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Contenuti del libro
Informazioni
“Le orecchie di Hermes” di Maurizio Bettini è un viaggio affascinante dentro il modo in cui gli antichi greci e romani vedevano il mondo, partendo da concetti che ci sembrano familiari ma che per loro avevano significati profondissimi. Il libro esplora temi come la comunicazione antica, non solo quella parlata ma anche quella legata al corpo e ai luoghi, con Hermes come figura centrale, dio dei messaggi ma anche del silenzio. Si parla della memoria, di come veniva custodita in un’epoca senza archivi digitali, e di come fosse fragile. Un altro filo conduttore è l’identità: cosa significa essere sé stessi, specialmente quando si incontra un “doppio” o si finge di essere qualcun altro, come il “falso sciocco” Bruto che nasconde la sua intelligenza sotto un’apparenza goffa. Attraverso l’analisi di simboli antichi, dal significato della caduta a terra nelle tragedie come Edipo re, al valore del volto (il vultus e la facies nel linguaggio latino) come segno di chi siamo, fino a simboli inaspettati come la rondine o il nome della donnola (mustela) legato al matrimonio e alla dolcezza, Bettini ci mostra come mitologia greca, folklore, linguaggio e costumi (il mos maiorum romano) si intreccino per creare una visione del mondo ricca di sfumature e significati nascosti. È un libro che ti fa guardare ai simboli e alle storie antiche con occhi diversi, capendo quanto fossero legati alla vita quotidiana e alle credenze profonde di quelle culture.Riassunto Breve
La comunicazione e la memoria nelle culture antiche si legano al corpo e a luoghi specifici, a differenza di quella moderna che usa tecnologie esterne. Hermes, dio greco della comunicazione, del mercato e del linguaggio, ha come organi sacri lingua e orecchie. Controlla voce e silenzio; la sua comparsa improvvisa causa silenzi, come nel detto “è entrato Hermes”, simile al “lupus in fabula” latino, che crea disagio rompendo la distinzione tra chi parla e chi è oggetto del discorso. La memoria è considerata fragile; per contrastare l’oblio si usavano “archivi viventi” come i *nomenclatores*. Il lobo dell’orecchio è visto come sede della memoria, toccarlo aiuta a ricordare. La figura del “falso sciocco”, come Bruto, finge stupidità per nascondere astuzia. Questa finzione si esprime con azioni assurde o linguaggio enigmatico. La stupidità si associa ad animali vili o oggetti insignificanti. L’offerta di Bruto a Delfi, un bastone cavo con oro dentro, simboleggia l’intelligenza nascosta. Il falso sciocco risolve enigmi, interpretando simboli in modo inatteso, come Bruto che bacia la terra per risolvere l’oracolo. La posizione bassa o la caduta a terra ha valore simbolico negativo, legata a stupidità o presagi negativi (*malum omen*). Termini latini per errore derivano da parole per inciampo. La caduta simulata di Bruto a Delfi, baciando la terra, trasforma un cattivo presagio in un atto di potere, come fece Cesare. La tragedia di Edipo re ha una struttura da giallo, ma Edipo, l’investigatore, è anche l’assassino; la verità emerge da rivelazioni esterne, non dalla sua indagine. L’enigma è la sua stessa doppia identità. Anche simboli come la rondine hanno significati complessi, legati alla morte e al lutto se entra in casa. L’esperienza del doppio, come Sosia che incontra un suo identico che nega la sua identità, non è confusione tra gemelli ma negazione del sé. Sosia cerca prove nella memoria, nel corpo, nello specchio. La sua identità di schiavo è legata al gruppo. La manumissione è un cambiamento radicale di status. Il doppio si interpreta con modelli antichi: magia di trasformazione (*versipellis*) o l’*imago maiorum*, la maschera funebre, che rende presente il morto. La storia di Anfitrione, con un dio che prende l’aspetto del marito, si lega alla nascita di eroi da unioni divine. L’identità e i costumi non sono fissi, ma plasmati da memoria e società. L’esilio, come per i Troiani in Epiro che creano una “piccola Troia”, mostra come si ricrea la patria perduta, anche se in modo inferiore. Andromaca vive nel passato, vedendo i vivi come immagini dei morti. A Roma, il *mos maiorum*, costume degli antenati, è centrale per l’identità collettiva; è una tradizione orale fluida, basata sul consenso e influenzata dal tempo. I costumi definiscono l’appartenenza e creano contrapposizioni. La saggezza riconosce la relatività dei costumi. La forza sociale (*auctoritas*) determina quali prevalgono. La lingua latina descrive il volto con termini che mostrano diverse prospettive. *Os* (bocca) evidenzia la parola, contrapposta al *rostrum* animale. Voce e camminare identificano. La *persona* (maschera) amplifica la voce. L’identità romana passa per la parola. *Vultus* è l’espressione, legata all’interiorità, mutevole, può essere simulata. *Facies* è l’aspetto naturale, non simulabile, fondamentale per il riconoscimento (*notitia*). Molti termini per l’aspetto derivano dal mondo artistico, vedendo l’aspetto umano come “fatto”. L’*argumentum* (prova, segno) si lega all’aspetto fisico; dettagli diventano segni da cui si inferiscono intenzioni o identità. L’identità romana si basa sull’inferenza dai segni, sulla parola, sull’espressione e sulla natura “fatta” delle fattezze. Il nome latino della donnola, *mustela*, ha origine incerta. Un’ipotesi la lega a *mustus*/*musteus* (“fresco”, “nuovo”, “dolce”), forse con un diminutivo *-ella* (“piccola dolce”). Molte culture le danno nomi legati a cibi dolci. Esiste un legame con i *mustacea*, dolci nuziali, e l’associazione della donnola con il matrimonio (“sposina”). Il nome riflette un atteggiamento di vezzeggiamento, forse per placare il timore.Riassunto Lungo
1. L’eco del silenzio e l’oro celato dello sciocco
Nelle culture antiche, la comunicazione e la memoria erano strettamente legate al corpo umano e a luoghi specifici della comunità, come il mercato o i santuari degli oracoli. Questa concezione si differenzia molto dalla comunicazione moderna, che si affida a strumenti tecnologici esterni e archivi digitali per conservare e trasmettere le informazioni.Hermes, il dio della parola e del silenzio
La divinità greca associata alla comunicazione è Hermes, che ricopre il ruolo di messaggero degli dèi, protettore del mercato e del linguaggio. A lui sono sacre la lingua e le orecchie, considerate organi fondamentali per l’interazione verbale. Hermes è anche la figura che facilita l’interpretazione e la traduzione, rendendo possibile lo scambio di significati tra persone e culture diverse. Questo dio ha potere sia sulla voce che sul silenzio. La sua apparizione improvvisa può causare silenzi inattesi, un fenomeno descritto dal proverbio “è entrato Hermes”. In modo simile, l’espressione latina “lupus in fabula” indica il silenzio che cala quando compare la persona di cui si sta parlando. Questa situazione genera inquietudine perché annulla la distinzione tra chi è presente e chi è assente, creando un senso di disagio. La credenza popolare che parlare di qualcuno lo faccia comparire, o che l’assente percepisca la conversazione (sentendo ad esempio un tintinnio nelle orecchie), riflette questa connessione misteriosa tra parola e presenza.La memoria fragile e i suoi custodi
La memoria è considerata un aspetto fragile dell’essere umano, vulnerabile a malattie e traumi che possono causare l’oblio. Per contrastare questa fragilità nelle culture antiche, si faceva ricorso a figure che fungevano da “archivi viventi”. Tra queste c’erano i nomenclatores, schiavi che aiutavano i politici a ricordare i nomi delle persone, e gli mnémones, custodi della memoria collettiva. Un’antica credenza identifica il lobo dell’orecchio come la sede fisica della memoria, e gesti come toccarlo o tirarlo venivano usati per stimolare il ricordo o come forma di ammonimento.Il falso sciocco e l’oro nascosto
La figura del “falso sciocco” è presente in diverse narrazioni e culture, rappresentata da personaggi come Bruto, Amleto o Khusràw. Questi individui fingono stupidità per nascondere la propria astuzia e raggiungere segretamente i propri obiettivi. Questa finzione viene spesso manifestata attraverso azioni apparentemente assurde o un linguaggio enigmatico e difficile da interpretare per gli altri. La stupidità è tradizionalmente associata a simboli animali come le pecore o i caproni, o a oggetti umili come pezzi di legno. L’episodio di Bruto che offre a Delfi un bastone cavo contenente oro simboleggia perfettamente la sua intelligenza nascosta sotto un’apparenza insignificante e grossolana. Questo tema dell’oro celato nel legno si ritrova in molte storie popolari, rappresentando il valore nascosto o la fortuna inattesa che si rivela in chi sembra privo di ingegno. Il falso sciocco dimostra la sua vera intelligenza eccellendo nel proporre e risolvere enigmi, mostrando una comprensione profonda che sfugge a coloro che si ritengono saggi. La sua capacità di interpretare correttamente simboli complessi, come fece Bruto risolvendo l’oracolo di Delfi baciando la terra, gli permette di sovvertire le aspettative e ottenere successo dove altri falliscono.Queste antiche credenze sulla memoria fisica e sulla connessione tra parola e presenza sono solo superstizioni affascinanti o c’è qualcosa di più?
Il capitolo presenta alcune credenze antiche, come quella che identifica il lobo dell’orecchio come sede della memoria o il legame quasi magico tra il parlare di una persona e la sua comparsa o percezione a distanza. Queste idee, pur affascinanti, vengono esposte senza un’indagine critica sulle loro possibili origini o sulla loro validità al di là del folklore. Per comprendere meglio se si tratti di pure superstizioni, di prime, rudimentali osservazioni psicologiche o di costrutti culturali specifici, sarebbe necessario approfondire l’antropologia delle credenze popolari e la storia della psicologia pre-scientifica. Studi di autori come James Frazer o Michel Foucault potrebbero fornire strumenti concettuali per analizzare come le società antiche costruivano le proprie spiegazioni del mondo e della mente umana.2. Il Peso della Caduta e gli Enigmi del Fato
La posizione bassa o la caduta a terra ha un valore simbolico negativo nelle culture antiche. Questa condizione è spesso associata alla stupidità o alla finzione di essa, come si vede in figure come Bruto o in racconti che descrivono personaggi “buttati a terra”. Il termine latino brutus significa “pesante”, suggerendo un ingegno che “tira al basso”. Cadere o inciampare è considerato un presagio negativo, un malum omen, che indica errore, colpa o sventura imminente. Molti termini latini legati all’errore o alla colpa derivano da parole che indicano inciampo o trappole per i piedi, come peccare o labi. Questa associazione si ritrova anche nel folclore e nell’interpretazione psicologica moderna.Neutralizzare il Presagio
Nella storia di Bruto, la caduta simulata a Delfi, apparentemente un atto goffo, nasconde un’intelligenza superiore. Baciando la terra, Bruto interpreta l’oracolo in modo astuto, trasformando un potenziale cattivo presagio in un atto che gli assicura il potere. Questo schema si ritrova in episodi come quello di Cesare che, cadendo sbarcando in Africa, neutralizza il presagio baciando la terra. Questi esempi mostrano come un evento apparentemente negativo possa essere strategicamente reinterpretato o agito per modificarne il significato simbolico e influenzare l’esito.L’Enigma di Edipo
La tragedia di Sofocle, Edipo re, ha una struttura simile a una storia poliziesca, dove Edipo indaga sull’omicidio di Laio. Edipo possiede doti analitiche e di enigmista, qualità tipiche del detective. Tuttavia, l’intreccio si discosta dal genere giallo perché Edipo è l’assassino che sta cercando. Questa condizione rende la sua indagine inefficace; la verità emerge non per la sua abilità, ma attraverso rivelazioni esterne che si impongono “da sole”, spesso guidate dalla volontà divina di Apollo. La tragedia mette in scena la scoperta della doppia identità di Edipo: l’eroe e il mostro parricida e incestuoso. L’enigma centrale diventa la sua stessa natura, un intreccio di relazioni impossibili da sciogliere per chi ne è il protagonista inconsapevole.La Rondine: Un Simbolo Ambivalente
Anche altri simboli, come la rondine, portano significati complessi e spesso negativi. Nonostante sia associata alla primavera, la rondine ha un “lato oscuro” legato alla morte e al lutto, specialmente quando si trova all’interno di una casa. Il precetto pitagorico di non accogliere rondini in casa e le credenze popolari che legano la rondine nel camino alla morte riflettono questa associazione. In Virgilio, la rondine nera che vola nella casa simboleggia il destino funesto di Turno. Questi esempi mostrano come i simboli culturali, anche quelli apparentemente semplici, veicolino significati profondi legati al fato e alla sventura, influenzando la narrazione e la sua interpretazione.Ma su quali basi teoriche si fonda l’associazione tra simboli antichi, psicologia moderna e il concetto di fato?
Il capitolo presenta suggestive connessioni tra il simbolismo di caduta o di specifici animali, l’interpretazione psicologica e l’idea di destino. Tuttavia, non chiarisce quali specifiche scuole di pensiero psicologico o quali approcci teorici (come l’antropologia simbolica o la psicologia analitica) supportino in modo rigoroso tali associazioni. Questa mancanza di un esplicito quadro teorico lascia aperta la questione sulla solidità scientifica o filosofica dei legami proposti. Per approfondire, sarebbe utile esplorare le opere di Carl Jung per la psicologia analitica, Claude Lévi-Strauss per l’antropologia strutturale, o studi sulla storia delle religioni e del simbolismo comparato.3. Il Volto Rubato e l’Ombra Antica
Uno schiavo di nome Sosia incontra un altro uomo che ha il suo identico aspetto e afferma di essere lui. Questa situazione non è una semplice confusione che nasce guardando due persone simili, ma una vera e propria negazione dell’identità di Sosia. Per dimostrare chi è, Sosia cerca di affidarsi ai ricordi di eventi recenti, come il viaggio in nave e gli ordini ricevuti dal padrone. Prova a percepire il proprio corpo, sentendo come tiene una lanterna o il dolore dei pugni ricevuti, e cerca conferma guardandosi in uno specchio. La sua condizione di schiavo influenza profondamente il modo in cui vive questa perdita di sé, poiché l’identità non è vista solo come un fatto personale (“meus”), ma è strettamente legata al gruppo familiare (“nostro”). Anche la possibilità di diventare libero, un cambiamento di status che nella Roma antica era accompagnato da riti specifici come il taglio dei capelli e l’uso del berretto da liberto, dimostra quanto l’identità potesse subire trasformazioni radicali.Modelli Antichi per Capire il Doppio
Questa esperienza di trovarsi faccia a faccia con il proprio doppio viene interpretata usando idee e modelli culturali che risalgono all’antichità. Uno di questi modelli è quello della magia di trasformazione: sentirsi immutatus, come se si fosse stati cambiati da un incantesimo, un po’ come le vittime di Circe che perdevano la loro forma e anche i ricordi. Chi assume l’aspetto di un altro è visto come un versipellis, qualcuno che cambia pelle. Questo modo di spiegare la perdita di identità, legato alla magia e alla sensazione di non possedere più se stessi, è molto diverso dalle spiegazioni che useremmo oggi. Un altro modello importante è quello dell’imago maiorum, le maschere funebri che gli aristocratici romani conservavano per onorare gli antenati. Avere la propria immagine “posseduta” da un altro mentre si è ancora vivi è paragonato a qualcuno che dispone della propria maschera funebre, un onore che spettava ai nobili solo dopo la morte e che li rendeva presenti come dei doppi.Il Mito di Anfitrione e la Nascita degli Eroi
La storia di Anfitrione, dove un dio prende l’aspetto del marito per unirsi a una donna mortale, rientra in un tema molto diffuso nella mitologia antica. Questo tema riguarda la nascita di eroi eccezionali, che spesso sono il risultato di unioni tra dèi e umani, realizzate a volte con l’inganno e che portano a una sorta di doppia paternità. La confusione di identità che si crea in queste storie serve a mettere in risalto la natura straordinaria e speciale dell’eroe che nascerà. Questa duplicità di origine e di aspetto fisico rende l’eroe, come nel caso di Eracle, una figura unica, che si trova a metà strada tra il mondo degli uomini e quello degli dèi. L’incertezza su chi sia il vero padre o il vero marito riflette la grandezza e l’eccezionalità dell’evento che porta alla sua nascita.Ma quanto è affidabile l’etimologia come unica chiave per decifrare la complessità della percezione culturale e dell’identità?
Il capitolo costruisce un’interpretazione affascinante della percezione romana del volto e dell’identità basandosi in larga parte sull’analisi etimologica e semantica di pochi termini latini. Tuttavia, l’argomentazione non esplora a sufficienza i limiti di un approccio che deriva conclusioni culturali così ampie quasi esclusivamente dall’origine o dall’uso prevalente di singole parole. Per comprendere meglio se questa analisi linguistica catturi davvero l’intera sfumatura della percezione romana, sarebbe utile integrare lo studio con ricerche che attingono a un più vasto corpus di fonti (letterarie, filosofiche, artistiche) e confrontare le metodologie della linguistica storica con quelle dell’antropologia culturale e della storia sociale romana. Approfondire il pensiero di studiosi come Pierre Bourdieu, per la sua analisi dei concetti sociali, o di storici della cultura romana potrebbe fornire un quadro più completo.6. Mustela: Piccola Dolce Sposa
Il nome latino della donnola, mustela, ha origini incerte e diverse ipotesi sono state avanzate per spiegarlo. Una teoria lo collega a mus, la parola latina per “topo”, considerando la vicinanza tra i due animali nelle case e nelle credenze romane legate alla divinazione. Tuttavia, questa spiegazione presenta alcune difficoltà legate alla forma e al suono della parola, rendendola meno convincente rispetto ad altre possibilità.La dolcezza nel nome
Un’altra origine più probabile per mustela è legata agli aggettivi latini mustus o musteus. Questi termini descrivono qualcosa di “fresco” o “nuovo”. L’aggettivo musteus si usa spesso per indicare cibi che sono freschi e piacevoli al gusto, come mele dolci o formaggio appena fatto. Anche mustum, il mosto, è noto per la sua dolcezza naturale. Questo suggerisce che mustus e musteus implichino una freschezza che si associa alla bontà del cibo e a un sapore dolce e gradevole. Questa interpretazione trova riscontro in molte culture, dove i nomi popolari della donnola si riferiscono spesso a cibi dolci o gustosi, come “pane e formaggio” o “miele”, riflettendo un atteggiamento di vezzeggiamento verso l’animale.La piccola dolce
La forma mustela, che a volte si trova scritta come mustella, suggerisce la presenza di un suffisso diminutivo, -ella. Questo suffisso si aggiunge ai nomi per indicare qualcosa di piccolo o caro. Se mustela deriva da mustus o musteus con l’aggiunta di questo diminutivo, il nome potrebbe significare “piccola fresca” o “piccola dolce”. L’uso di termini legati a cibi dolci come vezzeggiativi è una pratica ben documentata anche nella lingua latina, confermando la possibilità che il nome mustela fosse inteso come un appellativo affettuoso o un diminutivo caro, forse usato per ingraziarsi l’animale.Il legame con il matrimonio
Esiste un interessante collegamento tra l’aggettivo musteus e i mustacea, dei dolcetti che venivano preparati e offerti durante i matrimoni nell’antica Roma. Questi dolci erano parte integrante dei riti nuziali, offerti agli invitati e inviati alla sposa come simbolo di buon auspicio e dolcezza per la nuova vita. Questo legame con i dolci nuziali si riflette nell’associazione della donnola con il matrimonio in molte tradizioni popolari, dove l’animale è spesso chiamato “sposina”. La favola di Esopo, in cui una donnola trasformata in donna ritorna alla sua natura per inseguire un topo proprio durante le sue nozze, è un esempio classico di questa connessione. Il nome mustela potrebbe quindi unire l’idea di “piccola dolce” con il mondo del matrimonio attraverso i mustacea, riflettendo un atteggiamento complesso verso la donnola che unisce vezzeggiamento, forse per placare il timore che essa incute, e il suo simbolismo legato alla sfera nuziale.Ma su quali basi linguistiche concrete si dichiara “più probabile” l’origine da “mustus” o “musteus”, liquidando l’ipotesi “mus”?
Il capitolo, nel proporre l’origine del nome mustela, liquida l’ipotesi legata a mus (topo) adducendo ‘difficoltà legate alla forma e al suono’ senza però esplicitarle. Allo stesso modo, la teoria che la lega a mustus o musteus viene definita ‘più probabile’ senza fornire le basi linguistiche concrete che supportino tale giudizio di probabilità. L’etimologia non è un gioco di associazioni libere, ma una disciplina rigorosa che analizza le trasformazioni fonetiche e morfologiche delle parole nel tempo. Per comprendere perché un’ipotesi sia considerata più solida di un’altra, è indispensabile approfondire la linguistica storica e la filologia classica. Consultare autori che si occupano di etimologia latina e studiare i metodi con cui si ricostruisce la storia delle parole permetterebbe di valutare criticamente le affermazioni del capitolo e cercare risposte più fondate.Abbiamo riassunto il possibile
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