1. La Scacchiera dell’Impero
Il Gran Kan, appassionato del gioco degli scacchi, osserva Marco Polo mentre gli mostra le mercanzie raccolte nei suoi viaggi, oggetti che diventano simboli per descrivere le innumerevoli città dell’impero. La disposizione di questi oggetti sul tavolo ricorda al Kan la scacchiera e i suoi pezzi, e lo porta a immaginare le città come il risultato di una complessa partita a scacchi, dove la comprensione delle regole potrebbe garantirgli il dominio assoluto sull’impero. Suggerisce quindi che una scacchiera, con i suoi pezzi, potrebbe rappresentare le città in modo più efficace, attribuendo a ogni pezzo molteplici significati: un cavallo potrebbe simboleggiare un esercito, una regina una fontana. Marco Polo accoglie l’idea e inizia a usare gli scacchi per descrivere le città, creando paesaggi urbani popolati da torri e cavalli. Il Kan, assorto nelle sue riflessioni, cerca un sistema che spieghi la nascita, la crescita e il declino delle città, e il gioco degli scacchi, con le sue regole e le sue forme geometriche, sembra il modello perfetto. Smette così di inviare Marco Polo in missione, preferendo dedicarsi a infinite partite a scacchi nella speranza di svelare i segreti dell’impero attraverso i movimenti dei pezzi. Tuttavia, il Kan si interroga sul vero significato del gioco e su quale sia la posta in palio, arrivando alla conclusione che ogni conquista si riduce a un semplice tassello di legno, al nulla. Irene è una città che si mostra solo da lontano, un gioco di luci e ombre che stimola l’immaginazione di chi la osserva dall’altipiano, senza però invogliarlo ad avvicinarsi. Marco Polo non può descrivere Irene dall’interno, perché la sua essenza cambia a seconda della prospettiva di chi la guarda, diversa per chi la vive e per chi la lascia. Argia è una città sotterranea, dove la terra ha preso il posto dell’aria, e i suoi abitanti, immersi nell’oscurità, si muovono a stento. Di Argia non si vede nulla, solo si sente il rumore di una porta che sbatte. Tecla è un cantiere a cielo aperto, una città in perenne costruzione, dove gli abitanti, impegnati in un’opera senza fine, non sanno quando e se i lavori termineranno, e il progetto della città è visibile solo di notte, attraverso la disposizione delle stelle. Trude è la città che non si distingue da nessun’altra, con i suoi aeroporti e negozi tutti uguali, un’immagine che sembra moltiplicarsi all’infinito, suggerendo che il mondo intero sia una sola, immensa Trude con nomi diversi. Olinda, invece, è una piccola macchia che si espande fino a diventare una nuova città, crescendo in cerchi concentrici e mantenendo le sue proporzioni, come un organismo vivente. Il Kan, nel suo tentativo di decifrare il significato del gioco, si rende conto che la posta in palio è il nulla, e Marco Polo, dal canto suo, inizia a raccontare storie legate al legno dei pezzi degli scacchi, descrivendo i boschi, i fiumi, e i dettagli della sua crescita e lavorazione, sorprendendo il Kan con la quantità di informazioni racchiuse in un semplice pezzo di legno.2. Città, Atlanti e Destini
Il Gran Kan possiede un atlante che racchiude in sé le mappe dettagliate di tutte le città del suo vasto impero e dei regni confinanti. Marco Polo nota come le sue descrizioni delle città assumano sfumature diverse a seconda dell’interlocutore, evidenziando come la percezione del mondo sia profondamente influenzata dalla prospettiva di chi ascolta. L’atlante del Gran Kan si presenta come una finestra sul mondo, con i confini dei regni delineati con precisione, le rotte delle navi tracciate con cura e le mappe delle città riprodotte nei minimi particolari. Tra le città raffigurate, Marco Polo riconosce nomi familiari come Costantinopoli, Gerusalemme e Samarcanda, mentre per altre deve affidarsi a descrizioni sommarie o a indizi criptici. L’atlante non si limita a rappresentare la realtà esistente, ma include anche città immaginarie, caratterizzate da forme e peculiarità uniche, come la città di Cuzco con la sua pianta raggiata o la verdeggiante Messico adagiata sulle rive di un lago. Le città, secondo la visione di Marco Polo, tendono a perdere le loro peculiarità distintive e a uniformarsi, mentre l’atlante si pone come custode di queste differenze, preservandole come le lettere di un nome prezioso. L’atlante non si limita al presente, ma abbraccia anche il passato e il futuro, mostrando città scomparse come Troia, destinata a fondersi con Costantinopoli, e città ancora da venire come San Francisco. Le forme delle città appaiono infinite e in continua evoluzione, con nuove città che nascono e si sviluppano fino a quando ogni forma possibile non abbia trovato la sua espressione. La fine delle città coincide con l’esaurimento di queste forme, in un ciclo perpetuo di nascita e declino. Ogni città ha una sua controparte nel regno dei morti, come nel caso di Laudomia e del suo cimitero speculare. Laudomia si estende anche in una terza dimensione, quella dei non nati, un luogo che i vivi visitano nella speranza di trovare risposte, ma dove incontrano solo un ordine immutabile e necessario. La casa dei non nati, anziché offrire certezze, si rivela fonte di sgomento, alimentando il timore che i non nati siano infiniti o che la città sia destinata a scomparire, come sabbia che scorre in una clessidra. Perinzia, una città edificata seguendo i dettami delle stelle, si ritrova popolata da creature mostruose, costringendo gli astronomi a interrogarsi sulla validità dei loro calcoli o sull’oscuro disegno degli dei che si riflette nella città deforme. A Procopia, il paesaggio muta incessantemente, con un numero sempre crescente di persone che si affacciano alle finestre, fino a celare completamente la vista, in un’inesorabile espansione. Raissa, pur immersa in una vita triste e monotona, nasconde in ogni istante una scintilla di felicità, un bagliore inaspettato. Andria, costruita in armonia con le costellazioni, è in perenne trasformazione, e ogni mutamento nella città si rispecchia fedelmente nel cielo sovrastante. Cecilia si confonde con altre città, tanto che un pastore e un viaggiatore si ritrovano smarriti nelle sue vie intricate, incapaci di distinguerla dalle sue simili. Marozia è divisa tra la città del topo e quella della rondine, con la seconda che sembra sempre sul punto di emergere e di prendere il sopravvento sulla prima. Pentesilea si presenta come una città dai confini indefiniti, una periferia senza fine che si estende senza un centro riconoscibile, un labirinto urbano senza apparente soluzione. Teodora, dopo aver sconfitto e sterminato ogni specie animale, si ritrova inaspettatamente invasa da creature mitologiche, esseri fantastici che prendono il posto delle bestie reali. Berenice, città segnata dall’ingiustizia, cela al suo interno una città di giusti, ma anche questa nasconde il germe di una nuova ingiustizia, in un ciclo senza fine. L’atlante del Gran Kan custodisce anche le mappe di terre promesse e irraggiungibili, come la Nuova Atlantide e Utopia, luoghi di perfezione e di speranza. Marco Polo suggerisce che la città perfetta non sia un’entità monolitica, ma piuttosto un insieme di frammenti eterogenei, un mosaico di esperienze e di possibilità che si può incontrare ovunque. L’inferno dei viventi non è un luogo altro, ma la realtà quotidiana che si sperimenta ogni giorno, e si può scegliere di accettarlo passivamente o di cercare, con tenacia e speranza, ciò che inferno non è, anche nelle pieghe più oscure dell’esistenza.3. Città, Memoria e Desiderio
Kublai Kan, imperatore dei Tartari, ascolta con attenzione Marco Polo, il viaggiatore veneziano, descrivere le innumerevoli città del suo vasto impero. Nelle parole di Marco, Kublai intravede un disegno nascosto, una struttura sottile che sembra sfuggire alla decadenza e alla frammentazione del suo dominio. Ogni città narrata da Marco è un microcosmo di simboli e dettagli vividi. Diomira, ad esempio, risplende con le sue sessanta cupole d’argento e il suo teatro di cristallo, e al suo interno un gallo d’oro canta ogni mattina, evocando in chi l’ascolta il ricordo di momenti felici, suscitando al contempo l’invidia per non averli vissuti pienamente. Isidora, invece, si presenta come la città dei desideri, ma quando il viaggiatore la raggiunge, si accorge che la realtà non corrisponde al sogno: il tempo è passato, e lui è ormai vecchio, seduto tra gli anziani a osservare i giovani che si affannano. Dorotea si svela in due modi: attraverso i dati concreti delle sue torri e dei suoi mercati, oppure attraverso le emozioni di un giovane cammelliere che, giungendo in città, vi trova una nuova speranza per il futuro. Zaira non è fatta di semplici elementi architettonici, ma di relazioni, di misure del suo spazio e degli eventi del suo passato, di ricordi che si intrecciano con le strade e gli edifici. Anastasia, attraversata da canali e animata da aquiloni colorati, ha il potere di risvegliare desideri improvvisi, tutti insieme, ma proprio per questo rende schiavo chi vi abita.Tamara è un labirinto di segni, dove ogni cosa rimanda ad altro, un catalogo di immagini che nasconde la vera essenza della città. Zora, una città che rimane impressa nella memoria, è come uno spartito musicale, un reticolo immutabile su cui si possono disporre i ricordi. Despina, a seconda che la si raggiunga via terra o via mare, appare diversa al cammelliere e al marinaio, riflettendo il deserto da cui entrambi provengono. Zirma è fatta di ricordi che si ripetono, ridondanti, per fissarsi meglio nella mente di chi la visita. Isaura, la città dai mille pozzi, si estende sopra un lago sotterraneo, e le sue due religioni, quella degli dei che abitano le profondità e quella degli dei che si riflettono sulla superficie dell’acqua, ne rappresentano la natura duplice. I messi di Kublai Kan tornano dalle province dell’impero portando dati, cifre, relazioni dettagliate. Marco Polo, invece, comunica con gesti, suoni, oggetti raccolti durante i suoi viaggi, creando emblemi che si imprimono nella mente dell’imperatore. Questi emblemi, pur essendo ambigui nel loro significato, diventano punti di riferimento, strumenti per comprendere la vastità e la complessità dell’impero. Kublai si chiede se, conoscendo tutti gli emblemi, potrà finalmente possedere il suo impero. Marco risponde che quel giorno, l’imperatore stesso diventerà un emblema tra gli emblemi, un segno tra i segni, perdendosi nell’infinità del suo stesso dominio.8. Città e Memoria
Marco Polo inizia a descrivere a Kublai Khan le città visitate durante i suoi viaggi. Kublai Khan nota che, nelle sue descrizioni, Marco Polo non menziona mai Venezia, la sua città natale. Marco Polo ammette di temere di perdere Venezia, se la descrivesse direttamente. Ogni volta che descrive una città, include dettagli di Venezia, perché è il suo punto di riferimento costante. Smeraldina è una città dove canali e strade si intersecano, offrendo agli abitanti una varietà di percorsi, sia terrestri che acquatici, creando itinerari sempre nuovi, anche per gatti, ladri e amanti, che hanno i loro percorsi segreti. Fillide, invece, colpisce per la varietà di ponti, finestre e pavimenti, offrendo sorprese visive che, con il tempo, svaniscono, lasciando gli abitanti a concentrarsi solo sui percorsi utili, dimenticando il resto. La memoria personale influenza la percezione di Fillide, legando i luoghi a ricordi passati. Pirra, immaginata prima di essere visitata, cambia quando Marco Polo la vede, la realtà si sostituisce all’immagine mentale. Il nome di Pirra evoca ora la città reale, mentre altre città immaginate rimangono nella mente, con le loro forme e frammenti. Ad Adelma, Marco Polo incontra persone che gli ricordano i defunti, riflettendo sulla presenza dei morti nella vita e sulla tendenza della mente a sovrapporre volti familiari a quelli nuovi, sentendosi parte di questa città di fantasmi. Eudossia possiede un tappeto che ne rappresenta la vera forma, un disegno geometrico che rivela l’ordine nascosto nel caos, dove ogni abitante trova una risposta alle proprie angosce. L’oracolo afferma che il tappeto ha la forma del cielo stellato, di cui la città è un riflesso imperfetto, o forse è la città la vera mappa dell’universo. Kublai Khan accusa Marco Polo di contrabbandare nostalgia e rimpianti. Il fumo delle loro pipe diventa simbolo di riflessione, la sua dispersione rappresenta la chiarezza che si ottiene guardando le cose da lontano, mentre la sua densità rappresenta il peso del passato che grava sulle città.9. Realtà e percezione nelle città immaginarie
Nel giardino, luogo di profonda riflessione, Kublai e Polo trasformano le esperienze vissute in immagini mentali, contemplando le loro vite, sia quelle reali che quelle immaginate, e si interrogano sulla vera natura della loro esistenza, chiedendosi se il mondo esterno sia una proiezione della loro mente. Moriana svela la sua doppia faccia, mostrando una facciata splendente e una nascosta, fatta di degrado, suggerendo che le città, come le persone, hanno aspetti contrastanti che coesistono in un equilibrio precario. Clarice rinasce continuamente dalle proprie rovine, trasformando oggetti del passato in nuovi usi, per poi tornare a conservarli come reliquie, mostrando come le città si adattino alle esigenze dei loro abitanti, mantenendo però sempre una connessione con il loro passato. Eusapia, con la sua copia sotterranea per i defunti, riflette sul desiderio di continuità oltre la morte, dove i morti continuano le loro attività e i vivi imitano le innovazioni dei defunti, creando un ciclo in cui i confini tra vita e morte si confondono. Bersabea, con la sua credenza in una città celeste e una infernale, rivela come le aspirazioni e i timori di una comunità si riflettano nella sua visione del mondo, con una città celeste fatta di oggetti scartati, suggerendo che il valore si trova anche in ciò che viene considerato inutile. Leonia si rinnova costantemente, accumulando rifiuti che la circondano come una fortezza, in un’ossessione per il nuovo e l’eliminazione del vecchio che porta a una situazione paradossale, dove la città è definita dai suoi scarti, che alla fine la sommergono. Kublai e Polo continuano a interrogarsi sulla natura della realtà, chiedendosi se le persone che incontrano esistano solo perché loro le pensano, mettendo in discussione la percezione della realtà e il ruolo della mente nella creazione del mondo, arrivando alla consapevolezza che la loro esistenza è legata a quella degli altri, anche se non sempre ne sono consapevoli.Abbiamo riassunto il possibile
Se vuoi saperne di più, devi leggere il libro originale
Compra il libro[sc name=”1″][/sc] [sc name=”2″][/sc] [sc name=”3″][/sc] [sc name=”4″][/sc] [sc name=”5″][/sc] [sc name=”6″][/sc] [sc name=”7″][/sc] [sc name=”8″][/sc] [sc name=”9″][/sc] [sc name=”10″][/sc]





