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Contenuti del libro
Informazioni
“L’Europa sconvolta” di Peter Gatrell non è il solito libro di storia, ma un viaggio pazzesco attraverso le vite di milioni di persone che, dal 1945 in poi, hanno letteralmente spostato l’Europa. Ti fa capire che la `migrazione Europa dopoguerra` non è un fenomeno nuovo, ma una costante che ha plasmato tutto, dai confini alle città. Si parla di `sfollati Seconda Guerra Mondiale` costretti a lasciare tutto, di `rifugiati Guerra Fredda` in fuga dai regimi, ma anche di `Gastarbeiter Europa` cercati per la ricostruzione e di chi è arrivato con la `decolonizzazione migrazioni`. Il libro esplora le `politiche migratorie europee`, spesso restrittive, le sfide dell’`integrazione migranti Europa`, la `discriminazione migranti` che molti hanno affrontato e continuano ad affrontare. Non è solo un racconto di numeri, ma di storie umane, di chi cerca lavoro, sicurezza o una nuova casa, mostrando come la `crisi migratoria Europa` di oggi sia legata a una `storia migrazione europea` molto più lunga e complessa, fatta di “barricate” statali e “ponti” costruiti dalle persone.Riassunto Breve
La migrazione è una forza costante che ha plasmato l’Europa dal 1945. Non si tratta solo di spostamenti recenti, ma di un fenomeno continuo legato a cause diverse. Milioni di persone sono costrette a fuggire dalla violenza o dalla persecuzione, mentre altre cercano opportunità economiche e una vita migliore. Nel dopoguerra, massicci spostamenti forzati avvengono con l’avanzata dell’Armata Rossa e le espulsioni concordate tra le potenze alleate, come i tedeschi dall’Europa orientale, i polacchi da aree annesse all’URSS, gli ungheresi dalla Cecoslovacchia e i turchi dalla Bulgaria. Questi trasferimenti mirano a creare stati nazionali più omogenei, spesso con brutalità. Anche conflitti successivi, come le guerre jugoslave negli anni ’90, causano fughe ed espulsioni. Accanto alla migrazione forzata, l’Europa occidentale in ricostruzione attrae lavoratori da altri paesi europei e dalle ex colonie. I “lavoratori ospiti” contribuiscono al boom economico ma affrontano condizioni difficili e pregiudizi. La migrazione interna, dalle aree rurali a quelle urbane, trasforma ulteriormente la società. Dopo la guerra, milioni di sfollati (DPs), espulsi e rifugiati sono gestiti da organizzazioni internazionali, ma la selezione per il reinsediamento è spesso basata sulle esigenze economiche dei paesi ospitanti. Milioni di tedeschi etnici espulsi si stabiliscono in Germania, affrontando difficoltà di integrazione. Paesi come Regno Unito, Belgio e Francia reclutano attivamente lavoratori stranieri, inclusi DPs, italiani e irlandesi, con programmi di migrazione organizzata basati su criteri fisici e professionali. La Guerra Fredda influenza l’accoglienza dei fuggitivi dall’Est. L’integrazione è complessa a causa di barriere linguistiche e discriminazione. La fine del comunismo nell’Est e la decolonizzazione nell’Ovest ridisegnano i flussi. Nell’Est, i governi comunisti spostano lavoratori con pianificazione centrale, ma avvengono anche spostamenti forzati e reinsediamenti di popolazioni dopo i cambi di confine, generando tensioni. Nell’Ovest, la decolonizzazione inverte i flussi, con coloni e collaboratori che tornano in Europa, spesso affrontando governi impreparati e discriminazione, come i pieds-noirs e gli harkis in Francia. La migrazione è essenziale per la crescita economica ma genera emarginazione e discriminazione. La recessione economica dal 1973 porta a restrizioni sull’immigrazione in Europa occidentale, ma molti lavoratori stranieri rimangono, stabilendosi e richiedendo ricongiungimenti familiari. L’attenzione si sposta sulla gestione della popolazione migrante residente, con dibattiti sull’integrazione e l’assimilazione. Emergono tensioni e discriminazioni, alimentate da preoccupazioni culturali ed economiche. La seconda generazione affronta sfide legate all’identità. Il crollo del comunismo crea nuovi confini e trasforma la migrazione interna in internazionale, con milioni di russi che tornano in Russia e altri gruppi etnici che si spostano. La riunificazione tedesca aumenta l’immigrazione e porta a un aumento della xenofobia e attacchi razzisti. La fine della Jugoslavia causa un grande spostamento di rifugiati. L’Europa si espande e la libera circolazione aumenta per i cittadini UE, ma le regole diventano più dure per chi viene da fuori. L’UE e i paesi membri rafforzano i controlli alle frontiere e rendono più difficile chiedere asilo, creando una differenza tra chi si sposta facilmente e chi affronta condizioni difficili. Molti migranti senza documenti affrontano viaggi pericolosi e sfruttamento. Le leggi diventano più severe, limitando i diritti dei migranti non-UE. Dopo il 2008, la crisi finanziaria e gli sconvolgimenti in Medio Oriente aumentano i flussi migratori verso l’Europa, portando a una percezione di “crisi” e rafforzando i politici nazionalisti. La risposta si concentra sul controllo dei confini e sulla deterrenza (“esternalizzazione”), esponendo migranti a condizioni difficili. La gestione della migrazione si lega a questioni di sicurezza. Le vite dei migranti sono segnate da viaggi pericolosi, lavoro precario e necessità di mantenere legami con i paesi d’origine. Pratiche culturali e religiose diventano elementi centrali dell’identità migrante e talvolta fonti di tensione. La migrazione è legata alle azioni degli stati e alla costruzione dell’identità nazionale. I musei presentano spesso narrazioni ufficiali, mentre i migranti creano i propri modi per ricordare. Gli eventi successivi alla “Primavera araba” aumentano la pressione migratoria, ma la maggior parte degli sfollati rimane nei paesi vicini. La risposta europea è spesso di panico, con divisioni interne all’UE e politiche più severe, con enfasi su detenzione, espulsione e esternalizzazione. L’opinione pubblica si irrigidisce, alimentata da retoriche nazionaliste. Nonostante gli sforzi degli stati per creare “barricate”, i migranti continuano a costruire “ponti”, cercando sicurezza e appartenenza e contribuendo alle società europee, sebbene spesso affrontino discriminazione e precarietà.Riassunto Lungo
1. L’Europa in Trasformazione attraverso le Migrazioni
La migrazione è un aspetto fondamentale della storia europea a partire dal 1945. Non si tratta solo di movimenti recenti, ma di un fenomeno costante che ha profondamente cambiato il continente. Le esperienze delle persone che si spostano sono molto diverse: alcune sono costrette a fuggire da guerre o persecuzioni, altre cercano lavoro e un futuro migliore.Spostamenti forzati nel dopoguerra
Subito dopo la guerra, milioni di persone sono state costrette a lasciare le proprie case. Molti europei sono fuggiti dall’avanzata dell’Armata Rossa o sono stati espulsi in base agli accordi tra le potenze vincitrici, come è successo ai tedeschi dall’Europa orientale. Questi trasferimenti di massa avevano lo scopo di creare stati con popolazioni più omogenee dal punto di vista etnico, e spesso sono avvenuti in modo brutale. Ci sono stati, ad esempio, l’allontanamento di tedeschi da Polonia e Cecoslovacchia, di polacchi da zone annesse all’Unione Sovietica, di ungheresi dalla Cecoslovacchia e di turchi dalla Bulgaria. Anche i conflitti interni, come la guerra civile in Grecia o le guerre nei Balcani negli anni Novanta, hanno causato fughe ed espulsioni.La ricerca di nuove opportunità
Oltre agli spostamenti forzati, molte persone si sono mosse in cerca di opportunità. L’Europa occidentale, che si stava ricostruendo e cresceva economicamente, ha attirato lavoratori da altri paesi europei e dalle ex colonie. I “lavoratori ospiti” hanno avuto un ruolo importante nel boom economico, anche se spesso hanno dovuto affrontare condizioni difficili, pregiudizi e una situazione lavorativa incerta. Anche gli spostamenti interni, dalle campagne verso le città, hanno contribuito a cambiare l’economia e la società.Accoglienza, controllo e dibattiti politici
La storia della migrazione in Europa è complessa e non è fatta solo di successi o solo di sofferenze. Da un lato, c’è stata l’integrazione e il contributo dei migranti alla vita europea; dall’altro, ci sono state ansia, discriminazione e violenza. Le politiche dei governi sono cambiate nel tempo: a volte c’è stata accoglienza (come per alcuni rifugiati durante la Guerra Fredda o grazie alla Convenzione di Ginevra del 1951), altre volte controlli più severi, con una tendenza crescente ad affidare ad altri paesi la gestione dei flussi migratori. Le opinioni sulla migrazione continuano a dividere la politica, ma la capacità delle persone di spostarsi resta una caratteristica fondamentale dell’Europa.Ma è davvero razionale, o anche solo etico, affidare ad altri paesi la gestione dei flussi migratori?
Il capitolo, pur menzionando la tendenza a esternalizzare la gestione dei flussi migratori, non ne esplora le motivazioni profonde né le complesse implicazioni etiche e pratiche. Questa pratica solleva interrogativi sulla responsabilità degli stati europei e sui diritti umani delle persone in transito. Per approfondire, è utile studiare la politologia, il diritto internazionale e l’etica applicata alle migrazioni. Autori come Didier Fassin offrono spunti critici su queste politiche.2. La Selezione Umana: Migranti ed Economia Postbellica
Milioni di persone in Europa si ritrovarono senza una casa e lontane dalla loro terra dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Queste persone vennero classificate in modi diversi, come sfollati (DPs), espulsi o rifugiati. Le potenze alleate e le organizzazioni internazionali come l’UNRRA e l’IRO si occuparono inizialmente di riportare le persone nei loro paesi d’origine. Tuttavia, molti, specialmente quelli provenienti dall’Europa dell’Est, non vollero o non poterono tornare a causa dei nuovi regimi comunisti che si erano instaurati. Questa situazione creò una crisi umanitaria senza precedenti che richiese soluzioni a lungo termine.La Vita nei Campi e i Criteri di Scelta
I campi che erano stati allestiti per accogliere gli sfollati si trasformarono spesso in luoghi di residenza a lungo termine. Vivere in questi campi per anni permise a gruppi come polacchi e ucraini di mantenere vive le loro identità nazionali e le loro comunità. Allo stesso tempo, l’inattività forzata e l’incertezza sul futuro ebbero un impatto psicologico pesante su molte persone. Organizzazioni come l’IRO, e più tardi l’UNHCR, cercarono di dare una definizione legale di rifugiato, legandola al concetto di persecuzione. Nonostante questa definizione, la scelta di chi poteva essere trasferito in un nuovo paese era spesso guidata più dalle necessità economiche dei paesi che offrivano ospitalità che dalla sola condizione di rifugiato. I criteri di selezione tenevano molto conto della salute delle persone e delle loro capacità lavorative, cercando manodopera utile per la ricostruzione.La Situazione dei Tedeschi Espulsi
Un gruppo molto numeroso di persone che si trovarono a dover lasciare la propria casa furono i milioni di tedeschi etnici. Questi vennero espulsi dai paesi dell’Est Europa dove vivevano da generazioni. Trovarono rifugio principalmente in Germania, ma lì non furono considerati rifugiati secondo le definizioni internazionali. Il loro inserimento nella società tedesca fu difficile, incontrando ostilità da parte della popolazione locale che già faticava a riprendersi dalla guerra. Nonostante gli sforzi del governo tedesco e di diverse organizzazioni non governative, l’integrazione di questi espulsi fu un processo lungo e complesso, segnato da tensioni sociali ed economiche.La Ricerca di Lavoratori in Europa Occidentale
Mentre alcuni venivano selezionati per il reinsediamento, i paesi dell’Europa occidentale avevano un’urgente necessità di manodopera per ricostruire le loro economie distrutte dalla guerra. Paesi come il Regno Unito, il Belgio e la Francia avviarono programmi attivi per reclutare lavoratori stranieri. Tra questi c’erano molti degli stessi DPs che si trovavano nei campi, ma anche migranti da paesi come l’Italia e l’Irlanda. Questi programmi di migrazione organizzata rispondevano direttamente alle esigenze del mercato del lavoro postbellico. La selezione dei lavoratori era molto rigorosa, basata su requisiti fisici, sull’età e sulle competenze professionali richieste dai diversi settori industriali. A volte venivano fatte anche distinzioni basate sull’origine etnica dei potenziali lavoratori.Guerra Fredda e Difficoltà di Integrazione
Il clima politico della Guerra Fredda influenzò profondamente l’accoglienza di coloro che riuscivano a fuggire dai paesi del blocco orientale. Queste persone erano viste sia come simboli della lotta contro il comunismo, sia con sospetto, considerate potenziali rischi per la sicurezza. L’integrazione dei migranti e dei rifugiati nella nuova società fu un percorso pieno di ostacoli. Le barriere linguistiche rendevano difficile la comunicazione e l’accesso ai servizi. La discriminazione era un problema diffuso, che limitava le opportunità di lavoro e di vita sociale. Molti migranti mantenevano un forte legame emotivo e culturale con la patria che avevano dovuto abbandonare, rendendo l’adattamento ancora più complesso. Un gruppo particolare di DPs, definito “nucleo duro”, non possedeva i requisiti fisici o professionali per essere selezionato per il reinsediamento e rimase nei campi per molti anni, evidenziando i limiti delle politiche di aiuto internazionale e dei criteri di selezione adottati. Le iniziative di cooperazione tra i paesi europei, come la creazione della CEE, promossero l’idea della libera circolazione dei lavoratori. Tuttavia, gli interessi nazionali e le specifiche necessità economiche di ciascun paese continuarono a determinare chi veniva accolto, in che numero e a quali condizioni.Il capitolo evidenzia come la selezione dei migranti fosse guidata dalle necessità economiche. Ma allora, quale peso reale aveva la definizione legale di ‘rifugiato’?
Il capitolo, pur descrivendo la definizione legale di rifugiato legata alla persecuzione, mostra chiaramente come i criteri di selezione per il reinsediamento fossero dettati principalmente dalle esigenze economiche dei paesi ospitanti, privilegiando salute e capacità lavorative. Questo solleva interrogativi sulla reale applicazione dei principi umanitari e sulla priorità data al capitale umano rispetto alla condizione di vulnerabilità. Per approfondire questa tensione tra diritto e prassi, e comprendere meglio le dinamiche che hanno plasmato le politiche migratorie postbelliche, è utile esplorare la storia delle organizzazioni internazionali come l’IRO e l’UNHCR, studiare la storia sociale ed economica dell’Europa nel secondo dopoguerra e confrontarsi con autori che hanno analizzato la storia dei rifugiati e delle politiche di asilo, come Michael Marrus o Aristide Zolberg.3. Spostamenti e Nuove Patrie: Migrazioni Postbelliche in Europa
In Europa, dopo la Seconda Guerra Mondiale, la migrazione è stata profondamente cambiata. Nell’Est, i governi comunisti hanno usato piani statali per spostare le persone. Questo serviva a mandare i lavoratori verso le industrie e le nuove città costruite apposta, come Nowa Huta in Polonia o Sztálinváros in Ungheria. Ci sono stati spostamenti volontari dalle campagne, ma anche movimenti forzati, come prigionieri di guerra e persone deportate nei Gulag. Un altro grande cambiamento è stato il reinsediamento di intere popolazioni dopo che i confini sono stati ridisegnati. In Polonia, per esempio, i tedeschi sono stati espulsi e al loro posto sono arrivati polacchi dall’Est. Questo ha creato tensioni e un forte sentimento di nostalgia per le terre lasciate. La migrazione ha aiutato a ricostruire l’economia, ma ha anche portato a problemi sociali e scontri tra culture diverse, come la volontà russa di imporre la propria cultura negli stati baltici o le difficoltà incontrate dai rom nell’integrarsi.Migrazioni dall’Ovest: L’Impatto della Decolonizzazione
Nell’Europa dell’Ovest, invece, la decolonizzazione ha cambiato il flusso delle migrazioni. Molti che prima si erano trasferiti nelle colonie – coloni, funzionari, o chi aveva collaborato con i governi coloniali – sono tornati nei paesi europei. Spesso questi “rimpatriati”, come gli italiani tornati dall’Africa o gli olandesi dall’Indonesia, hanno trovato governi poco preparati ad accoglierli. L’accoglienza è stata spesso difficile e hanno subito discriminazioni. La Francia ha accolto un gran numero di persone dai suoi ex territori, soprattutto dall’Algeria. Tra questi c’erano i pieds-noirs, i francesi nati in Algeria, e gli harkis, soldati musulmani che avevano combattuto per la Francia. I pieds-noirs hanno ricevuto aiuto dallo stato, ma a volte hanno incontrato risentimento. Gli harkis, invece, sono stati trattati molto peggio, confinati in campi e messi ai margini della società, anche se avevano la cittadinanza francese.Le Sfide per i Migranti
La migrazione è stata fondamentale per la ricostruzione e la crescita economica dell’Europa dopo la guerra, sia nell’Est che nell’Ovest. È stata guidata sia dalle decisioni dei governi (come i piani statali o la gestione della decolonizzazione) sia dalle scelte delle singole persone, che cercavano lavoro o fuggivano da guerre e difficoltà. Nonostante il loro contributo, i migranti hanno spesso affrontato condizioni di vita difficili, emarginazione e discriminazione. Questo ha mostrato una grande differenza tra quello che dicevano i governi e la realtà vissuta da queste persone. Molti si sono ritrovati a vivere ai margini nelle nuove società, che fossero quelle postcoloniali o quelle dei paesi socialisti.Il capitolo descrive la “pressione migratoria” e la risposta europea, ma quanto approfondisce le cause profonde di tale pressione, al di là di una semplice lista di fattori?
Il capitolo analizza efficacemente la tensione tra gli sforzi statali di controllo e l’agency dei migranti, e descrive con precisione la reazione europea post-2011, caratterizzata da panico e chiusura. Tuttavia, pur menzionando cause come persecuzioni, guerre e disastri ambientali, non dedica sufficiente spazio all’analisi delle radici storiche e geopolitiche che generano questi fenomeni e li legano, in alcuni casi, alle stesse potenze europee o ai loro interessi. Per colmare questa lacuna, sarebbe utile approfondire discipline come la geopolitica, gli studi post-coloniali e l’economia politica globale, leggendo autori che analizzano le dinamiche di potere a livello internazionale e le loro conseguenze sui flussi migratori.10. Viaggi, Lavoro e Nuove Case: Storie di Spostamenti in Europa
Le persone si spostano tra paesi e regioni per molte ragioni diverse, attraverso i secoli. Questi movimenti hanno plasmato la storia e continuano a farlo. Subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, ad esempio, molte persone furono costrette a lasciare le proprie case o scelsero di cercare lavoro altrove. Si videro così sfollati e lavoratori muoversi in diverse direzioni.Spostamenti dopo la guerra
Un esempio di questi spostamenti del dopoguerra riguarda i lavoratori agricoli dall’Estonia che si trasferirono in Svezia. Allo stesso modo, si registrarono movimenti di persone dalla Lettonia verso l’Inghilterra, sempre alla ricerca di opportunità lavorative o di un nuovo inizio dopo i disordini del conflitto. Questi flussi mostrano come la necessità economica e le conseguenze della guerra spingessero le persone a cercare nuove terre dove vivere e lavorare.Migrazioni per lavoro
Una ragione importante per spostarsi è sempre stata la ricerca di impiego. Negli anni ’60, la Germania Ovest accolse molti “guest worker”, lavoratori ospiti che arrivavano da paesi come l’Italia o la Turchia per sostenere la sua economia in crescita. Anche la Germania Est, negli anni ’80, fece affidamento su lavoratori ospiti provenienti da nazioni come il Mozambico e il Vietnam. Non solo tra stati diversi, ma anche all’interno di grandi paesi come l’Unione Sovietica, avvenivano significativi spostamenti di lavoratori verso nuove aree agricole o industriali in via di sviluppo.La fine del colonialismo
La conclusione dell’era coloniale portò a un’altra ondata di movimenti. Molte persone dai paesi del Nord Africa si trasferirono in Francia, spesso mantenendo legami con la madrepatria. Allo stesso modo, famiglie dall’Uganda si spostarono in Gran Bretagna. Questi spostamenti riflettono le complesse relazioni e i legami che persistevano anche dopo l’indipendenza delle ex colonie.Fuggire dai conflitti
I conflitti sono un’altra causa potente di spostamenti forzati. Negli anni ’90, le guerre nei Balcani costrinsero migliaia di persone a cercare rifugio. Molti rifugiati trovarono accoglienza in paesi vicini come l’Albania, ma anche in nazioni più lontane come la Germania o l’Inghilterra. Questi esodi mettono in luce il dramma di chi è costretto a lasciare tutto per salvarsi dalla violenza.Le sfide di oggi
In tempi più recenti, le migrazioni continuano, spesso con enormi difficoltà e pericoli. Lavoratori dall’Uzbekistan, ad esempio, cercano impiego in Russia. Molti migranti tentano di raggiungere l’Europa affrontando viaggi estremamente rischiosi. Le immagini di giubbotti di salvataggio abbandonati sulle coste o le impronte di mani lasciate da persone detenute in centri di accoglienza raccontano la durezza di questi percorsi. Esistono campi temporanei che ospitano i migranti e le proteste legate alla gestione di questi flussi sono frequenti. Questi spostamenti di massa non sono solo una realtà sociale, ma trovano rappresentazione anche nel cinema e generano accesi dibattiti nella società, che purtroppo a volte sfociano in atti di violenza.Il capitolo elenca diversi spostamenti di persone, ma quali sono le cause strutturali e i contesti politici ed economici che li hanno resi possibili, al di là delle contingenze immediate?
Il capitolo offre una carrellata di esempi di spostamenti umani nel tempo, ma si limita spesso a descrivere chi si è mosso e perché in termini generali (guerra, lavoro). Per comprendere appieno questi fenomeni, è indispensabile analizzare le forze economiche globali, le politiche statali sull’immigrazione e il lavoro, le eredità del colonialismo e le dinamiche geopolitiche che hanno creato le condizioni per tali movimenti su larga scala. Approfondire discipline come la storia economica, la sociologia delle migrazioni e le relazioni internazionali, leggendo autori come Stephen Castles o Saskia Sassen, può fornire il contesto necessario per andare oltre la semplice cronaca.Abbiamo riassunto il possibile
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