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“Lezioni di politica. Vol. 2 Scienza della politica” di Gianfranco Miglio è un libro che ti fa vedere la politica in modo completamente nuovo, non come un dibattito su valori o ideologie, ma come una vera e propria Scienza della politica che cerca le regolarità politiche profonde nel comportamento umano. Miglio scava per capire perché le persone si uniscono in gruppi, come nasce l’obbligazione politica che ci lega, e come funziona la lotta per il potere. Non ci sono personaggi nel senso di un romanzo, ma impari a riconoscere gli attori chiave: la classe politica che comanda, i seguaci che la supportano, e l’immancabile nemico che aiuta a tenere unito il gruppo. Il “luogo” non è una città o una nazione specifica, ma la dinamica stessa del potere e del conflitto politico, analizzata attraverso il tempo e le diverse forme di aggregazione, fino ad arrivare a capire i meccanismi nascosti dello Stato moderno, come la distribuzione delle rendite politiche. È una lettura che ti sfida a guardare oltre le apparenze e a capire le regole fondamentali che governano il potere.Riassunto Breve
La scienza della politica cerca di capire come funzionano le cose politiche osservando i fatti, un po’ come fanno gli scienziati con la natura. Non dice cosa è giusto o sbagliato, ma cerca di trovare delle regole fisse nel comportamento umano che spiegano perché succedono certe cose in politica. Grandi pensatori del passato hanno già visto queste costanti: la lotta per il potere, la separazione tra politica e morale, l’idea di chi comanda (sovranità), l’importanza delle decisioni, l’esistenza di una classe che si occupa di politica e l’idea che ogni gruppo politico si definisce contro un “nemico”. Queste idee, insieme a scoperte più recenti, aiutano a vedere le regolarità che stanno sotto le diverse forme che la politica prende nella storia. Le relazioni politiche sono diverse dai normali scambi tra persone. Nascono dal bisogno di sopravvivenza e creano un legame basato sulla fedeltà, che è una specie di promessa generale per il futuro, valida per molti e per sempre, dove la responsabilità non è sempre chiara. Invece, gli scambi o i contratti sono precisi, riguardano poche persone, hanno regole chiare e un tempo definito. L’autorità in politica nasce dalla capacità di convincere e avere successo, ma col tempo i sistemi politici diventano rigidi e i capi si allontanano da chi li segue. La politica è una lotta continua tra diverse parti di chi sta al potere, e chi è fuori cerca di prendere il posto, usando le idee (ideologie) per convincere la gente comune, che però non decide davvero, ma segue chi le offre di più. Un punto chiave è che ogni gruppo politico esiste perché si distingue da un “nemico”, vero o inventato. Questa divisione tra “amici” e “nemici” è così forte che non può esistere un unico governo per tutto il mondo. Lo scopo principale della politica è garantire la vita del gruppo, spesso prendendo vantaggi da chi viene sconfitto. Il potere politico permette di ottenere dei benefici, chiamati “rendite politiche”, che non dipendono dal lavoro o dal mercato, ma dalla forza di chi comanda, come le tasse che tutti pagano o i posti di lavoro garantiti dallo Stato. Queste rendite vengono distribuite a chi sostiene il gruppo al potere. Il governo non decide in base ai bisogni di tutti, perché non si possono misurare, ma favorisce chi ha più forza o è utile al gruppo che governa. Le rendite politiche si vedono nelle aziende pubbliche che non devono guadagnare o nell’inflazione che toglie soldi a tutti per darli ad alcuni. Chi comanda non è un blocco unico, ma ha aiutanti che hanno un potere limitato. La vera capacità di comando è saper coordinare tutto. Le classi sociali diventano importanti solo quando una parte di chi comanda le usa per avere più seguito, creando l’idea di una “coscienza di classe” che non è reale. Le idee politiche (ideologie) usano concetti come uguaglianza o libertà, che sono importanti ma non descrivono la realtà conflittuale della politica, e usano “finzioni” come lo Stato o la Nazione per nascondere gli interessi di chi comanda e far accettare le regole e i prelievi. Le istituzioni e le leggi sono procedure che rendono la vita più prevedibile, e anche lo Stato moderno, con le sue leggi, funziona molto come un sistema di accordi (contratti), anche se è anche il luogo dove si creano e distribuiscono le rendite politiche. Lo spazio, cioè il territorio con un “dentro” e un “fuori”, è fondamentale in politica, così come il tempo, perché la politica promette garanzie per il futuro. I sistemi politici cambiano nel tempo e vanno in crisi quando le loro idee non corrispondono più alla realtà. Lo Stato moderno, che dice di basarsi sulla legge e sull’uguaglianza, mostra molte contraddizioni, come i conflitti economici che mettono in discussione il suo potere o i partiti che usano le cariche pubbliche per distribuire vantaggi, suggerendo che anche questo sistema sta cambiando.Riassunto Lungo
1. La ricerca delle regolarità politiche
La Scienza della politica cerca una conoscenza scientifica dei fenomeni politici, distinguendosi così dalla filosofia politica che spesso si occupa di come la politica dovrebbe essere. Questa disciplina si concentra sull’osservazione e sull’analisi di ciò che accade realmente nel campo della politica. L’obiettivo è comprendere le dinamiche e le forze che modellano la vita politica. Si tratta di un approccio che mira a costruire un sapere basato sull’evidenza e sullo studio sistematico. La Scienza della politica si propone di descrivere e spiegare i comportamenti e le istituzioni politiche.Questa disciplina si è sviluppata adottando il metodo scientifico, che cerca di individuare regolarità e modelli nel comportamento umano, proprio come avviene nello studio delle scienze naturali. L’idea è che anche le azioni complesse delle persone in politica possano seguire schemi ricorrenti che possono essere scoperti e compresi. Trovare queste regolarità aiuta a spiegare perché certi eventi politici tendono a ripetersi o a manifestarsi in modi simili. L’applicazione di questo metodo fornisce una base solida per l’indagine. Permette di andare oltre la semplice narrazione degli eventi per cercare le cause profonde.Un approccio scientifico alla politica è innanzitutto empirico, basato cioè sull’osservazione diretta e sui dati raccolti dalla realtà. Questo approccio non si occupa di stabilire quali valori o fini siano giusti, mantenendo una posizione neutrale rispetto alle questioni morali o ideologiche. Punta a prevedere gli sviluppi futuri basandosi su probabilità derivate dall’analisi dei dati, riconoscendo che in politica non esistono certezze assolute ma solo tendenze più o meno probabili. Si concentra su “ciò che è”, piuttosto che su “ciò che dovrebbe essere”.La conoscenza scientifica si costruisce osservando fenomeni che mostrano una certa ripetibilità e creando distinzioni chiare all’interno della complessa realtà che ci circonda. La realtà, di per sé, è considerata un oggetto neutro di studio, privo di significati intrinseci se non quelli che le vengono attribuiti dall’analisi. Le grandi scoperte nel campo della politica spesso emergono in momenti di profonda crisi politica. Quando le vecchie ideologie crollano, diventa più facile vedere le strutture di potere permanenti e le leggi fondamentali che operano al di sotto delle apparenze. Queste crisi agiscono come una sorta di esperimento naturale che rivela le dinamiche politiche essenziali.La ricerca storica delle costanti politiche
Molti pensatori importanti nel corso della storia hanno cercato di individuare queste costanti che regolano la politica. Tucidide, osservando i conflitti del suo tempo, identificò la legge della potenza e la lotta per l’egemonia tra gli stati come forze politiche fondamentali e durature. Niccolò Machiavelli fu un pioniere nel separare lo studio della politica dall’etica, concentrandosi sulle regole pratiche necessarie per conquistare e mantenere il potere in modo efficace. Jean Bodin introdusse il concetto cruciale di sovranità e sviluppò una teoria decisionista, sottolineando come un conflitto esterno possa servire a unificare un corpo politico al suo interno. Thomas Hobbes applicò un metodo quasi scientifico alla natura umana, sostenendo che l’autoconservazione e l’egoismo sono i motori principali del comportamento politico, vedendo il potere come una ricerca individuale legata alla capacità di decisione. Max Weber diede un contributo fondamentale costruendo “tipi ideali” per analizzare le diverse forme di legittimazione del potere – carismatico, tradizionale, legale e burocratico – ed esaminando come le strutture amministrative influenzino il potere. Gaetano Mosca e Vilfredo Pareto scoprirono indipendentemente l’esistenza universale di una classe politica dominante in ogni società e riconobbero il ruolo strumentale delle ideologie nel mantenere il suo controllo. Carl Schmitt, infine, identificò la conflittualità perenne e la distinzione fondamentale tra “amico” e “nemico” come le categorie essenziali che definiscono l’ambito politico, tornando al concetto di decisionismo per affrontare le situazioni eccezionali.Questi importanti contributi storici, che hanno cercato di scoprire le dinamiche politiche fondamentali, vengono oggi integrati con le scoperte più recenti provenienti da campi come la biologia e la sociobiologia, che offrono nuove prospettive sulle radici biologiche ed evolutive del comportamento umano. Questo sforzo congiunto continua la ricerca di regolarità profonde e durature che possano spiegare i fenomeni politici in modo più completo. L’obiettivo è comprendere le forze persistenti che modellano la politica, guardando al di là degli eventi specifici o delle ideologie di un particolare periodo storico. Mettendo insieme le intuizioni dei pensatori del passato con le conoscenze scientifiche moderne, i ricercatori cercano una comprensione più profonda degli schemi che si ripetono nella vita politica. Questa indagine mira a rivelare le strutture nascoste che governano le interazioni politiche attraverso tempi e culture diverse.Ma la politica può davvero essere ridotta a leggi biologiche o evolutive?
Il capitolo accenna all’integrazione con biologia e sociobiologia, un punto estremamente controverso. L’applicazione di modelli biologici a fenomeni sociali e politici complessi solleva dubbi sul rischio di riduzionismo e determinismo, trascurando il ruolo cruciale della cultura, della storia e delle strutture sociali. Per comprendere meglio i limiti di tali approcci e le prospettive alternative, è utile approfondire la sociologia e l’antropologia, leggendo autori come Bourdieu, che analizzano come le strutture sociali e culturali modellino il comportamento umano al di là delle presunte basi biologiche.2. Le Regole per Capire la Politica
La politica si distingue da altre forme di relazione umana. Termini antichi come il greco “polis”, che richiamava anche l’idea di “guerra”, o il latino “res publica”, inteso in contrapposizione al “privato”, ne sottolineano la specificità storica. C’è una percezione diffusa che vede la politica sia come un ambito particolare della vita sociale, sia come l’insieme delle decisioni più importanti e generali. Questa dualità riflette la sua complessità e la sua importanza centrale nelle società. Riguarda l’organizzazione della vita collettiva e la gestione del potere.Per comprendere a fondo questi fenomeni, si ricorre a uno studio scientifico. Questo approccio cerca di individuare le regolarità che governano le relazioni politiche. Si basa su un metodo rigoroso, caratterizzato da specifici requisiti che lo distinguono da altre forme di conoscenza. Questo metodo è la chiave per analizzare la politica in modo oggettivo e sistematico. Permette di andare oltre le opinioni personali e le percezioni comuni.
Il Metodo Scientifico: Caratteristiche Essenziali
Il metodo scientifico applicato alla politica è innanzitutto empirico. Ciò significa che si basa sull’osservazione della realtà e richiede prove concrete per verificare la validità delle ipotesi formulate. La verifica di queste ipotesi non dipende da un’idea astratta di “sociale”, ma dall’accordo tra diversi osservatori (intersoggettività). Questo approccio è anche predittivo: può formulare previsioni sui possibili esiti di determinate azioni o condizioni politiche, ma sempre in termini di probabilità. È importante sottolineare che non è mai prescrittivo, cioè non suggerisce cosa fare, ma indica solo cosa è probabile che accada. Un’altra caratteristica fondamentale è l’avalutatività, che impone di tenere separati i fatti osservati dai giudizi di valore o dalle preferenze personali. Questa distinzione è cruciale per garantire che la ricerca scientifica si distingua dalla propaganda o dalle opinioni soggettive.
Ambito e Limiti della Conoscenza Scientifica
Sebbene le diverse discipline scientifiche utilizzino tecniche specifiche, il metodo scientifico condivide principi comuni. Esso mira a trovare spiegazioni generali e a comprendere la totalità dei fenomeni studiati, inclusi i complessi comportamenti umani e le loro motivazioni, cercando di ricondurli a meccanismi di causa ed effetto. Per la scienza politica, questo significa concentrarsi specificamente sui fenomeni che sono propriamente politici, mantenendo una certa “purezza” nell’analisi. È importante riconoscere che la conoscenza scientifica è sempre prodotta e risiede nell’individuo; concetti come “gruppi” o “società” sono strumenti utili per descrivere le interazioni tra persone, ma non sono entità capaci di conoscere autonomamente. La capacità di fare previsioni scientifiche è generalmente maggiore quando si studiano fenomeni su larga scala (macrofenomeni), mentre diventa più incerta quando si analizzano eventi specifici o le singole azioni (microfenomeni).
L’applicazione rigorosa di questo metodo scientifico è ciò che permette di comprendere le regolarità fondamentali che strutturano i fenomeni politici. Capire queste regole del gioco politico è essenziale. Mostra quali azioni sono realisticamente possibili e quali invece sono limitate o precluse dalla natura stessa del contesto politico. Questa conoscenza offre una base solida per analizzare la realtà e orientarsi in essa. Permette di agire in modo più consapevole, riconoscendo i vincoli esistenti.
Ma questo “metodo scientifico” descritto nel capitolo non rischia di semplificare eccessivamente la politica, ignorando aspetti cruciali come i valori, le ideologie e il potere stesso nella sua dimensione meno “scientifica”?
Il capitolo presenta un approccio rigoroso allo studio della politica, basato su un metodo scientifico che enfatizza l’empirismo, l’intersoggettività e l’avalutatività. Tuttavia, la politica è intrinsecamente legata a sistemi di valori, a narrazioni ideologiche e a dinamiche di potere che non sempre si prestano a un’analisi puramente empirica e “oggettiva” nel senso delle scienze naturali. La pretesa di avalutatività, in particolare, è un punto dibattuto nelle scienze sociali, dove l’osservatore è parte del contesto studiato. Per approfondire queste criticità e considerare approcci complementari, è utile esplorare la filosofia politica e la sociologia critica, che affrontano il ruolo dei valori, dell’ideologia e delle strutture di potere in modi diversi. Autori come Michel Foucault, che analizza il potere nelle sue manifestazioni non solo statuali ma diffuse nella società, o pensatori della Scuola di Francoforte, che riflettono sul rapporto tra conoscenza e interessi sociali, offrono prospettive fondamentali che possono arricchire la comprensione dei fenomeni politici oltre i limiti di un approccio strettamente positivista.3. Le Distanze tra Politica e Scambio
L’aggregazione politica nasce dall’esigenza fondamentale di sopravvivenza. Le prime forme umane si organizzano per cacciare insieme e difendersi dai pericoli. Questa necessità impone di organizzarsi, comunicare e pensare al futuro. Il legame che unisce queste comunità è l’obbligazione politica, che è molto diversa dall’obbligazione che nasce da un contratto o da uno scambio.La natura dell’obbligazione
L’obbligazione politica riguarda una garanzia generale e non definita per il futuro. È come una promessa generica per soddisfare bisogni che cambiano nel tempo. Al contrario, l’oggetto di un contratto o di uno scambio deve essere molto preciso e specifico per poter funzionare bene. Questa differenza fondamentale distingue i due tipi di legame sociale.Soggetti e confini
I rapporti politici coinvolgono molte persone, e la loro forza aumenta man mano che il gruppo diventa più numeroso. I contratti e gli scambi, invece, funzionano meglio con pochi soggetti, idealmente solo due persone. L’aggregazione politica crea un confine chiaro, stabilendo chi fa parte del gruppo e chi no. I rapporti basati sullo scambio, per loro natura, non sono esclusivi e possono estendersi a chiunque sia disposto a scambiare.Responsabilità e impegno
Nelle relazioni politiche, specialmente nei gruppi grandi, la responsabilità tende a essere meno definita. Inoltre, il contesto politico può influenzare come viene giudicata la condotta delle persone. Nei rapporti basati su contratto e scambio, invece, la responsabilità è chiara e ben definita fin dall’inizio. Il cuore dell’obbligazione politica è la fedeltà, un impegno che è prioritario rispetto ad altre condizioni e che tende a essere incondizionato. Il contratto-scambio, invece, si basa su condizioni precise e limitate.La dimensione temporale
Riguardo al tempo, l’obbligazione politica è vista come qualcosa di duraturo, senza un limite di tempo stabilito. Questo riflette il fatto che i bisogni futuri che essa deve garantire sono indefiniti. Al contrario, un contratto o uno scambio è tanto più efficace quanto più è limitato nel tempo, funzionando al meglio quando è immediato.L’origine dell’autorità
L’autorità politica nasce dalla capacità di convincere gli altri e dal successo nelle azioni che si compiono insieme. Quando una persona ha successo più volte, guadagna carisma. Questo carisma rafforza il suo potere di leader e rende meno necessario dover convincere continuamente le persone. Questo processo di consolidamento dell’autorità segna anche l’inizio del suo inevitabile indebolimento nel tempo.Se le ideologie sono solo finzioni e il “bene comune” una maschera per l’interesse personale, su cosa si fonda realmente l’agire politico, al di là della nuda lotta per il potere?
Il capitolo presenta una visione estremamente riduttiva e cinica della politica, liquidando le ideologie come mere giustificazioni post-facto e il concetto di bene comune come puro strumento di dissimulazione dell’interesse personale. Questa prospettiva, pur evidenziando aspetti cruciali della dinamica politica, rischia di trascurare la complessità dei fattori che motivano l’azione collettiva e la formazione delle credenze politiche. Per esplorare alternative e sfumature, sarebbe utile confrontarsi con la filosofia politica classica e moderna, che ha dibattuto a lungo la natura del bene comune e la legittimità del potere (si pensi ad autori come Aristotele, Rousseau, Rawls), nonché con la sociologia politica e la teoria delle élite, che offrono strumenti per analizzare il rapporto tra interessi, potere e costruzione del consenso (autori come Pareto, Mosca, Michels, Weber).8. Il Tempo, l’Interesse e la Crisi dei Sistemi Politici
Nella politica, il tempo gioca un ruolo fondamentale. L’impegno politico si basa sulla capacità di promettere e, in qualche modo, garantire un futuro. Allo stesso modo, l’interesse, inteso non come un vantaggio immediato ma come qualcosa che si otterrà più avanti, guida molte decisioni politiche. Le visioni politiche più forti e durature sono quelle che riescono a proiettare i loro obiettivi nel futuro, anche se questi sembrano ideali difficili da raggiungere. Per questo, l’azione politica non è tanto arrivare subito a un risultato, ma piuttosto un ‘stare per’ quel risultato, un muoversi costante nella sua direzione.Questo legame tra politica e futuro si riflette nel modo in cui i sistemi politici cambiano continuamente nel corso della storia. Analizzando epoche passate, dalla Grecia antica a Roma, fino al Medioevo, vediamo che questi sistemi si organizzano sempre intorno ad alcuni punti chiave. C’è il modo in cui si raccolgono e si distribuiscono le risorse, che potremmo chiamare ‘rendite politiche’. Ci sono i rapporti tra chi comanda, i suoi aiutanti e chi lo segue. E ci sono i meccanismi per cambiare chi sta al potere. Questi elementi si presentano in forme diverse, come caste chiuse, grandi imperi con molta burocrazia, o sistemi basati sui feudi e sui monasteri, ma mostrano modelli fondamentali che si ripetono al di beyond delle differenze superficiali.Quando un sistema politico entra in crisi, si vede sempre più una differenza netta tra quello che dice di essere (la sua ideologia) e come funziona realmente. Questo accade anche nello Stato moderno, specialmente in quelli che si definiscono Stati di diritto basati sulle elezioni e sulla rappresentanza dei cittadini. Diverse contraddizioni diventano evidenti, a partire dal Monopolio della Forza: Lo Stato dice di essere l’unico ad avere il diritto di usare la forza, ma questo è messo in discussione da conflitti economici forti, come gli scioperi generali o le serrate delle fabbriche, che mostrano altre forme di potere coercitivo nella società. Un’altra contraddizione si osserva nella Divisione dei Poteri: La legge stabilisce che i poteri dello Stato (fare le leggi, governare, giudicare) sono separati, ma nella pratica spesso chi governa (l’esecutivo) decide per chi fa le leggi (il legislativo), indebolendo questa separazione.Il Ruolo dei Partiti: Un’altra area di forte contraddizione riguarda il ruolo dei partiti. Nati per esprimere e organizzare diverse opinioni politiche, i partiti si sono trasformati in strutture che controllano la distribuzione delle risorse pubbliche, agendo come centri di potere e selezionando al loro interno le persone che ricopriranno le cariche, allontanandosi dalla loro funzione originale di rappresentanza. Questa logica si estende alla figura del Funzionario Pubblico: Sebbene la teoria voglia che il funzionario sia un servitore imparziale della legge, la pratica mostra spesso un comportamento orientato a soddisfare gli obiettivi del politico di turno, compromettendo l’oggettività del suo operato.
L’Eguaglianza dei Cittadini: Infine, si nota una contraddizione fondamentale riguardo all’eguaglianza dei cittadini. Formalmente, tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge. Eppure, l’influenza reale di una persona o di un gruppo nella società dipende spesso dalla sua appartenenza a gruppi di interesse o ‘corporazioni di fatto’, che hanno un peso maggiore rispetto al singolo cittadino, creando disuguaglianze concrete che la legge formale non riesce a superare. L’insieme di queste contraddizioni che diventano sempre più evidenti fa pensare che lo Stato moderno stia attraversando un periodo di grande cambiamento storico, una fase di transizione verso forme politiche ancora indefinite.
Perché sostenere che sistemi politici così diversi come quelli dell’antica Grecia, di Roma e del Medioevo mostrino modelli fondamentali che si ripetono, non rischia di semplificare eccessivamente la complessità storica?
Il capitolo identifica elementi ricorrenti attraverso epoche storiche molto distanti. Tuttavia, la specificità dei contesti sociali, economici e culturali di ciascuna epoca (dalla polis greca all’impero romano, fino ai sistemi feudali e monastici) potrebbe rendere problematico identificare modelli “fondamentali” che si ripetono al di là delle differenze superficiali. Ignorare queste specificità rischia di appiattire la complessità della storia politica e delle sue trasformazioni. Per approfondire la comprensione di questi sistemi e delle loro reali differenze, sarebbe utile studiare la storia comparata delle istituzioni politiche e leggere autori che hanno analizzato le specificità delle diverse forme di potere nel corso dei secoli, come Max Weber o Karl Polanyi per l’analisi dei sistemi economici e di potere in prospettiva storica.Abbiamo riassunto il possibile
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