua influenza globale, non più basata sul controllo diretto di territori, ma sulla potenza economica, militare e logistica.Se la decolonizzazione delle Filippine fu spinta da un movimento anti-imperialista globale e dalla pressione interna agli Stati Uniti, perché il capitolo afferma che l’esercito statunitense si ritirò “nonostante le preoccupazioni per la stabilità della regione”? Non è forse una contraddizione, che implica un desiderio di mantenere una forma di controllo, seppur indiretto, su un territorio formalmente indipendente?
Questo passaggio del capitolo appare contraddittorio. Da un lato si celebra la fine dell’imperialismo formale, dall’altro si lascia intendere che gli Stati Uniti avessero ancora interessi strategici nell’area, tali da giustificare preoccupazioni per la stabilità in assenza di una presenza militare diretta. Per approfondire la questione e comprendere meglio le dinamiche del “neo-colonialismo” e dell’influenza geopolitica post-coloniale, sarebbe utile studiare le teorie delle relazioni internazionali, con particolare attenzione agli studi postcoloniali. Autori come Edward Said, Gayatri Spivak e Frantz Fanon offrono spunti critici per analizzare come il potere e l’influenza possono essere esercitati anche in assenza di un dominio coloniale formale. Inoltre, un approfondimento sulla storia delle Filippine post-indipendenza, con particolare attenzione alle relazioni con gli Stati Uniti, potrebbe chiarire le effettive dinamiche di potere in gioco.3. La Fine dell’Impero e l’Inizio della Globalizzazione
L’imperialismo, un tempo fondato sulla necessità di controllare territori per le loro risorse e posizione strategica, ha subito un declino a causa delle nuove tecnologie, in particolare quelle sviluppate durante la Seconda Guerra Mondiale. Gli Stati Uniti, durante questo periodo, hanno fatto passi da gigante nello sviluppo di materiali sintetici e metodi di trasporto, riducendo così l’importanza del controllo diretto dei territori.Nuovi materiali e trasporti
La creazione di materiali come la gomma sintetica e la plastica ha diminuito la dipendenza dalle colonie per le materie prime. Parallelamente, l’aviazione e le comunicazioni radio hanno permesso di spostare persone, merci e informazioni senza la necessità di un controllo territoriale capillare. Queste innovazioni hanno reso possibile la gestione di una rete globale con una presenza fisica minima, cambiando radicalmente il concetto di potere e controllo.Logistica e medicina
La logistica è diventata un elemento chiave, con l’esercito americano che ha sviluppato metodi avanzati per trasportare e conservare merci in ogni condizione climatica. Anche la medicina ha fatto progressi significativi, con farmaci come la clorochina e il DDT che hanno reso più sicuri i viaggi e le operazioni militari in zone precedentemente considerate inospitali. Questi progressi hanno contribuito a rendere meno rilevante il controllo fisico del territorio, facilitando operazioni a distanza e riducendo la necessità di una presenza costante sul campo.La Guerra Fredda e la nuova geopolitica
La Guerra Fredda ha ulteriormente dimostrato come le potenze potessero esercitare la loro influenza senza bisogno di annessioni territoriali. Eventi come il ponte aereo di Berlino e le trasmissioni radio hanno evidenziato la capacità di proiettare potere e influenza a distanza. La possibilità di spostare persone, merci e informazioni in modo rapido e sicuro ha reso obsoleta la logica coloniale, aprendo la strada a un nuovo ordine mondiale basato sulla globalizzazione. La capacità di operare globalmente senza il controllo diretto di vasti territori ha segnato la fine dell’era degli imperi tradizionali e l’inizio di una nuova era di interconnessione globale.Se gli Stati Uniti, dopo la guerra con la Spagna, si ritrovarono a gestire un impero coloniale, come mai la “diplomazia del dollaro” e l’influenza economica e politica senza annessione formale, applicata a Cuba e nei Caraibi, vengono presentate come un modello di controllo “indiretto” e distinto dall’annessione di territori come le Filippine? Non è forse, anche questa, una forma di imperialismo, seppur mascherata da un presunto rispetto dell’autonomia?
Il capitolo sembra tracciare una distinzione netta tra l’annessione diretta di territori, come nel caso delle Filippine, e la “diplomazia del dollaro” applicata a Cuba e nei Caraibi. Tuttavia, questa distinzione appare artificiosa e non tiene conto della realtà di un controllo politico ed economico che, seppur indiretto, limita fortemente l’autodeterminazione dei popoli coinvolti. Per approfondire questa tematica, sarebbe utile consultare studi di geopolitica e di storia delle relazioni internazionali, con un focus particolare sull’imperialismo e sul neocolonialismo. Autori come Noam Chomsky, Edward Said e Howard Zinn offrono prospettive critiche sull’imperialismo statunitense e sulle sue diverse forme di manifestazione. Inoltre, un’analisi delle teorie economiche sull’imperialismo, come quelle di Lenin e Rosa Luxemburg, potrebbe fornire ulteriori spunti di riflessione.8. La Città Bianca
L’inizio del XX secolo negli Stati Uniti è un periodo di grande prosperità economica, caratterizzato dalla crescita industriale e dalle immense fortune accumulate da uomini come Rockefeller e Carnegie. Tuttavia, questa ricchezza coesiste con una povertà diffusa e quartieri degradati, creando un netto contrasto. In questo contesto, il romanzo di Edward Bellamy, “Guardando indietro”, offre una visione utopica di una città moderna e ben pianificata.La Fiera Colombiana e la “Città Bianca”
Nel 1893, la Fiera Colombiana di Chicago presenta la “Città Bianca”, progettata da Daniel Burnham, che incarna l’ideale di efficienza e bellezza architettonica. Nonostante fosse temporanea e costruita in gesso verniciato, la fiera cattura l’immaginazione del pubblico grazie alla sua grandiosità. Burnham desidera applicare queste idee a progetti più ambiziosi, inclusa Manila, dove nel 1904 inizia a pianificare una nuova capitale estiva nelle Filippine.Manila: la visione di Burnham
A Manila, Burnham affronta una città devastata da guerre e malattie. La sua visione prevede ampie strade e un centro governativo che simboleggi la potenza coloniale americana. Tuttavia, mentre i suoi piani si realizzano rapidamente grazie a un controllo centralizzato sull’architettura della colonia, il destino dei filippini rimane marginale.Puerto Rico: la crisi sanitaria
Parallelamente, Bailey K. Ashford, un medico statunitense a Puerto Rico, affronta l’emergenza sanitaria causata dall’anchilostoma tra i contadini dell’isola dopo un uragano devastante. L’anemia dilagante è collegata a condizioni igieniche precarie e malnutrizione. Ashford avvia campagne di sverminazione con successo limitato a causa della mancanza di fondi e supporto politico.Cornelius Rhoads e le tensioni a Puerto Rico
Nel contesto della lotta contro l’anchilostoma a Puerto Rico emerge Cornelius Rhoads, che adotta metodi sperimentali discutibili per studiare la malattia. Rhoads scrive lettere provocatorie sui portoricani, rivelando atteggiamenti razzisti che alimentano le tensioni politiche sull’isola. Il suo comportamento scatena reazioni violente da parte dei nazionalisti portoricani guidati da Pedro Albizu Campos.Il culmine delle tensioni
La situazione culmina in eventi violenti tra i nazionalisti e le forze coloniali americane negli anni ’30, con scontri che evidenziano il crescente risentimento contro il dominio statunitense. Mentre Rhoads continua la sua carriera nel continente senza conseguenze per le sue azioni a Porto Rico, Albizu Campos diventa simbolo della lotta per l’indipendenza. Il contrasto tra gli ideali urbanistici di Burnham e le realtà coloniali delle Filippine e Porto Rico mette in luce le contraddizioni dell’imperialismo americano: mentre si costruiscono città moderne per soddisfare le esigenze degli occupanti continentali, i diritti e il benessere degli abitanti locali vengono sistematicamente ignorati.Se l’intento dichiarato era di migliorare le condizioni di vita nelle colonie, come mai i piani urbanistici di Burnham a Manila e le iniziative sanitarie a Puerto Rico hanno finito per esacerbare le tensioni sociali e politiche invece di alleviarle?
Il capitolo mette in luce un’apparente contraddizione tra gli ideali progressisti dell’epoca, incarnati dalla “Città Bianca” di Burnham, e le dure realtà del colonialismo americano nelle Filippine e a Puerto Rico. Tuttavia, non approfondisce a sufficienza le cause profonde di questa discrepanza. Per comprendere appieno le dinamiche in gioco, sarebbe utile esplorare le teorie postcoloniali, con particolare attenzione agli scritti di Edward Said e Frantz Fanon, che analizzano gli effetti psicologici e culturali del dominio coloniale. Inoltre, un’analisi delle politiche economiche e amministrative specifiche attuate dagli Stati Uniti in questi territori, come quelle descritte da Alfred McCoy, potrebbe fornire un contesto più ricco per valutare l’impatto delle iniziative di Burnham e Rhoads.Abbiamo riassunto il possibile
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